Bologna

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Bologna

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Bologna (בולוניאה[1] , ( בולוניה

Capoluogo della regione Emilia, posto sul declivio dei colli appenninici che  degradano verso la pianura, è attraversato dal fiume Reno. D'origine  etrusca,  prese,  in  epoca romana, il nome di Bononia. Nel sec. IV d.C.,  iniziò la  decadenza della  città e dalle invasioni barbariche al sorgere dei Comuni la sua storia è alquanto oscura. Sappiamo che lo Studio o università assunse un assetto stabile  nel  1189,  con il giuramento prestato dai docenti all'autorità cittadina di non  abbandonare la sede d'insegnamento[2]. Intanto il Comune era sorto nel 1114, ma le lunghe lotte tra la parte ghibellina e quella guelfa, ed il prevalere di quest’ultima, ne segnarono la decadenza dopo un periodo di predominio sull'Emilia e sulla Romagna. Passata sotto il papato, nel 1337 cadde sotto il dominio di  Taddeo Pepoli,  costretto,  tuttavia,  dal  papa  al  ruolo  di vicario. A causa delle lotte intestine e dei dissidi con la Santa Sede, i figli del Pepoli decisero nel 1350 di vendere la città all'arcivescovo  di Milano,  Giovanni Visconti.  Morto costui,   B.   passò ad un   rappresentante  visconteo dell'arcivescovo, Giovanni da  Oleggio, ma, nel 1360, venne riconquistata al potere papale dal condottiero e legislatore Egidio Albornoz. Nel 1376, B. si sollevò contro la Chiesa, costituendo, per breve  tempo, una repubblica  indipendente. Dal  1394  al  1398  Giovanni  I  Bentivoglio  e, poi, Carlo Zambeccari cercarono di prendere il potere e dal loro tentativo ebbero origine i Sedici riformatori dello Stato di Libertà. Dopo aver conquistato B., Gian Galeazzo Visconti morì  nel 1402 ed i suoi successori riconsegnarono la città  al  papa. Essa tornò, tuttavia,  ad assoggettarsi ai Visconti, dopo le rivolte del 1411 e del 1420. Successivamente, prese il potere Annibale Bentivoglio, seguito da Sante  Bentivoglio, sotto il quale la città godette grande prosperità e splendore (il cosiddetto "Rinascimento bolognese"). Stabilendo dei capitoli con il Papa, nel 1447, Sante contribuì a porre all’annosa controversia  con  la  Chiesa, garantendo a  B. diritti e prerogative che la rendevano semi-indipendente da Roma.  Dal 1467 al  1507,  B.  fu, poi,  sotto  il  dominio  di  Giovanni II Bentivoglio, e visse un  periodo di particolare rigoglio materiale e culturale. Dopo  la caduta del Bentivoglio, ed il tentativo degli eredi di restaurare la signoria nel 1507 e nel  1511, la  Chiesa  prese  il sopravvento definitivamente, provocando un regresso della vita politica e culturale, che perdurò sino alla Rivoluzione francese.

 

Nonostante  una  fonte  ottocentesca  parli dell’esistenza di un insediamento ebraico a B. sin dal XII secolo[3], notizie attendibili su un nucleo residente stabilmente in città sono  reperibili solo  nel   XIV  secolo,   quando,  in concomitanza al dominio visconteo, è attestata la presenza  di Gaio  Finzi da Roma tra i nuovi estimati dell'anno 1353 nella cappella di  S. Agata, nel quartiere bolognese di Porta Procola[4]. Atti  notarili  risalenti   al   cinquantennio 1350-1400 documentano più in generale l'esistenza di una comunità ebraica  a B.[5], sparsa  in  varie  zone  della  città,  e  composta  da  una quindicina di  nuclei familiari  : i  "da Fabriano",  il cui capostipite bolognese è Magister Angelo di Salomone, i  "da Macerata", il cui  capostipite bolognese è Bonaiuto, i "da Orvieto",  con Musetto  di Aleuccio,  cinque famiglie "da Perugia", i Finzi  "da Roma" o  "da Ancona", i  "da Pesaro", due famiglie "da Rimini" (di  cui una è nota anche come "da Cesena") e, infine, i "da Forlì", già "da Recanati"[6].

Nel  1416 ebbe  luogo a  B.  il  sinodo rabbinico dei rappresentanti dell'Italia centro-settentrionale, allo scopo di formare una commissione per discutere il testo di una supplica da inviare a Martino V, affinché emettesse una bolla con disposizioni favorevoli agli ebrei[7].  Al sinodo furono nominati membri della commissione della città di  B. Salomone  di  Mosè  Finzi,  medico,  e Salomone Yedidyah  di Matattia[8].

Gli  israeliti di  B. furono  sottoposti all'obbligo del segno distintivo dal cardinale Albergati, vescovo della città, nel 1416-17[9] e tale imposizione fu  rinnovata  nel  1452,  su ordine di Nicolò V, dietro  minaccia di  una multa  di 1.000  fiorini d'oro, di cui metà da devolvere alla Camera papale e l'altra metà  alla  Camera di  B.: una  grida del  1458, infine,  ribadì l'imposizione del segno, aggiungendo alla multa dieci giorni di carcere per i trasgressori[10].

Tra  le  più  antiche  famiglie  locali  vi è quella da Ventura, che gestiva un hospitium per i forestieri già  nel 1418-19[11].

A partire dal 1421 gli ebrei  bolognesi furono obbligati anche a pagare un tributo annuo alle  associazioni studentesche dell'Università[12] e, dal primo quarto del secolo XV all'inizio del XVI,  si aggiunsero al nucleo ebraico bolognese anche dieci gruppetti di correligionari  di  varia provenienza, cui  fu concessa  la cittadinanza[13]. Nello stesso periodo, i figli del fu Mosè di B., Aleucio, Manuele, Ventura e Bonaiuto, vennero insigniti da Innocenzo VII  dello status di familiari, mentre fu ordinato al canonico di S. Pietro in Roma, previo accertamento dei fatti, di intervenire in favore di Salomone del fu Musetto di B.,  proprietario di una casa sita in un terreno del monastero di S. Stefano, minacciato nei  suoi  diritti di proprietà dall'abate[14]. Qualche  anno  più  tardi, Martino V intervenne poi con i priori di Fermo in favore del medico Elia di Sabbato di   B.[15],  ingiustamente   arrestato,  ed incaricò il proprio  legato a B., Luigi Aleman,  di occuparsi del contenzioso a sfondo economico tra due  ebrei  bolognesi e la vedova di un ebreo riminese[16].

Nel 1436 gli invitati alle nozze del figlio di Magister Helia di B., Magister Gulliermus, ricevettero il permesso di viaggiare nelle terre pontificie per tre mesi e l'immunità da ingiurie ed offese di ogni genere e da eventuali procedimenti civili e penali[17]. Nel 1437 gli  ebrei di B. e di altre  località del contado bolognese furono, inoltre, esentati dalla tassa di 100 ducati per il palio in onore di S. Petronio, in quanto immuni da tutte le contribuzioni all'infuori delle ordinarie[18]: essi, però, al pari dei forestieri e delle meretrici, dovevano pagare  un’imposta  per  avere  il  permesso di dimorare nella città, che ammontava a 6 quattrini per coloro che vi entravano a piedi e a 12 per quelli che lo facevano a cavallo[19]. Gli israeliti bolognesi, come quelli degli altri territori papali, dovevano poi contribuire al finanziamento del carnevale romano[20] e nel 1456 Callisto III esortò il comune stesso a collaborare all'esazione delle tasse  ebraiche[21].

Tre anni più tardi, in seguito a pressioni da parte ebraica, il vicario del vescovo, qui come altrove, ricevette ordine di verificare che i privilegi fossero osservati e,  in particolare,  che fosse rispettata  la  bolla  di Martino V contro  le angherie messe in atto dai predicatori (analoghi  provvedimenti a  tutela  degli  ebrei  dalle  molestie  inferte  loro  dai predicatori dovettero però essere presi nuovamente nel 1511)[22]. Nel 1460 gli Anziani e  i  Sedici  riformatori  di  B.  furono, inoltre, informati della risoluzione, presa alla dieta di Mantova, circa la tassa per far fronte  alle  spese  della  guerra contro i Turchi, cui avrebbero dovuto contribuire anche gli ebrei[23].

Nella prima metà degli anni Sessanta del XV secolo un canonico bolognese venne autorizzato a permettere ad un cittadino cristiano di non ottemperare alla clausola del  testamento del  padre che,  frodato da un ebreo, gli vietava di dare in  affitto o  di vendere  a giudei la casa lasciatagli in eredità[24]. D'altro canto, il denaro  lasciato dal  defunto  Abramo  Norsa, di Beniamino, convertitosi al cristianesimo con il nome di Bartolomeo, e  amministrato dagli eredi che lo avevano investito nella banca Norsa, fu ritenuto compromesso con l'usura e, pertanto, tolto ai Norsa ed  impiegato per  istituzioni  pie, mentre gli ebrei furono costretti a versare 3.000 fiorini alla Camera papale[25].

