Pieve di Cento

Titolo

Pieve di Cento

Testo

Provincia di Bologna. Situata a circa un miglio di distanza da Cento, e bagnata dal fiume Reno, sino al secolo XIV formava un'unita amministrativa unica con esso, ma in seguito passò in feudo alla Casa d'Este, sotto cui rimase sino al 1598.

Il primo banco fisso attestato nella zona di P. risale al 1391: esso, posto a Cento, serviva tuttavia anche P., dove si recava per curare gli affari uno dei gestori del banco centese, Manuele di Gaudio da Roma. L'apertura di un banco autonomo a P. risale al 1398, ad opera di Dattilo di Guglielmuccio di Dattilo da Spello, d'origine bolognese, e diede origine a un insediamento ebraico in loco[1].

Tra il 1495 e il 1498 fu istituito il Monte di Pietà a P., ma l'attività feneratizia ebraica continuò sino agli anni ‘40 del XVI secolo[2].

Nel 1534 gli abitanti di P. chiesero ad Ercole II di far partecipare gli ebrei a tutti gli oneri finanziari cui erano sottoposti i pievesi cristiani e che le condizioni del prestito su pegno venissero cambiate a favore della popolazione, ottenendo, però, una risposta negativa[3].

Nel 1535 venne aggiunto allo Statuto del 1491 un articolo che diceva :Gli Ebrei maschi e femmine dal giovedì santo fino al sabato seguente, dopo il suono delle campane, sono obbligati a stare chiusi nelle loro case con le porte e finestre chiuse , in modo che non possano essere visti[4].

Negli anni ‘30 del XVI secolo risultavano vivere a P. Anna e Fiorina de Pisis, figlie del bolognese Vitale de Pisis, della famiglia Da Pisa, una delle più importanti dell'ebraismo italiano rinascimentale, e la loro madre, Ricca Nursia, che, rimasta vedova, si era risposata con Graziadio Sforno, trasferendosi a P.[5].

Dagli atti notarili della prima metà del XVI secolo risulta che gli ebrei di P. non subirono allora nessuna limitazione in merito all’affitto e all'acquisto di beni immobili[6].

Nel 1540 annegò nel Reno il figlio ventenne del celebre cronista ebreo Josef Ha-Kohen, senza che i locali presenti gli prestassero soccorso[7] e nel 1543 tre assassini pievesi penetrarono a scopo di rapina nella casa del cognato di Josef Ha-Kohen, il rabbino Mose Ha-Kohen[8], in sua assenza, uccidendo sua moglie, i tre figli ed il servo[9]. La tradizione, tuttavia non supportata dai documenti, aggiunge a questi fatti di sangue l'uccisione di un ebreo di P. per mano di un barbiere cristiano, attribuendo a questo fatto la conseguente decisione di lasciare il luogo, seguita dallo Herem (anatema) perpetuo scagliato contro chi vi restasse anche una sola notte[10].

Indipendentemente dalla verità o meno di questo episodio, risale presumibilmente agli anni '40 del XVI secolo la decisione ebraica di abbandonare P., anche se continuò ad essere rilevabile qui la presenza di singoli, sino alla meta del XVII secolo[11]: nel 1588 si registrò, ad esempio, la conversione dell'ebrea Lucrezia, evidentemente rimasta a P., cui i pievesi donano 52 lire d'oro[12].

Da un documento riferente notizie di carattere fiscale inerenti alle proprietà immobiliari possedute dagli ebrei di P. risulta che l'ultima notizia del genere risale al 1642[13], quando tutta la popolazione ebraica della "Romagna" era già stata concentrata, nel 1636, in tre ghetti, di cui uno era quello di Cento.

 

Demografia

Dai documenti relativi al XVI secolo conservati nell'Archivio Notarile di P. risulta la presenza in

loco di circa 20-25 individui, corrispondenti, presumibilmente a 4 o 5 nuclei familiari[14].

