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Rovigo (רווויגו)
Capoluogo di provincia. Posta sulla riva dell’Adigetto, canale che deriva dall’Adige, tra quest’ultimo e il Po , è menzionata per la prima volta in un documento dell’838. Su R., come su tutto il Polesine, s’intersecavano i diritti della Santa Sede, del marchesato di Toscana e degli Estensi. Il trasferimento, sia pure temporaneo, della sede vescovile di Adria a R. e la fortificazione della città contro la minaccia di scorrerie ungare, contribuirono alla formazione del centro cittadino e regionale. Si alternarono qui la dominazione estense, imperiale, carrarese, veneziana e, proprio alla Repubblica veneta, R. passò definitivamente nel 1482. Durante la guerra della Lega di Cambrai venne occupata dagli Estensi e dagli spagnoli e, in epoca veneziana, fu sede di un podestà e di un capitano. Nel 1797 fu occupata dai Francesi.
La presenza ebraica a R. risale al 1391, quando, con l’autorizzazione del marchese d’Este, il Comune stipulò una condotta con Salomone del fu Musetto de Judea e con i fratelli Alvicio ed Emanuele del fu Musetto da Bologna[1] per gestirvi un banco di prestito. Nel 1394 la condotta fu ratificata dal marchese d’Este[2] e, dalle poche notizie che sono state tratte sugli ebrei dai documenti dell’epoca, si presume che essi fossero occupati anche nelle riscossioni pubbliche[3].
Dal secolo XV furono gli israeliti furono occupati in operazioni commerciali, legate all’arte della lana, con la restrizione, una volta sorta la corporazione cristiana, di tenere i registri in latino o in volgare (e non in ebraico) e di non lavorare di domenica o nelle feste cristiane[4].
Tale Consiglio, fattore di un banco di ebrei ferraresi a Badia Polesine, nel 1425, fu forse il progenitore di quella che sarebbe diventata la famiglia più prominente della Comunità rodigina[5].
Dopo il passaggio sotto il dominio di Venezia, la condizione degli ebrei non mutò: il banco di R. fu per lungo tempo in mano alla famiglia Consiglio, cui fu rinnovata la condotta ogni cinque anni. La supremazia della famiglia Consiglio si manifestò nel “monopolio” di alcune cariche comunitarie, che divennero loro retaggio ereditario[6].
Nel 1508 venne fondato il Monte di Pietà, che prestò prima frumento, e, a partire dal 1548, denaro, ma gli ebrei continuarono a poter fenerare: anzi, i Massari del Monte si recavano spesso ad impegnare al banco ebraico i pegni scaduti[7]. Data la collaborazione con il Monte, dal quale accettavano, ad un interesse più alto, i pegni ricevuti dai poveri, le famiglie dei due banchieri di R. furono esentate dalla residenza nel ghetto, imposta agli altri correligionari nel 1615[8].
La continuazione dell’attività del banco è attestata dalle successive ricondotte: fu così che, all’inizio del XVIII secolo, i feneratori mutuarono alla città una forte somma[9].
Al prestito che gli ebrei di Venezia dovettero dare alla Serenissima, tra il 1681 e il 1691, dovette concorrere, assieme a Verona, anche la Comunità di R.[10].
Nel 1712 il Magistrato del Cattaver veneziano aveva ribadito la proibizione agli ebrei di possedere e prendere in affitto case fuori dal ghetto, tuttavia, due anni dopo, a seguito dell’istanza dell’Università, appoggiata dai magistrati rodigini, gli ebrei ricevettero il permesso di usare botteghe e magazzini in città, data la mancanza di spazio[11].
Verso la metà del XVIII secolo, venne dato ordine di non lasciar correre à che gli ebrei facessero da intervenienti nel foro, dal che si deduce che sino ad allora era stato loro permesso di testimoniare: ad esempio, nel 1429, si trova una legge contro i guastatori di piante fatta alla presenza di alcuni testimoni, tra cui tale Lucio ebreo prestatore in Rodigio[12].
La stasi del commercio e gli ostacoli posti alle industrie ebraiche condussero ad una situazione economica particolarmente difficile, descritta dal podestà locale, in un rapporto ufficiale alle autorità veneziane del 1752, in questi termini: Quattordici sono i botteghieri di questa nazione…due sole le botteghe di merci malamente fornite e tutte l’altre ridotte a miserabile strazzaria, e due sole di commestibili, ma di poco o nessun momento. Il restante di questo popolo ha da vivere di strettissima industria, che non provedendo malamente che a pochi, li riduce a sol peso della propria Università, che con delle elemosina li alimenta[13].
L’estrema povertà degli ebrei rodigini, spaccò in due la Comunità, dando origine ad annose polemiche: i ricchi, che dovevano assumersi il peso economico della popolazione indigente, ritenevano, in ragione di questo loro ruolo, di aver diritto al monopolio sulle cariche, mentre i poveri sostenevano il principio dell’eguaglianza di ogni membro della Comunità, indipendentemente dal suo status economico[14]. Verso gli anni Sessanta del XVIII secolo, però, gli ebrei di R. dovettero dichiarare la bancarotta[15].