La predicazione di Bernardino da Feltre e l'accesa campagna contro l'attività feneratizia ebraica promossa dai  Frati Minori Osservanti, portarono anche qui alla fondazione del  Monte di Pietà, presto caduto in disuso e, in seguito, riaperto nel 1505 con riconferma  papale nel 1506[26].

Nel primo decennio del Cinquecento, il legato pontificio a B. e nella Romagna riceveva ordine di saldare i  debiti contratti  dal  precedente  governatore  con  tre  cittadini cristiani  e  con  gli  ebrei  locali che sponte et  libere pecunias mutuarunt[27], vendendo  i  beni  dei  Bentivoglio: i proventi di tale vendita avrebbero dovuto anche coprire le spese di fortificazione della città.

Nel 1511 Giulio II ordinò al camerlengo,  il cardinale  Raffaele  Riario, vescovo  di Ostia, di prendere provvedimenti per proteggere gli ebrei di B. e della Romagna dagli attacchi dei predicatori.

Nel 1515 Giulio  Medici (il  futuro Clemente VII),  legato pontificio a  B., venne  nominato legato ad latere di una serie di regioni, e ricevette così l'autorità sopra gli  ebrei,  dopo  che  l'esarcato  di  Ravenna e la Romagna furono aggregati alla legazione bolognese[28].

Nel 1518 a Vitale, Daniel, Salamon e Habraham, figli del fu Isach  Da  Pisa e residenti  a  B., furono confermati motu proprio i privilegi di cui godevano già in passato, inclusa l'esenzione dalle tasse e dal segno,  in virtù dei servigi resi al papa e alla Casa  de' Medici: gli  stessi privilegi vennero poi loro riconfermati nel 1524, includendovi il diritto di avere una sinagoga. Anche ad Angelo da  Fano, cognato di Daniel, furono fatte le stesse concessioni e, poco dopo, a tutti loro venne riservata anche l'esenzione dalla vigesima, imposta da Adriano VI. Sei anni dopo Clemente VII decretò che Salamon  Isach e  familiari fossero soggetti solo alla giurisdizione del legato e del suo sostituto, del  pretore, governatore e podestà di B. A Salamon e Habraham Da Pisa e ad Angelo da  Fano Clemente  VII, nel  1530, riconfermò poi motu proprio i privilegi elargiti a suo tempo da Leone X . L'anno successivo Angelo Da Fano e Habraham Isach Da Pisa vennero dichiarati soggetti  alla sola giurisdizione del  legato di  B., o del  vicelegato, per ogni causa, civile e  penale[29]. Più in generale la presenza dei banchieri toscani a B. già prima della cacciata dei Medici da Firenze (1527) fa cadere l'ipotesi che essi avessero cercato rifugio nella città solo in seguito al rovescio di fortuna della Casa medicea[30].

Alla morte di  Daniel Da Pisa sorse un contenzioso sulla sua eredità e venne stabilito che  si scegliessero degli arbitri per  comporre la vertenza: furono nominati  tutori  dei  figli  minori  di Daniel il Bolognese Hemanuel Abraham Finzi, cugino del padre, ed il vescovo  di Worcester, controllore generale della Camera papale[31].

Nel  primo  ventennio  del  XVI  secolo, inoltre, scoppiò una delle controversie più note  nella storia degli ebrei d'Italia, quella tra Emanuele Norzi (Norsa) di Ferrara, famoso per  la sua  grande  ricchezza, e  Avraham  Refael Finzi di B., suo socio nella gestione di  un  banco feneratizio. Sorto per motivi di interesse, il conflitto vide schierarsi in campo dalle due  parti  le  personalità ebraiche più prestigiose, protraendosi a lungo, anche perché sia il Norzi che il Finzi volevano  sottomettersi  esclusivamente al  tribunale della propria città[32].

All'incirca  nello stesso  periodo,  risulta che accuse di frode e di cattiva condotta furono mosse dai Quaranta di  B. nei confronti degli israeliti ed il vicelegato papale ricevette l'incarico di indagare in merito.

Sempre  in  questo  lasso  di  tempo,  un  ebreo esule dalla Spagna dopo la cacciata  del 1492, Abraam (Avraham)  Kohen, del fu Moyse, sacerdoti et Hebraice legis doctori, residente a B., ottenne un permesso decennale per viaggiare attraverso le terre papali, senza  pagare dazio per i propri libri (in ebraico e in latino), l'esenzione dal segno e l’autorizzazione a fenerare, secondo le concessioni fatte ai banchieri di  B., cui fu aggiunta   l'immunità  da  qualsivoglia "scomunica" ebraica a causa dell'attività feneratizia[33]. Il figlio,  l'omonimo  Magister  Habraham  Sacerdoti (Kohen), ricevette nel 1533 il permesso di curare pazienti cristiani e di avere servitù cristiana, godendo della libertà di culto e dell'esenzione dall'obbligo di partecipare alle prediche cristiane o alle dispute teologiche, essendo, inoltre, sottoposto solo all'autorità giudiziaria del governatore  di B.

Tornando agli anni Venti del  XVI secolo, è da ricordare che Leo e Iacobus di Ventura  Caravita,  ricevettero il nullaosta per avere degli oratori privati nelle loro case di B. e di Cento e per servirsi di balie cristiane, sia pure non a domicilio[34].

Nel gruppo di giudei cui veniva concesso di fenerare nel  1522, compariva  anche  un  antenato di Leone da Modena, Angelo Mordechai: la licenza gli venne rinnovata nel 1530,  ma egli morì nello stesso anno[35].

Il vescovo di B. dovette in quegli anni affrontare l'intricato caso di una ebrea di Casale Monferrato, Camilla, moglie di Vitale Leonis spagnolo, sedotta, convertita e forse messa incinta da Leander, profumiere cristiano di Casale. Altre  conversioni  vengono  poi attestate  dai  documenti  del periodo:  Giovanni Battista de Canonicis,  ebreo bolognese convertito, ad esempio, ricevette nel 1538 il permesso di predicare agli ex-correligionari nei territori  della Chiesa e, poco dopo, fu offerta l'indulgenza a chiunque aiutasse con elemosine  Annibal  Benedictus, i suoi due figli ed il fratello Iohannes Benedictus, convertitisi al cristianesimo.

Nel  primo  quarantennio  del  XVI  secolo  il governatore fu sollecitato a muoversi contro  Moyses da Rieti, che violava la Legge ebraica, volendo sposare una seconda moglie senza aver divorziato dalla  prima e nonostante avesse avuto figli da quest’ultima.

Nel 1540 vennero confermati i privilegi della comunità di B. e distretto, dopo che i suoi membri ebbero acconsentito a pagare la vigesima, ammontante a  2.700 scudi: eletti esattori furono Iacob Sforno, Abramo da Pisa e Angelo da Rieti[36].

Negli anni Quaranta e Cinquanta una serie di giudei fu esaminata da  gli organi  competenti dell'Ateneo  bolognese, per  ricevere  il   titolo   di  medico,  con  conseguente concessione di esercitare la professione[37].

Una tassa per le spese turche fu imposta anche nel 1542[38], mentre l'anno seguente ed il successivo, previa  promessa degli ebrei di pagare la vigesima, vennero loro confermati i privilegi[39].

Una  ricca  documentazione  tratta  dell'imposizione della decima e della vigesima agli  israeliti di B., dal 1470 sino al 1553, dell’esazione  delle quali erano incaricati sia funzionari papali  che  ebrei  eletti  dalla locale comunità. Alla promessa del pagamento della vigesima seguiva,  generalmente, la riconferma dei privilegi ed il pagamento di due vigesime portò, nel 1543,  all'esenzione dalle tasse per  due anni, comprese  quelle cui  era  sottoposta   la  popolazione cristiana. Tre anni dopo venne, però, imposta motu proprio una tassa di  20.000  ducati  a  tutti  gli ebrei dei territori papali,  della  cui  esazione  era incaricato  il cardinale camerlengo Guido Ascanio Sforza, mentre, in particolare, ai giudei di B. e del circondario venne richiesta una contribuzione speciale per finanziare la guerra in  Germania, della cui riscossione si sarebbe occupato il convertito Alessandro Franceschi da Foligno[40]. Nel 1550  furono poi inventariati i beni degli ebrei della Romagna  per assicurare un'equa  tassazione e due anni  dopo  la Santa Sede  dette ordine  di  appurare l'effettivo stato patrimoniale  degli israeliti di  B., accusati di  fenerare  ad  onta  del  divieto  papale,  e di prendere provvedimenti contro gli evasori fiscali[41].

Poco prima della metà del XVI secolo, resta testimonianza di un duello tra  ebrei, in cui  Sentus Sforno di B. fu ferito da Gabriele di Samuele di Turano a Montefiascone[42].

