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Camaiore (קאמאיורה)
Provincia di Lucca. Nel XV secolo era il più grosso borgo del contado lucchese.
I primi accenni ad una presenza ebraica a C. risalgono al 1460, quando le autorità comunali stabilirono di stipulare i capitoli con Gayettus olim Angeli Ebreus solitus commorari Luce, perché venisse nella località a prestare[1].
Il feneratore si trasferì con la famiglia a C. un paio di anni dopo, con una condotta quinquennale[2]: dalla documentazione risulta che, oltre al prestito su pegno, gestisse anche mutui ad interesse su garanzia scritta[3].
Da atti del 1465 sappiamo, inoltre, che Gaio (Gaietto) ed i figli Angelo e Leone erano in rapporti commerciali con alcuni locali per la compravendita di formaggio, stoffe ad altro[4].
Due anni dopo, Gaio risultava aver prestato una somma per pagare il cancelliere al Comune, che prometteva di consegnargli i pegni necessari e di restituirgli il denaro e gli interessi entro due mesi[5].
Allo scadere della condotta (1467), da C. furono mandate richieste a Lucca per prorogarla di alcuni mesi alle solite condizioni e, l’anno successivo, il Vicario, i due Capitani e venti uomini (in parte fide digni, in parte consiglieri comunali) vennero convocati per deliberare la richiesta del feneratore di chiedere agli Anziani della Repubblica lucchese di concedergli il rinnovo dei patti, cosa che avvenne, per un periodo di nove anni, nel 1468[6].
Nel 1469 Gaio risultava continuare l’attività commerciale, provocando la reazione dei camaioresi, che lo accusavano di non limitarsi al prestito, ma di fare mercantia di grano olio…bestie e dogni altra cosa come può fare ogni cristiano, comprando, inoltre, a basso prezzo tutti i pegni del banco messi all’incanto, per cui chiedevano a Lucca di licenziarlo in modo che non abbia più a prestare , macellare come fa né fare mercantia in questo luogo[7].
Nel 1472 i locali decisero di reiterare le iniziative presso Lucca per l’allontanamento di Gaio, che, l’anno successivo, fu multato dal Comune per non aver presentato copia integrale dei capitoli sottoscritti con le autorità lucchesi per il prestito a C., con grave detrimento dei debitori[8].
Tuttavia, Gaio e figli continuarono a prestare ed a commerciare in olio e stoffe a C., dando, tra l’altro, bestiame in soccida. Inoltre, il Comune stesso fu costretto ad indebitarsi con Gaio, che, dal canto suo, concesse allora un mutuo gratuito al correligionario Yosef Zenattani da Reggio, abitante a Parma, impegnatosi a restituire il denaro entro sei mesi[9].
Gaio abitava con la famiglia a C. in case affittate nel sesto Lucchese, uno fra i tre luoghi propostigli al momento della stipula dei patti del 1462, dove teneva anche il banco ad pannellum, ed in seguito lui ed i figli si trasferirono in altre case dello stesso sesto Lucchese[10].
Le necessità economiche della popolazione fecero sì che Gaio continuasse a rimanere nella località, con nuovi Capitoli, in cui, in particolare, la controversa vendita dei pegni veniva posta sotto la sorveglianza di un camaiorese, eletto dal Consiglio. In seguito, la condotta fu rinnovata, per cinque anni, nel 1482, con la clausola, approvata dal Consiglio Generale della Repubblica, che il feneratore fosse obbligato a prestare al Comune una cifra, con adeguato fideiussore, ma sine aliquo premio[11].
Nel 1485, dopo la morte di Gaio, i figli Angelo e Leone gli subentrarono nella gestione del banco e prestarono al Comune di C., senza interesse, una cifra da devolvere agli Anziani della Repubblica per scavare fossi a Viareggio[12].
Angelo e Leone avevano anche rapporti commerciali con esponenti del clero, come risulta da un documento relativo alla vendita di tessuti ad un prete locale[13].
I feneratori erano tenuti a versare, presumibilmente ogni anno, una tassa all’ufficio dell’Inquisizione[14].
Nel 1487 fu rinnovata per nove anni la condotta ad Angelo di Gaio, con la clausola che non fosse più tenuto a prestare al Comune, ma che pagasse una tassa di 50 fiorini. Il tentativo, fatto dal Comune, di obbligare Angelo a calcolare gli interessi feneratizi solo sui giorni reali della durata del prestito rimase senza seguito, per l’opposizione del prestatore[15].
