Ravenna

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Ravenna

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Capoluogo di provincia. A sud della città scorrono i Fiumi Uniti, Montone e Ronco e a 6 Km. in linea retta si trova l'Adriatico. In epoca romana c’erano qui due erano i porti, quello di Primaro e quello di Classe, e R. era percorsa da canali che la mantenevano in contatto direttamente con il mare.

Secondo alcuni indizi d'origine etrusca, R. acquistò particolare rilievo con la pax romana stabilita da Augusto. Con la decadenza dell'impero d'Oriente iniziò il periodo più importante della storia di R.: nel 402, di fronte all'invasione di Alarico, Onorio trasportò la capitale da Milano a R. ed in seguito, Odoacre si impadronì della città. I nuovi re barbarici che regnarono in Italia riconobbero l'importanza di R. e ne fecero la loro capitale, promuovendo la rinascita economica e il ravvivarsi dei commerci.

Dopo Teodorico e la guerra fra l'Impero e i Goti, Belisario si impadronì della città nel 540 e, terminata la guerra greco-gotica, quando la Penisola tornò a far parte dell'Impero bizantino, Giustiniano elesse R. sede della prefettura d'Italia (comprendente, tuttavia, solo l'Italia continentale e peninsulare).

Con l'invasione longobarda (569) e la lotta di quasi due secoli fra Romani e Longobardi, a R. si concentrò la resistenza bizantina e successivamente venne istituito  un esarcato con capitale R.: per un lungo periodo la città continuò così ad essere l'emporio marittimo principale della Padania, sostenendo con successo l'incipiente concorrenza di Venezia.

Dopo che, nell'anno 889, l'Esarcato e la Pentapoli passarono a far parte del Regno d'Italia, gli arcivescovi mantennero il loro dominio nella zona e, venuti gli Ottoni, divennero feudatari imperiali: gli imperatori di Sassonia e di Franconia, inoltre, preferirono spesso R. a Pavia come centro della loro politica italiana.

Dopo il declinare della lotta con Roma e dopo le vicende del papa e dell'antipapa, declinò anche l'importanza di R. Nel 1106 l'arcivescovo venne privato della sua giurisdizione ecclesiastica, restituitagli nel 1118, quando avvenne la riconciliazione tra R. e Roma.

In seguito, sorse a R. il Comune aristocratico che, per tutto il XII secolo, rimase sotto l'autorità dell'arcivescovo. Nello stesso tempo si andò determinando una lotta fra le principali famiglie, per ottenere la signoria della città: vi riuscì, all'inizio del XIII secolo, Pietro Traversari, al quale successe il figlio Paolo, sino al 1240, quando Federico II si impadronì di R.

Nel 1276 Rodolfo d'Asburgo cedette definitivamente la Romagna, compresa R., ai pontefici. Nel frattempo, sorgeva la signoria dei Polentani che, per poter dominare incontrastati, combatterono persino i legati pontifici. La città, che con il decadere del dominio bizantino era scaduta nel suo ruolo di emporio marittimo, anche in ragione dell'abbandono dei lavori necessari per mantenere in efficienza il porto e la sua comunicazione con il Po, venne soppiantata da Venezia. Quest'ultima, per eliminare anche la concorrenza delle saline ravennati, impose alla città nel secolo XIII, dei patti con i quali controllava tutto il commercio locale e tutta la produzione e lo smercio del sale.

R. passò, cosi, di fatto sotto il controllo veneziano. Incominciò allora la sua rapida decadenza, interrotta solo nel periodo 1449–1509, quando Venezia ebbe il dominio diretto della città.

Nel 1509 R. passo poi a far parte degli Stati della Chiesa e nel 1512 i feroci saccheggi, incendi e stragi, fatti dalle truppe francesi dopo la battaglia che da R. prende nome, le arrecarono un grave colpo. Seguì la depressione dovuta alle lotte civili, provocate dalla faziosità dei Rasponi, che infestarono R. per quasi un secolo. Le condizioni generali dell'epoca non permisero, inoltre, al governo pontificio di rimediare ai danni dei terremoti e delle inondazioni.

 

Nell'antichità R. fu una insediamento ebraico di notevole importanza. Sappiamo che Odoacre, re degli Eruli e conquistatore dell'Italia, morto nel 498, fu sepolto a R. in un'arca marmorea collocata presso le sinagoghe[1].

