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Bologna (בולוניאה[1] , ( בולוניה
Capoluogo della regione Emilia, posto sul declivio dei colli appenninici che degradano verso la pianura, è attraversato dal fiume Reno. D'origine etrusca, prese, in epoca romana, il nome di Bononia. Nel sec. IV d.C., iniziò la decadenza della città e dalle invasioni barbariche al sorgere dei Comuni la sua storia è alquanto oscura. Sappiamo che lo Studio o università assunse un assetto stabile nel 1189, con il giuramento prestato dai docenti all'autorità cittadina di non abbandonare la sede d'insegnamento[2]. Intanto il Comune era sorto nel 1114, ma le lunghe lotte tra la parte ghibellina e quella guelfa, ed il prevalere di quest’ultima, ne segnarono la decadenza dopo un periodo di predominio sull'Emilia e sulla Romagna. Passata sotto il papato, nel 1337 cadde sotto il dominio di Taddeo Pepoli, costretto, tuttavia, dal papa al ruolo di vicario. A causa delle lotte intestine e dei dissidi con la Santa Sede, i figli del Pepoli decisero nel 1350 di vendere la città all'arcivescovo di Milano, Giovanni Visconti. Morto costui, B. passò ad un rappresentante visconteo dell'arcivescovo, Giovanni da Oleggio, ma, nel 1360, venne riconquistata al potere papale dal condottiero e legislatore Egidio Albornoz. Nel 1376, B. si sollevò contro la Chiesa, costituendo, per breve tempo, una repubblica indipendente. Dal 1394 al 1398 Giovanni I Bentivoglio e, poi, Carlo Zambeccari cercarono di prendere il potere e dal loro tentativo ebbero origine i Sedici riformatori dello Stato di Libertà. Dopo aver conquistato B., Gian Galeazzo Visconti morì nel 1402 ed i suoi successori riconsegnarono la città al papa. Essa tornò, tuttavia, ad assoggettarsi ai Visconti, dopo le rivolte del 1411 e del 1420. Successivamente, prese il potere Annibale Bentivoglio, seguito da Sante Bentivoglio, sotto il quale la città godette grande prosperità e splendore (il cosiddetto "Rinascimento bolognese"). Stabilendo dei capitoli con il Papa, nel 1447, Sante contribuì a porre all’annosa controversia con la Chiesa, garantendo a B. diritti e prerogative che la rendevano semi-indipendente da Roma. Dal 1467 al 1507, B. fu, poi, sotto il dominio di Giovanni II Bentivoglio, e visse un periodo di particolare rigoglio materiale e culturale. Dopo la caduta del Bentivoglio, ed il tentativo degli eredi di restaurare la signoria nel 1507 e nel 1511, la Chiesa prese il sopravvento definitivamente, provocando un regresso della vita politica e culturale, che perdurò sino alla Rivoluzione francese.
Nonostante una fonte ottocentesca parli dell’esistenza di un insediamento ebraico a B. sin dal XII secolo[3], notizie attendibili su un nucleo residente stabilmente in città sono reperibili solo nel XIV secolo, quando, in concomitanza al dominio visconteo, è attestata la presenza di Gaio Finzi da Roma tra i nuovi estimati dell'anno 1353 nella cappella di S. Agata, nel quartiere bolognese di Porta Procola[4]. Atti notarili risalenti al cinquantennio 1350-1400 documentano più in generale l'esistenza di una comunità ebraica a B.[5], sparsa in varie zone della città, e composta da una quindicina di nuclei familiari : i "da Fabriano", il cui capostipite bolognese è Magister Angelo di Salomone, i "da Macerata", il cui capostipite bolognese è Bonaiuto, i "da Orvieto", con Musetto di Aleuccio, cinque famiglie "da Perugia", i Finzi "da Roma" o "da Ancona", i "da Pesaro", due famiglie "da Rimini" (di cui una è nota anche come "da Cesena") e, infine, i "da Forlì", già "da Recanati"[6].
Nel 1416 ebbe luogo a B. il sinodo rabbinico dei rappresentanti dell'Italia centro-settentrionale, allo scopo di formare una commissione per discutere il testo di una supplica da inviare a Martino V, affinché emettesse una bolla con disposizioni favorevoli agli ebrei[7]. Al sinodo furono nominati membri della commissione della città di B. Salomone di Mosè Finzi, medico, e Salomone Yedidyah di Matattia[8].
Gli israeliti di B. furono sottoposti all'obbligo del segno distintivo dal cardinale Albergati, vescovo della città, nel 1416-17[9] e tale imposizione fu rinnovata nel 1452, su ordine di Nicolò V, dietro minaccia di una multa di 1.000 fiorini d'oro, di cui metà da devolvere alla Camera papale e l'altra metà alla Camera di B.: una grida del 1458, infine, ribadì l'imposizione del segno, aggiungendo alla multa dieci giorni di carcere per i trasgressori[10].
Tra le più antiche famiglie locali vi è quella da Ventura, che gestiva un hospitium per i forestieri già nel 1418-19[11].
A partire dal 1421 gli ebrei bolognesi furono obbligati anche a pagare un tributo annuo alle associazioni studentesche dell'Università[12] e, dal primo quarto del secolo XV all'inizio del XVI, si aggiunsero al nucleo ebraico bolognese anche dieci gruppetti di correligionari di varia provenienza, cui fu concessa la cittadinanza[13]. Nello stesso periodo, i figli del fu Mosè di B., Aleucio, Manuele, Ventura e Bonaiuto, vennero insigniti da Innocenzo VII dello status di familiari, mentre fu ordinato al canonico di S. Pietro in Roma, previo accertamento dei fatti, di intervenire in favore di Salomone del fu Musetto di B., proprietario di una casa sita in un terreno del monastero di S. Stefano, minacciato nei suoi diritti di proprietà dall'abate[14]. Qualche anno più tardi, Martino V intervenne poi con i priori di Fermo in favore del medico Elia di Sabbato di B.[15], ingiustamente arrestato, ed incaricò il proprio legato a B., Luigi Aleman, di occuparsi del contenzioso a sfondo economico tra due ebrei bolognesi e la vedova di un ebreo riminese[16].
Nel 1436 gli invitati alle nozze del figlio di Magister Helia di B., Magister Gulliermus, ricevettero il permesso di viaggiare nelle terre pontificie per tre mesi e l'immunità da ingiurie ed offese di ogni genere e da eventuali procedimenti civili e penali[17]. Nel 1437 gli ebrei di B. e di altre località del contado bolognese furono, inoltre, esentati dalla tassa di 100 ducati per il palio in onore di S. Petronio, in quanto immuni da tutte le contribuzioni all'infuori delle ordinarie[18]: essi, però, al pari dei forestieri e delle meretrici, dovevano pagare un’imposta per avere il permesso di dimorare nella città, che ammontava a 6 quattrini per coloro che vi entravano a piedi e a 12 per quelli che lo facevano a cavallo[19]. Gli israeliti bolognesi, come quelli degli altri territori papali, dovevano poi contribuire al finanziamento del carnevale romano[20] e nel 1456 Callisto III esortò il comune stesso a collaborare all'esazione delle tasse ebraiche[21].
Tre anni più tardi, in seguito a pressioni da parte ebraica, il vicario del vescovo, qui come altrove, ricevette ordine di verificare che i privilegi fossero osservati e, in particolare, che fosse rispettata la bolla di Martino V contro le angherie messe in atto dai predicatori (analoghi provvedimenti a tutela degli ebrei dalle molestie inferte loro dai predicatori dovettero però essere presi nuovamente nel 1511)[22]. Nel 1460 gli Anziani e i Sedici riformatori di B. furono, inoltre, informati della risoluzione, presa alla dieta di Mantova, circa la tassa per far fronte alle spese della guerra contro i Turchi, cui avrebbero dovuto contribuire anche gli ebrei[23].
Nella prima metà degli anni Sessanta del XV secolo un canonico bolognese venne autorizzato a permettere ad un cittadino cristiano di non ottemperare alla clausola del testamento del padre che, frodato da un ebreo, gli vietava di dare in affitto o di vendere a giudei la casa lasciatagli in eredità[24]. D'altro canto, il denaro lasciato dal defunto Abramo Norsa, di Beniamino, convertitosi al cristianesimo con il nome di Bartolomeo, e amministrato dagli eredi che lo avevano investito nella banca Norsa, fu ritenuto compromesso con l'usura e, pertanto, tolto ai Norsa ed impiegato per istituzioni pie, mentre gli ebrei furono costretti a versare 3.000 fiorini alla Camera papale[25].
