Poggibonsi

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Poggibonsi

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Provincia di Siena. Posto in Valdelsa, sul  fiume Elsa, fu noto fin dall’antichità e fu un Comune, presto posto sotto controllo di Siena, che passò poi definitivamente sotto la dominazione fiorentina a partire dal 1293[1].

La prima attestazione di una presenza ebraica a P. risale al 1444: il 30 dicembre di quell’anno[2] l’ebreo Manuele di Bonaventura da Volterra vi ottenne, infatti, una condotta della durata di cinque anni, dal 1° gennaio 1445 al 31 dicembre 1449[3]. Il banco autorizzato attraverso la condotta probabilmente costituiva un punto di riferimento per il prestito nella Valdelsa, in un momento in cui non risultavano attestate nell’area altre analoghe attività [4].

Tuttavia la decennale presenza nella non lontana San Gimignano di un banco detenuto, dopo il 1449, da esponenti della famiglia da Fano, e l’assenza di ulteriori attestazioni su appartenenti alla famiglia da Volterra nonché sulla presenza di altri feneratori, lascia pensare ad una non continuità nell’ esercizio del prestito a P. immediatamente dopo la metà del Quattrocento.

L’attività feneratizia riprese nel centro valdelsano proprio grazie ad un membro della famiglia da Fano, Elia di Salomone di Aliuccio, che era stato a capo del banco di San Gimignano fino al termine della condotta del 1466[5]. Scaduto tale termine, il Comune di S. Gimignano non rinnovò alcun tipo di patto con i membri della famiglia da Fano, né con nuovi feneratori israeliti[6]: Elia di Salomone si spostò pertanto a P. dove ottenne una specifica autorizzazione. La nuova condotta consentiva l’attività feneratizia per sei anni e tre mesi a partire dal 7 febbraio 1467[7], e venne confermata per altri cinque anni, a partire dal febbraio 1474[8]. A P. Elia di Salomone certamente ebbe residenza perché nel 1470 un documento rogato a Firenze, egli è detto habitator in castro Podii Bonizi[9]. Probabilmente anche il fratello di Elia, Daniele del fu Salomone, abitava a P. dove, il 3 marzo del 1471 presso la residenza del fratello, fece registrare il proprio testamento[10]. In esso compare anche la richiesta di essere sepolto in comitatu Senarum et in tumulo ebreorum[11]. Anche Brunetta del fu Daniele di Vitale da Pisa, madre di Elia e Daniele, redasse il proprio testamento a P., il 6 giugno 1473[12].

Probabilmente non abitava qui, ma era socio del banco di Elia di Salomone, Manuele di Bonaiuto da Camerino, personaggio attivo nella seconda metà del Quattrocento nel contesto dei banchi cittadini fiorentini[13], con il quale già Salomone di Aliuccio da Fano, nel 1459, era in società[14]. Manuele sposò la figlia di Salomone, Gemma, sorella di Elia e Daniele[15].

Altri collaboratori furono Salomone di Manuele e Gaio di Manuele da Todi[16].

Quest’ultimo, probabilmente, divenne per un certo tempo gestore del banco: sappiamo infatti che, il 20 giugno 1475, risedeva a P., mentre ormai Elia di Salomone a questa data dimorava a Firenze[17]: dal 1° agosto di quell’anno Gaio subentrò ufficialmente ad Elia e ad altri soci nell’affitto di una casa e di un orto[18]. Inoltre, un inventario dei beni di Gaio fatto redigere dopo la sua morte, avvenuta nel settembre 1478[19], dalla moglie Anna del fu Sabato di Bonaventura da Terracina, curatrice e tutrice dei figli ed eredi[20], ci informa dell’ottenimento di un mutuo da Elia, mediante una scrittura privata: si trattava di 1.250 fiorini ad un interesse del 16% annuo[21].