Nel 519, in seguito ad una zuffa tra ebrei e cristiani, la plebe incendiò le sinagoghe locali[2] e gli israeliti si rivolsero al re Teodorico, a quel tempo a Verona, ottenendo che gli edifici fossero ripristinati a spese dei distruttori e che coloro che non avevano i mezzi per contribuire a tale ricostruzione fossero puniti tramite la flagellazione pubblica[3].Dal fatto che esistessero più sinagoghe si inferisce che la presenza ebraica a R., a quel tempo, era consistente[4].

La Comunità ebraica dell'Alto Medioevo era composta probabilmente di mercanti, impegnati nel commercio d'oltremare. Un certo numero di ebrei continuò a risiedere comunque a R. anche nel XIII secolo, dopo che essa fu soppiantata dal potere marittimo di Venezia: in una lettera indirizzata all'arcivescovo di R. nel 1225, Onorio III proclamava la remissione dei debiti con gli usurai ebrei per i partecipanti alla sesta crociata[5]. Inoltre, in un documento del 1227 viene menzionato tale Dombelino giudeo, in conflitto con la città di R., la cui causa doveva essere rimessa al vescovo di Imola[6].

Nel concilio di R. del 1311 fu ribadito l'obbligo del segno distintivo per gli ebrei, statuito da Alessandro IV nel 1257 e poi caduto in disuso[7].

Nel XV secolo gli ebrei di R. godevano di una situazione alquanto favorevole, come attesta la definizione di cives et habitatores Ravene con cui vengono designati nei documenti notarili[8].

Tra gli ebrei del primo Quattrocento, spiccava Musetto di Elia da Imola, detto anche da Bologna, che con la sua attività di prestatore si era guadagnato una posizione di favore presso Ostasio da Polenta, giungendo ad ottenere, come saldo dei debiti di questi, terre di svariato genere (arativo, boschivo, prativo) che sancivano tacitamente, ma formalmente, il diritto ebraico alla proprietà fondiaria[9].

Nel 1441 R. passò sotto il dominio di Venezia e tra le richieste presentate al Doge, vi era quella di mantenere il banco di prestito ebraico.

Nel 1443 il comitato di vigilanza delle Comunità italiane si riunì a R. per deliberare sulle misure da prendere per far fronte alla bolla papale Super gregem dominicum, emessa da Eugenio IV nel 1442 dietro la spinta degli ordini mendicanti, che era di carattere assai restrittivo per gli ebrei, imponendo loro di vivere separati, di portare il segno distintivo, di restituire le usure percepite e, per il futuro, di non esigerne.

L'anno seguente il Papa tornò sull'argomento, revocando specificamente la bolla di Martino V del 1422 a protezione degli ebrei, ma ben presto si risolse ad ammorbidire la propria posizione.

Nel 1449 il medico Guglielmo, figlio dell'archiatra pontificio Elia di Sabato da Fermo, si recò a R. ed acquistò, per conto del padre, una tenuta di Ostasio da Polenta, poi passata al banchiere Musetto[10]: ancora nel 1458, Guglielmo risultava abitare a R., mentre, nel 1470, vi tornava, richiamato da una vertenza giudiziaria[11]. Infatti, pur essendo egli titolare di uno dei banchi, lo faceva gestire dal figlio Michele ed una serie di rogiti notarili di conduzione e di acquisto di terre testimonia della posizione socio-economica di Guglielmo e di Michele.

Alla fine degli anni Quaranta, il già ricordato Musetto, invece, non avendo potuto recuperare in misura sufficiente i crediti nei confronti di Ostasio da Polenta, risultava sull'orlo del dissesto economico e gli succedeva nell'attività bancaria Gaio di Gaio da Cesena[12].

Nel 1477 un parroco della diocesi di R. rischiò di perdere la parrocchia, se si fossero rivelate vere le accuse di inadempienza ai suoi doveri e, in particolare, l'accusa di giocare cum Iudeis ad cartas seu taxillos noctis tempore [13].

Nel 1487 e nel 1491 Bernardino da Feltre predicò a R. in favore della fondazione di un Monte di Pietà: in presenza di una concomitanza di fatti, quali lo spirare dei termini della condotta, la carestia e la penuria di denaro, la sua predicazione trovò vasta eco ed il clima si fece molto sfavorevole all'attività feneratizia ebraica, sino a sfociare nella distruzione della sinagoga e negli attacchi contro ebrei da parte del popolo sobillato dalle parole dei frati nel 1491. Tra le vittime dell'attacco vi fu anche Elia del fu Salomone da Rimini[14].