A partire dal 1754, per tutto un ventennio, si registrarono a R. quindici conversioni[16].
Nel 1796 il ghetto fu abolito dalle autorità militari e il nome della via del ghetto fu mutato in “Via Libera”[17].
Vita comunitaria
Sino alla caduta della Repubblica di Venezia, la Comunità ebraica di R. si resse con il “Capitolo dell’Università di Rovigo” del 23 agosto 1761, compilato sulla base della nota “Ricondotta” (7 Agosto 1760, relativa alla Comunità di Venezia e estesa a R. con decreto del Senato il 2 maggio 1761, approvato dalla Magistratura degli inquisitori sopra gli ebrei con determinazione dell’1 dicembre 1761). Da un documento dell’inizio dell’Ottocento, che confermava i diritti goduti in precedenza dalla Comunità si deduce che essa aveva quello di imporre tasse, con autorizzazione ad esigerle con privilegio fiscale. Da un documento dell’inizio dell’Ottocento, si può inferire che le strutture comunitarie precedenti a questo periodo fossero analoghe, cioè che reggesse la Comunità un Capitolo, formato da tutti i contribuenti, il quale a propria volta eleggeva ogni due anni una Congregazione formata da nove membri, tre dei quali formavano il corpo di presidenza[18].
Nel 1615 si costituì la confraternita della Misericordia (Gemilut Hasadim) e nel 1767 la confraternita “Veste Ignudi”(Malbish arummim)[19].
Attività economiche
Nel 1614 l’ebreo David Vigovona presentò una supplica per poter introdurre a R. l’arte del Filatoj per far la seta[20].
Gli ebrei ebbero parte notevole nel far rifiorire l’industria della lana decaduta, verso la metà del XVIII secolo, quando si contavano tre ditte ebraiche (di Moisè Luzzatto, di Marco Consigli e di Moisè D’Ancona) impegnate in essa, che sollevavano le proteste dei concorrenti cristiani e alcune restrizioni da parte del governo veneziano (tutti gravi ostacoli all’attività)[21]. Gli israeliti erano anche attivi nel commercio, gestendo, all’epoca dell’ingresso nel ghetto, dieci botteghe fuori del ghetto stesso, divenute quattordici poco dopo la metà del XVIII secolo[22].
L’unica occupazione ufficialmente permessa risultava, però, essere la strazzaria, per cui, se si escludono i pochi occupati nell’industria della lana, le attività economiche languivano[23]. Dalla seconda metà del XVII secolo è poi attestata tutta una serie di medici rodigini, laureati a Padova[24].
Ghetto
L’istituzione del ghetto era stata decisa già nel 1612, ma venne realizzata solo nel 1615, quando diciassette famiglie vi entrarono, escluse quelle dei banchieri. Nel 1613 vennero eletti due cittadini per assegnare il luogo dove avrebbe dovuto essere ubicato il ghetto e formulare le Regole et ordini divisi in quindici capitoli per la serrata del Ghetto, poi pubblicati nel 1615[25].
Demografia
Non abbiamo documentazione del numero di ebrei che entrarono nel ghetto nel 1615, salvo l’indicazione che si trattava di 17 famiglie, cui vanno aggiunte le due famiglie dei banchieri, fuori dal ghetto. Nel 1785 risultavano vivere a R. circa 229 ebrei[26].
Sinagoghe e oratori
Risale probabilmente al XVI secolo il piccolo oratorio della famiglia Consigli, al piano terra della sinagoga, che appartenne alla Confraternita della Misericordia. Una sinagoga di rito tedesco, attribuita all’incirca al XVII secolo, presumibilmente sostituì quella precedente, vicino alla Chiesa di S. Antonio, la cui distruzione fu ordinata nel 1629, permettendo, invece, che venisse ubicata in sito, che non sia d’impedimento et di scandalo immaginabile a Christiani[27]. La sinagoga subì varie modificazioni e restauri: nel Settecento vi scoppiò un incendio che, tuttavia, non ebbe gravi conseguenze. In ricordo dello scampato pericolo vi si celebrava annualmente il Purim qatan o Purim del fuoco[28].
Cimitero
Nel 1615 la famiglia Consigli donò alla confraternita della Misericordia (Gemilut Hasadim) i due cimiteri che erano di sua proprietà, l’uno ereditato dagli avi e l’altro acquistato (per ampliare il primo), in cambio di alcuni diritti sui medesimi, di cui avrebbero goduto anche i discendenti[29].
Nel XVIII secolo figurava un altro cimitero, ubicato presso Porta S. Francesco, in fondo alla Via del Tribunale, ove agli inizi del ‘900 ancora si trovavano varie lapidi settecentesche in discreto stato di conservazione[30].p
pRabbini e opere ebraiche.