Alla luce di questi dati si può, quindi, ipotizzare che Elia di Salomone avesse spostato, per le maggiori possibilità di guadagno offerte dal mercato creditizio cittadino, la sua sfera d’azione a Firenze, lasciando Gaio di Manuele da Todi a gestire il banco di P.[22].

Nella valutazione dei beni del marito effettuata, come più sopra indicato, da Anna del fu Sabato di Bonaventura da Terracina il 22 febbraio 1479 venne dichiarato l’ammontare dei debiti di Gaio verso Elia di Salomone: si considera nell’atto il valore degli interessi maturati sul capitale prestato da Elia; due arbitri, Vitale di Isacco da Pisa e Abramo di maestro Bonaventura da Prato, tenuto conto dai danni subiti da Gaio a causa di guerre ed epidemie, li ridussero dal 16 al 10%. Sia l’ammontare degli interessi dovuti, sia l’elenco dei pegni relativi ad operazioni di mutuo elencati nello stesso atto, stimati in 1.695 fiorini, 2 libbre, 12 soldi e 8 denari sono pertinenti al periodo compreso tra il 1 settembre 1477 e il 30 novembre 1478. Con lo stesso atto Anna del fu Sabato, consapevole dell’impossibilità dei giovani figli di condurre il banco, ne cedette la gestione di nuovo ad Elia del fu Salomone di Aliuccio, saldando pertanto anche i debiti contratti con questi[23]; la cessione del banco venne tuttavia considerata valida a partire dal 1° dicembre 1478[24], anche tenendo conto del termine di esercizio della condotta, fissato al 7 febbraio 1479[25].

La condotta relativa al banco venne rinnovata forse solo alcuni anni più tardi: Elia di Salomone ottenne in data 15 dicembre 1491 una nuova autorizzazione, valida a partire dal maggio dell’anno successivo;  il notaio rogante dichiarò di aver seguito in questo caso una copia dei capitoli concessi nel 1481 a Manuele di Bonaiuto da Camerino per l’esercizio del prestito a S. Giovanni Valdarno[26].

La concessione da parte delle autorità fiorentine ad Elia di Salomone venne discussa dal Consiglio di P. il 3 maggio 1492[27] in data posteriore all’entrata in vigore della condotta: il consiglio intendeva infatti deliberare in merito allo svolgimento di una trattativa con i prestatori autorizzati dai fiorentini, per stipulare nuovi capitoli, aggiuntivi e non sostitutivi di quelli deliberati nella capitale. Vennero quindi individuati quattro oratori[28] incaricati di capitolare con Elia di Salomone. Il 27 maggio 1492[29] si decisero infine due nuove norme, con le quali si fissava una tassa annua di 40 libbre di moneta fiorentina a favore del Comune di P. e si imponeva ai prestatori l’obbligo di garantire alle istituzioni del centro della Valdelsa prestiti senza pegno et senza merito della durata di almeno due mesi e fino a 10 fiorini d’oro larghi. Salomone di Elia, in rappresentanza del padre, si impegnava tuttavia a rispettare solo la prima delle due deliberazioni, in mancanza di un’esplicita autorizzazione paterna per l’accettazione della seconda[30]. Una lettera inviata in seguito da Elia alle autorità di Poggibonsi il 5 giugno 1492[31] sembra esprimere l’interesse a non “formalizzare attraverso uno specifico capitolo l’obbligo di sostenere le finanze del comune”[32], attività che era svolta implicitamente sulla base della consuetudine. Ad ogni modo, i capitoli originariamente concessi dai fiorentini autorizzarono Elia di Salomone ad esercitare il prestito non solo a P., ma ad allargare la zona di influenza anche a San Gimignano e Colle di Valdelsa[33], oltre che ad emere et vendere qascunque et de quibuscunque rebus mobilibus et pannis lineis et laneis, ad acquistare beni immobili fino ad un valore di mille fiorini e ad ottenere dai macellai locali, senza maggiorazioni di prezzo, carne macellata secundum morem hebreorum. In particolare era fatto obbligo agli abitanti di P., San Gimignano e Colle di Valdelsa, di rivolgersi in caso di necessità soltanto al banco o ai banchi gestiti da Elia di Salomone e dai suoi soci, fatta salva la possibilità di ottenere prestiti senza limitazioni, dai banchi cittadini fiorentini[34].