Qualche  anno  più tardi, la Santa Sede si mosse per prevenire una tassazione iniqua nei confronti di Florius e Jacob di B., esentandoli anche dal dazio sui gioielli personali.

Il Monte di Pietà era stato, intanto, messo in funzione nuovamente nel 1532 e  nel  1548  fu  assegnato ai suoi funzionari l'ufficio  del  Massarolo  (o addetto alla  vendita degli oggetti pignorati dagli esecutori fiscali), prima gestito da due ebrei, Simone e Raffaele da Camerino[43].

In occasione del Giubileo (1550) una delegazione ebraica si mosse espressamente da B. per rendere omaggio al  nuovo Papa, Giulio III, ricevendo una buona accoglienza da parte della curia romana[44].

Nella seconda metà del  secolo XVI avvenne però un cambiamento della politica papale nei  confronti degli  israeliti, che dette luogo al rogo del Talmud e dei libri ebraici nel 1553.

Nel 1556 fu decretata l’introduzione del ghetto da Paolo  IV  e, nel  1568, Pio V istituì la Casa dei Catecumeni a B.[45]: l'anno prima, intanto, le autorità bolognesi avevano emesso una sentenza contro i banchieri che comportava, tra l'altro, la restituzione delle usure, la  privazione  delle  concessioni e la revisione dei libri contabili[46]. Nel  1568 vi furono  svariate iniziative anti-ebraiche  nella città  e nei dintorni  e molti  furono gli ebrei  arrestati  e torturati, nonché costretti a pene pecuniarie. La situazione fu resa particolarmente  difficile dalla  persecuzione scatenata dal neo- convertito Alessandro[47] e culminò nel processo  promosso da costui contro  il  rabbino  bolognese  Yishmael Haninah da Valmontone,  chiamato a  rispondere delle accuse, secondo cui la tradizione rabbinica sarebbe stata blasfema nei confronti del cristianesimo e dei cristiani. Nonostante le  torture  cui  fu  sottoposto,  il  rabbino si rifiutò di ammettere che  la  definizione ebraica di idolatria comprendesse l’adesione alla fede cristiana e, pertanto, fu scarcerato, e testimoniò che,  invece,  altri ebrei  imprigionati a  B.  erano stati costretti a rendere una confessione forzata[48].

L'anno seguente, il papa decretò l'espulsione degli ebrei da tutte le terre pontificie: l'impatto di questo provvedimento fu  particolarmente  duro  a  B.,  in  quanto  il  papa, per impedire che i giudei trasferissero i  propri beni in città  meno ostili, come Ferrara o Mantova, ordinò una valutazione a scopo tributario delle loro finanze, imponendo una tassa addizionale di 40.000 scudi alla comunità e la confisca di tutte  le proprietà ritenute illegali.

Inoltre,  svariati  ebrei  di  condizione economica elevata furono sottoposti  a interrogatori  da parte degli inquisitori inviati  dal  Papa,  venendo,  in  gran parte, incarcerati e sottoposti a violenze fisiche[49]. Tuttavia, gli israeliti vennero riammessi a B. nel 1586, per essere definitivamente cacciati solo da Clemente VIII nel 1593.

Furono presumibilmente quattro i banchieri che tornarono allora ad operare in città: da una disposizione cittadina contro l'ingerenza ebraica nelle attività connesse con la seta, si deduce, però, che vi erano comunque altri giudei oltre a questi banchieri ed al loro entourage[50]. È documentata, infatti, la presenza di più di una quarantina di  ebrei a B.  tra il  1587 e  il 1598 e nel 1621, in considerazione della disposizione del papa Clemente VIII (datata 2 Luglio 1593),  coloro che si trovavano a B. e  nel  suo distretto  furono dispensati  dall'obbligo  del  segno  distintivo, in ragione della  brevità del  soggiorno loro concesso nella città e nei dintorni e dato che vigeva, comunque, il divieto di risiedervi[51].

Dopo un’assenza di oltre  due secoli, i giudei tornarono, infine, a stabilirsi a B. dopo la conquista delle truppe francesi[52].

 

Vita comunitaria

Per  quanto  riguarda  l'autogoverno  della  comunità,  a B. venne emesso, nel 1511, un ordinamento che stabiliva che essa doveva considerarsi vincolata ad accettare esclusivamente il verdetto del  tribunale rabbinico cittadino, mentre  quest’ultimo era, invece,  libero di inviare decreti ovunque lo ritenesse opportuno. Lo status privilegiato rispetto ad interferenze esterne, espresso dall'ordinamento di B.,  sarebbe  stato  preso  a modello, quarant’anni più tardi,  dall'Assemblea generale  delle  comunità italiane riunitosi a Ferrara, entrando a far parte degli ordinamenti comunemente adottati dai gruppi italiani[53]. A B. fu emesso anche  nel  1537  un regolamento teso a prevenire l'intrusione nelle questioni giuridiche di istanze estranee alla comunità locale[54].

Nel  1546 fu costituita la Hevrat  ha- nizharim o "Confraternita  dei  solerti"[55],  i  cui membri si riproponevano, tramite l’auto-tassazione, di assistere i malati e gli indigenti, di procurare le somme  per il riscatto dei  prigionieri, di fornire le ragazze povere di dote per maritarsi e di promuovere lo studio della Torah. Negli statuti era stabilito che all'inizio di ogni mese dovessero entrare in carica due amministratori e due ufficiali, eletti deponendo dei bossoli o ballotte in due scatole, a seconda della carica in questione: sugli eletti  mensilmente  vigilavano  quattro  "Pastori" eletti a vita, il voto era segreto e l'astensione proibita.

Tra i  vari articoli,  vi era  quello secondo cui era  fatta proibizione di citare sia i confratelli che gli altri correligionari davanti ai tribunali non ebraici: in caso di contenzioso con un bolognese cristiano che non volesse  presentarsi di fronte al tribunale della confraternita, la decisione sul da  farsi sarebbe spettata  agli amministratori della stessa. Anche le  donne potevano farne parte e, oltre a contribuire alle spese sostenute a scopi  caritatevoli, erano tenute ad  osservare con particolare zelo i precetti riservati al mondo femminile (osservanza del sabato, offerta  della pasta e bagno rituale).  La confraternita fu attiva tra il 1546 e il 1569[56].

 

Demografia

Dalle 23 liste rimasteci delle famiglie ebraiche residenti a B., compilate tra il 1387 e il 1395, per il pagamento  della tassa del sal delle bocche,  risulta la  presenza di 95 persone, cui va aggiunto l'eventuale numero dei minori di quattro anni, che non  venivano  annoverati nel computo[57].

Aggiungendo i dati  provenienti dagli elenchi dei residenti dei vari quartieri, si giunge a  calcolare che la  presenza ebraica  a B. si aggirava  intorno alle  180-200 unità. Un secolo dopo, sulla base degli elenchi dei residenti nei diversi quartieri, si  arriva  al  numero   di  648  individui (approssimato  per  difetto)[58].  Sembra accertato, comunque, che gli ebrei residenti in città, prima della cacciata del 1569, fossero  più  di  800,  mentre  erano  900  al  tempo della definitiva espulsione del 1593[59].

 

Attività economiche

 L'attività  principale  degli ebrei  bolognesi sembra essere stata il prestito, documentato  in modo costante a  partire dal 1388 e sporadico già dal 1364, anno in cui Consiglio di Salomone di Orvieto dette  in gestione un banco  a Mele di Daniele da Recanati. Dal libro delle entrate del Comune del 1388, risulta che su 17 prestatori 11 fossero ebrei e che 9 banchi ebraici fossero situati in città e 2  nel contado[60]. Nel 1392 sembra che  vi fossero, invece, 13  feneratori,  di  cui  9 ebrei. Nel 1401 furono riconfermati  solo i banchi di  tre dei  prestatori menzionati  precedentemente,  che,  nel  1406, tuttavia,  non figuravano più[61].

Nel  1418 il  tasso d'interesse  autorizzato  a  B. e nel contado era di  6 denari per  lira sino a 40 soldi (30%) , mentre oltre  i  40  soldi  era  di  4  denari  per  lira  (20%): i feneratori avrebbero, invece, potuto patteggiare liberamente l'interesse con i forestieri[62].

Più tardi e, in misura secondaria, troviamo attestazioni riguardanti il commercio dei panni usati, dei metalli preziosi, dei gioielli e dei libri giuridici et  aliarum  quarumcumque mercantiarum, secondo  la  formula  contrattuale  ricorrente in diversi patti di società stretti tra ebrei residenti a B. negli ultimi decenni del XIV secolo. Negli anni  Settanta del ‘300,  aveva una  bottega di strazzeria nella zona di S. Gervasio (con un merce per più di 6.000 ducati d'oro) Vitale di Bonaiuto da Macerata e dal primo trentennio del secolo sino alla metà di esso, troviamo svariate concessioni per commerciare in strazzaria, seta ed altre merci affini[63].