Nel 1492 il Monte fu istituito ed il Doge ordinò la fine del prestito ebraico: nello stesso anno venne imposto agli ebrei il segno e nel successivo Bernardino da Feltre fu accolto trionfalmente a R.[15]. Nel 1492 fu ottenuta l'espulsione degli Ebrei dalla città e fu distrutta la sinagoga presso la cattedrale[16].

Dopo il passaggio sotto il dominio della Chiesa nel 1509, R. subì tutte le disposizioni anti-ebraiche emanate dai Papi. Tre anni dopo, tuttavia, fu emanato dall'autorità ecclesiastica locale l'ordine di ammonire, sotto pena di scomunica, i predicatori a non attaccare gli ebrei nelle prediche, né ad obbligarli ad ascoltarle[17].

Nel 1514, pur senza alcuna autorizzazione formale alla ripresa dell'attività feneratizia ebraica, risultava che il prestito su pegno era esercitato da tale David de Portugalia, nella cui casa erano tenuti i pegni[18], mentre nel 1520, Magister Symon de Isac, Musettus Dattoli de la Miranda e Leo Samorano portoghese, tutti residenti a R., ricevevano il permesso ad esercitare il prestito per quindici anni, sulla base del privilegio usuale[19] e prima dello spirare del termine, agli ultimi due soci veniva permesso di gestire un banco a R. per cinque anni, nonostante il monopolio garantito ad altri feneratori[20]. Lo stesso veniva, poco dopo, concesso a Leo Abulhafia[21] e, nel 1530, Salomone figlio di Magister Mele, riceveva un permesso quinquennale di fenerare e commerciare a R., venendo esentato dal segno ed equiparato nel trattamento fiscale ai cristiani[22]. All'incirca lo stesso trattamento riceveva poi anche Simone, figlio del Tedesco Lazzaro[23].

Nel 1533 un permesso quinquennale di gestire il banco locale fu emesso per Musettus, Israel e Gabriel, figli di Emanuellino de Arcovoltis di Rimini[24] ed uno di fenerare con esonero dal segno fu dato a Lazzaro di Benimino Finzi di Reggio e Aronne di Ventura Aronis (di Aronne?) da Forlì[25].Per più di dieci anni viene così segnalato dai documenti l'avvicendarsi di svariati feneratori ebrei a R., di cui alcuni venivano anche esonerati dal segno distintivo.

Nel 1533 Puttinus, figlio di Musettus di Mirandola, residente a R., venne assolto per il reato di commercio carnale con una monaca di un convento cittadino[26].

Nel 1534 Magister Musettus Dattoli di Mirandola ricevette il permesso di fenerare nella città e negli Stati pontifici alle condizioni garantite agli altri banchieri, infrangendo il monopolio e fu, inoltre, esentato dal segno[27].

Nel 1541 Magister Isacco di Salomone, medico a R., ebbe il permesso di curare pazienti cristiani, dopo che, nel 1529, aveva ricevuto il titolo di medico con l'approvazione di Clemente VII[28].

Nel 1542 furono confermati i privilegi degli ebrei della Romagna e dell'esarcato di R. e fu concesso il perdono generale, in seguito al pagamento della vigesima[29]. Moyse Israelis di R., insieme a Leo de Casale a Imola, furono  incaricati, nello stesso anno, dell’ esazione della vigesima nell'esarcato di R.[30].

Nello stesso lasso di tempo, Bernardinus de Calvis, canonico ravennate, venne incaricato dell'esazione dagli ebrei della Romagna (e di Bologna) della tassa speciale per la difesa contro i Turchi[31] e, l'anno seguente, della vigesima in varie regioni, tra cui la Romagna e l'esarcato di R.[32].

Sempre nel 1542 un permesso quinquennale fu concesso a Magister Isaac, figlio di Magister Salomone, medico ebreo calabrese, e ad altri di gestire un banco di prestito in città[33].

Nel 1552,risultavano aperte le indagini per appurare la verità sull'accusa mossa contro gli ebrei di varie località, tra cui R., di avere più beni di quelli dichiarati ai fini fiscali e per far pagare quanto dovuto alla Camera Papale[34]. Nello stesso anno, vennero confermati i privilegi degli ebrei della Romagna e dell'esarcato di R. e fu concesso il perdono, previa corresponsione della vigesima e promessa di pagare per le trasgressioni commesse.