La predicazione di Bernardino da Feltre e l'accesa campagna contro l'attività feneratizia ebraica promossa dai Frati Minori Osservanti, portarono anche qui alla fondazione del Monte di Pietà, presto caduto in disuso e, in seguito, riaperto nel 1505 con riconferma papale nel 1506[26].
Nel primo decennio del Cinquecento, il legato pontificio a B. e nella Romagna riceveva ordine di saldare i debiti contratti dal precedente governatore con tre cittadini cristiani e con gli ebrei locali che sponte et libere pecunias mutuarunt[27], vendendo i beni dei Bentivoglio: i proventi di tale vendita avrebbero dovuto anche coprire le spese di fortificazione della città.
Nel 1511 Giulio II ordinò al camerlengo, il cardinale Raffaele Riario, vescovo di Ostia, di prendere provvedimenti per proteggere gli ebrei di B. e della Romagna dagli attacchi dei predicatori.
Nel 1515 Giulio Medici (il futuro Clemente VII), legato pontificio a B., venne nominato legato ad latere di una serie di regioni, e ricevette così l'autorità sopra gli ebrei, dopo che l'esarcato di Ravenna e la Romagna furono aggregati alla legazione bolognese[28].
Nel 1518 a Vitale, Daniel, Salamon e Habraham, figli del fu Isach Da Pisa e residenti a B., furono confermati motu proprio i privilegi di cui godevano già in passato, inclusa l'esenzione dalle tasse e dal segno, in virtù dei servigi resi al papa e alla Casa de' Medici: gli stessi privilegi vennero poi loro riconfermati nel 1524, includendovi il diritto di avere una sinagoga. Anche ad Angelo da Fano, cognato di Daniel, furono fatte le stesse concessioni e, poco dopo, a tutti loro venne riservata anche l'esenzione dalla vigesima, imposta da Adriano VI. Sei anni dopo Clemente VII decretò che Salamon Isach e familiari fossero soggetti solo alla giurisdizione del legato e del suo sostituto, del pretore, governatore e podestà di B. A Salamon e Habraham Da Pisa e ad Angelo da Fano Clemente VII, nel 1530, riconfermò poi motu proprio i privilegi elargiti a suo tempo da Leone X . L'anno successivo Angelo Da Fano e Habraham Isach Da Pisa vennero dichiarati soggetti alla sola giurisdizione del legato di B., o del vicelegato, per ogni causa, civile e penale[29]. Più in generale la presenza dei banchieri toscani a B. già prima della cacciata dei Medici da Firenze (1527) fa cadere l'ipotesi che essi avessero cercato rifugio nella città solo in seguito al rovescio di fortuna della Casa medicea[30].
Alla morte di Daniel Da Pisa sorse un contenzioso sulla sua eredità e venne stabilito che si scegliessero degli arbitri per comporre la vertenza: furono nominati tutori dei figli minori di Daniel il Bolognese Hemanuel Abraham Finzi, cugino del padre, ed il vescovo di Worcester, controllore generale della Camera papale[31].
Nel primo ventennio del XVI secolo, inoltre, scoppiò una delle controversie più note nella storia degli ebrei d'Italia, quella tra Emanuele Norzi (Norsa) di Ferrara, famoso per la sua grande ricchezza, e Avraham Refael Finzi di B., suo socio nella gestione di un banco feneratizio. Sorto per motivi di interesse, il conflitto vide schierarsi in campo dalle due parti le personalità ebraiche più prestigiose, protraendosi a lungo, anche perché sia il Norzi che il Finzi volevano sottomettersi esclusivamente al tribunale della propria città[32].
All'incirca nello stesso periodo, risulta che accuse di frode e di cattiva condotta furono mosse dai Quaranta di B. nei confronti degli israeliti ed il vicelegato papale ricevette l'incarico di indagare in merito.
Sempre in questo lasso di tempo, un ebreo esule dalla Spagna dopo la cacciata del 1492, Abraam (Avraham) Kohen, del fu Moyse, sacerdoti et Hebraice legis doctori, residente a B., ottenne un permesso decennale per viaggiare attraverso le terre papali, senza pagare dazio per i propri libri (in ebraico e in latino), l'esenzione dal segno e l’autorizzazione a fenerare, secondo le concessioni fatte ai banchieri di B., cui fu aggiunta l'immunità da qualsivoglia "scomunica" ebraica a causa dell'attività feneratizia[33]. Il figlio, l'omonimo Magister Habraham Sacerdoti (Kohen), ricevette nel 1533 il permesso di curare pazienti cristiani e di avere servitù cristiana, godendo della libertà di culto e dell'esenzione dall'obbligo di partecipare alle prediche cristiane o alle dispute teologiche, essendo, inoltre, sottoposto solo all'autorità giudiziaria del governatore di B.
Tornando agli anni Venti del XVI secolo, è da ricordare che Leo e Iacobus di Ventura Caravita, ricevettero il nullaosta per avere degli oratori privati nelle loro case di B. e di Cento e per servirsi di balie cristiane, sia pure non a domicilio[34].
Nel gruppo di giudei cui veniva concesso di fenerare nel 1522, compariva anche un antenato di Leone da Modena, Angelo Mordechai: la licenza gli venne rinnovata nel 1530, ma egli morì nello stesso anno[35].
Il vescovo di B. dovette in quegli anni affrontare l'intricato caso di una ebrea di Casale Monferrato, Camilla, moglie di Vitale Leonis spagnolo, sedotta, convertita e forse messa incinta da Leander, profumiere cristiano di Casale. Altre conversioni vengono poi attestate dai documenti del periodo: Giovanni Battista de Canonicis, ebreo bolognese convertito, ad esempio, ricevette nel 1538 il permesso di predicare agli ex-correligionari nei territori della Chiesa e, poco dopo, fu offerta l'indulgenza a chiunque aiutasse con elemosine Annibal Benedictus, i suoi due figli ed il fratello Iohannes Benedictus, convertitisi al cristianesimo.
Nel primo quarantennio del XVI secolo il governatore fu sollecitato a muoversi contro Moyses da Rieti, che violava la Legge ebraica, volendo sposare una seconda moglie senza aver divorziato dalla prima e nonostante avesse avuto figli da quest’ultima.
Nel 1540 vennero confermati i privilegi della comunità di B. e distretto, dopo che i suoi membri ebbero acconsentito a pagare la vigesima, ammontante a 2.700 scudi: eletti esattori furono Iacob Sforno, Abramo da Pisa e Angelo da Rieti[36].
Negli anni Quaranta e Cinquanta una serie di giudei fu esaminata da gli organi competenti dell'Ateneo bolognese, per ricevere il titolo di medico, con conseguente concessione di esercitare la professione[37].
Una tassa per le spese turche fu imposta anche nel 1542[38], mentre l'anno seguente ed il successivo, previa promessa degli ebrei di pagare la vigesima, vennero loro confermati i privilegi[39].
Una ricca documentazione tratta dell'imposizione della decima e della vigesima agli israeliti di B., dal 1470 sino al 1553, dell’esazione delle quali erano incaricati sia funzionari papali che ebrei eletti dalla locale comunità. Alla promessa del pagamento della vigesima seguiva, generalmente, la riconferma dei privilegi ed il pagamento di due vigesime portò, nel 1543, all'esenzione dalle tasse per due anni, comprese quelle cui era sottoposta la popolazione cristiana. Tre anni dopo venne, però, imposta motu proprio una tassa di 20.000 ducati a tutti gli ebrei dei territori papali, della cui esazione era incaricato il cardinale camerlengo Guido Ascanio Sforza, mentre, in particolare, ai giudei di B. e del circondario venne richiesta una contribuzione speciale per finanziare la guerra in Germania, della cui riscossione si sarebbe occupato il convertito Alessandro Franceschi da Foligno[40]. Nel 1550 furono poi inventariati i beni degli ebrei della Romagna per assicurare un'equa tassazione e due anni dopo la Santa Sede dette ordine di appurare l'effettivo stato patrimoniale degli israeliti di B., accusati di fenerare ad onta del divieto papale, e di prendere provvedimenti contro gli evasori fiscali[41].
Poco prima della metà del XVI secolo, resta testimonianza di un duello tra ebrei, in cui Sentus Sforno di B. fu ferito da Gabriele di Samuele di Turano a Montefiascone[42].
Qualche anno più tardi, la Santa Sede si mosse per prevenire una tassazione iniqua nei confronti di Florius e Jacob di B., esentandoli anche dal dazio sui gioielli personali.