Tra 1493 e 1494 ci giunge un buon numero di documenti riguardanti nomine di ebrei, cui venivano conferiti i diritti previsti dalla condotta[35]: Elia di Salomone ed i suoi figli, infatti, continuarono a dimorare a Firenze, affidando probabilmente di volta in volta il governo del banco a delegati di fiducia.

L’attività del banco dovette cessare definitivamente con la soppressione del prestito ebraico che, il 28 gennaio 1495, seguì la cacciata di Piero de’ Medici da Firenze[36]: il 13 ottobre 1496 Elia, cognominato ormai “da Poggibonsi”, con la moglie Gentile ed i figli Consiglio, Ventura e Dolce, è già attestato come residente in Bologna[37].

Bibliografia

Garruto M. E., Ebrei in Valdelsa nel Quattrocento: una storia di Famiglia (I Poggibonsi), Tesi di Dottorato in Storia, Università degli Studi di Pisa, ciclo XI (2001-2003), tutor Prof. M. Luzzati.

Toniazzi, M., I “da Camerino”: una famiglia ebraica italiana fra Trecento e Cinquecento, tesi di Dottorato in Storia, Università degli Studi di Firenze, ciclo XXV (2010-2012),  tutor Prof. G. Pinto.


[1] Cfr. Repetti, E., Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, vol. 4, pp. 480-487.

[2] Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Balie, n. 26, cc. 70r-v. La condotta appare associata ad altre autorizzazioni al prestito: gli ufficiali di Balia autorizzarono gli ufficiali del Monte fiorentini, ad emanare licenze di prestito in favore di diverse località del dominio: Borgo S. Sepolcro, Montepulciano, S. Gimignano e P., cfr. Garruto, E., Gli Ebrei in Valdelsa, nota 163, pp. 88-89.

[3]Le date indicate compaiono nella definitiva approvazione dei capitoli: ASFi, Signori e Collegi, Deliberazioni in forza di speciale autorità, n. 2, c. 33r.

[4] Cfr. Garruto, E., op. cit., p. 89.

[5]Archivio Storico Comunale di San Gimignano (ASCSG), Deliberazioni, n. 178, cc. 421r-423r, S. Gimignano, 15 Novembre 1456, trascritto in Garruto, E., op. cit., pp. 171-177. La condotta aveva durata decennale.

[6]Cfr. ivi, nota 119 p. 69 e testo corrispondente.

[7]ASFi, Monte Comune o delle Graticole, p. II, n. 1101, c. 266v., si veda Garruto,E.,  op. cit., nota 162 p. 88.

[8] ASFi, Monte Comune o delle Graticole, p. II, n. 1101, c. 266v. È probabile  che con la precedente condotta del  1467 si autorizzasse la permanenza in città per un altro anno: cfr. Garruto, E., op. cit., nota 167 p. 90.

[9] ASFi, Notarile Antecosimiano,  n. 16827, c. 224r.

[10] ASFi, Notarile Antecosimiano, n. 19214,  già S 783, 1466-1472, cc. 60v-61v. Sul contenuto del testamento si veda Garruto, E., op. cit., pp. 114-115.

[11] Cfr. ivi, nota 220 p. 114.

[12] L’atto originale è sconosciuto. Una copia compare in: ASFi, Notarile Antecosimiano, 16829, già P 351, 1470-1481, cc. 370r-371r. Sul contenuto del testamento si veda Garruto, E., op. cit., pp. 115-116.