Nel 1553, ebbe luogo il rogo del Talmud[35].

Quando Pio V ordinò, nel 1569, che gli ebrei lasciassero le località minori,  essi furono espulsi da R.: tuttavia, nel 1587, trenta feneratori vi tornarono, in seguito alle concessioni fatte da Sisto V[36], ma, nel 1593, furono nuovamente espulsi.

 

Attività economiche

Oltre all'attività feneratizia, che caratterizzava sin dalle origini la presenza ebraica ravennate, è attestato da un documento del 1438, che gli ebrei si occupavano anche di far fruttare il denaro cristiano[37].

Nel 1441 il tasso di interesse stabilito era non superiore ai 5 denari per libbra per i Ravennati e ai 6 per i forestieri[38].

Nel 1442 il Papa proibì l'attività feneratizia mentre, l'anno seguente, concesse che gli ebrei potessero esigere le usure per il passato (non oltre il 12%) e che per il futuro non superassero il 15%[39].

Nel 1450 il tasso era del 30% per i ravennati e del 40% per i forestieri[40].

Nel 1464 venne riconosciuta formalmente nella condotta del banchiere Gaio la facoltà di prestare con garanzia su beni immobiliari, il tasso d'interesse, invece, scendeva al 25%[41]. Nel 1471 il tasso scese ulteriormente, giungendo al 20% per i cittadini e al 30% per i forestieri. Quanto ai banchi, uno solo (quello di Gaio) era in funzione nel 1464, mentre, nel 1471, ve ne erano altri due, quello di Guglielmo di Elia da Fermo, gestito dal figlio Michele e quello di Salomone di Emanuele da Rimini; quest'ultimo sarebbe stato il solo banco a riuscire a rimanere attivo negli anni Venti del XVI secolo[42].

Quanto ad ulteriori attività, è documentato anche un fiorente commercio dell'olio e di uve per vinificare (uve amostate) e risulta che l'ebreo Sabatuccio aveva una piccola società con un ravennate cristiano, ancora nel 1448, per il commercio di questo tipo di uva. Inoltre, gli ebrei erano attivi nella strazzaria[43] e nell'oreficeria ed è documentata anche l'attività di albergatore di tale Iseppo di Musetto da Candia, che gestiva una casa con orto per ospitarvi i correligionari di passaggio[44].

Nel 1479 troviamo documentata l'attività di Michele, figlio di Guglielmo di Elia da Fermo, che, in qualità di proprietario terriero, seguiva direttamente il lavoro dei campi[45].

 

Demografia

Non ci sono rimasti documenti attestanti l'entità numerica degli ebrei ravennati, tuttavia dalla presenza di sinagoghe è possibile inferire che fosse consistente, come viene notato, rilevando, ad esempio, che, a sette anni dalla dominazione veneziana, essi avevano già da tempo una sinagoga. Nei documenti esaminati sino ad ora, tuttavia, non si trova mai l'indicazione della Comunità ravennate come Universitas[46].

 

Quartiere ebraico

Nella prima metà del XV secolo, gli ebrei ravennati erano insediati in più quartieri (guaite, Gagio, S. Pietro, S. Michele, S. Agnese)[47]. Secondo una fonte, quando furono espulsi dalla città nel 1492, abitavano in una zona compresa tra la via dei Santi Giovanni e Paolo e gli orti Pasolini; ancora all'inizio del Novecento, una strada (Via Luca Longhi) era indicata come "Via del Ghetto".

 

Sinagoga

Per quanto riguarda la sinagoga, va rilevato che, nel 1490, l'arcivescovo di R. aveva ricevuto l'ordine di provvedere al trasferimento della sinagoga in un edificio in migliori condizioni, probabilmente sempre all'interno del Gagio; nel 1492, il Doge comandava di spostare la sinagoga in un luogo meno centrale[48] e, da alcune fonti, risulta che essa fosse allora nei pressi della cattedrale e che, nel marzo dello stesso anno, ne venisse ordinata la distruzione[49].

 

Bibliografia

AA.VV., Cultura ebraica in Emilia Romagna, Rimini 1987.

Balletti, A., Gli ebrei e gli Estensi, Reggio-Emilia 1930.

Blumenkranz, B., Juifs et judaïsme dans l'art chrétien du haut Moyen âge, in AA.VV., Gli Ebrei nell'alto Medioevo, Spoleto 1980, pp. 987-1016.