Il Monte di Pietà era stato, intanto, messo in funzione nuovamente nel 1532 e nel 1548 fu assegnato ai suoi funzionari l'ufficio del Massarolo (o addetto alla vendita degli oggetti pignorati dagli esecutori fiscali), prima gestito da due ebrei, Simone e Raffaele da Camerino[43].
In occasione del Giubileo (1550) una delegazione ebraica si mosse espressamente da B. per rendere omaggio al nuovo Papa, Giulio III, ricevendo una buona accoglienza da parte della curia romana[44].
Nella seconda metà del secolo XVI avvenne però un cambiamento della politica papale nei confronti degli israeliti, che dette luogo al rogo del Talmud e dei libri ebraici nel 1553.
Nel 1556 fu decretata l’introduzione del ghetto da Paolo IV e, nel 1568, Pio V istituì la Casa dei Catecumeni a B.[45]: l'anno prima, intanto, le autorità bolognesi avevano emesso una sentenza contro i banchieri che comportava, tra l'altro, la restituzione delle usure, la privazione delle concessioni e la revisione dei libri contabili[46]. Nel 1568 vi furono svariate iniziative anti-ebraiche nella città e nei dintorni e molti furono gli ebrei arrestati e torturati, nonché costretti a pene pecuniarie. La situazione fu resa particolarmente difficile dalla persecuzione scatenata dal neo- convertito Alessandro[47] e culminò nel processo promosso da costui contro il rabbino bolognese Yishmael Haninah da Valmontone, chiamato a rispondere delle accuse, secondo cui la tradizione rabbinica sarebbe stata blasfema nei confronti del cristianesimo e dei cristiani. Nonostante le torture cui fu sottoposto, il rabbino si rifiutò di ammettere che la definizione ebraica di idolatria comprendesse l’adesione alla fede cristiana e, pertanto, fu scarcerato, e testimoniò che, invece, altri ebrei imprigionati a B. erano stati costretti a rendere una confessione forzata[48].
L'anno seguente, il papa decretò l'espulsione degli ebrei da tutte le terre pontificie: l'impatto di questo provvedimento fu particolarmente duro a B., in quanto il papa, per impedire che i giudei trasferissero i propri beni in città meno ostili, come Ferrara o Mantova, ordinò una valutazione a scopo tributario delle loro finanze, imponendo una tassa addizionale di 40.000 scudi alla comunità e la confisca di tutte le proprietà ritenute illegali.
Inoltre, svariati ebrei di condizione economica elevata furono sottoposti a interrogatori da parte degli inquisitori inviati dal Papa, venendo, in gran parte, incarcerati e sottoposti a violenze fisiche[49]. Tuttavia, gli israeliti vennero riammessi a B. nel 1586, per essere definitivamente cacciati solo da Clemente VIII nel 1593.
Furono presumibilmente quattro i banchieri che tornarono allora ad operare in città: da una disposizione cittadina contro l'ingerenza ebraica nelle attività connesse con la seta, si deduce, però, che vi erano comunque altri giudei oltre a questi banchieri ed al loro entourage[50]. È documentata, infatti, la presenza di più di una quarantina di ebrei a B. tra il 1587 e il 1598 e nel 1621, in considerazione della disposizione del papa Clemente VIII (datata 2 Luglio 1593), coloro che si trovavano a B. e nel suo distretto furono dispensati dall'obbligo del segno distintivo, in ragione della brevità del soggiorno loro concesso nella città e nei dintorni e dato che vigeva, comunque, il divieto di risiedervi[51].
Dopo un’assenza di oltre due secoli, i giudei tornarono, infine, a stabilirsi a B. dopo la conquista delle truppe francesi[52].
Vita comunitaria
Per quanto riguarda l'autogoverno della comunità, a B. venne emesso, nel 1511, un ordinamento che stabiliva che essa doveva considerarsi vincolata ad accettare esclusivamente il verdetto del tribunale rabbinico cittadino, mentre quest’ultimo era, invece, libero di inviare decreti ovunque lo ritenesse opportuno. Lo status privilegiato rispetto ad interferenze esterne, espresso dall'ordinamento di B., sarebbe stato preso a modello, quarant’anni più tardi, dall'Assemblea generale delle comunità italiane riunitosi a Ferrara, entrando a far parte degli ordinamenti comunemente adottati dai gruppi italiani[53]. A B. fu emesso anche nel 1537 un regolamento teso a prevenire l'intrusione nelle questioni giuridiche di istanze estranee alla comunità locale[54].
Nel 1546 fu costituita la Hevrat ha- nizharim o "Confraternita dei solerti"[55], i cui membri si riproponevano, tramite l’auto-tassazione, di assistere i malati e gli indigenti, di procurare le somme per il riscatto dei prigionieri, di fornire le ragazze povere di dote per maritarsi e di promuovere lo studio della Torah. Negli statuti era stabilito che all'inizio di ogni mese dovessero entrare in carica due amministratori e due ufficiali, eletti deponendo dei bossoli o ballotte in due scatole, a seconda della carica in questione: sugli eletti mensilmente vigilavano quattro "Pastori" eletti a vita, il voto era segreto e l'astensione proibita.
Tra i vari articoli, vi era quello secondo cui era fatta proibizione di citare sia i confratelli che gli altri correligionari davanti ai tribunali non ebraici: in caso di contenzioso con un bolognese cristiano che non volesse presentarsi di fronte al tribunale della confraternita, la decisione sul da farsi sarebbe spettata agli amministratori della stessa. Anche le donne potevano farne parte e, oltre a contribuire alle spese sostenute a scopi caritatevoli, erano tenute ad osservare con particolare zelo i precetti riservati al mondo femminile (osservanza del sabato, offerta della pasta e bagno rituale). La confraternita fu attiva tra il 1546 e il 1569[56].
Demografia
Dalle 23 liste rimasteci delle famiglie ebraiche residenti a B., compilate tra il 1387 e il 1395, per il pagamento della tassa del sal delle bocche, risulta la presenza di 95 persone, cui va aggiunto l'eventuale numero dei minori di quattro anni, che non venivano annoverati nel computo[57].
Aggiungendo i dati provenienti dagli elenchi dei residenti dei vari quartieri, si giunge a calcolare che la presenza ebraica a B. si aggirava intorno alle 180-200 unità. Un secolo dopo, sulla base degli elenchi dei residenti nei diversi quartieri, si arriva al numero di 648 individui (approssimato per difetto)[58]. Sembra accertato, comunque, che gli ebrei residenti in città, prima della cacciata del 1569, fossero più di 800, mentre erano 900 al tempo della definitiva espulsione del 1593[59].
Attività economiche
L'attività principale degli ebrei bolognesi sembra essere stata il prestito, documentato in modo costante a partire dal 1388 e sporadico già dal 1364, anno in cui Consiglio di Salomone di Orvieto dette in gestione un banco a Mele di Daniele da Recanati. Dal libro delle entrate del Comune del 1388, risulta che su 17 prestatori 11 fossero ebrei e che 9 banchi ebraici fossero situati in città e 2 nel contado[60]. Nel 1392 sembra che vi fossero, invece, 13 feneratori, di cui 9 ebrei. Nel 1401 furono riconfermati solo i banchi di tre dei prestatori menzionati precedentemente, che, nel 1406, tuttavia, non figuravano più[61].
Nel 1418 il tasso d'interesse autorizzato a B. e nel contado era di 6 denari per lira sino a 40 soldi (30%) , mentre oltre i 40 soldi era di 4 denari per lira (20%): i feneratori avrebbero, invece, potuto patteggiare liberamente l'interesse con i forestieri[62].
Più tardi e, in misura secondaria, troviamo attestazioni riguardanti il commercio dei panni usati, dei metalli preziosi, dei gioielli e dei libri giuridici et aliarum quarumcumque mercantiarum, secondo la formula contrattuale ricorrente in diversi patti di società stretti tra ebrei residenti a B. negli ultimi decenni del XIV secolo. Negli anni Settanta del ‘300, aveva una bottega di strazzeria nella zona di S. Gervasio (con un merce per più di 6.000 ducati d'oro) Vitale di Bonaiuto da Macerata e dal primo trentennio del secolo sino alla metà di esso, troviamo svariate concessioni per commerciare in strazzaria, seta ed altre merci affini[63].
Un'attività singolare viene poi segnalata nel 1452 : la riparazione della campana grossa del Comune affidata a tale Salomone[64].
Quanto al prestito, nel XVI secolo esso risulta attestato da svariate concessioni[65], mentre quello non autorizzato fu penalizzato nel 1529[66]: l'interesse massimo era allora del 30% annuo[67].
