Castell'arquato

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Castell'arquato

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Castell'arquato (קאסטלארקואטו)

Provincia di Piacenza. Nel  periodo in cui è documentata una presenza ebraica in questa località dell’Emilia Romagna, la stessa apparteneva al Ducato di Milano.

È attestata dai documenti della seconda metà del XV secolo una  presenza  ebraica  a  C.:  in   quest'epoca, Salomone di Magister Vitale ( Yehiel) di C.  si appellava, ad esempio, al Duca, perché intervenisse con la popolazione locale che, dopo averlo  chiamato ad esercitare il  prestito, non voleva far fronte ai debiti contratti con lui.

Nel 1452 e nel 1453 il Duca Francesco I Sforza intervenne più volte in favore di  Salomone di C.[1], e, in  particolare, per  aiutarlo  a  recuperare  i  crediti legati all'attività feneratizia. Nello stesso periodo il Duca si adoperò anche perche fossero restituiti a  Salomone i beni  confiscatigli sotto  il  pretesto  che  suo  fratello  Giacobbe  era stato incarcerato. Giacobbe, arrestato a C. e  tradotto nella prigione di Parma, venne in seguito scagionato dalle accuse e scarcerato, a condizione una forte somma fosse corrisposta da lui o da Salomone, al quale sarebbero stati pagati i crediti per far fronte al debito che  aveva con  l'erario ducale. Dopo varie vicende, risulta che Salomone e Magister  Giacobbe, versarono insieme quanto dovuto al  Duca e, pertanto, il secondo riacquistò la liberta di movimento, senza  dover  chiedere l'autorizzazione ducale per lasciare lo Stato. Difatti, Giacobbe, medico di professione, ottenne nel 1452 un salvacondotto da Pietro Campofregoso, duca genovese, che lo nominò suo familiare. Seguono altri interventi  ducali  in  favore  di  Salomone  e  per i crediti dovutigli dagli abitanti di C.

Nel 1454 i beni di Salomone vennero messi sotto controllo, mentre  la  sua  casa  fu sorvegliata da soldati: il Duca intervenne con il governatore di Parma per annullare questi provvedimenti limitativi della  libertà del prestatore, sino a che  non  si  fossero  chiarite  le cose. Nello stesso anno Salomone subì un furto mentre era in viaggio per Piacenza e il Duca si adoperò  perche venisse aiutato a  recuperare i propri beni.

Tra gli ebrei del Ducato, cui, nel 1456, venne condonata la pena per le infrazioni alla legge  commesse, c'erano anche Mosè, Giacobbe, Salomone e Manasse di C., mentre nello stesso anno un Isacco  di  C.,  ebreo  d'origine  tedesca, fu implicato in un'inchiesta  giudiziaria  con  un  altro  correligionario e conterraneo, Israel, detenuto a Piacenza. Inizialmente, il  caso sembrò  vertere  sul  tentativo di Isacco di non far interrogare Israel  sul decesso  di una  persona, morta dopo aver mangiato a casa sua. Tuttavia,  una querela di  Israel contro Isacco  per tentato assassinio della  moglie e della cognata per mano di un cristiano a Piacenza complicò  la vicenda.  Successivamente,  risultò  che  le accuse contro Isacco erano  false: Israel,  un cristiano e altri  ebrei (nessuno dei quali menzionato come residente a C.), implicati nella calunnia, ricevettero il perdono ducale. In seguito, il

Duca assolse Isacco di C. ab omni delicto, noxa et culpa et aquocumque crimine cuiusvis generis[2].

Qualche  anno dopo, poi, il  Duca  ordinò a Salomone di C. di arbitrare la disputa tra Michele di Trieste e Orso.

Nel 1462 le autorità di C. ricevettero ordine di osservare inviolabilmente le concessioni  fatte  a Isacco, Manasse e Lazaro.

Nel  1466  Guglielmo  di  C.  si  rivolse  al  Duca per chiedergli l'autorizzazione per aprire un banco di  prestito a  Treviglio. Qualche  mese  dopo,  risultò che i beni di Guglielmo  erano  stati  requisiti  dal  podestà  di C., per essergli restituiti,  in seguito,   mentre  Guglielmo veniva prosciolto da ogni sospetto. Nello stesso anno, un  abitante di C. accusò un ebreo di aver messo in circolazione danaro falso e  ricevette ordine  di  presentarsi  di  fronte   al cancelliere a Milano.

Tre anni più tardi, Josef di C. e soci risultavano gestire un banco a Mortara, mentre nell'elenco del 1474,  relativo agli  ebrei  che   dovevano pagare le tasse all'erario ducale, risultava anche Lupus di C.

Guglielmo del fu  Samuele di C., dopo aver  contratto un debito  con  Magister  Guglielmo del  fu  Angelo, miles et medicus ducalis, venne imprigionato per  insolvenza e,  per assicurarsi il rilascio, dette in pegno la dote della moglie, offrendosi, in caso la consorte non fosse stata d'accordo, di sostituirla  con  una  quantità  di  buon  vino  di   valore equivalente all'ammontare del suo debito.

Nel  1471 il  Duca  scrisse  al  podestà  di  Alessandria chiedendogli  di  obbligare  Salomone  e  Abramo a pagare il debito contratto con Lazaro di Vitale (Eliezer di Jehiel) di C.,  che  si  era  rivolto  a  lui  per ottenere  aiuto,  ad onta del privilegio  ebraico  che  stabiliva  che  solo giudici ebrei potessero decidere in un contenzioso tra correligionari[3].

Con questo  cessano  i  documenti  relativi alla presenza  ebraica a C.

 

Bibliografia

Antoniazzi Villa, A., Un processo  contro gli  ebrei nella  Milano del 1488, Bologna, 1985.

Simonsohn, S., Alcune note sugli ebrei a Parma nel '400, in  Toaff, A. (a cura di), Studi sull'ebraismo italiano in memoria di Cecil Roth, Roma 1974, pp. 227-260.

Simonsohn, S., The  Jews in the  Duchy of Milan, 4 voll., Gerusalemme  1982-1986.

Urbani, R. – Zazu, G., The Jews in Genoa, Leiden-Boston.Köln 1999.


[1] Salomone di Vitale si era trasferito a C. da Parma, pur continuando ad essere comproprietario di uno dei banchi cittadini (Antoniazzi Villa, A., Un processo contro gli ebrei nella Milano del 1488, p. 41). Su Salomone e su Magister Giacobbe, a Parma, cfr. anche : Simonsohn, S., Alcune note sugli ebrei a Parma nel '400, pp. 231-232.

[2] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, doc. 500; Urbani, R., -Zazzu, G., Genoa, doc. 84.

[3] Simonsohn, S., Milan,  I, doc. 102, 164, 204, 216, 218, 228, 247, 248, 272, 301, 422, 444, 445, 465, 500, 727, 756, 961,972, 971, 1171, 1267, 1269, 1346. Cfr. anche Antoniazzi Villa, A., op. cit., p. 43, n. 49.

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