San Felice sul Panaro

Titolo

San Felice sul Panaro

Testo

Provincia di Modena. Posto tra il Secchia e il Panaro, in aperta pianura, a una trentina di km circa a Nord-Est del capoluogo. Dal XIV secolo fu dominio degli Este e nel 1340 Obizzo d'Este vi fece costruire un castello.

In un decreto del 1473 il Duca Ercole I elencava gli ebrei esercitanti l'attività feneratizia in varie località dello Stato estense, tra cui S.[1]. All'inizio del suo governo, nel 1534, Ercole II, confermando il privilegio accordato dal padre e dal nonno agli ebrei, tornava a menzionare tra gli stanziamenti ebraici dei suoi territori anche questo[2].

Nel 1540 l'esercizio del banco di S. fu concesso a Isacco da Norsa e Bonaiuto da Fano[3].

Il duca Alfonso II d'Este, nel 1572, concesse i Capitoli per dimorare dieci anni qui ai fratelli Levi[4] ed in un documento dello stesso anno è attestato che Il banco di s. Felice piglia a ragione del 30 per cento[5].

 

Sinagoga

L'esistenza di una sinagoga a S. si desume dalle prediche e dai componimenti poetici di Mordekhai ben Yehudah Dato e, in particolare, dalla nota ad una poesia manoscritta, in cui egli dichiara di averla composta, nella primavera del 1585 "perché venga recitata nella sinagoga di San Felice"[6].

 

Cimitero

Il duca Alfonso II con i Capitoli del 1572 concesse anche l'acquisto di terra per dodici sepolture, esenti da gabelle[7].

 

Rabbini e dotti

Era rabbino a S. nel XVI secolo il cabbalista Mordekhai (Marco o Agnelo, Agnolo) Dato (1525–1591/1601). Oltre ad aver commentato e curato la stampa del testo del cabbalista Samuele Gallico, Asis Rimmonim, tratto dal Pardes Rimmonim di Cordovero[8], pubblicato, tuttavia, dopo la sua morte, fu autore di svariate opere rimaste manoscritte, tra cui, Migdal David (Ms. Oxford 2515) sulla redenzione messianica, Maamar Mordekhai (Ms. British Museum 836), un commento al libro di Ester e altri commenti d'argomento biblico. Di lui restano, inoltre, una raccolta di prediche in italiano, due opere di argomento zoharico, poesie in italiano e in ebraico e lettere sulla Kabbalah e su argomenti legali. Alcuni suoi componimenti poetici vennero pubblicati nel testo Ashmoret ha-boker, compilato da Aaron Berekhyah di Modena ad uso della confraternita modenese, nel Me'irei ha shahar, pubblicato più volte (Mantova, 1624; Venezia, 1720; Livorno, 1796) e nel testo Seder mi-beracha, pubblicato a Ferrara nel 1693[9].

Un lungo inno sabbatico in giudeo-italiano, composto da Dato su ispirazione del Lekha Dodì del cabbalista della scuola di Safed, Shlomoh Alkabez, che sarebbe ben presto entrato a far parte del patrimonio comune alla liturgia sabbatica di tutto l'ebraismo, è stato pubblicato da Roth[10].

Tra i manoscritti copiati in provincia di Modena, vi sono le seguenti opere filosofiche e cabbalistiche di Yitzhaq ben Avraham ibn Latif: Rav pealim ("Grande per le opere"), Tzurat ha-olam ("La forma del mondo") e Zeror ha-mor ("Fascio di mirra"), trascritte dall'amanuense Mordekhai Mikhael Yedidyah ben Mosheh su commissione di Mordekhai Dato. L'opera filosofico-cabbalistica più importante di ibn Latif, Shar ha-shamayim ("La porta del cielo"), fu copiata, su commissione di Mordekhai Dato, dal figlio di questi, Refael Yehoshua, divenendo in seguito possesso del famoso bibliofilo Avraham Graziano.