Nel 1536 i quaranta riformatori di B. avallarono la disposizione, presa dai mercanti di seta e approvata dal governatore, di proibire agli ebrei di accettare in pegno articoli in seta, senza il permesso dei massari della gilda dei mercanti.
Nello stesso anno, in virtù dell' avvenuto pagamento della vigesima, Paolo III concesse l’assoluzione agli ebrei locali da una serie di reati, tra cui il tenere i libri contabili in ebraico, la vendita per proprio conto dei pegni non riscattati ed il computo dell'interesse ad un mese anche quando il prestito fosse stato fatto per meno tempo[68].
Nel 1544 venne decretato che non più di dieci gestori di banco avrebbero potuto essere attivi a B.[69] e, dopo la riammissione del 1586, i banchieri ottennero di fenerare al 12% e non al 10%, come si era pensato in un primo momento. Nel 1590 i banchieri Mosè e Calma da Sanguané (De Sanguine) si offrirono di prestare al 15%, nonostante, secondo il breve di Sisto V del 1589, potessero esigere il 18%[70].
Gli ebrei di B. furono anche attivi nell'esercizio della medicina[71].
Cimitero
Del cimitero che gli ebrei avevano a B. nell'antica via Monastero di S. Pietro Martire ( ora via Orfeo ), presso l'omonimo convento di monache, ci resta testimonianza: con un Breve del 1541, infatti, Paolo III assegnava alle monache di S. Pietro Martire un terreno detto il “cimitero degli Ebrei”, dando disposizioni perché fosse concesso agli israeliti un altro terreno per seppellirvi i morti[72]. Nel 1566 poi Pio V dava con un Breve la propria approvazione al progetto, di tale Luca Andrini, di prendere possesso del luogo di sepoltura ebraico o "Orto dei Giudei", sito in 'via Barachani'. Tre anni più tardi, Pio V donava, tuttavia, nuovamente alle monache di S. Pietro il cimitero ebraico, accordando loro anche il diritto di edificare sul terreno in questione, senza curarsi di eventuali segni attestanti le sepolture o altro. Da un memoriale custodito nell'Archivio vescovile di B. risulta che gli ebrei ricomprarono dalle monache il terreno per 500 scudi d'oro. Quando furono cacciati definitivamente, nel 1593, essi disseppellirono le ossa dei propri morti, per portarle nel cimitero di Pieve di Cento[73].
Ghetto
Una fonte della fine del XVI secolo riporta che venivano chiamate Inferno quelle contrade che cominciano sul trivio di Porta e dietro l'Hospitale di S. Job. dette così per esser confuse e oscure, che rare volte i raggi di Febo quelle penetrano. Questa già fu data per stancia a li Ebrei, acciò vivi e morti stessero nell'Inferno[74].
Nel 1556, in seguito all'istituzione dei ghetti decretata dalla Bolla di Paolo IV, B. fu la seconda città degli Stati Pontifici a prendere provvedimenti per la realizzazione, incaricando l'arcivescovo locale di occuparsi della costruzione di "muraglie" e dell'installazione dei tre portoni che avrebbero chiuso il quartiere, durante la notte[75]. La zona del ghetto comprendeva le seguenti strade: via dei Giudei, via Canonica (già via Canonica di S. Donato), via dell'Inferno, vicolo di S. Giobbe, vicolo Mandria (anticamente via del Ghetto), via del Carro, via Valdonica. Quando, dopo la cacciata, gli ebrei rientrarono per un breve periodo a B., Sisto V dispose che fossero loro assicurate case et luoghi commodi: tuttavia, si presume che essi tornassero ad abitare il loro antico quartiere, attorno alla sinagoga[76].
Sinagoghe
Una fonte ottocentesca affermava l'esistenza di una sinagoga a B., sin dal 1394, che sarebbe stata edificata dai fratelli Mosè ed Elia Naarim, ma studi relativamente recenti sembrano privare di fondamento la notizia.[77]
Un'altra voce ottocentesca segnala l'esistenza di una sinagoga, esistente nel 1410, nella zona di S. Giovanni in Monte, Piazza S. Stefano[78].
Da un documento reperito presso la Biblioteca Vaticana risulta che, nel 1569, vi sarebbero state undici sinagoghe a B., sottoposte al pagamento del tributo alla Casa dei Catecumeni: tuttavia, l'indicazione è controversa, dato che la Bolla emessa da Paolo IV nel 1556 ordinava che continuassero a pagare il tributo anche le sinagoghe fuori uso, mentre una sola avrebbe potuto essere in funzione, dopo l'istituzione del ghetto. D'altro canto, un documento del 1568, confermando che gli ebrei bolognesi pagavano il tributo anche per le sinagoghe non più in funzione, affermava che il pagamento avveniva in ragione di cinque sinagoghe, di cui una sola in funzione, che risultava essere ubicata in via dell'Inferno. Studi del XIX secolo, però, sostenevano che, fino alla cacciata del 1568, vi fossero state altre due sinagoghe, ubicate in via S. Vitale (sebbene non sia chiaro se l'indicazione non riguardi semplicemente sinagoghe non più in funzione)[79].
Vita culturale e personaggi di rilievo
Agli inizi del XV secolo possedeva una biblioteca di 34 manoscritti Yaaqov ben Benyamin da B. [80], mentre un'altra, più ricca (226 manoscritti) e maggiormente nota, era quella della famiglia Finzi, in seguito trasferitasi a Mantova[81]. A B., inoltre, era attestata anche una notevole produzione di manoscritti ebraici copiati in loco, dal XIV al XVI secolo[82].
La città ospitò anche una tipografia ebraica di una certa importanza, che stampò come prima opera, nel 1477, il libro dei Salmi (Sefer tehillim), con il commento di David Qimhi (o, secondo l'acronimo, Radaq). Questa - che è la prima edizione a stampa dei Salmi - fu prodotta in 300 copie e, all'incirca nello stesso periodo, ne vennero stampate anche due edizioni ridotte[83].
Cinque anni più tardi, il dotto e facoltoso Yosef di Avraham Caravita allestì a proprie spese una stamperia a casa, affidandone la direzione ad Avraham di Gayyim dei Tintori di Pesaro, esperto compositore giunto all'incirca nel 1478 a B., dopo essere stato attivo nell'arte della stampa a Ferrara. A quest'ultimo si deve la prima edizione del Pentateuco, con a lato la parafrasi aramaica del Targum di Onkelos e il commento di Shelomoh ben Yitzhaq (o,secondo l'acronimo, Rashi), apparsa nel 1482 e di cui furono tirati diversi esemplari in pergamena; nello stesso anno, uscirono per opera sua anche le cinque megillot (cioè i libri di Ester, di Rut, le Lamentazioni, l’Ecclesiastico ed il Cantico dei Cantici) con alcuni commenti rabbinici. Dopo il trasferimento di Avraham dei Tintori a Soncino, l'attività ebraica bolognese si arrestò per un cinquantennio, riprendendo nel 1537 con la tipografia gestita da una società di setaioli, di cui facevano parte anche alcuni dotti, tra cui Ovadyah di Yaaqov Sforno, che stampò una decina di edizioni tra il 1537 e il 1541 ( l' Or ammim dello Sforno, nel 1537 e, sempre nello stesso anno, le Preghiere quotidiane secondo il rito italiano, Pisqe halakhot di Mosheh di Benyamin Recanati, nel 1538, il Sefer Hasidim, il Commento di Yosef ben David ibn Yahya alle cinque megillot, ai Salmi, Proverbi, Giobbe, Daniele, Esra e Cronache, Preghiere quotidiane in giudeo-italiano, tutte stampate nello stesso anno, ed un'edizione delle preghiere festive secondo il rito italiano o Mahzor, curata da Refael Talmi per conto dei soci nel 1540)[84]. L'attività della tipografia bolognese cessò nel 1541[85].
Nei secoli XIV e XV vissero a B. Shelomoh di Hasday[86], Matatyah di Yitzhaq da Lucignano, probabilmente autore del Yesod Hokhmah [87] e David di Yoav da Tivoli[88].
Nel XV secolo, inoltre, visse qui e a Mantova Mordekhay (Angelo) Finzi di Abramo, scienziato, fisico e banchiere.
Noto per i suoi studi di matematica e di astronomia, tradusse in ebraico, tra l'altro, tre importanti opere del matematico arabo Abu Kamil (850-930) e scrisse, inoltre, sui nuovi strumenti astronomici e si occupò di mnemotecnica e di grammatica.