Un'attività  singolare  viene  poi segnalata  nel  1452 :  la riparazione della campana grossa del Comune affidata a tale Salomone[64].

Quanto al prestito, nel XVI secolo esso risulta attestato da svariate concessioni[65], mentre quello non autorizzato fu penalizzato  nel  1529[66]: l'interesse massimo era allora del 30% annuo[67].

Nel 1536 i quaranta riformatori di B. avallarono la disposizione, presa dai mercanti di seta  e approvata dal governatore, di proibire agli ebrei di accettare in pegno articoli in seta, senza il permesso dei massari della gilda dei mercanti.

Nello stesso anno, in  virtù dell' avvenuto pagamento della vigesima, Paolo III concesse l’assoluzione agli ebrei locali da una serie di reati, tra cui il tenere i libri contabili in ebraico, la vendita  per proprio conto dei  pegni  non riscattati ed  il computo  dell'interesse  ad  un mese anche quando il prestito fosse stato  fatto per meno tempo[68].

Nel 1544 venne  decretato che non  più di dieci gestori di banco avrebbero potuto essere attivi a B.[69] e, dopo  la  riammissione  del  1586,  i banchieri ottennero di fenerare al 12% e  non al 10%, come  si era  pensato in un primo momento. Nel 1590 i banchieri Mosè e  Calma da Sanguané (De  Sanguine) si offrirono di prestare al 15%, nonostante, secondo il breve di Sisto V del 1589, potessero esigere  il 18%[70].

Gli  ebrei  di  B.  furono  anche  attivi nell'esercizio della medicina[71].

 

Cimitero

Del cimitero che gli ebrei avevano a B. nell'antica via Monastero di S. Pietro Martire ( ora via Orfeo ), presso l'omonimo convento di monache, ci resta testimonianza: con un Breve del 1541, infatti, Paolo III assegnava alle monache di S. Pietro Martire un terreno detto il “cimitero degli Ebrei”, dando disposizioni perché  fosse concesso agli israeliti un altro terreno per seppellirvi i morti[72]. Nel 1566 poi Pio V dava con un  Breve la propria  approvazione al progetto, di tale Luca Andrini, di prendere  possesso del  luogo di sepoltura ebraico o "Orto  dei Giudei", sito in 'via Barachani'. Tre anni  più  tardi,  Pio V  donava, tuttavia, nuovamente alle monache di S. Pietro il cimitero ebraico,  accordando loro anche il diritto di edificare sul terreno in questione, senza curarsi di eventuali  segni attestanti le sepolture o altro. Da  un  memoriale custodito nell'Archivio vescovile  di  B.  risulta  che gli ebrei ricomprarono dalle monache il terreno per 500 scudi d'oro. Quando furono cacciati definitivamente, nel 1593, essi disseppellirono le ossa dei propri morti, per portarle nel cimitero di Pieve di Cento[73].

 

Ghetto

Una fonte della fine del XVI secolo riporta che venivano chiamate Inferno quelle  contrade    che cominciano sul trivio di Porta e dietro l'Hospitale di S. Job. dette così per esser confuse e oscure, che rare volte  i raggi di  Febo  quelle penetrano. Questa già  fu data  per stancia a  li Ebrei, acciò vivi e morti stessero nell'Inferno[74].

Nel 1556,  in seguito all'istituzione dei ghetti decretata dalla Bolla di Paolo IV, B. fu la seconda città degli Stati Pontifici a prendere provvedimenti per la realizzazione, incaricando l'arcivescovo locale di occuparsi della costruzione  di  "muraglie" e dell'installazione dei  tre portoni  che  avrebbero  chiuso  il  quartiere, durante  la notte[75]. La zona del ghetto comprendeva le seguenti strade: via  dei  Giudei,  via  Canonica  (già via Canonica di S. Donato), via  dell'Inferno, vicolo di S.  Giobbe, vicolo Mandria (anticamente via del  Ghetto), via  del Carro, via Valdonica. Quando, dopo  la cacciata, gli  ebrei rientrarono per un  breve periodo  a B.,  Sisto V dispose che fossero loro assicurate  case  et  luoghi  commodi: tuttavia, si presume  che  essi  tornassero ad  abitare il  loro antico quartiere, attorno alla sinagoga[76].

 

Sinagoghe

Una fonte ottocentesca affermava l'esistenza di una sinagoga a B., sin dal 1394, che sarebbe stata edificata dai fratelli Mosè ed  Elia Naarim, ma studi  relativamente recenti sembrano privare di fondamento la notizia.[77]

Un'altra voce ottocentesca  segnala  l'esistenza  di  una  sinagoga, esistente nel 1410,  nella zona di S.  Giovanni in Monte, Piazza S. Stefano[78].

Da un documento  reperito presso la Biblioteca Vaticana risulta che, nel 1569, vi sarebbero state undici sinagoghe a B., sottoposte  al  pagamento  del  tributo alla  Casa dei Catecumeni: tuttavia, l'indicazione è controversa, dato che la  Bolla emessa da  Paolo  IV  nel  1556   ordinava  che continuassero a pagare il  tributo anche le sinagoghe fuori uso, mentre una sola avrebbe potuto essere in funzione, dopo l'istituzione del  ghetto. D'altro  canto, un documento del 1568,  confermando  che  gli  ebrei  bolognesi  pagavano  il tributo  anche  per  le  sinagoghe  non  più  in  funzione, affermava che  il pagamento avveniva in  ragione di cinque sinagoghe, di cui una sola in funzione, che risultava essere ubicata  in  via  dell'Inferno. Studi del XIX secolo, però, sostenevano che, fino  alla  cacciata del 1568, vi fossero state altre due sinagoghe, ubicate in via S. Vitale (sebbene non sia chiaro se l'indicazione non riguardi semplicemente sinagoghe non più in funzione)[79].

 

 

Vita culturale e personaggi di rilievo

Agli  inizi  del  XV secolo possedeva una biblioteca di 34 manoscritti Yaaqov ben     Benyamin  da  B. [80], mentre  un'altra, più ricca (226 manoscritti) e maggiormente nota, era quella  della famiglia  Finzi, in  seguito trasferitasi  a Mantova[81].  A  B.,  inoltre,  era  attestata anche una notevole produzione di manoscritti ebraici copiati in loco, dal  XIV  al XVI secolo[82].

La città ospitò anche una  tipografia ebraica di una certa importanza, che stampò come  prima opera, nel  1477, il libro  dei Salmi  (Sefer tehillim), con il commento di David Qimhi (o, secondo l'acronimo, Radaq). Questa - che  è  la prima edizione a stampa dei  Salmi -  fu prodotta in 300 copie e, all'incirca nello stesso periodo, ne vennero stampate anche due edizioni ridotte[83].

Cinque anni più tardi, il dotto e facoltoso Yosef di Avraham Caravita allestì a proprie  spese una stamperia a casa, affidandone la  direzione  ad  Avraham di Gayyim dei Tintori di  Pesaro, esperto compositore giunto all'incirca nel 1478 a  B., dopo  essere stato attivo nell'arte della stampa a Ferrara. A quest'ultimo si deve la prima edizione del Pentateuco, con a lato la parafrasi aramaica del  Targum di Onkelos e il commento di Shelomoh ben Yitzhaq (o,secondo l'acronimo, Rashi), apparsa nel 1482 e di cui furono tirati diversi esemplari in pergamena; nello stesso anno, uscirono per opera  sua anche le cinque  megillot (cioè i libri di Ester, di Rut, le Lamentazioni, l’Ecclesiastico ed il Cantico   dei Cantici) con  alcuni  commenti  rabbinici. Dopo  il trasferimento di Avraham dei Tintori a Soncino, l'attività ebraica bolognese si  arrestò per un cinquantennio, riprendendo nel  1537  con  la  tipografia  gestita  da una  società di setaioli, di cui  facevano parte anche alcuni dotti, tra cui  Ovadyah di Yaaqov  Sforno, che stampò  una decina di  edizioni tra  il 1537  e il  1541 ( l' Or ammim dello Sforno, nel  1537 e, sempre nello  stesso anno, le  Preghiere  quotidiane  secondo  il  rito italiano, Pisqe halakhot di Mosheh di Benyamin Recanati, nel 1538, il  Sefer Hasidim,  il  Commento  di  Yosef  ben  David ibn Yahya  alle cinque megillot, ai  Salmi, Proverbi, Giobbe, Daniele, Esra e Cronache, Preghiere  quotidiane  in  giudeo-italiano, tutte stampate nello  stesso anno, ed un'edizione delle preghiere festive secondo il rito italiano o Mahzor, curata da Refael Talmi  per  conto  dei  soci  nel  1540)[84]. L'attività della tipografia bolognese cessò nel 1541[85].

Nei secoli  XIV e  XV vissero a B. Shelomoh di Hasday[86], Matatyah di Yitzhaq da  Lucignano, probabilmente  autore del Yesod Hokhmah [87] e David di Yoav da Tivoli[88].

