Lanciano

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Lanciano

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Lanciano (לנצ'יאנו)

Provincia di Chieti. Situata su di un pianoro limitato a est dal Fosso Spirito Santo (affluente del Foldrino) e ad ovest dal Fosso di Santa Apollonia, a circa 8 km. dall’Adriatico e a 20 dalla Maiella, era l’antica Anxianum, capoluogo dei Frentani ed in seguito municipio romano.

Ruggero II unì L. alla Corona di Sicilia e sotto gli Angioini, che l’avevano scelta come sede del giustiziato dell’Abruzzo citeriore, fu feudo di vari nobili.

Dal 1442 fu dominata dagli Aragona e nel 1515 Leone X vi istituì un vescovato, dichiarato  nel 1526 da Clemente VII soggetto alla sede teatina, allora divenuta metropolitana.

Pio IV elevò L. a sede arcivescovile, ma nel secolo XVI gli spagnoli la spogliarono dei e privilegi precedenti e nel  XVII secolo divenne un possesso dei D’Avalos.

Secondo alcune fonti, un gruppo di ebrei sarebbe vissuto a L. nel 1156, quando Roberto di Bassavilla, conte di Loritello, lo cacciò per vendicarsi del fatto che, nella rivolta da lui organizzata e vinta contro Guglielmo I re di Sicilia, aveva parteggiato per il re. Tuttavia, nel 1191, ottanta famiglie ebraiche sarebbero state riammesse a L., ma a condizioni fortemente restrittive[1].

Nel 1273 avrebbe, inoltre, avuto luogo a L. un caso di profanazione ebraica  dell’ostia ricordato nei racconti dei miracoli locali[2]

Ma il primo documento certo riguardante la presenza israelitica in questa località risale al 1400, quando re Ladislao d’Angiò (1386-1414) concesse a Ligucio di Dattolo e a suo figlio Gaio (Sane moti olim suplicacionibus Liguci Dapuli et Gay filii dicti Ligucij)[3], unitamente ai membri delle loro famiglie e al loro entourage, di abitare e commerciare a L. ( e a Sulmona e L’Aquila), godendo di una serie di diritti. Re Ladislao accordò agli ebrei di avere scuole e cimiteri propri, di osservare le festività ebraiche e non quelle cristiane e di non essere soggetti all’obbligo del segno distintivo. Inoltre essi erano esentati da qualsiasi tassazione speciale, avevano la facoltà di possedere beni immobili e di essere sottoposti, nelle cause civili e criminali, solo al capitano della città[4]. Dal diploma concesso da Ladislao risulta che, già dal tempo di Giovanna I ( proclamata regina nel 1344), i giudei godevano del diritto di habitare et stare […] et cum nostris fidelibus conversari mercari et praticari et alia facere more hebreorum [5]

Nel 1427, in seguito all’influenza di Giovanni da Capistrano, la regina Giovanna II abrogò tutte le concessioni fatte agli ebrei, li obbligò ad attenersi alle leggi canoniche e vietò l’attività feneratizia[6]. Il da Capistrano si stabilì, peraltro, proprio a L., costringendo gli ebrei alla segregazione in un’unica strada appartata, impedendo loro il commercio e cacciandone anche alcuni. Pochi mesi più tardi, grazie all’intercessione di papa Martino V, sollecitato dal suo medico personale Salomone d’Anagni,  le misure antiebraiche vennero però abrogate dalla stessa regina[7].   

Nel  1429 gli ebrei del Regno di Napoli furono sottoposti ad un balzello, che avrebbe dovuto  ricompensare i frati minori della Terrasanta per i danni subiti a causa loro[8]: quelli di L. contribuirono allora con una cifra che risultava provenire dai 638 individui di cui si componeva la comunità locale[9]. Intanto l’attività feneratizia era stata ripristinata nel Regno dalla regina già nel 1427, al tasso del 45% e dietro qualsiasi pegno[10].