[13] Si veda in merito, ivi,  nota 171, pp. 91-92.

[14] I rapporti tra Manuele e Salomone si ebbero in merito al banco di S. Giovanni Valdarno: si veda ivi,  nota 173 p. 92.

[15] I due si erano sposati a Camerino il 3 giugno 1456 (cfr. Toniazzi, M., I “da Camerino” una famiglia ebraica italiana, p. 81). Nel 1471, nel testamento di Daniele di Salomone citato supra alla nota 9, Manuele di Bonaiuto da Camerino è indicato, infatti, come suo cognato. Per gli ulteriori legami matrimoniali tra le due famiglie si veda Garruto, E., op. cit., nota 174 p. 93 e Toniazzi, M., op. cit., pp. 81-82.

[16] Entrambi effettuarono saldi di tasse per il banco di P. presso gli ufficiali del Monte di Firenze: ASFi, Monte Comune o delle Graticole, p. II  n. 1101, c. 267r.

[17] ASFi, Notarile Antecosimiano, n. 16830, c. 378v: nel documento Elia e Gaio sono nominati in qualità di arbitri per un compromesso.

[18] ASFi, Notarile Antecosimiano, n. 16830, cc. 419r. Nel documento Gaio di Manuele da Todi è detto ad  presens prestator in dicto castro Podii Bonizi.

[19]ASFi, Notarile Antecosimiano, P353, cc. 201-203r.

[20]Sulla vicende si veda Garruto, E., op. cit., nota 179-181 e testo corrispondente alla p. 95

[21] Ivi, nt. 182 p. 96 e testo corrispondente.

[22] Il momento della delega dell’attività creditizia si ebbe probabilmente all’atto della sopracitata concessione del capitale di 1.250 fiorini, avvenuto il 10 giugno 1474 (cfr. la nota precedente).  A supporto dell’ipotesi di Gaio come gestore del banco, si hanno ulteriori prove documentarie, elencate ivi,  nota 185 p. 97.

[23] Per quanto esposto fin qui si veda ivi, pp. 97-99.

[24] Cfr. ivi,  nota 190 p. 99.

[25] Cfr. ivi, p. 100.

[26] ASFi, Capitoli,  Appendice, n. 30, cc. 137r-160r, in merito si veda Garruto, E., op. cit., nota 192 pp. 100-101. Per i capitoli di S. Giovanni Valdarno: ASFi, Balie, n. 39 c. 127v.  Le condotte di prestito vennero rinnovate, nel 1481, in moltissimi altri centri del dominio fiorentino, anche in riferimento a banchi la cui condotta aveva ancora alcuni anni di validità: secondo la Garruto siamo di fronte ad una “politica globale di pianificazione e strutturazione della presenza e dell’attività dei prestatori ebrei sull’intero territorio soggetto a Firenze”, cfr. ivi, pp. 102-105.

[27] Archivio di Stato di Siena (ASS), Comune di Poggibonsi, n. 110 (nuova numerazione), c. 5v.

[28] ASS, Comune di Poggibonsi, n. 110 (nuova numerazione) c. 6v.

[29] ASS, Comune di Poggibonsi, nn. 110 (nuova numerazione) c. 7 v.

[30] In merito Garruto, E., op. cit., nota 212 p. 107

[31] Si veda ivi,  pp. 107-108.

[32] Cfr. ivi,  p. 108.

[33] Cfr. ivi,  nota 213 p. 109.

[34] La norma, secondo Garruto, era volta ad esercitare un effettivo controllo centrale della politica del settore del prestito, con il divieto, di fatto, di rivolgersi a prestatori esterni al dominio fiorentino: cfr. ivi, p. 111.

[35] Per un elenco dei quali si veda ivi, nota 218 p. 112.

[36] Cfr. ivi,  p. 112.

[37] Archivio di Stato di Bologna, Registri degli inurbati-Denuntie, VI, 1475-1602.

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