Nel XV secolo, inoltre, visse qui e a Mantova Mordekhay (Angelo) Finzi di Abramo,  scienziato, fisico e banchiere.

Noto  per  i suoi studi di  matematica  e  di astronomia, tradusse in ebraico, tra  l'altro, tre importanti opere  del matematico arabo Abu Kamil (850-930) e scrisse, inoltre, sui nuovi strumenti astronomici e si occupò di mnemotecnica e di grammatica.

Nel  XVI  secolo va  segnalata  la  presenza a B. di alcuni famosi rabbini, tra cui il noto copista e autore omiletico Avraham di Meshullam da Sant'Angelo o da Modena[89] e Salomone di Elyaqim  Finzi, originario  di Rovigo, che fu in città nel 1552, anno  in  cui  compose l'opera  Mafteah ha-Talmud, stampata più di una volta, anche in traduzione  latina nella Clavis Talmudica Maxima (Hanau, 1714, 1740) e il dotto rabbino Av Bet-Din  (presidente del tribunale rabbinico) Avraham ha-Kohen che partecipò alla stampa di testi  ebraici negli anni  1537-1541 [90]. Vi furono poi Azaryah  de'  Rossi [91] ed  il già menzionato Ovadyah Sforno,che si trasferì nella città dopo aver conseguito a Ferrara la laurea in medicina nel 1501.  Oltre che medico, lo Sforno fu filosofo, commentatore  della Bibbia e filologo: a B. egli istituì e diresse una scuola di studi talmudici e, dopo aver pubblicato l'opera  filosofico- apologetica Or  ammim,  menzionata  poc'anzi, ne fece una traduzione latina, pubblicata con il titolo Lumen  gentium nel 1548,  ad  opera  del  tipografo  Anselmo  Giaccarelli[92]. Il fratello  dello  Sforno, Hananel, scrisse, tra l'altro, la prefazione al commento al Pentateuco di Ovadyah[93].

Visse  a  B.,  nel  1563,  il  poeta  e  grammatico  Samuele Archivolti, maestro di Leone Modena, autore della grammatica ebraica Arugat ha-bosem (pubblicata  a Venezia, nel 1602,  e ad Amsterdam, nel  1730), di numerosi  piyyutim e di  Hearot le-sefer he-arukh, in cui riporta le referenze midrashiche o talmudiche contenute nell'opera Arukh di Natan  ben Yehiel di Roma (stampato, per la prima volta, a Venezia nel 1553).

Risalgono al 1528 due episodi significativi riguardo alla partecipazione ebraica agli studi  di medicina: uno fu  la laurea conseguita da  Angelo  di  Isac [94] e  l'altro  l'incarico  di insegnare presso l'Università bolognese conferito a  Yaaqov di Shemuel Mantino[95]. Di probabile origine  spagnola, questi visse,  tuttavia, per la  maggior  parte  della  sua  vita  in Italia e, dopo aver conseguito  a  Padova  la  laurea  in  medicina nel  1521, esercitò la professione a  B., oltre che a Verona e a Venezia.  Famoso  traduttore  delle  opere  di  Averroè e di Avicenna dall'ebraico in latino,  si guadagnò il favore di Clemente  VII,  grazie  all'atteggiamento filo-papale tenuto in occasione della disputa sull'annullamento delle nozze tra Enrico VIII d'Inghilterra e Caterina d'Aragona. Dopo aver insegnato medicina a B., così, egli si trasferì a  Roma divenendo, nel 1534, medico personale di Paolo III  e dal 1539  al 1541 fu docente di medicina alla Sapienza. Durante  il suo  soggiorno romano,  Mantino si  oppose alle pretese  messianiche di  Shelomoh Molcho,  che aveva già conosciuto a  Venezia, e lo presentò  come  pericoloso impostore e "figlio  apostata  della  Chiesa"[96].  Mantino, poi, recatosi ancora una volta a Venezia nel 1544, si  trasferì in  seguito, come  medico  personale  dell'ambasciatore della Serenissima, a Damasco, morendovi nel 1549[97]. Un personaggio di  rilievo che troviamo  a B. in  occasione dell'incoronazione  di  Carlo  V,  nel  febbraio del 1530, era David  Reuveni,  il  famoso  avventuriero  dalle   ambizioni messianiche,  che  si  recò  nella  città  allo  scopo   di approfittare della presenza  del Papa e  dell'Imperatore per svelare i suoi  veri (o  presunti) piani circa la conquista della Terra  Santa.  Francesco Gonzaga, ambasciatore del marchese di Mantova, riuscì, invece, non è dato sapere come, a far fallire i progetti che avevano spinto il Reuveni a  B. e, in tal modo, a comprometterne fatalmente il destino[98].

Il celebrato  rabbino e studioso Salomone  Modena (1522 o 1524-1580),  zio  di  Leone  Modena,  in corrispondenza con il fratello Isacco (il  padre di Leone),  feneratore a B. [99] e

con Abramo del Bene di B., si recò in città per un  periodo. Da un responso del famoso  rabbino mantovano Mose Provenzali, risulta che egli aveva un contenzioso con la comunità ebraica locale per delle tasse che non  avrebbe pagato[100]. Nello stesso  lasso di tempo della contesa, Salomone, che avrebbe lasciato B. prima dell'espulsione del 1569, compose un’eloquente difesa dell'ebraismo contro le accuse  dell'apostata  Alessandro. Quest’opera apologetica fu, in seguito, ritrovata e data dal nipote, Aharon Berakhyah Modena, [101] a Rav Avraham di Hananyah Yaghel che la incluse in una sua vasta antologia di responsi, lettere e  materiale vario[102].

Va segnalata, inoltre, nel XVI secolo la presenza di altri personaggi di rilievo, come: Eliyahu da Nola, medico ed esegeta biblico, Avraham di Yitzhaq da Pisa, rabbino e poeta liturgico, oltre che  banchiere e Yaaqov  ben Eliyah  da Fano, studioso e poeta che, tra l'altro, scrisse un componimento in onore dei martiri marrani di Ancona del 1555 che venne bruciato per ordine papale.

Yitzhaq Yehoshua Lattes, figlio del rabbino, astronomo e fisico Bonnet Lattes,  dall'originaria Provenza si  trasferì in Italia dove fu rabbino itinerante, soggiornando, tra l'altro, a B. Medico di papa Leone X, scrisse anche poesie e svariati responsa, in parte  pubblicati, ed  un  commento (inedito)  all'opera  Behinat  Olam di  Yehudah Bedersi. Fu coinvolto nel  divorzio Tamari-Venturozzo e, a Mantova, partecipò alla stampa dello Zohar (1558-1560).

Fu per un periodo a  B. anche il rabbino Yishmael  Haninah da Valmontone, che, tra l'altro, fu maestro di Menahem  Azaryah da Fano, a Ferrara[103].

Nel XVI secolo si trasferì poi in città una parte della famiglia Da Rieti, tra cui  Assael  Refael,  padre del rabbino e autore liturgico Hananyah  Elyuaqim, e Yaaqov ben  Eliyah Da  Fano, dotto e poeta. Inoltre, vanno menzionati anche Yitzhaq Calabrese e  Eliyahu Cologna,  autori di responsa rabbinici, Israel di Yehiel ha-Kohen, Yitzhaq di Gayyim ha-Kohen, Mosheh di Avraham ha-Kohen e Yaaqov Refael di  Yehiel Gayyim Peglione, autori di opere manoscritte[104].

 

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[1] Traslitterazione usata da Yosef Ha-Kohen, Emeq ha-bakha, ediz. De Letteris, Vienna 1851, p. 131.

[2] Cfr. Fasoli, G., Per la storia dell'Università di Bologna nel Medioevo, p. 132.

[3] La fonte in questione è l'articolo di Ravà, V., Gli ebrei a Bologna. Cenni storici, in L'educatore israelita, XX (1872), pp. 237-242, 295-301, 330-336, XXI (1873), pp. 73-79, 140-144, 174-176; XXII ( 1874), pp. 19-21, (pubblicato anche, nel 1872, a Vercelli, in estratto a parte ), di cui Antonio Ivan Pini ha messo in luce l'inattendibilità delle fonti - cronache locali insufficientemente documentate - rilevando che, tuttavia, in mancanza di fonti ulteriori, è stato seguito, sia pure con riserve, da quanti in passato si erano occupati della storia degli ebrei a B. (cfr. Pini, A. I., Famiglie, insediamenti e banchi ebraici a Bologna e nel Bolognese nella seconda meta del Trecento, p. 786 e p. 806, note 15 e 16).