Nel 1463 Ferdinando I (o Ferrante) d’Aragona concesse agli israeliti di L. di essere equiparati nei diritti agli altri cittadini[11] e, tra i rari documenti reperiti, ve ne è uno del 1494, con cui  il capitano di Vasto riceveva disposizioni per far sì che un Iosep di L. potesse procurarsi la carne secondo i privilegi concessi ai correligionari del Regno[12].

Durante la calata di Carlo VIII (1495), Dinno Riccio ed il figlio Giovanni si impossessarono di svariati beni mobili e immobili di una famiglia di giudei di L. e, morti gli usurpatori, i beni ebraici passarono all’abazia di S. Maria di Frisia dipendente da S. Maria di Tremiti: gli antichi possessori iniziarono un’azione per rivendicare le proprietà usurpate, che venne  portata  alla corte vescovile di Chieti e rinviata nel 1511 con la clausola  che gli ebrei non fossero sentiti nisi praestita idonea cautione[13].

Tale dato è stato interpretato come contrastante con l’opinione seguita da svariati storici che gli israeliti avessero dovuto lasciare questa ed altre località abruzzesi in forza della prammatica di espulsione dal Regno di Napoli del 1510, seguita da una seconda prammatica con cui si permetteva a duecento famiglie di restare, purché pagassero il tributo annuo di 3000 ducati[14]. Tuttavia, un documento del 1511 attesta l’ordine dato al capitano di L. perché prendesse informazioni attendibili sugli ebrei allontanatisi dalla città proprio in seguito all’editto di espulsione[15]

Nel 1520 l’imperatore Carlo V concedesse, poi, agli ebrei di restare nel Regno di Napoli e, per  rendere meno gravoso il tributo annuale di 1.500 ducati che essi dovevano pagare, concesse ad altre 40 o 50 famiglie ebraiche di immigrare[16].

Una conferma della presenza ebraica a L. (come nelle altre località abruzzesi), dopo il 1510, è stata, inoltre, desunta da uno strumento rogato nella località nel giugno 1533 ( pochi mesi dopo l’espulsione decretata nel gennaio, cui seguì in marzo una proroga della data della partenza), da cui  risulta che i rappresentanti degli ebrei di una serie di località abruzzesi, convenuti alla fiera cittadina, affidarono a Vincenzo del Tinto di Sulmona una somma di denaro da consegnare alla regia curia di Napoli, dopo essersi accertato che il re avesse confermato i privilegi in loro favore[17].

Nel periodo successivo al 1510, giudei abruzzesi e forestieri si davano, del resto, convegno a L. in occasione delle famose fiere che vi si tenevano due volte all'anno[18].

Ad onta dell’espulsione dal Regno di Napoli del 1541,[19] infine, vi sono indizi che potrebbero far supporre una presenza ebraica a L. non solo durante le fiere: nel 1572 si tenne qui una sinodo diocesana, che, tra l’altro, emanò disposizioni per evitare i contatti con gli ebrei e nel 1613 (in periodo, tuttavia, di fiera), il vicario, accompagnato da svariati ecclesiastici, irruppe nella sinagoga dove erano riuniti alcuni in preghiera, sequestrò i libri sacri e mise gli ebrei in stato d’arresto nel palazzo arcivescovile. Dalla documentazione a disposizione non è chiaro, però, se essi dimorassero a L. o vi si recassero solo in tempo di mercato: in ogni caso, in seguito all’editto di espulsione del 1746, esso risultano scomparsi dalla città[20].       

 

Bibliografia

Berardi, M.R., Per la storia della presenza ebraica in Abruzzo e nel Molise tra medioevo e prima età moderna: dalla storiografia alle fonti, in Fonseca, C.D, et alii ( a cura di),  L’ebraismo dell’Italia meridionale peninsulare dalle origini al 1541: società, economia, cultura. Atti del IX Congresso AISG (1992), Galatina 1996, pp. 267-294.

Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Abruzzo (II), in Sefer Yuhasin, 3 (1987), pp. 81-90.

Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Abruzzo (III), in Sefer Yuasin, 12 (1997), pp. 9-21.

Faraglia, N. F., Storia della regina Giovanna II d’Angiò, Lanciano 1904.

Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’eta romana al secolo XVIII, Torino 1915.

Marciani, C., Ebrei a Lanciano dal XIII al XVIII secolo, in Archivio storico per le Province napoletaneIII Serie 2 (1963), pp. 167-196.

Marciani, C., Lettres de change aux foires de Lanciano au XVIème siècle, in S.E.V.P.E.N., Paris 1962.

Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.        

Sacchetti Sassetti, A., Maestro Salomone d’Anagni medico del secolo XV, Frosinone 1964.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.


[1] Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 83.  I patti stipulati tra Lancianesi ed ebrei nel 1191 sono stati riportati in Marciani, C., Ebrei a Lanciano dal XII al XVII secolo, pp. 168-169. Nell’analizzare tali patti, il Marciani demolisce la credibilità della fonte che li riferisce, l’abate Pietro Pollidori, cui si sono rifatti gli storici locali, come il Romanelli. (Ivi, p. 168, n. 8). Al Romanelli si sono rifatti anche il Milano (op. cit., p. 83, n. 1) ed il Ferorelli (Gli ebrei nell’Italia meridionale, p. 37, n. 1). Pertanto, le informazioni relative alla presenza ebraica a L. nella seconda metà del XII secolo risultano problematiche, dato che le notizie relative al 1191, trasmesse dal Pollidori,  vengono  esplicitamente dichiarate erronee dal Marciani e le notizie relative al 1156, provenendo sempre dal Pollidori, appaiono sotto una luce poco affidabile. Sulle ricerche del Marciani che costituiscono la fonte precipua per quanto concerne L. e  gli ebrei locali si veda Berardi, M.R., Per la storia della presenza ebraica in Abruzzo e nel Molise tra medioevo e prima età moderna: dalla storiografia alle fonti, p. 272.

[2]  Ivi,  p. 267, n. 2.

[3]  Marciani, C., op. cit., Appendice I, p. 193; tuttavia, nel corpo dell’articolo, il Marciani indica erroneamente, Dattilo e Gaio come figli di Ligucio (ivi, p. 173). Altri storici, invece, parlano di Ligucio di Dattolo e di suo figlio Gaio (si veda  Milano,  A., op. cit., p. 187; Ferorelli, N.,op. cit., p. 64).

[4] Marciani, C., op. cit., pp. 173-174; Ferorelli, N., op. cit., p. 64. Inoltre, agli ebrei era concesso di consegnare I pegni solo dopo la restituzione del denaro, di pagare le tasse solo sui beni stabili, di vendere I pegni trascorso un anno dalla data del prestito,di essere trattati al pari dei cittadini cristiani riguardo alle gabelle ed in tutte le compravendite di ogni merce. Infine, Ladislao ratificava i patti che gli ebrei sostenevano di aver stipulato con le università de L’ Aquila, di Sulmona  e di altre città abruzzesi. (Ivi, p. 65).

[5] Marciani, C., op. cit., Appendice I, p. 194. Il testo del documento di Ladislao è pubblicato in ivi, pp. 193-195.

[6] Per il testo del documento, vedi ivi, Appendice II, p. 195.

[7] Ivi, pp. 174-175; Ferorelli, N., op. cit., pp. 68-69; Sacchetti Sassetti, A., Maestro Salomone d’Anagni medico del secolo XV, pp.  6-7. Sul tentativo (non realizzato o, comunque, di breve durata) del Capistrano di espellere alcuni ebrei da L. e di segregare gli altri in un quartiere separato, si veda anche Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, History, p. 71 e p. 141, n. 145.