Nel XVI secolo va segnalata la presenza a B. di alcuni famosi rabbini, tra cui il noto copista e autore omiletico Avraham di Meshullam da Sant'Angelo o da Modena[89] e Salomone di Elyaqim Finzi, originario di Rovigo, che fu in città nel 1552, anno in cui compose l'opera Mafteah ha-Talmud, stampata più di una volta, anche in traduzione latina nella Clavis Talmudica Maxima (Hanau, 1714, 1740) e il dotto rabbino Av Bet-Din (presidente del tribunale rabbinico) Avraham ha-Kohen che partecipò alla stampa di testi ebraici negli anni 1537-1541 [90]. Vi furono poi Azaryah de' Rossi [91] ed il già menzionato Ovadyah Sforno,che si trasferì nella città dopo aver conseguito a Ferrara la laurea in medicina nel 1501. Oltre che medico, lo Sforno fu filosofo, commentatore della Bibbia e filologo: a B. egli istituì e diresse una scuola di studi talmudici e, dopo aver pubblicato l'opera filosofico- apologetica Or ammim, menzionata poc'anzi, ne fece una traduzione latina, pubblicata con il titolo Lumen gentium nel 1548, ad opera del tipografo Anselmo Giaccarelli[92]. Il fratello dello Sforno, Hananel, scrisse, tra l'altro, la prefazione al commento al Pentateuco di Ovadyah[93].
Visse a B., nel 1563, il poeta e grammatico Samuele Archivolti, maestro di Leone Modena, autore della grammatica ebraica Arugat ha-bosem (pubblicata a Venezia, nel 1602, e ad Amsterdam, nel 1730), di numerosi piyyutim e di Hearot le-sefer he-arukh, in cui riporta le referenze midrashiche o talmudiche contenute nell'opera Arukh di Natan ben Yehiel di Roma (stampato, per la prima volta, a Venezia nel 1553).
Risalgono al 1528 due episodi significativi riguardo alla partecipazione ebraica agli studi di medicina: uno fu la laurea conseguita da Angelo di Isac [94] e l'altro l'incarico di insegnare presso l'Università bolognese conferito a Yaaqov di Shemuel Mantino[95]. Di probabile origine spagnola, questi visse, tuttavia, per la maggior parte della sua vita in Italia e, dopo aver conseguito a Padova la laurea in medicina nel 1521, esercitò la professione a B., oltre che a Verona e a Venezia. Famoso traduttore delle opere di Averroè e di Avicenna dall'ebraico in latino, si guadagnò il favore di Clemente VII, grazie all'atteggiamento filo-papale tenuto in occasione della disputa sull'annullamento delle nozze tra Enrico VIII d'Inghilterra e Caterina d'Aragona. Dopo aver insegnato medicina a B., così, egli si trasferì a Roma divenendo, nel 1534, medico personale di Paolo III e dal 1539 al 1541 fu docente di medicina alla Sapienza. Durante il suo soggiorno romano, Mantino si oppose alle pretese messianiche di Shelomoh Molcho, che aveva già conosciuto a Venezia, e lo presentò come pericoloso impostore e "figlio apostata della Chiesa"[96]. Mantino, poi, recatosi ancora una volta a Venezia nel 1544, si trasferì in seguito, come medico personale dell'ambasciatore della Serenissima, a Damasco, morendovi nel 1549[97]. Un personaggio di rilievo che troviamo a B. in occasione dell'incoronazione di Carlo V, nel febbraio del 1530, era David Reuveni, il famoso avventuriero dalle ambizioni messianiche, che si recò nella città allo scopo di approfittare della presenza del Papa e dell'Imperatore per svelare i suoi veri (o presunti) piani circa la conquista della Terra Santa. Francesco Gonzaga, ambasciatore del marchese di Mantova, riuscì, invece, non è dato sapere come, a far fallire i progetti che avevano spinto il Reuveni a B. e, in tal modo, a comprometterne fatalmente il destino[98].
Il celebrato rabbino e studioso Salomone Modena (1522 o 1524-1580), zio di Leone Modena, in corrispondenza con il fratello Isacco (il padre di Leone), feneratore a B. [99] e
con Abramo del Bene di B., si recò in città per un periodo. Da un responso del famoso rabbino mantovano Mose Provenzali, risulta che egli aveva un contenzioso con la comunità ebraica locale per delle tasse che non avrebbe pagato[100]. Nello stesso lasso di tempo della contesa, Salomone, che avrebbe lasciato B. prima dell'espulsione del 1569, compose un’eloquente difesa dell'ebraismo contro le accuse dell'apostata Alessandro. Quest’opera apologetica fu, in seguito, ritrovata e data dal nipote, Aharon Berakhyah Modena, [101] a Rav Avraham di Hananyah Yaghel che la incluse in una sua vasta antologia di responsi, lettere e materiale vario[102].
Va segnalata, inoltre, nel XVI secolo la presenza di altri personaggi di rilievo, come: Eliyahu da Nola, medico ed esegeta biblico, Avraham di Yitzhaq da Pisa, rabbino e poeta liturgico, oltre che banchiere e Yaaqov ben Eliyah da Fano, studioso e poeta che, tra l'altro, scrisse un componimento in onore dei martiri marrani di Ancona del 1555 che venne bruciato per ordine papale.
Yitzhaq Yehoshua Lattes, figlio del rabbino, astronomo e fisico Bonnet Lattes, dall'originaria Provenza si trasferì in Italia dove fu rabbino itinerante, soggiornando, tra l'altro, a B. Medico di papa Leone X, scrisse anche poesie e svariati responsa, in parte pubblicati, ed un commento (inedito) all'opera Behinat Olam di Yehudah Bedersi. Fu coinvolto nel divorzio Tamari-Venturozzo e, a Mantova, partecipò alla stampa dello Zohar (1558-1560).
Fu per un periodo a B. anche il rabbino Yishmael Haninah da Valmontone, che, tra l'altro, fu maestro di Menahem Azaryah da Fano, a Ferrara[103].
Nel XVI secolo si trasferì poi in città una parte della famiglia Da Rieti, tra cui Assael Refael, padre del rabbino e autore liturgico Hananyah Elyuaqim, e Yaaqov ben Eliyah Da Fano, dotto e poeta. Inoltre, vanno menzionati anche Yitzhaq Calabrese e Eliyahu Cologna, autori di responsa rabbinici, Israel di Yehiel ha-Kohen, Yitzhaq di Gayyim ha-Kohen, Mosheh di Avraham ha-Kohen e Yaaqov Refael di Yehiel Gayyim Peglione, autori di opere manoscritte[104].
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[1] Traslitterazione usata da Yosef Ha-Kohen, Emeq ha-bakha, ediz. De Letteris, Vienna 1851, p. 131.
[2] Cfr. Fasoli, G., Per la storia dell'Università di Bologna nel Medioevo, p. 132.
[3] La fonte in questione è l'articolo di Ravà, V., Gli ebrei a Bologna. Cenni storici, in L'educatore israelita, XX (1872), pp. 237-242, 295-301, 330-336, XXI (1873), pp. 73-79, 140-144, 174-176; XXII ( 1874), pp. 19-21, (pubblicato anche, nel 1872, a Vercelli, in estratto a parte ), di cui Antonio Ivan Pini ha messo in luce l'inattendibilità delle fonti - cronache locali insufficientemente documentate - rilevando che, tuttavia, in mancanza di fonti ulteriori, è stato seguito, sia pure con riserve, da quanti in passato si erano occupati della storia degli ebrei a B. (cfr. Pini, A. I., Famiglie, insediamenti e banchi ebraici a Bologna e nel Bolognese nella seconda meta del Trecento, p. 786 e p. 806, note 15 e 16).
Secondo l'articolo summenzionato del Ravà, già nel IV secolo d. C. vi sarebbe stato un cimitero ebraico a B., dove sarebbero state gettate, in segno di spregio, le spoglie di due martiri cristiani, recuperate in seguito da S. Ambrogio che avrebbe attestato in una sua opera sia l'esistenza del cimitero che la presenza ebraica nella città (cfr. Ravà, V., op. cit., p. 228). Sempre secondo questa fonte, gli ebrei sarebbero stati scacciati da B. nel 1171 per "eccesso d'usura": tuttavia, una comunità ebraica si sarebbe presto ricostituita e nel 1308 avrebbe donato un Pentateuco su pergamena, risalente al tempo di Esra, al domenicano Aymerich. Nel 1366 il cardinale Albornoz avrebbe istituito un ghetto, mentre nel 1394 sarebbero venuti a B. due fratelli romani, Mosè ed Elia della famiglia Ne'arim, che avrebbero comprato una casa per farne una sinagoga e del terreno da destinare ad uso cimiteriale. La scarsa attendibilità della notizia relativa ad una presenza ebraica a B. sin dal secolo XII era stata rilevata anche dal Colorni, V., Gli ebrei nei territori italiani a nord di Roma dal 568 agli inizi del secolo XIII,in Judaica Minora, pp. 67-121, p. 96.