Secondo l'articolo summenzionato del Ravà, già nel IV secolo d. C. vi sarebbe stato un cimitero ebraico a B., dove sarebbero state gettate, in segno di spregio, le spoglie di due martiri cristiani, recuperate in seguito da S. Ambrogio che avrebbe attestato in una sua opera sia l'esistenza del cimitero che la presenza ebraica nella città (cfr. Ravà, V., op. cit., p. 228). Sempre secondo questa fonte, gli ebrei sarebbero stati scacciati da B.  nel  1171 per "eccesso d'usura":  tuttavia, una comunità ebraica si sarebbe presto ricostituita e nel 1308 avrebbe donato un Pentateuco su pergamena, risalente al tempo di Esra, al domenicano Aymerich. Nel 1366 il cardinale Albornoz avrebbe istituito un ghetto, mentre nel 1394 sarebbero venuti a B. due fratelli romani, Mosè ed Elia della famiglia Ne'arim, che avrebbero comprato una casa per farne una sinagoga e del terreno da destinare ad uso cimiteriale. La scarsa attendibilità della notizia relativa ad una presenza ebraica a B. sin dal secolo XII era stata rilevata anche  dal Colorni, V., Gli ebrei nei territori italiani a nord di Roma dal 568 agli inizi del secolo XIII,in Judaica Minora, pp. 67-121, p. 96.

[4] Archivio di Stato di Bologna, Comune, Estimi serie 1, n. 4; Registro dei ruoli d’estimo  aggiunti negli anni dal 1330 al 1388; Estimi, serie II, b. 260, citato in Pini, A. I., op. cit., p. 785, n. 10 e p. 805.

[5] Ivi, p. 788.

[6]  Cfr. ivi, pp. 799-801, per i particolari circa i componenti dei vari gruppi familiari. Per ulteriore materiale sui banchi e sui loro gestori alla fine del XIV  cfr. Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, in Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, p. 97 e segg. Sulla dislocazione dei banchi bolognesi all'inizio del sec. XV, cfr. ivi, p. 99.

[7] Cfr. Finkelstein, L., Jewish Self-Government in the  Middle Ages, p. 86; pp. 288-295; Pini, A.I., op. cit, p. 787. L'iniziativa dei rabbini ebbe successo e Martino V emise, nel 1419, una nuova versione della Sicut Judeis, da cui venivano esclusi, tuttavia, gli ebrei di Ancona e di B., senza esplicitare le ragioni di tale esclusione (cfr. Simonsohn, S.,The Apostolic See and the Jews, History, p. 69, n. 78; doc. 596).

[8] Finkelstein, L., op. cit., p. 289.

[9] Burselli, G., Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie,  in RR.II.SS.XXXII, p. 74, citato da Pini, A.I., op. cit, p. 807, n. 19. Muzzarelli, M.G., op. cit., p. 117. 

[10] Simonsohn, S., The Apostolic See,  doc. 804; Ravà, V., op. cit., p. 242.

[11] Cfr. Loevinson, E., Notizie e dati statistici sugli ebrei entrati a Bologna nel secolo XV, p. 158; p. 166. Inoltre, nel 1488, si stabilì a B. Meir, figlio del rabbino Ventura (Magistri Ventura hebreus Mayetus). Sonne, I., Le toldot ha-qehillah, p. 51. Ancora nel 1543, si trovano nei documenti relativi a B. membri della famiglia Ventura, i fratelli Isac e Emanuel, ai quali veniva concesso (insieme al socio Angelo da Camerino) di gestire il banco sito sulla Strada Maggiore (Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 2262).

[12] Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell'età del  Rinascimento, Firenze 1918. Il tributo annuo era di 104 lire e mezzo ai Giuristi e 70 lire agli Artisti da spendersi in un banchetto notturno (Ravà, V., op. cit., p. 241). A proposito dell'Università di B. va segnalato che risaliva al 1312 la decisione di introdurvi lo studio della lingua ebraica, allo scopo di facilitare la promozione delle conversioni al cristianesimo (Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 288).

[13] Cfr. Loevinson, E., Notizie e dati statistici sugli ebrei entrati a B. nel secolo XV, pp. 169-173.

[14] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 566, 586.

[15] Sulla figura e sulle vicende di Elia di Sabato, si veda alla voce "Pavia" della presente opera.

[16] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews doc. 634. Sulla conferma, nel 1436, dei privilegi garantiti a Elia di Sabato dal senato romano, anni prima, si veda Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 714. Sul permesso concessogli di recarsi in Terra Santa, si veda il doc. 718; sul salvacondotto per recarsi alla corte e nei domini papali, il doc. 724. Sulla vicenda in cui era coinvolta Stella, la vedova dell'ebreo riminese in questione (Manuele di Genetai), la quale era in lite anche con Flora del fu Deodato, moglie di Mosè di Consilio di Ascoli, si vedano, invece, i doc. 641, 642, 663, 664.

[17] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews , doc. 717.

[18] Ivi doc. 728; Vogelstein, H.- Rieger, P., Rom II, p. 11.

[19] Ravà, V., op. cit., p. 241.

[20] Simonsohn, The Apostolic See, doc. 926, 946. Dell'esazione di questa tassa era responsabile, tuttavia, solo la comunità romana.

[21] Ivi, doc. 835.

[22] Ivi, doc. 858, 1210.

[23] Ivi, doc. 869.

[24] Ivi, doc. 882.

[25] Ivi, doc. 897. Una trentina d'anni più tardi, tuttavia, tale Fra' Gerolamo, dell'ordine dei Serviti di B., investiva denaro presso il feneratore Salomone per guadagnarne l'interesse, senza che l'operazione fosse considerata illecita (ivi, doc. 1115).

 

[26] Il Ravà, riportando come fonte il Vizzani (Vizzani, P., Storie di Bologna, II, p. 44), ritiene che Bernardino da Feltre avesse predicato a B. nel 1473, ottenendo la fondazione di un Monte. Tuttavia, risulta che Bernardino fosse stato a B. nel 1490 (cfr. Cassuto,U., E.J.,  s.v. "Bernardino da Feltre"); inoltre, secondo una fonte cinquecentesca, Bernardino, passato per Bologna nel 1493, indicò il Padre Michele (Carcano) da Milano come il promotore del Monte in una serie di città, tra cui B.  stessa. Altre fonti attestano che la predicazione del Carcano a B. risale al 1473 e che ad essa fece seguito l'apertura del Monte, nello stesso anno (cfr., Fra Bernardino Bulgarino da Brescia, Sermoni del Beato Bernardino Tomitano da Feltre, I, p. XXXI e p. XXXIII; Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, p. 131, n. 112 e n. 113). In seguito all'incendio doloso appiccato, nel 1503, dal figlio di Giovanni II Bentivoglio alla casa dei banchieri Isacco e Giuseppe da Modena, scomparsero numerosi pegni che vi erano custoditi, con conseguenti gravi perdite da parte dei debitori cristiani e, pertanto, i riformatori cittadini decisero di riaprire il Monte (Ravà, V., op. cit., pp. 295-296; Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1193). 

[27] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1203.

[28] Ivi, History, p. 271; Ivi, doc. 1246.

 

[29] Ivi, doc. 1264,1315, 1328, 1447, 1458, 1510. Nel 1526, Vitale del  fu Isach Da Pisa e fratelli, residenti a Firenze e a B., ricevettero una tolleranza decennale per gestire un banco feneratizio a Forlì (cfr. ivi, doc. 1346). A Salomon e Abraham da Pisa e ad Angelo Da Fano vennero rinnovate anche da Paolo III, nel 1534, le concessioni, fatte ad  Isach, a suo tempo e successivamente rinnovate (cfr. ivi, doc. 1691).

[30] Tra i banchieri d'origine fiorentina a B., menzionati dal Cassuto, vi erano Abramo Da Pisa e Vitale o Yehiel Da Rieti; faceva parte della famiglia dei prestatori fiorentini forse anche un Mosheh Da Rieti, che viveva a B. verso la meta del Cinquecento. Dopo l'espulsione del 1527, il capo della famiglia Da Rieti, Laudadio (Yismael), si recò a Siena (cfr., Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell'età  del Rinascimento, p. 86). Secondo il Sonne, invece, Laudadio e gli altri Da Rieti si sarebbero stabiliti a B., dopo la cacciata da Firenze del 1527, ma il Simonsohn ha dimostrato che tale ipotesi è priva di fondamento, come quella del trasferimento in massa dei banchieri fiorentini a B.  (cfr. Sonne, I., Le toldot qehilat Bologna be- thilat ha-meah ha-XVI, p. 40; Simonsohn, S., I banchieri Da Rieti in Toscana, p. 407, n. 8). Si ritrova traccia degli eredi di Ysach Da Rieti, a B. nel 1532 quando ricevevano una concessione decennale per un banco, concesso a Symon di Dattilo, alias Massarolo, sebbene non fossero massaroli.(Simonsohn, S., The Apostolic See,  doc. 1567).

[31] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc.1529.

[32] Per ulteriori particolari, si consulti la voce "Ferrara" della presente opera. Cfr., inoltre, Sonne, I., op. cit., p. 39; Bonfil, R., Gli ebrei in Italia nell'epoca del Rinascimento, p. 181.