 

Attività economiche

Nei documenti della prima metà del secolo XVI, ricorre tale Efraim del fu Isippo che sembrerebbe essere stato attivo come agricoltore[15]. L'attività feneratizia, invece, era concentrata in un unico banco di proprietà di un ebreo bolognese, Graziadio Sforno di Iacob, e gestito da David Sforno, figlio di Rubino bolognese: vi sovraintendeva probabilmente Ricca Nursia, in vece del marito Graziadio, rimasto a Bologna[16].

Dal 1542–43 un Mose Spagnolo sembra avere preso il posto dello Sforno. Nei documenti non viene menzionato il tasso di interesse richiesto, ma si può ipotizzarne l'entità dalla supplica della popolazione a Ercole II di non far superare il 18%, in ragione di dui quatrini per libra a rason di mese[17].

 

Quartiere ebraico

il cosiddetto "Borgo degli Ebrei" di P., risulta essere stato concentrato tra la via Borgovecchio (già via del Cane), via Borgonuovo e la corte dei Liutai[18], senza tuttavia escludere l'abitazione in case acquistate in altre zone di P.[19].

In una carta topografica del secolo XVII o XVIII, recentemente pubblicata, si può vedere di fronte a Via del Cane il "Vicolo degli Ebrei"[20]. Una traccia del quartiere ebraico nel suo complesso è poi  visibile chiaramente in una mappa di P. del 1881[21].

 

Sinagoga

Una fonte riferisce che gli Ebrei di P. avevano la schola per recitarvi offitii[22], senza tuttavia specificarne l'ubicazione e senza fornire riferimenti cronologici. È stata fatta l'ipotesi che questa schola (sinagoga o, più propriamente nel caso specifico, oratorio) fosse ubicata nell'edificio dove aveva sede il banco, in via Borgovecchio[23].

 

Cimitero

Il cimitero ebraico, definito tempo dopo essere entrato in funzione orto degli ebrei di terra di Pieve, era posto lungo la "strada delle fosse" fuori porta S. Felice[24] e, sino a qualche tempo fa, esso era segnalato da una lapide.

In un atto del 1536 è menzionato il cimitero, dato in affitto da David Sforno ad un pievese cristiano, forse come espediente ebraico per segnalare, in assenza di registrazioni catastali, il proprio terreno cimiteriale[25].

Più fonti attestano che in questo cimitero furono sepolte, in un tumulo appartato, le ossa degli ebrei già inumati a Bologna, trasportate seco dalla Comunità bolognese dopo la cacciata dalla città del 1593. Anche gli ebrei di Cento si servirono del cimitero di P. sino al 1689, divenendone, in seguito, proprietari e mantenendo, sino alla seconda meta dell'Ottocento, l'usanza di recarvisi, il 9 del mese di Av (anniversario della distruzione del Tempio) per recitare preci in memoria dei defunti[26].

 

Bibliografia

AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, Rimini 1987.

Calzolari, R.-Campanini, S.- Levi, P.- Perani, M., Gli Ebrei a Pieve di Cento, Pieve di Cento 1993. Pesaro, A., Cenni storici sulla Comunità Israelitica di Cento, in Il Vessillo Israelitico XXX (1882), pp. 41-43.

Roth, C., The History of the Jews of Italy, Philadelphia 1946.

Servi, F., Cenni storici sulla Comunione Israelitica di Cento, in L'educatore israelita XIII (1865), pp. 264-266.


 [1] Levi, P., Presenza e insediamento ebraico a Pieve di Cento -secoli XIV-XVI, in Calzolari, R.-Campanini, S.- Levi, P.- Perani, M, Gli ebrei a Pieve di Cento, p. 12. La documentazione dell'insediamento ebraico a P. nel 1398 confuta, secondo l'autore, la tesi tradizionale, secondo cui gli ebrei si sarebbero stanziati prima a P. e poi a Cento (ibidem).