[4] Archivio di Stato di Bologna, Comune, Estimi serie 1, n. 4; Registro dei ruoli d’estimo aggiunti negli anni dal 1330 al 1388; Estimi, serie II, b. 260, citato in Pini, A. I., op. cit., p. 785, n. 10 e p. 805.
[5] Ivi, p. 788.
[6] Cfr. ivi, pp. 799-801, per i particolari circa i componenti dei vari gruppi familiari. Per ulteriore materiale sui banchi e sui loro gestori alla fine del XIV cfr. Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, in Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, p. 97 e segg. Sulla dislocazione dei banchi bolognesi all'inizio del sec. XV, cfr. ivi, p. 99.
[7] Cfr. Finkelstein, L., Jewish Self-Government in the Middle Ages, p. 86; pp. 288-295; Pini, A.I., op. cit, p. 787. L'iniziativa dei rabbini ebbe successo e Martino V emise, nel 1419, una nuova versione della Sicut Judeis, da cui venivano esclusi, tuttavia, gli ebrei di Ancona e di B., senza esplicitare le ragioni di tale esclusione (cfr. Simonsohn, S.,The Apostolic See and the Jews, History, p. 69, n. 78; doc. 596).
[8] Finkelstein, L., op. cit., p. 289.
[9] Burselli, G., Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie, in RR.II.SS.XXXII, p. 74, citato da Pini, A.I., op. cit, p. 807, n. 19. Muzzarelli, M.G., op. cit., p. 117.
[10] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 804; Ravà, V., op. cit., p. 242.
[11] Cfr. Loevinson, E., Notizie e dati statistici sugli ebrei entrati a Bologna nel secolo XV, p. 158; p. 166. Inoltre, nel 1488, si stabilì a B. Meir, figlio del rabbino Ventura (Magistri Ventura hebreus Mayetus). Sonne, I., Le toldot ha-qehillah, p. 51. Ancora nel 1543, si trovano nei documenti relativi a B. membri della famiglia Ventura, i fratelli Isac e Emanuel, ai quali veniva concesso (insieme al socio Angelo da Camerino) di gestire il banco sito sulla Strada Maggiore (Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 2262).
[12] Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell'età del Rinascimento, Firenze 1918. Il tributo annuo era di 104 lire e mezzo ai Giuristi e 70 lire agli Artisti da spendersi in un banchetto notturno (Ravà, V., op. cit., p. 241). A proposito dell'Università di B. va segnalato che risaliva al 1312 la decisione di introdurvi lo studio della lingua ebraica, allo scopo di facilitare la promozione delle conversioni al cristianesimo (Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 288).
[13] Cfr. Loevinson, E., Notizie e dati statistici sugli ebrei entrati a B. nel secolo XV, pp. 169-173.
[14] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 566, 586.
[15] Sulla figura e sulle vicende di Elia di Sabato, si veda alla voce "Pavia" della presente opera.
[16] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews doc. 634. Sulla conferma, nel 1436, dei privilegi garantiti a Elia di Sabato dal senato romano, anni prima, si veda Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 714. Sul permesso concessogli di recarsi in Terra Santa, si veda il doc. 718; sul salvacondotto per recarsi alla corte e nei domini papali, il doc. 724. Sulla vicenda in cui era coinvolta Stella, la vedova dell'ebreo riminese in questione (Manuele di Genetai), la quale era in lite anche con Flora del fu Deodato, moglie di Mosè di Consilio di Ascoli, si vedano, invece, i doc. 641, 642, 663, 664.
[17] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews , doc. 717.
[18] Ivi doc. 728; Vogelstein, H.- Rieger, P., Rom II, p. 11.
[19] Ravà, V., op. cit., p. 241.
[20] Simonsohn, The Apostolic See, doc. 926, 946. Dell'esazione di questa tassa era responsabile, tuttavia, solo la comunità romana.
[21] Ivi, doc. 835.
[22] Ivi, doc. 858, 1210.
[23] Ivi, doc. 869.
[24] Ivi, doc. 882.
[25] Ivi, doc. 897. Una trentina d'anni più tardi, tuttavia, tale Fra' Gerolamo, dell'ordine dei Serviti di B., investiva denaro presso il feneratore Salomone per guadagnarne l'interesse, senza che l'operazione fosse considerata illecita (ivi, doc. 1115).
[26] Il Ravà, riportando come fonte il Vizzani (Vizzani, P., Storie di Bologna, II, p. 44), ritiene che Bernardino da Feltre avesse predicato a B. nel 1473, ottenendo la fondazione di un Monte. Tuttavia, risulta che Bernardino fosse stato a B. nel 1490 (cfr. Cassuto,U., E.J., s.v. "Bernardino da Feltre"); inoltre, secondo una fonte cinquecentesca, Bernardino, passato per Bologna nel 1493, indicò il Padre Michele (Carcano) da Milano come il promotore del Monte in una serie di città, tra cui B. stessa. Altre fonti attestano che la predicazione del Carcano a B. risale al 1473 e che ad essa fece seguito l'apertura del Monte, nello stesso anno (cfr., Fra Bernardino Bulgarino da Brescia, Sermoni del Beato Bernardino Tomitano da Feltre, I, p. XXXI e p. XXXIII; Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, p. 131, n. 112 e n. 113). In seguito all'incendio doloso appiccato, nel 1503, dal figlio di Giovanni II Bentivoglio alla casa dei banchieri Isacco e Giuseppe da Modena, scomparsero numerosi pegni che vi erano custoditi, con conseguenti gravi perdite da parte dei debitori cristiani e, pertanto, i riformatori cittadini decisero di riaprire il Monte (Ravà, V., op. cit., pp. 295-296; Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1193).
[27] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1203.
[28] Ivi, History, p. 271; Ivi, doc. 1246.
[29] Ivi, doc. 1264,1315, 1328, 1447, 1458, 1510. Nel 1526, Vitale del fu Isach Da Pisa e fratelli, residenti a Firenze e a B., ricevettero una tolleranza decennale per gestire un banco feneratizio a Forlì (cfr. ivi, doc. 1346). A Salomon e Abraham da Pisa e ad Angelo Da Fano vennero rinnovate anche da Paolo III, nel 1534, le concessioni, fatte ad Isach, a suo tempo e successivamente rinnovate (cfr. ivi, doc. 1691).
[30] Tra i banchieri d'origine fiorentina a B., menzionati dal Cassuto, vi erano Abramo Da Pisa e Vitale o Yehiel Da Rieti; faceva parte della famiglia dei prestatori fiorentini forse anche un Mosheh Da Rieti, che viveva a B. verso la meta del Cinquecento. Dopo l'espulsione del 1527, il capo della famiglia Da Rieti, Laudadio (Yismael), si recò a Siena (cfr., Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell'età del Rinascimento, p. 86). Secondo il Sonne, invece, Laudadio e gli altri Da Rieti si sarebbero stabiliti a B., dopo la cacciata da Firenze del 1527, ma il Simonsohn ha dimostrato che tale ipotesi è priva di fondamento, come quella del trasferimento in massa dei banchieri fiorentini a B. (cfr. Sonne, I., Le toldot qehilat Bologna be- thilat ha-meah ha-XVI, p. 40; Simonsohn, S., I banchieri Da Rieti in Toscana, p. 407, n. 8). Si ritrova traccia degli eredi di Ysach Da Rieti, a B. nel 1532 quando ricevevano una concessione decennale per un banco, concesso a Symon di Dattilo, alias Massarolo, sebbene non fossero massaroli.(Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1567).
[31] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc.1529.
[32] Per ulteriori particolari, si consulti la voce "Ferrara" della presente opera. Cfr., inoltre, Sonne, I., op. cit., p. 39; Bonfil, R., Gli ebrei in Italia nell'epoca del Rinascimento, p. 181.
[33] Simonsohn, S. The Apostolic See, doc 1350 e doc. 1272; per la conferma del privilegio, doc. 1448, 1471. Per ulteriori informazioni su Avraham Kohen, vedi più sotto "Vita culturale e personaggi di rilievo".
[34] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 1585, 1588, 1288.