In un manoscritto[11] di discorsi autografi di Mordekhai Dato, è stata trovata una lista di spese sostenute in occasione di un viaggio a Ferrara verso la fine del secolo XVI, senza che, tuttavia, sia chiara l'identità del viaggiatore in questione[12].

 

Bibliografia

AA. VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, Rimini 1987.

Balboni, M.P., Gli ebrei del Finale nel Cinquecento e nel Seicento, Firenze 2005

Balletti, A., Gli ebrei e gli Estensi, Reggio-Emilia 1930.

Costa Giani, P., Memorie storiche di San Felice sul Panaro, Modena 1890.

Elbogen, I., Una nota di spese del secolo XVI, in Rivista Israelitica, III (1906), pp. 155-162. Jacobson, Y., Along the Paths of Exile and Rdemption. The Doctrine of Redemption of Rabbi Mordecai Dato, Gerusalemme 1996 (ebr.).

Kaufmann, D., Contributions a l'histoire des Juifs en Italie, in REJ XX (1890), pp. 34-72. Margoliouth, G., Catalogue of the Hebrew and Samaritan Manuscripts in the British Museum, 4 voll., London 1899–1935.

Mortara, M., Indice alfabetico dei rabbini e scrittori israeliti, Padova 1886.

Roth, C., Mordekhai Dato et la Scuola dei quattro Capi a Rome, in REJ LXXXV (1928), pp. 63-65.

Roth, C., Un hymne sabbatique du XVI siècle en judéo-italien, in REJ, LXXX (1925), pp. 60-80; pp. 182-206; LXXXI (1925), pp. 55-78.

Steinschneider, M., Catalogus Librorum Hebraeorum in Bibliotheca Bodleiana, II.

 

 


[1]  Balboni, M.P., Ebrei del Finale, pp.  9s.

[2] Kaufmann, D., Contributions à l'histoire des Juifs en Italie, p. 52.

[3]  Balboni, M.P.,  op. cit., p. 12.

[4] Costa Giani, P., Memorie storiche di San Felice sul Panaro, p. 169.

[5] Balletti, A., Gli ebrei e gli Estensi, p. 67.

[6] La nota si trova nel manoscritto Add. 27.096 della British Library di Londra (AA.VV. Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 70; Margoliouth, G., Catalogue of the Hebrew and Samaritan Manuscripts in the British Museum, II, p. 258, n. 645.

[7] AA.VV., op. cit., p. 104; Costa Giani, P., op. cit., p. 169.

[8] Il testo fu pubblicato a Venezia, nel 1601, dopo la morte di Dato.

[9] Cassuto, U., alla voce "Dato Mordechai", in  E.J.; Steinschneider, M., Catalogus Librorum Hebraeorum, II, p. 1657; Margoliouth, G., op. cit.,, II, pp. 42-43; p. 257 e segg.; III, pp. 133-134; Mortara, M., Indice, p. 19; una composizione di Mordekhai Dato su Ester, in italiano, è stata pubblicata qualche anno fa: Busi, G., La istoria de Purim io ve racconto... Il libro di Ester secondo un rabbino emiliano del Cinquecento, Rimini 1987.

[10] Roth, C., Un hymne sabbatique du XVI siècle en judéo-italien, in REJ, 80 (1925), pp. 182-206; idem, REJ, 81 (1925), pp. 55-78.

[11] Si tratta del manoscritto n. 118 della collezione Almansi, passato, in seguito, in possesso del British Museum con la segnatura Add. 27007.

[12] Elbogen, I., Una nota di spese del secolo XVI, p. 155 e segg. In un articolo in cui conferma l'origine romana della famiglia Dato, Roth asserisce che il viaggio cui si riferisce la lista di spese pubblicata da Elbogen fu compiuto da Dato stesso nel 1573–74. Cfr. Roth,  C., Mordekai Dato et la Scuola dei quattro Capi a Rome, p. 65, n. 1.

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