[2] Calzolari, R., Cenni storici sugli ebrei a Pieve di Cento nel secolo XVI, in Gli Ebrei a Pieve di Cento, p. 33.

[3] Ivi, p. 36.

[4] Ivi, p. 33.

[5] Ivi, pp. 25-27.

[6] Il divieto venne solo nel 1555 con la bolla Cum nimis absurdum di Paolo IV (ivi, p. 23).

[7] Sui particolari della vicenda e sulla eco che ebbe nell'opera e nell'epistolario di Josef Ha-Kohen, cfr., Campanini, S. Arurah ha-Pieve. due episodi tratti dalle cronache e dal'epistolario di Yosef ha-Kohen, in Gli Ebrei a Pieve di Cento, pp. 39-51.

[8] In svariati documenti inerenti la sua attività di prestatore e il suo crescente patrimonio, Mose Ha-Kohen viene menzionato come "Mose Spagnolo" (Calzolari, R., op. cit., p. 36).

[9] Sulla risonanza di questo episodio negli scritti di Josef Ha-Kohen, cfr. Campanini, S., op. cit., pp. 52-60.

[10] Servi, F., Cenni storici sulla Comunione Israelitica di Cento, p. 265; Levi, P., op. cit., p. 17; Pesaro, A., Cenni storici sulla Comunità Israelitica di Cento, pp. 41-42.

[11] Risultava abitare, ad esempio, a P., dopo il 1543, essendo attivo come fattore del banco appartenuto a "Mose Spagnolo" Sabato di Amadio, originario di Correggio (Calzolari, R., op. cit., p. 37).

[12] Raccolta Melloni-Crescimbeni, vol. II, p. 87r., citato in Calzolari, R., op. cit., p. 37.

[13] ASCPC, Comune 66.2, Carteggio Melloni-Crescimbeni, Vol. II, 1606–1749, p. 87r (13), citato in Levi, P., op. cit., p. 18. L'ultima data in cui, nello stesso carteggio, si parla di proprietà ebraiche, sarebbe, secondo la Calzolari, il 1673 (Calzolari, R., op. cit., p. 37).

[14] Calzolari, R., La Comunità ebraica e il Monte di Pietà a Pieve di Cento in eta moderna, tesi di laurea (Univ. di Bologna a.a. 1991–1992), citato in Levi, P., op. cit., p. 15.

[15] Infatti viene menzionato in due contratti di affitto di appezzamenti di terra coltivata (Calzolari, R., op. cit., pp. 22-23).

[16] Sulla presunta attivita di Ricca, cfr. Calzolari, R., op. cit., pp. 27-28.

[17] Calzolari, R., op. cit., p. 36; circa il tasso del 18%, cfr. ivi, p. 30.

[18] Levi, P.,op. cit., p. 16; AA.VV. Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 35.

[19] Pellegrini, A., Storia di Pieve di Cento dal 1220 ai giorni nostri, Lucca 1903, pp. 106-107, n. 2, citato  in Levi, P., op. cit., p. 16.

[20] Il patrimonio ritrovato, Pieve di Cento 1983, carta n. XIV, citato  ibidem.

[21] Levi, P., op. cit., p. 16, n. 34.

[22] Orsini, A., Selva enciclopedica centese,ms., vol. VI, citato in AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 72.

[23] Cfr. Levi, P., op. cit., p. 16; sull'ubicazione del banco, cfr. Cavicchi, Il Cristo, p. 133, citato ibidem.

[24] Cavicchi, E., Il Cristo di Pieve nella tradizione e nella storia del Cento-Pievese, Bologna 1972, p. 91, citato in Levi, P., op. cit., p. 14.

[25] Calzolari, R., op. cit., p. 35.

[26] Roth, C., The History of the Jews in Italy, p. 307; Servi, F., op. cit., pp. 264-265; Pesaro, A., op. cit., pp.42-43; AA.VV. op. cit., p. 106; Levi, P., op. cit, p. 14.

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