[35] Ivi, doc. 1297, 1462; su Mordekhay, cfr. Yehudah Aryeh mi-Modena, Sefer Hayye' Yehudah, pp. 34-35; sulla famiglia di Leone Modena a B., cfr. anche Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1881 e 1921. Quest'ultimo documento riguarda Isacco ( il padre del Modena) che nel 1539, previo accordo finanziario con la Camera papale, venne assolto dall'accusa di aver fornicato, in giovane età, con una donna cristiana. L'abitudine di commutare in pena pecuniaria condanne molto più gravi (come il carcere a vita o la forca ) comminate per punire il commercio carnale con donne cristiane, meretrici comprese, è attestata sin dal secolo XV (cfr. Muzzarelli, M.G., op. cit., p. 125 e segg).
[36] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, History, p. 272; Ivi, doc. 1593, 1856, 1869, 1852, 1987, 1992, 2118.
[37] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2011, 2054, 2124, 2909, 3204, 3210, 3228. Tra costoro, vi erano anche dei bolognesi :Servadio di Emanuele Finzi, cui veniva concesso di curare anche pazienti cristiani ( doc. 2054) e i fratelli Ottaviano e Salomone di Angelo della Via Nova di B. (doc. 2909).
[38] Ivi, doc. 2169, 2172, 2175, 2205, 2220.
[39] Ivi, doc. 2115, 2228.
[40]Sulla decima e sulla vigesima, dal 1470 al 1553, cfr. ivi, doc.935, 936, 936a,1026, 1027, 047, 1050, 1077,1106, 1108, 1165, 1186, 1387, 1684, 1701, 1725,1726,1735, 1839, 1987, 1992, 2118, 2228, 2229, 2258, 2385, 2386, 2508, 2509, 2723, 2888, 3128, 3137, 3151. Sull'esenzione dal pagamento delle tasse cui erano obbligati i contribuenti cristiani nel 1543, in virtù del pagamento di due vigesime, cfr. i doc. 2293, 2328. Nel 1524 gli ebrei di B. erano stati esentati sia dalla vigesima che da nuove tasse, per un quinquennio (cfr. .ivi, doc. 1320). Sulla tassa di 20.000 ducati imposta nel 1546, e sulla tassa imposta in particolare agli ebrei di B.,cfr. ivi doc. 2621, 2647. Sull'esazione della vigesima e di altre tasse, come quella per la guerra in Germania, da parte del convertito Alessandro Franceschi, cfr. Simonsohn, S., Some Well-known Jewish Converts during the Renaissance, p. 34. Per finanziare le spese per le operazioni contro i Turchi era stata imposta una tassa nel 1542: cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See , doc. 2169, 2172, 2175, 2205, 2220.
[41] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 2926, 3081.
[42] Ivi, doc. 2708. Il feritore risultava esseri riconciliato con la vittima ed aver pagato una multa; inoltre, riceveva salvacondotto papale (cfr. ivi, doc.2709, 2732).
[43] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 3234; Milano, A., J.E .s.v."Bologna"; Ravà, V., op. cit., p. 296.
[44] Simonsohn, S., I banchieri Da Rieti in Toscana, p. 488.
[45] Per i particolari sulla Casa, cfr. Campanini, A., L'identità coatta. La casa dei catecumeni a Bologna, in Muzzarelli, M.G., (a cura di), Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 155-176, pp.158-176.
[46] Muzzarelli, M.G., Ebrei, Bologna e sovrano pontefice: la fine di una relazione tra verifiche, restrizioni e ripensamenti, in Eadem, Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 19-53, p. 42. Per l'elenco particolareggiato dei banchieri in questione, vedi ibidem.
[47] Ruderman aveva indicato come verosimile l'ipotesi che si trattasse del famigerato Hananel da Foligno, convertitosi con il nome di Alessandro Franceschi; Simonsohn, dando l'indicazione dell'anno di morte del Franceschi (1558), mostra l'insostenibilità di tale ipotesi, concludendo, pertanto, che l'Alessandro che perseguitò la comunità bolognese sia stato un omonimo, senza nessun rapporto con il Franceschi o con il figlio di questi, Ottavio-Alessandro (cfr., Ruderman, B., A Jewish Treatise from Sixteenth Century Bologna, p. 256 e segg.; Simonsohn, S., Some Well-known Jewish Converts during the Renaissance, p. 37, n. 96).
[48] Ruderman, B., op. cit., p. 255; sui processi di quel periodo contro gli ebrei bolognesi, v. Perani, M., Appendice documentaria. Documenti sui processi dell'Inquisizione contro gli ebrei di Bologna e sulla loro tassazione alla vigilia della prima espulsione (1567-1568), in Muzzarelli, M. G. (a cura di), Verso l'epilogo di una convivenza, pp.245-284.
[49] Ruderman, op. cit., p. 254; Carpi, Gherush ha-Yehudim mi-medinat ha knessiah be-yamei ha-apifior Pius ha-hamishi", p. 147 e segg. Sulla persecuzione subita dagli ebrei bolognesi per volere di Pio V, cfr. Yosef ha-Kohen, Emeq ha-Bakha, p. 131 e segg. E cfr. anche Perani, M., Appendice documentaria.
[50] Muzzarelli, M.G., Ebrei, Bologna e sovrano-pontefice, pp. 50-51.
[51] Loevinson, E., La concession de banques de prêts par les Papes, pp. 49-52; cfr. anche Idem, Notizie e dati statistici, p. 141.
[52] Milano, A., J.E., s.v."Bologna".
[53] Cfr. Sonne, I., op. cit., p.42 e segg.; p. 56 e segg. Sugli ordinamenti stabiliti a Ferrara nel 1554, che in parte riprendono l'ordinamento di B. del 1511, distaccandosene però, ad esempio, per la maggior importanza data all'autorità del rabbino rispetto ai parnassim, cfr. Finkelstein, L., op. cit., p. 301 e segg. Cfr. anche Bonfil, R., op. cit, p. 127.
[54] Cfr. Bonfil, R., op. cit., p. 128.
[55] Gli statuti di questa confraternita sono stati pubblicati integralmente da Rivlin, B., Taqqanot ‘Hevrat Nizharim’ be-Bologna mi-shenat 1547, in Asufot.Annual for Jewish Studies 3 (1989), pp. 357- 396.
[56] Cfr. Perani, M., Poichè da Bologna uscirà la Torah e la parola del Signore dalla Hevrat Nizharim’ Una confraternita religiosa nella Bologna ebraica del Cinquecento, pp. 142-153; per un esame approfondito dei vari aspetti connessi con l’istituzione della confraternita, cfr. pp. 129-153.
[57] Cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 789. Dalle liste del 1387 degli abitanti dei vari quartieri bolognesi, risultano i nominativi dei capifamiglia ebrei e le zone della città abitate all'epoca (cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 791).
[58] Cfr. Pini, A.I., op.cit., p. 809.
[59] Ivi, p. 809, n.40; Ravà, V., op. cit., p. 332.
[60] Per l'elenco particolareggiato dei titolari dei banchi, cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 794.
[61] Per ulteriori dettagli, vedi ivi, p. 795.
[62] Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, p. 105. Nel 1417 il cardinale Albergati aveva imposto l'interesse del 20% , provocando l'opposizione dei feneratori (cfr., ivi, p. 106).
[63] Cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 794, p. 800; Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1373, 1441, 1425, 1452, 1599, 3121.
[64] Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, pp.121-122.
[65] Cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See , doc. 1297, 1418, 1421, 1462, 1598, 1717, 2236, 2262, 2611. Nel 1543, ad Abramo e Isacco Da Pisa veniva concessa tolleranza per accettare, in risarcimento dei debiti, granaglie e altri prodotti agricoli, disponendone a piacere(cfr., ivi, doc. 2261).
[66] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1415.
[67] Ivi, doc. 1639, che si riferisce all'anno 1534.
[68] Ivi, doc. 1789, 1794.
[69] Essi erano: Angelus de le Schole da Fano, Iacob Abrahae Sforno, Gratiadeus Sforno, Dactilus di Mosè Rieti, David del Bene, Avraham Isach da Pisa, gli eredi di Iacob del Bene, gli eredi di magister Angelus da Modena, gli eredi di Emanuel Stramore e gli eredi di Isach Rieti (cfr., ivi, doc. 2365).
[70] Muzzarelli, M.G., Ebrei, Bologna e sovrano-pontefice, pp.49-51; Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les papes, p. 5.
[71] Cfr. il paragrafo generale e il paragrafo dedicato alla vita culturale. Per ulteriori informazioni sull'argomento, cfr. Arieti, S., Medici ebrei a Bologna tra XV e XVI secolo, in Muzzarelli, M.G., Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 235-243. Tra gli ebrei che esercitarono sia l'attività feneratizia che l'arte medica, va menzionato un membro della prestigiosa famiglia Sforno, Santo di Rubino, in seguito trasferitosi a Imola, il quale nel 1459 aveva ricevuto l'esenzione dall'obbligo del segno, in virtù della sua fama come medico (cfr. Muzzarelli, M.G., I banchieri ebrei e la città, p. 127).
