Agrigento

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Agrigento

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Situato in Val di Mazara, sulla costa meridionale della Sicilia, Agrigento è un centro portuale che, sorgendo in un’area abitata dall’epoca preistorica, divenne una realtà urbana importante nei secoli successivi. Dopo aver vissuto un momento di decadenza in concomitanza con il declino dell’Impero romano, A. crebbe nuovamente sotto gli Arabi, ma subì un ulteriore periodo di regressione sotto gli Aragonesi, nonostante gli sforzi fatti da questi ultimi per attirare uomini e commerci in città.
Ad A. si trovava una delle più antiche comunità ebraiche dell'isola, nata intorno al IV secolo d.C.: a questo periodo risalgono, infatti, delle catacombe (note come “grotte Fragapane”) l'area antistante alle quali è stata identificata come un coevo cimitero ebraico . Non è certo, però, che la presenza ebraica ad A. sia stata continua da allora sino all’epoca degli Hohenstaufen, quando essa è nuovamente attestata in loco. Sappiamo, invece, che dal XII secolo fino al 1492 la storia ebraica di A. fu ininterrotta e che la città fu uno dei centri di attività dei tintori ebrei dell'Italia meridionale. Gli ebrei inoltre furono impegnati qui, come nel resto dell’isola, nell’artigianato e nel commercio.
La già ricordata decadenza della città sotto gli Aragonesi coinvolse anche gli ebrei e portò ad una netta diminuzione della comunità. Nonostante ciò A. rimaneva uno dei centri importanti della Sicilia ebraica, dal momento che anche alcuni ebrei cercavano di trarre vantaggio dalle promesse fatte dal viceré ai nuovi immigrati disposti a trasferirsi in città .

I rapporti tra la parte cristiana e quella ebraica della popolazione agrigentina furono a volte tesi, ma altrettante volte cordiali. Basti pensare al fatto che, nel 1401, i cristiani, rivolgendo una petizione al re Martino I, per ottenere conferma dei propri diritti, facevano contemporaneamente istanza affinché fossero confermati anche i privilegi degli ebrei. Questi ultimi si videro poi ratificare dal re dei particolari diritti, come il permesso di lavorare negli giorni festivi cristiani (compresa la Domenica), di coprire i defunti durante i funerali con dei panni, di redimere i poma dei rotoli delle Torah dati in pegno e di essere esentati dai servizi pubblici diversi da quelli da prestare al re. Fra i punti di dissenso tra i due gruppi c’era, invece, la ripartizione delle tasse, che dava spesso luogo a dispute, talvolta anche molto acerbe .
Tra gli ebrei agrigentini del ‘400 si ricorda per essere stato particolarmente benestante Salomone di Anello, che destinò parte del proprio patrimonio ad una fondazione rivolta alla creazione d'uno studium ebraico, probabilmente una yeshiva. Il suo lascito attirò, però, l'avidità del neofita Guglielmo Raimondo Moncada (conosciuto anche come Mithridates e come Siculus), esperto di mistica ebraica, insegnate di lingue orientali presso lo Studium Urbis romano e noto avventuriero, che riuscì a strappare il lascito stesso ai familiari e alla comunità ebraica, ottenendolo dal re Giovanni d’Aragona come prebenda da impiegare nello svolgimento della missione cristiana tra i suoi vecchi correligionari .
Dal resto anche la presenza ad A. come vescovo di Matteo da Girgenti, francescano osservante, discepolo di Bernardino da Siena nonché amico di Giovanni da Capestrano e acerrimo oppositore degli ebrei a lui contemporanei, che girava per la Sicilia fomentando odio e persecuzioni, concorse a creare problemi alla comunità ebraica locale, parte delle cui tasse furono destinate dal vescovo alla fondazione di una chiesa e di un convento. Ulteriori difficoltà venivano al gruppo ebraico agrigentino, inserito in una realtà comunitaria retta, come in altri centri dell’isola, da un consiglio di maggiorenti e da un esecutivo di prothi e già di per sé turbolenta, dagli episodi di violenza legati in particolare al periodo della Settimana Santa e dall’operato degli inquisitori costantemente volto alla conversione. Quest’ultimo aspetto interessava talvolta anche vicende legate ai rapporti privati che potevano nascere tra cristiani ed ebrei. È il caso, ad esempio, occorso nel 1488 ad una ragazza ebrea che fu rapita da un uomo genovese: a seguito della denuncia sporta dalla madre, infatti, la giovane fu tolta dalle mani del rapitore, battezzata e messa in un convento. La storia trovò, però, un finale romantico quando l'innamorato, incapace di darsi per vinto, riuscì a rapirla nuovamente .

La comunità ebraica di A. figurava tra i maggiori contribuenti alla tassazione degli ebrei siciliani, prova questa della posizione di rilievo numerico ed economico mantenuta da essa nel Regno, nonostante il sopra ricordato periodo di declino.
A. risultava, infatti, ancora al quinto posto tra le comunità chiamate a versare la tassa “finale” imposta ai gruppi ebraici della Sicilia alla vigilia della loro partenza dall'isola.

Recentemente il fonte battesimale nella chiesa parrochiale di Siculiana, località vicino ad A., è stato identificato come un kior (= bacino) della sinagoga agrigentina: esso riporta il nome del donatore, Samuele di Yona Sibuni, e la data del 1477-78.
La sinagoga di A. si trovava nella contrada Ruga Reali, mentre il cimitero era locato fuori delle mura e vicino alla contrada Pauli, sul poggio di Palaxino. Entrambi furono venduti, al momento della cacciata degli ebrei dalla Sicilia, a Salvatore del Porto, barone di Sommatino, per la somma di 170 once. A quell’epoca il gruppo ebraico doveva essere composto da circa un migliaio di elementi: Obadia da Bertinoro, che visitò la Sicilia nel 1487, infatti, collocava la comunità di A. al sesto posto tra le altre isolane, ovvero dietro a quelle di centri dell’entità di Palermo e Siracusa .

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