 

[33] Simonsohn, S. The Apostolic See, doc 1350 e doc. 1272;  per la conferma del privilegio, doc. 1448, 1471. Per ulteriori informazioni su Avraham Kohen, vedi più sotto "Vita culturale e personaggi di rilievo".

[34] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 1585, 1588, 1288.

[35] Ivi,  doc. 1297, 1462; su Mordekhay, cfr.  Yehudah Aryeh mi-Modena, Sefer Hayye' Yehudah, pp. 34-35; sulla famiglia di Leone Modena a B., cfr. anche Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1881 e 1921. Quest'ultimo documento riguarda Isacco ( il padre del Modena) che nel 1539, previo accordo finanziario con la Camera papale, venne assolto dall'accusa di aver fornicato, in giovane età, con una donna cristiana. L'abitudine di commutare in pena pecuniaria condanne molto più gravi (come il carcere a vita o la forca ) comminate per punire il commercio carnale con donne cristiane, meretrici comprese, è  attestata sin dal secolo XV (cfr. Muzzarelli, M.G., op. cit., p. 125 e segg).

[36] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, History, p. 272; Ivi, doc. 1593, 1856, 1869, 1852, 1987, 1992, 2118.

[37] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2011, 2054, 2124, 2909, 3204, 3210, 3228. Tra costoro, vi erano anche dei bolognesi :Servadio di Emanuele Finzi, cui veniva concesso di curare anche pazienti cristiani ( doc. 2054) e i fratelli Ottaviano e Salomone di Angelo della Via Nova di B. (doc. 2909).

[38] Ivi, doc. 2169, 2172, 2175, 2205, 2220.

[39] Ivi, doc. 2115, 2228.

[40]Sulla decima e sulla vigesima, dal 1470 al 1553, cfr. ivi, doc.935, 936, 936a,1026, 1027, 047, 1050, 1077,1106, 1108, 1165, 1186, 1387, 1684, 1701, 1725,1726,1735, 1839, 1987, 1992, 2118, 2228, 2229, 2258, 2385, 2386, 2508, 2509, 2723, 2888, 3128, 3137, 3151. Sull'esenzione dal pagamento delle tasse cui erano obbligati i contribuenti cristiani nel 1543, in virtù del pagamento di due vigesime, cfr. i doc. 2293, 2328. Nel 1524 gli ebrei di B. erano stati esentati sia dalla vigesima che da nuove tasse, per un quinquennio (cfr. .ivi, doc. 1320). Sulla tassa di 20.000 ducati imposta nel 1546, e sulla tassa imposta in particolare agli ebrei di B.,cfr. ivi doc. 2621, 2647. Sull'esazione della vigesima e di altre tasse, come quella per la guerra in Germania, da parte del convertito Alessandro Franceschi, cfr. Simonsohn, S., Some Well-known Jewish Converts during the Renaissance, p. 34.  Per finanziare le spese per le operazioni contro i Turchi era stata imposta una tassa nel 1542: cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See , doc. 2169, 2172, 2175, 2205, 2220.

[41] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 2926, 3081.

[42]  Ivi, doc. 2708. Il feritore risultava esseri riconciliato con la vittima ed aver pagato una multa; inoltre, riceveva salvacondotto papale (cfr. ivi, doc.2709, 2732).

[43] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 3234; Milano, A., J.E .s.v."Bologna"; Ravà, V., op. cit., p. 296.

[44] Simonsohn, S., I banchieri Da Rieti in Toscana, p. 488.

[45] Per i particolari sulla Casa, cfr. Campanini, A., L'identità  coatta. La casa dei catecumeni a Bologna, in  Muzzarelli, M.G., (a cura di), Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 155-176, pp.158-176.

[46] Muzzarelli, M.G., Ebrei, Bologna e sovrano pontefice: la fine di una relazione tra verifiche, restrizioni e ripensamenti, in  Eadem, Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 19-53, p. 42. Per l'elenco particolareggiato dei banchieri in questione, vedi ibidem.

[47] Ruderman aveva indicato come verosimile l'ipotesi che si trattasse del famigerato Hananel da Foligno, convertitosi con il nome di Alessandro Franceschi; Simonsohn, dando l'indicazione dell'anno di morte del Franceschi (1558), mostra l'insostenibilità di tale ipotesi, concludendo, pertanto,  che l'Alessandro che perseguitò  la comunità  bolognese sia stato un omonimo, senza nessun rapporto con il Franceschi o con il figlio di questi, Ottavio-Alessandro (cfr., Ruderman, B., A Jewish Treatise from Sixteenth Century Bologna, p. 256 e segg.; Simonsohn, S., Some Well-known Jewish Converts during the Renaissance, p. 37, n. 96).

[48] Ruderman, B., op. cit., p. 255; sui processi di quel periodo contro gli ebrei bolognesi, v. Perani, M., Appendice documentaria. Documenti sui processi dell'Inquisizione contro gli ebrei di Bologna e sulla loro tassazione alla vigilia della prima espulsione (1567-1568), in Muzzarelli, M. G. (a cura di), Verso l'epilogo di una convivenza, pp.245-284.

[49] Ruderman, op. cit., p. 254; Carpi, Gherush ha-Yehudim mi-medinat ha knessiah be-yamei ha-apifior Pius ha-hamishi", p. 147 e segg. Sulla persecuzione subita dagli ebrei bolognesi per volere di Pio V, cfr. Yosef ha-Kohen, Emeq ha-Bakha, p. 131 e segg. E cfr. anche Perani, M., Appendice documentaria.

[50] Muzzarelli, M.G., Ebrei, Bologna e sovrano-pontefice, pp. 50-51.

[51] Loevinson, E., La concession de banques de prêts par les Papes, pp. 49-52; cfr. anche Idem, Notizie e dati statistici, p. 141.

[52] Milano, A., J.E., s.v."Bologna".

[53] Cfr. Sonne, I., op. cit., p.42 e segg.; p. 56 e segg. Sugli ordinamenti stabiliti a Ferrara nel 1554, che in parte riprendono l'ordinamento di B. del 1511, distaccandosene però, ad esempio, per la maggior importanza data all'autorità del rabbino rispetto ai parnassim, cfr. Finkelstein, L., op. cit., p. 301 e segg. Cfr. anche Bonfil, R., op. cit, p. 127.

[54] Cfr. Bonfil, R., op. cit., p. 128.

[55] Gli statuti di questa confraternita sono stati pubblicati integralmente da Rivlin, B., Taqqanot ‘Hevrat Nizharim’ be-Bologna mi-shenat 1547, in Asufot.Annual for Jewish Studies 3 (1989), pp. 357- 396.

[56] Cfr. Perani, M., Poichè da Bologna uscirà la Torah e la parola del Signore dalla Hevrat Nizharim’ Una confraternita religiosa nella Bologna ebraica del Cinquecento, pp. 142-153; per un esame approfondito dei vari aspetti connessi con l’istituzione della confraternita, cfr. pp. 129-153.

[57] Cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 789. Dalle liste del 1387 degli abitanti dei vari quartieri bolognesi, risultano i nominativi dei capifamiglia ebrei e le zone della città abitate all'epoca (cfr. Pini, A.I., op. cit.,  p. 791).

[58] Cfr. Pini, A.I., op.cit., p. 809.

[59] Ivi, p. 809, n.40; Ravà, V., op. cit., p. 332.

[60] Per l'elenco particolareggiato dei titolari dei banchi, cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 794.

[61] Per ulteriori dettagli, vedi ivi, p. 795.

[62] Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, p. 105. Nel 1417 il cardinale Albergati aveva imposto l'interesse del 20% , provocando l'opposizione dei feneratori (cfr., ivi, p. 106).

[63] Cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 794, p. 800; Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1373, 1441, 1425, 1452,  1599, 3121.

[64] Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città,  pp.121-122.

[65] Cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See , doc. 1297, 1418, 1421, 1462, 1598, 1717, 2236, 2262, 2611. Nel 1543, ad Abramo e Isacco Da Pisa veniva concessa tolleranza per accettare, in risarcimento dei debiti, granaglie e altri prodotti agricoli, disponendone a piacere(cfr., ivi, doc. 2261).

[66] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1415.

[67] Ivi, doc. 1639, che si riferisce all'anno 1534.

[68] Ivi, doc. 1789, 1794.

[69] Essi erano: Angelus de le Schole da Fano, Iacob Abrahae Sforno, Gratiadeus Sforno, Dactilus di Mosè Rieti, David del Bene, Avraham Isach da Pisa, gli eredi di Iacob del Bene, gli eredi di magister Angelus da Modena, gli eredi di Emanuel Stramore e gli eredi di Isach Rieti (cfr., ivi, doc. 2365).

[70] Muzzarelli,  M.G., Ebrei, Bologna e sovrano-pontefice, pp.49-51; Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les papes, p. 5.