Juster, J., Les Juifs dans l'empire romain, Paris 1914.

Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 94 (1933), pp. 167-183.

Maragi, M., La fondazione del Monte di Pietà di Ravenna e la situazione economico-sociale ravennate alla fine del sec. XV, in Studi romagnoli 17 (1966), pp. 235-252.

Roth, C., The History of the Jews of Italy, Philadelphia 1946.

Segre, R., Gli ebrei a Ravenna nell'età veneziana, in AA.VV., Ravenna in età veneziana, Ravenna 1986.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.


[1] Giovanni d'Antiochia, ediz. Mommsen in Hermes, 6, 1872, p. 332, ricordato da Juster, J., Les Juifs dans l'empire romain, Paris 1914, I, p. 181, n. 12; Ruggini, Ebrei e orientali nell'Italia settentrionale fra il IV e il VI secolo d. C., p. 228, n. 103.

[2] Secondo il Roth, la distruzione delle sinagoghe sarebbe avvenuta perché gli ebrei di R. avevano espresso dissenso rispetto ai battesimi forzati che vi avevano avuto luogo. Roth, C., The History of the Jews of Italy, pp. 39-40.

[3] Anonimo Valesiano, 2, c. 81-82 (ediz. Mommsen in Monumenta Germaniae Historica, Auctores Antiquissimi, IX, p. 326). Sull'episodio e sulla data, v. Juster, J., op. cit., I, p. 466, n. 3.

[4] Non vi è prova che fosse ebreo tale Isacius saponarius di Classe, che acquistò un piccolo terreno nel 541 (Marini, I papyri diplomatici, Roma 1805, papiro 117). Cfr. Ruggini, op. cit., p. 228, n. 103 e p. 241, n. 152. Come testimonianza della presenza ebraica a R. possono essere visti i mosaici raffiguranti gli ebrei nel mausoleo di Galla Placidia e in S. Apollinare Nuovo. Cfr. Discussione sulla lezione di Blumenkranz , B., Juifs et judaisme dans l'art chretien, Spoleto 1980.

[5] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 492-1404, doc. 118; History, p. 193.

[6] La fonte che cita tale documento non specifica le ragioni del contenzioso. Cfr. Balletti, A., Gli ebrei e gli Estensi, pp. 14-15.

[7] Roth. C., op. cit., p. 139.

[8] Segre, R., Gli ebrei a Ravenna nell'età veneziana, p. 156, n. 3.

[9] Segre, R., op. cit., pp. 156-157.   

[10] Segre, R., op. cit., p. 160.   

[11] Segre, R., op. cit., p. 161.   

[12] Segre, R., op. cit., p. 159.   

[13] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 994.

[14] Segre, R., op. cit. p. 167; Roth, C., op. cit., p. 175.   

[15] Segre, R., op. cit., p. 169.   

[16]Maragi,M.,op. cit., p. 247.   

[17] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1210. 

[18] Segre, R., op. cit., p. 169.   

[19] Simonsohn, S., op.cit., doc. 1281*.   

[20] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1540.   

[21] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1553.   

[22] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1453.   

[23] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1469.   

[24] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1574.   

[25] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1581*.   

[26] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1582.   

[27] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1687.   

[28] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2056.   

[29] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2116.   

[30] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2128.   

[31] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2172.   

[32] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2328.   

[33] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2184.  

[34] Simonsohn, S., op. cit., doc. 3043.   

[35] Roth, C., op. cit., p. 292.   

[36] Per l'elenco dei feneratori in questione, cfr. Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles, pp. 173-175.

[37] Segre, R., op. cit., p. 157.

[38]Maragi,M., op. cit., p. 245.  

[39] Segre, R., op. cit., pp. 157-158, n. 8.   

[40] Segre, R., op. cit., p. 162.   

[41] Segre, R., op. cit., p. 163.   

[42] Segre, R., op. cit., p. 164.  

[43] Il commercio della strazzaria è attestato ancora nel 1530. V. Simonsohn, op. cit., doc. 1469.

[44] Segre, R. op. cit., pp. 159-160.

[45] Segre, R., op. cit., p. 161.   

[46] Segre, R., op. cit., p. 157.   

[47] Segre, R., op. cit., p. 157.   

[48] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 1464-1521, doc. 1121; Segre, R., op. cit., p. 168.

[49] Maragi, M., op. cit., p. 247, n. 31; AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 76.

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