[8] Faraglia, N. F., Storia della regina Giovanna II d’Angiò, p. 341.

[9] Il numero degli ebrei era relativamente elevato se si tiene conto che, da un censimento del 1447, risultavano a L. circa 4.000 abitanti (Faraglia, N.F., La numerazione dei fuochi nelle terre della Valle del Sangro fatta nel 1447, in Rassegna Abruzzese di Storia e Arte, Anno II (1898), p. 208, cit. in Marciani, op. cit., p. 175, n. 33).

[10] Ferorelli,  N., op. cit., p. 67.

[11] Marciani, C., op. cit., pp. 175-176; per la fonte da cui è attinta la notizia, v. ivi, p. 176, n. 34.

[12] Colafemmina,C., Documenti per la storia degli ebrei in Abruzzo(II), p. 86, n.16.

[13] Antinori, A.L., Libro di memorie intorno a varie materie ecclesiastiche appartenenti alla Città e diocesi di Lanciano ed altri luoghi del circondario: S. Maria la Nova, nn. 357, 441, 447. Ms. Presso la Biblioteca del Capitolo di L. , la cui copia il Marciani dichiara di avere (Marciani, C., op. cit., p. 178, n. 43).

[14] Ancora una volta, secondo il Marciani, il Pollidori sarebbe responsabile di aver propalato una notizia inesatta sulle vicende degli ebrei abruzzesi, quando sosteneva che essi avevano dovuto abbandonare l’Abruzzo in seguito all’editto del 1510. Il Pollidori sarebbe la fonte cui si sono attenuti svariati autori che hanno trattato del Regno di Napoli( si veda Marciani, C., op. cit., p. 179). La notizia delle duecento famiglie che ricevettero il permesso di restare  è riferita dal Ferorelli (op. cit., p. 219).

[15] Colafemmina, C., op. cit., p. 89, n. 22.

[16] Ferorelli, N., op. cit., p. 224.

[17]  Ivi, Appendice, pp. 184-185, regesto n. 4. La somma che i convenuti a L. inviavano alla regia curia era di 800 ducati e, dunque,  i privilegi sembrerebbero essere stati particolarmente costosi per gli ebrei d’Abruzzo. Per le congetture cui ha dato adito tale dato, vedi  ivi, p. 179.  

[18] Cfr. Marciani, C., Lettres de change aux foires de Lanciano au XVIème siècle, Introduction, cit. in  ivi, p. 179, n. 48. Anche il Ferorelli riferisce che, nel 1514,  fu permesso agli Ebrei forestieri di frequentare le fiere di  L. (Ferorelli, N., op. cit., p. 222; si veda anche Milano, A., op. cit., p. 231). La presenza a L. in occasione di una fiera è attestata in un documento pubblicato da Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Abruzzo (III), p. 16, n. 31. Dagli anni Venti in poi del XVI secolo vengono menzionati nei documenti della Santa Sede ebrei convenuti a L. per fiere o originari di L. e attivi nel prestito o nella medicina nello stato pontificio; tuttavia, non vi sono indizi che confermino il proseguimento della permanenza ebraica a L. dopo il 1510 (cfr. Simonsohn, S., op. cit., doc. 1363, 1648, 1915, 1997, 2246, 2459, 2513, 2527, 2740). 

[19] Ferorelli, N., op. cit. , p. 233; p. 237.

[20] Cfr.  Marciani, C., op. cit., pp. 180-183; Appendice, pp. 184-193, regesti nn. 1-98. Il Marciani rileva che dal Catasto di L. del 1747 gli ebrei risultavano assenti (tuttavia, non dice che negli anni precedenti vi fossero stati menzionati) e riferisce che, nel 1750, ancora vi erano ebrei che visitavano le fiere lancianesi, come si evince dalle disposizioni date in merito dal preside della  provincia (ivi, p. 183).

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