[72] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2062.
[73] Cfr. AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 105.
[74] Zanti, G., Nomi et cognomi di tutte le strade, contrade et borghi di Bologna, dicchiarando la origine de pricipii loro. Dove si narrano tutti li conventi di frati e monache, le chiese, parrocchie e spirituali compagnie con alcune cose più notabili della città tanto di scoltura come di pittura. Raccolte per M. Giovanni de Zanti cittadino bolognese, Bologna [1583], citato in AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna p. 33.
[75] Una fonte ottocentesca riporta le zone dove erano stati installati i tre portoni del ghetto: uno all'imbocco di via dei Giudei (precedentemente chiamata via S. Marco, dall’omonima chiesa che sorgeva nei pressi), un altro in via S. Donato ( attuale via Zamboni) e il terzo in via Cavaliera ( attuale via Oberdan) (cfr. AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 34).
[76] AA.VV., op. cit., p. 34. Per una descrizione particolareggiata del ghetto di B. e delle sue vicende, cfr. Gervasio, M., Il 'chiuso degli ebrei'. Contrade, strade e portoni del ghetto, in Muzzarelli, M.G., Verso l'epilogo di una convivenza, pp.177-210.
[77] Cfr. Pini, A.I., op. cit., p. 786.
[78] Cfr. AA.VV. ( a cura di), op. cit., p. 72.
[79] Ibidem.
[80]Perani, M., Spigolature sul patrimonio librario degli Ebrei a Bologna tra Medioevo e Rinascimento, in Muzzarelli, M.G. (a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, pp. 255-168, p. 257. Per l'elenco dei manoscritti, vedi ivi, pp. 257-260.
[81] Ivi, p. 261; per una sommaria descrizione dei manoscritti in questione, vedi ivi, pp. 262-263. Sui frammenti ebraici che testimoniano il ricco patrimonio librario degli ebrei bolognesi tra Medioevo e Rinascimento, cfr. ivi, pp. 263-268.
[82] Si tratta di 47 manoscritti, di cui 10 furono copiati nel XIV secolo, 20 nel XV e 17 nel XVI secolo (cfr. Perani, M., Vestigia della cultura ebraica a Bologna tra Medioevo e Rinascimento nella testimonianza dei manoscritti, in Italia XII (1996), pp. 89-139.
[83]Secondo lo Habermann (The History of the Hebrew Book ( in ebr.) , p. 84) gli stampatori della prima edizione dei salmi sarebbero stati : Meister Yosef e Neryah, Gayyim Mordekhay e Geheqiyah di Venturo ( o Monturo)
[sic]. Secondo l'Amram (The Makers of Hebrew Books in Italy, p. 48, nota [non numerata]) questa indicazione, desunta dal colophon del testo, non è univoca e, pertanto, gli stampatori della prima edizione,oltre a Meister Yosef, sarebbero da identificarsi presumibilmente con Meister Yosef Gayyim di Strassburg, Geheqiyah di Ventura e un altro di incerta identità, forse Neryah Gayyim Mordekhay. Il Perani (Momenti e testimonianze di vita e cultura ebraica a Bologna, p. 19 e p. 30, n. 12), invece, sostiene che gli stampatori della prima edizione dei Salmi avessero eseguito il lavoro nell'officina di Yosef Mordekhay e fossero il figlio di questi, Gayyim, e il suocero Ezechiele Montro ( menzionato dagli autori citati in modo differente : Geheqiyah di Ventura, Venturo o Monturo), mentre le due edizioni in formato minore (sedicesimo), stampate tra il 1477 e il 1480, furono opera di Yosef Neriyah, Gayyim Mordekhay e Geheqiyah Montro.
[84] Emanuele (Menahem), di Abramo da Modena e soci (Yehiel, di Salomone da Verona, Aryeh, di Salomon Gayyim di Monselice), che stamparono l'edizione delle preghiere festive nel 1540, avevano ricevuto, nel 1536, la concessione di stampare e vendere la Bibbia con i commenti e il libro di preghiere ebraico, purché‚ non contenessero materiale blasfemo contro il cristianesimo (cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1812). L'anno seguente Emanuele e soci ricevevano il permesso di stampare anche una grammatica ebraica, mentre era proibito a chiunque altro di stampare opere simili, per dieci anni (cfr. ivi, doc. 1821).
[85] Habermann, A.M., op. cit.,p. 121; Perani, M., Momenti e testimonianze di vita e cultura ebraica a Bologna, p. 20.
[86] Mortara, M., Indice, p. 13.
[87] Zunz, L., Literaturgeschichte der synagogalen Poesie, p. 513.
[88] V. Cassuto, U., E.J., s.v. "Bologna".
[89] Per la sua vita e la sua opera, cfr. Perani, M., Poiché da Bologna uscira la Torah, pp. 132-135.
[90]Cfr. Sonne, I., op. cit., p. 49 e seg.
[91] Per la figura del de’Rossi, si veda alla voce "Ferrara" della presente opera.
[92] Per ulteriori dettagli sullo Sforno, cfr. Colorni, V., Spigolature su Obadia Sforno : la sua laurea a Ferrara e la quasi ignota edizione della sua opera Or amim nella versine latina, in Judaica Minora, pp. 461-469. Per quanto riguarda ulteriori particolari sull'attività intellettuale dello Sforno, cfr. anche: Campanini, S., Un intellettuale ebreo del Rinascimento: Ovadyah Sforno a Bologna e i suoi rapporti con i cristiani, in Muzzarelli, M.G., ( a cura di ) Verso l'epilogo di una convivenza, pp. 99-128.
[93] Mortara, M., op. cit., p. 61; per ulteriori particolari sui fratelli Sforno, cfr. Campanini, S., op. cit., pp. 99-127.
[94] Il documento di laurea di Angelo di Isac, presso l'Università di Bologna, è stato pubblicato dal Colorni in Sull'ammissibilità degli ebrei alla laurea anteriormente al secolo XIX, Appendice I, Ivi, pp. 486-487 ed è stato ripubblicato dal Perani, M., Momenti e testimonianze di vita e cultura ebraica a Bologna, pp. 22-23. A proposito del conferimento del titolo di dottore in medicina, è attestato che veniva istituita una commissione, formata dal vescovo e da due o tre dottori per conferire tale titolo a Isaac Calamonis (Salamonis), d'origine calabrese, che, pur avendo studiato nell'ateneo di B., non poteva far fronte alle notevoli spese per sostenere l'esame all'Università. Conseguito in questo modo il titolo, Isaac avrebbe potuto esercitare l'arte medica, fermo restando il permesso di sostenere un regolare esame universitario, qualora avesse voluto (cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1434. Su magister Isaac, v. ivi, doc.1456, 2056).
[95] Cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1379.
[96] Kaufmann, D., Jacob Mantino. Une page de l'histoire de la Renaissance, p. 60.
[97] Sul Mantino, cfr. Kaufmann, D., op. cit., pp. 30-60; pp. 207-238; Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 242, p. 625, p. 631; Id., Il ghetto di Roma, p. 60, pp. 68-69; Muenster, L., Fu Jacob Mantino lettore effettivo dello Studio di Bologna ?, pp. 310-321; Roth, C., The Jews in the Renaissance, p. 40, pp. 7-78, p. 80, pp. 148-149, p. 156, p. 161, p. 331.
[98] Per i particolari della vicenda, cfr. Simonsohn, S., Shelihuto shel David ha-Reuveni be- Italia”, pp. 198-207.
[99] Cfr. Ruderman, B., A Jewish Apologetic Treatise from Sixteenth Century Bologna, pp. 260-261.
[100] Sui rapporti di Salomone Modena con la comunità bolognese e sui particolari del suo contenzioso a sfondo fiscale, cfr. Ruderman, B., op. cit., pp. 260-261.
[101] Su Aharon Berakhyah Modena, vedi alla voce “Modena” del presente lavoro.
[102] Cfr. Ruderman, B., op. cit., pp.260-262. Sull'apologia dell'ebraismo contro le accuse di Alessandro, cfr. ivi, pp. 262-268; per la pubblicazione del testo ebraico, cfr. ivi, pp. 269-274.
[103] Su di lui, si veda profilo storico e, per ulteriori particolari, Ruderman, B., op. cit., p. 254 e segg.
[104] Mortara, M., op. cit., p. 9, p. 15, p. 16, p. 48.