Monza

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Monza

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Provincia di Milano. Sita al limitare della Brianza, è attraversata dal fiume Lambro e fu un centro insubre e poi romano della regione XI Transpadana dell'agro milanese, acquistando, però, rilievo solo all'epoca dei Longobardi. Dal 1126 M. fu sotto la dominazione milanese e consolidata, nel 1324, da Galeazzo I Visconti e da Azzone Visconti, divenne poi un feudo comitale dei Belgioioso e, al tempo di Carlo V, dei De Leyva.

La prima traccia di una presenza ebraica a M. è costituita da una missiva del 1452, in cui il Duca, rispondendo all'appello di tale Angelo da Cesena, residente nella città, ordinò al capitano locale di aiutarlo nella riscossione dei crediti.

Dal 1455 ricorre nei documenti Salomone di Giuseppe, d'origine tedesca, uno dei capisaldi della Comunità monzese, zio di Giuseppe di Broni e di Isacco di Piacenza, figure di un certo spicco dell'ebraismo lombardo. Nello stesso anno, il Duca ordinò a Salomone di presentarsi al suo cospetto con i documenti richiesti per ciò che tutti li ebrei hanno ad fare insieme.

Nel 1456, tra gli israeliti cui venne condonata la punizione per atti illegali commessi, viene menzionato anche tale Susman di M. che, in seguito, non comparirà ulteriormente nei documenti.

Nel 1461 Fra’ Francesco predicò contro gli ebrei, mentre, due anni dopo, il francescano Antonio di Ottolengo si scagliò contro l'usura, spingendo il popolo al proposito di annullare la condotta di Salomone che, dal canto suo, non acconsentì a tale iniziativa. Poiché il vescovo aveva revocato la scomunica del francescano ai monzesi, che non si erano liberati del feneratore, il Duca cercò conferma anche presso il Papa.

Nel 1470 un ebreo locale, tale Falcone, fu arrestato dietro richiesta del neofita Stefano Todesco, per aver profanato un'immagine della Madonna. In assenza di testimoni, però, il privilegio ebraico non consentì l'istituzione di un processo. Gli ebrei protestarono, pertanto, con il Duca che fece rilasciare Falcone, mentre emergeva la natura calunniosa della denuncia e l'accusatore veniva punito in modo esemplare.

Sempre in tema di sentimenti anti-ebraici di matrice cristiana, nel 1479, le ripercussioni dell'accusa di omicidio rituale contro gli ebrei di Trento colpirono anche lo stesso Falcone di M., tra gli altri del Ducato.

Tornando al già ricordato Salomone, nel 1463 egli figurava tra gli ebreis commorantibus in ducali dominio, che pagavano annualmente alla Camera 3.000 lire imperiali. Nel 1465 il Duca, ricordando ai monzesi le clausole del privilegio di cui Salomone godeva, ordinò di non molestarlo e, nello stesso anno, estese il proprio intervento — rinnovato, in seguito, più volte — a favore di tutti gli israeliti locali: sempre in questo periodo, incluse Salomone nella absolutio concessa ai correligionari del Ducato.

Quattro anni dopo, Salomone era tra gli esattori delle tasse per il Duca, mentre, nel 1470, era nell'elenco dei contribuenti stilato a Piacenza.

Nel 1471 nella absolutio ducale agli Ebrei del Ducato venivano nuovamente menzionati anche Salomone e Falcone di Monza e, l'anno seguente, il primo, avendo appaltato il banco ai fratelli Samuele e Falcone, nonché a Salomone di Cremona, si appellò al Duca affinché ricevessero dal castellano di M. lo stesso trattamento riservato a lui. Sempre per intervento ducale, nel 1479, il privilegio di Salomone fu rinnovato, unitamente a quello degli altri tre feneratori.

Nel 1478 Giuseppe di Salomone di M. fu insignito del rango di familiare ducale e quando, nel 1480, gli ebrei lombardi pagarono 32.000 lire imperiali per il rinnovo dei privilegi, tra di essi si trovava anche Falcone di M.

Un altro ebreo monzese, invece, Simone del fu Giacobbe, fu coinvolto nel processo del 1488 contro gli israeliti del Ducato, accusati di vilipendio alla fede cristiana.

Venticinque anni dopo, durante dei disordini a M., fu attaccata, tra le altre, anche la casa del feneratore Zaccaria di Vita, al quale furono sottratti beni personali e pegni: passati due anni egli fece muovere in proprio favore il Duca contro i monzesi.

Il Duca, dal canto suo, intervenne anche nel 1550 per tutelare il privilegio goduto dagli ebrei lombardi e, conseguentemente, anche da Salomone di M.

Quanto all'attività feneratizia, il banco di M. era il maggiore di quelli nel territorio intorno a Milano: un documento della metà del XVI secolo attesta che l'interesse mensile era di 5 denari per lira per un prestito su pegno e di 7 denari per lira per uno senza pegno. Tuttavia, date le difficoltà economiche, il Comune di M. chiese al Duca di intervenire perché l'interesse fosse sempre di cinque denari e, circa nello stesso periodo, si vietò di prendere come pegno lana e altro materiale greggio.

La tensione che caratterizzava i rapporti tra il banchiere locale, Simone Soave di David, e il Comune non fu di natura solo finanziaria, ma anche politica, come dimostrano gli svariati interventi a suo favore del feudatario del luogo, il principe di Avalos. Il Soave, dopo aver abitato ed esercitato il prestito in contrada Rampone, si trasferì negli anni '60 al Carrobiolo (parrocchia di S. Pietro Martire), dove fenerò con i suoi numerosi agenti (Aronne Sacerdote, Salomone Galli, Angelino Levita, Bonaiuto Fano) e fu coadiuvato dalla moglie, Bella Cantarini.

Le vicende di Simone Soave e dei suoi aiutanti sono emblematiche dell’ irrigidimento delle autorità nei confronti della presenza degli ebrei a Milano: processati, infatti, nel 1553, per aver soggiornato nella città più dei tre giorni prescritti e per aver infranto il divieto di esercitarvi il prestito, essi vennero esentati dalle pene corporali, cui erano stati condannati, solo per intercessione del Principe d'Ascoli, mentre un altro ebreo monzese, sempre al servizio del banchiere Simone Soave, tale Rubino, fu processato per la stessa infrazione.

Nel 1558, dato il consenso del conservatore a non introdurre nuovi banchi a distanza inferiore di cinque miglia da quelli già in attività, Simone Soave di M. se ne avvalse per opporsi all'apertura di un banco a Vimercate.

Il figlio di Simone, David, che ereditò casa e bottega al Carrobiolo, risultava nel 1579 ancora a M., mentre qualche mese più tardi figurava a Milano, nella parrocchia di S. Giovanni Laterano: con questa notizia cessano le tracce documentate della presenza ebraica a M.[1]

Bibliografia

Motta, E., Ebrei in Como ed in altre città del ducato milanese, in Periodico della Società Storica per la provincial e antica diocesi di Como V (1885), pp. 9-44.

Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'età spagnola, Torino 1973.

Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982–1986.


[1] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, I, doc., 160, 373, 403, 422, 441, 633, 1011, 785, 814, 907, 925, 938, 1022, 1064, 1082, 1145, 1150, 1156, 1226, 1256, 1267, 1302, 1440; II, doc. 1839, 1881, 1897, 2035, 2165, 2331, 2356, 2665, 2700, 2826, 2833, 3059, 3165; IV, pp. 2805, 2806. Motta, E., Ebrei in Como, p. 10, nota 1; Segre, R., Ebrei lombardi, p. 16, pp. 26-29.

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