Nel 1491 Angelo, che aveva assunto la gestione del banco di Borgo a Mozzano[16], pagò, insieme al figlio Manuele, un abitante di C., d’origine lodigiana, per aver loro insegnato l’arte di fare il sapone. Nel 1493, poi, Angelo formò con un abitante di Corsanico una società – la compagnia di macellare et insalare carne- che si sarebbe sciolta quasi un anno più tardi[17].
Un’eco della predicazione a Lucca di Bernardino da Feltre contro il prestito ebraico sembra essersi fatta sentire anche a C., che inviava al Consiglio Generale lucchese una supplica per ottenere di poter rescindere il contratto con Angelo, adducendo, oltre alle motivazioni d’ordine economico, anche preoccupazioni d’ordine religioso, ispirate alla predicazione dei frati. Nonostante la condotta fosse considerata rescissa dal Comune, nel 1494, Angelo e il figlio Manuele continuarono le attività creditizie e commerciali, abbandonando C. solo nel 1496[18].
Il soggiorno a C. diede origine al cognome Camaiore, attestato nell’Italia centro-settentrionale, come prova il fatto che, ad esempio, si trovino Servadio e Salomone (da) Camaiore a Bologna, verso la metà del XVI secolo,[19] o Moisè Camaiore a Casale Monferrato, alla fine del XVII secolo[20].
Bibliografia
Lemmi, P., Prestito commercio ed attività imprenditoriali degli ebrei a Camaiore, in Campus Maior, Rivista di Studi Camaioresi, 1996, pp. 99-117.
Muzzarelli, M.G. ( a cura di), Verso l’epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, Firenze 1996.
Sensi, M., Ebrei finanziatori dell’Inquisizione, in Collectanea franciscana 45 (1974), pp. 269-273.
Simonsohn, S., The History of the Jews in the Duchy of Milan, Jerusalem 1982-1986.
[1] Archivio Storico comunale di Camaiore (d’ora innanzi ASCC), Consigli 1457-1458-1459- 1460, cc. 67-69, citato in Lemmi, P., Prestito, commercio ed attività imprenditoriali degli ebrei a Camaiore, p. 108, n. 8.
[2] Sulle ragioni del procrastinato arrivo di Gaietto ( o Gaio), cfr. ivi, pp. 108-109.
[3] Ivi, p. 109.
[4] Ivi, pp. 109-110.
[5] Archivio di Stato di Lucca (d’ora innanzi ASLu), Notari, c. 118v, citato ivi, p. 110, n. 18.
[6] ASCC, Contratti, n. 11, cc. 60-61; ASCC, Consigli dal 10 luglio 1463 al dì 3 gennaio 1473, cc. 137-138; ASLu, Consiglio Generale, Riformagioni Pubbliche, n. 19, pp. 286-388, citato in ivi, p. 110, nn. 20, 21, 22.
[7] ASCC, Consigli dal 10 luglio 1463 al dì 3 gennaio 1463, c. 202, citato ivi, p. 111, n. 25.
[8] ASCC, Consigli dal 10 luglio 1463 all dì 3 gennaio 1463, cc. 291-292, citato ivi, p. 111, n. 27.
[9] Ivi, pp. 111-112.
[10] Ivi, p. 113.
[11] Ivi, p. 114; per la richiesta di prestiti forzati, cfr. ASL, Consiglio Generale, Riformagioni Pubbliche, n. 21, pp. 379-381, citato ivi, p. 114, n. 46.
[12] ASCC, Consigli dal 1483 al 1493, cc. 96-97; ASL, Notari, n. 1236, c. 101v, citato ivi, p. 114, n. 48.
[13] ASLu, Notari, n. 1030, c. 118 v, citato ivi, p. 114, n. 50.
[14] La notizia è presentata come prova di una presenza ebraica a C., altrimenti ignorata dalla storiografia precedente, da Sensi, M., Ebrei finanziatori dell’Inquisizione, Appendice, Documento II, p. 273. Il Sensi riteneva il tributo posteriore al 1437, senza poter specificare più precisamente a quando si riferisse; lo studio della Lemmi ha consentito, invece, di rilevare che la data non può essere anteriore al 1462, quando Gaio si trasferì a C. con l’autorizzazione a fenerarvi.
[15] ASCC, Consigli dal 1483 al 1493, cc. 139-140, citato in Lemmi, P., op. cit.,p. 115, n. 53.
[16] Cfr. il presente lavoro, alla voce “Borgo a Mozzano”.
[17] ASLu, Notari, n. 1346, cc. 100v-101r; n. 1180, cc. 82v-83r, citato in Lemmi, P., op. cit., p. 115, nn. 55, 56.
[18] Ivi, pp. 116-117.
[19] Muzzarelli, M.G. ( a cura di), Verso l’epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, pp. 191-192.
[20] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, doc. 4072.