Castrocaro

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Castrocaro

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Castrocaro (קסטרוקארו) 

Provincia di Forlì. Sito sulla strada che collegava Forlì a Firenze, fu sotto il dominio di  quest’ultima e, in seguito, sotto quello di Girolamo Riario e della sua vedova (Caterina Sforza), per finire, poi, in mano di Cesare Borgia.

 

Viene  menzionata  l'esistenza  di  un  banco  ebraico a C. almeno  sin  dall'inizio  del  XV  secolo[1], ma un  riferimento cronologico più preciso si  ha nel 1406, quando  la signoria di  Firenze  confermò  a  vari  gruppi di feneratori ebrei l'autorizzazione ad  esercitare il  prestito in  vari comuni sotto il suo controllo, dietro pagamento di una tassa  annua che, a C., ammontava a cinquanta fiorini d'oro[2]. Nel 1421-22 titolare del banco locale era Daniele di Musetto da Forlì, il che conferma il dato, rilevato anche nelle altre località  romagnole  soggette  a  Firenze,  secondo  cui  il feneratore  ebreo  era  generalmente  originario dell'Italia settentrionale.

Nel  1490  Caterina  Sforza  chiese  a Guglielmo d'Aia di aprire un banco a C., stipulando  con lui una condotta che gli  consentiva  di  prestare  all'interesse  mensile di 6 denari per lira: nei due anni precedenti, infatti, dopo il saccheggio dei banchi seguito  all'assassinio  di Girolamo Riario, i cittadini avevano dovuto recarsi altrove per prendere denaro a prestito, pagando l'interesse di 8 denari per lira[3].

Dopo  un  silenzio di  svariati  decenni,  troviamo un documento relativo alla presenza ebraica nel 1547, quando il duca Cosimo de’ Medici concesse a  Bienvenida Abravanel (che era stata istitutrice di sua moglie, Eleonora da Toledo) e alla sua famiglia di aprire  un banco feneratizio in una serie di località,  tra  cui questa. L'area in  cui,  all'epoca,  era consentito operare ai prestatori era di  quindici miglia a partire dal  centro in cui avevano  la gestione  del banco e a tale  concessione si affiancava quella riguardante l'esercizio del prestito anche nei giorni di mercato. Dato che il mercato, a C.,  si teneva di  sabato, banchieri di Modigliana, che nel 1558 trattavano anche la piazza di C., ottennero che il giorno  di  apertura  del  banco  fosse  spostato  al mercoledì (in  forza  dei  capitoli  della  convenzione che imponevano  il  rispetto  del  culto  ebraico)  e,  con  ciò, riuscirono a far  saltare  una  delle regole che  il governo fiorentino  aveva  imposto  per  cercare  di regolamentare e contenere l'attività ebraica in espansione. In quest'epoca,  la tassa  annua fissata  per l'esercizio del  prestito  a  C.  era di 200 scudi ed era comprensiva anche di quelle un'altra serie di località[4].

Nel  1570,  quando  i  Medici  decisero di chiudere i banchi ebraici, risultavano esservi ventinove giudei a C.[5].

Bibliografia

 

Bernardi, A., Cronache forlivesi, Bologna 1895.

Larner, J., The Lords of Romagna, London, 1965.

Luzzati, M., La casa dell'Ebreo, Pisa 1985.

Luzzati, M., Banchi e insediamenti ebraici nell'Italia centro-settentrionale fra tardo Medioevo e  inizi  dell'Età  moderna, in Vivanti,  C.,  ( a cura di ), Storia d'Italia,  Annali 11,  Gli   ebrei in  Italia, Torino 1996, pp. 175-235.

Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.


[1] Larner, J., The Lords of Romagna, p. 134; la presenza ebraica nella località è menzionata anche da Luzzati, M., Banchi ebraici nell'Italia centro-settentrionale, p. 203.

[2] Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 124.

[3] Larner, J., op. cit.,  pp. 134-135; Bernardi, A., Cronache forlivesi, I, pp. 304-305, citato in ivi, p. 271, n. 48.

[4] Si tratta di Borgo S. Lorenzo, Borgo S. Sepolcro, Cortona, S. Giovanni Valdarno: cfr. Luzzati, M., La casa dell'Ebreo, p. 277.

[5] Ivi, p. 116; p. 238; p. 273; p. 277; p. 280; p. 281; p. 287.

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