[71] Cfr. il paragrafo generale e il paragrafo dedicato alla vita culturale. Per ulteriori informazioni sull'argomento, cfr. Arieti, S., Medici ebrei a Bologna tra  XV e XVI secolo, in Muzzarelli, M.G., Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 235-243. Tra gli ebrei che esercitarono sia l'attività feneratizia che l'arte medica, va menzionato un membro della prestigiosa famiglia Sforno, Santo di Rubino, in seguito trasferitosi a Imola, il quale nel 1459 aveva ricevuto l'esenzione dall'obbligo del segno, in virtù della sua fama come medico (cfr. Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, p. 127).

[72] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2062.

[73] Cfr. AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 105.

[74] Zanti, G., Nomi et cognomi di tutte le strade, contrade et borghi di Bologna, dicchiarando la origine de pricipii loro. Dove si narrano tutti li conventi  di frati e monache, le chiese, parrocchie e spirituali compagnie  con alcune cose più notabili della città tanto di scoltura come di pittura. Raccolte per M. Giovanni de Zanti cittadino bolognese, Bologna [1583], citato in AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna p. 33.

[75] Una fonte ottocentesca riporta le zone dove erano stati installati i tre portoni del ghetto: uno all'imbocco di via dei Giudei (precedentemente chiamata via S. Marco, dall’omonima chiesa che sorgeva nei pressi), un altro in via S. Donato ( attuale via Zamboni) e il terzo in via Cavaliera ( attuale via Oberdan) (cfr. AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 34).

[76] AA.VV., op. cit., p. 34. Per una descrizione particolareggiata del ghetto di B. e delle sue vicende, cfr. Gervasio, M., Il 'chiuso degli ebrei'. Contrade, strade e portoni del ghetto, in Muzzarelli, M.G., Verso l'epilogo di una convivenza, pp.177-210.

[77] Cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 786.

[78] Cfr. AA.VV. ( a cura di), op. cit., p. 72.

[79] Ibidem.

[80]Perani, M., Spigolature sul patrimonio librario degli Ebrei a Bologna tra Medioevo e Rinascimento, in Muzzarelli, M.G. (a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, pp. 255-168, p. 257. Per l'elenco dei manoscritti, vedi  ivi, pp. 257-260.

[81] Ivi, p. 261; per una sommaria descrizione dei manoscritti in questione, vedi ivi, pp. 262-263. Sui frammenti ebraici che testimoniano il ricco patrimonio librario degli ebrei bolognesi tra Medioevo e Rinascimento, cfr. ivi, pp. 263-268.

[82] Si tratta di 47 manoscritti, di cui 10 furono copiati nel XIV secolo, 20 nel XV e 17 nel XVI secolo (cfr. Perani, M., Vestigia della cultura ebraica a Bologna tra Medioevo e Rinascimento nella testimonianza dei manoscritti, in  Italia  XII (1996), pp. 89-139.

[83]Secondo lo Habermann  (The History of the Hebrew Book ( in ebr.) , p. 84) gli stampatori della prima edizione dei salmi sarebbero stati : Meister Yosef e Neryah, Gayyim Mordekhay e Geheqiyah di Venturo ( o Monturo)

[sic]. Secondo l'Amram (The Makers of Hebrew Books in Italy, p. 48, nota [non numerata]) questa indicazione, desunta dal colophon del testo, non è univoca e, pertanto, gli stampatori della prima edizione,oltre a Meister Yosef, sarebbero da identificarsi presumibilmente con Meister Yosef Gayyim di Strassburg, Geheqiyah di Ventura e un altro di incerta identità, forse Neryah Gayyim Mordekhay. Il Perani (Momenti e testimonianze di vita e cultura ebraica a Bologna, p. 19 e p. 30, n. 12), invece, sostiene che gli stampatori della prima edizione dei Salmi avessero eseguito il lavoro nell'officina di Yosef Mordekhay e fossero il figlio di questi, Gayyim, e il suocero Ezechiele Montro ( menzionato dagli autori citati in modo differente : Geheqiyah di Ventura, Venturo o Monturo), mentre le due edizioni in formato minore (sedicesimo), stampate tra il 1477 e il 1480, furono opera di Yosef Neriyah, Gayyim Mordekhay e Geheqiyah Montro.

[84] Emanuele (Menahem), di Abramo da Modena e soci (Yehiel, di Salomone da Verona, Aryeh, di Salomon  Gayyim di Monselice), che stamparono l'edizione delle preghiere festive nel 1540, avevano ricevuto, nel 1536, la concessione di stampare e vendere la Bibbia con i commenti e il libro di preghiere ebraico, purché‚ non contenessero materiale blasfemo contro il cristianesimo (cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1812). L'anno seguente Emanuele e soci ricevevano il permesso di stampare anche una  grammatica ebraica, mentre era proibito a chiunque altro di stampare opere simili, per dieci anni (cfr. ivi, doc. 1821).

[85] Habermann, A.M., op. cit.,p. 121; Perani, M., Momenti e testimonianze di vita e cultura ebraica a Bologna, p. 20.

[86] Mortara, M., Indice, p. 13.

[87] Zunz, L., Literaturgeschichte der synagogalen Poesie, p. 513.

[88] V. Cassuto, U., E.J.,  s.v. "Bologna".

[89] Per la sua vita e la sua opera, cfr. Perani, M., Poiché da Bologna uscira la Torah, pp. 132-135.

[90]Cfr. Sonne, I., op. cit., p. 49 e  seg.

[91] Per la figura del de’Rossi, si veda alla voce "Ferrara" della presente opera.

[92] Per ulteriori dettagli sullo Sforno, cfr. Colorni, V., Spigolature su Obadia Sforno : la sua laurea a Ferrara e la quasi ignota edizione della sua opera  Or amim nella versine latina, in  Judaica Minora, pp. 461-469. Per quanto riguarda ulteriori particolari sull'attività intellettuale dello Sforno, cfr. anche: Campanini, S., Un intellettuale ebreo del Rinascimento: Ovadyah Sforno a Bologna e i suoi rapporti con i cristiani, in  Muzzarelli, M.G., ( a cura di ) Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 99-128.

[93] Mortara, M., op. cit., p. 61; per ulteriori particolari sui fratelli Sforno, cfr. Campanini, S., op. cit., pp. 99-127.

[94] Il documento di laurea di Angelo di Isac, presso l'Università di Bologna, è stato pubblicato dal Colorni in Sull'ammissibilità degli ebrei alla laurea anteriormente al secolo XIX, Appendice I, Ivi, pp. 486-487 ed è stato ripubblicato dal Perani, M., Momenti e testimonianze di vita e cultura ebraica a Bologna, pp. 22-23. A proposito del conferimento del titolo di dottore in medicina, è attestato che veniva istituita una  commissione, formata dal vescovo e da due o tre dottori per conferire tale titolo a Isaac Calamonis (Salamonis), d'origine calabrese, che, pur avendo studiato nell'ateneo di  B., non poteva far fronte alle notevoli spese per sostenere l'esame all'Università. Conseguito in questo modo il titolo, Isaac avrebbe potuto esercitare l'arte medica, fermo restando il permesso di sostenere un regolare esame universitario, qualora avesse voluto (cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1434. Su magister Isaac, v. ivi, doc.1456, 2056).

[95] Cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1379.

[96] Kaufmann, D., Jacob Mantino. Une page de l'histoire de la Renaissance, p. 60.

[97] Sul Mantino, cfr. Kaufmann, D., op. cit., pp. 30-60; pp. 207-238; Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 242, p. 625, p. 631; Id., Il ghetto di Roma, p. 60, pp. 68-69; Muenster, L., Fu Jacob Mantino lettore effettivo dello Studio di Bologna ?, pp. 310-321; Roth, C., The Jews in the Renaissance, p. 40, pp. 7-78, p. 80, pp. 148-149, p. 156, p. 161, p. 331.

[98]    Per i particolari della vicenda, cfr. Simonsohn, S., Shelihuto shel David ha-Reuveni be- Italia”, pp. 198-207.

[99]    Cfr. Ruderman, B., A Jewish Apologetic Treatise from Sixteenth Century Bologna, pp. 260-261.

[100] Sui rapporti di Salomone Modena con la comunità  bolognese e sui particolari del suo contenzioso a sfondo fiscale, cfr. Ruderman, B., op. cit., pp. 260-261.

[101] Su Aharon Berakhyah Modena, vedi alla voce “Modena” del presente lavoro.

[102] Cfr. Ruderman, B., op. cit., pp.260-262. Sull'apologia dell'ebraismo contro le accuse di Alessandro, cfr. ivi, pp. 262-268; per la pubblicazione del testo ebraico, cfr. ivi, pp. 269-274.

[103] Su di lui, si veda profilo storico e, per ulteriori particolari, Ruderman, B., op. cit., p. 254 e segg.

[104] Mortara, M., op. cit., p. 9, p. 15, p. 16, p. 48.

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