Alla fine del XVI secolo era rabbino a R. Abtalion Consiglio: il fratello Yequtiel costruì nella sua casa un bagno rituale (miqveh) per le donne, in cui l’acqua giungeva in modo tale da suscitare dubbi sulla conformità del bagno alle prescrizioni della Legge ebraica in materia. Abtalion sottomise il caso al rabbinato di Venezia, dando origine ad un’annosa controversia che impegnò i rabbini di tutta Italia, diventando proverbiale circa il metodo delle dispute rabbiniche dell’epoca[31].
Tra i rabbini di un certo rilievo troviamo poi, nel XVI secolo, Shlomoh Finzi di Elyaqim, autore di un’opera sul Talmud pubblicata più volte, anche in latino con il titolo Clavis Talmudica (nel XVIII secolo): egli, originario di R., tuttavia, risulta essere stato attivo come rabbino altrove[32]. Inoltre, sono da ricordare anche Abramo di David Provenzal e Moisè Coen Porto.
Nel XVII secolo si distinse a R. Mosheh Pisato, menzionato nella raccolta di consulti rabbinici di Shemuel Aboab, mentre nel secolo successivo abbiamo Avraham Shemuel Diena di Shimshon e il figlio David Chayyim, che presiedette il Tribunale Rabbinico, fu halakhista molto considerato ed ebbe numerosi allievi, a propria volta Maestri della Torah[33]. Immanuel Chayyim Richi (o Rechi), da Ferrara, trasferitosi a R., è menzionato in un elenco di autori di inni sacri, l’Amudei ha-Avodah (“Le colonne del culto”) di Elyezer Landshuth, mentre il figlio Refael ne scrisse la biografia[34].
Sempre nel secolo XVIII, troviamo anche David Chayyim Corinaldi, allievo del rabbino Natan Pincherle di Verona e autore di svariate opere d’argomento ebraico, che visse per un periodo a R.. Tra il XVIII e il XIX secolo va menzionato, poi, David Azeryel Diena[35].
Nel 1708 fu stampato a R. il Seder tefillot minhah shel erev Rosh Hodesh u-hodesh Elul (Ordine delle preghiere vespertine della vigilia del Capomese e del mese di Elul), dietrorichiestadella confraternita della Misericordia, presso la tipografia di Alvise Bragadin e “Per mano del lavoratore nell’opera santa Yehudah Chay figlio di Avraham Ashkenazi”[36].La seconda pubblicazione è un consulto dei rabbini della Comunità di Venezia, dietro richiesta dei capi della Comunità di R., che vide la luce a Venezia, nel 1743, con il titolo Psaq maalat Rabbane’ Qahal Qadosh Venezia[37].
pBibliografia
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[1] Per il testo del decreto di concessione del marchese d’Este (custodito nell’Archivio di Stato di Modena, Liber officiorum , c. 64) cfr. Cessi, R., Alcuni documenti sugli ebrei del Polesine durante i secoli XIV e XV, doc. I, pp. 62-64.
[2] Ivi, p. 58.
[3] Ivi,p. 60, n. 1; cfr. Roth, C., The History of the Jews of Italy, p. 129.
[4] Cessi, R., L’organizzazione di mestiere e l’arte della lana nel Polesine nei secoli XIV e XV, p. 222 e segg.; cfr. Idem, Alcuni documenti, p. 60; cfr. Roth, C., Italy, p. 130.
[5] Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 141.
[6] Roth, C., Italy,pp. 275-276; cfr. Shulvass, M.A., Le toledot qehillat Rovigo” (“Storia della comunità di Rovigo”, in ebr.), p. 200 e segg.
[7] Terminazioni e ordini stabiliti dagli Ill.mi ed Ecc.mi Signori Sindici e Inquisitori in Terra Ferma degli anni 1674 ,1699, 1722 per la città di Rovigo, comunità di Lendinara, Abbadia e loro territori ristampati ecc., Rovigo, Miazzi 1762, p. 26, citato in Luzzatto, F., La Comunità ebraica di Rovigo, p. 510, nota 4.
[8] Roth, C., Italy, p. 338; cfr. Milano, A., Immagini del passato ebraico, p. 211, Luzzatto, F., op. cit., p. 513.
[9] Ivi, p. 510.
[10] Milano, A., Storia, p. 313.
[11] Per l’istanza presentata dall’Università ebraica, cfr. Venezia, R. Archivio di Stato ( ai Frari), Uff. Cattaver 269-62[sic], citato in Luzzatto, F., op. cit., p. 515, nota 1.
[12] Bocchi, F. A., Il Polesine di Rovigo, 1859, p. 101, citato in Luzzatto, F., ivi, p. 514, nota 1.
[13] Archivio di Stato ai Frari –Relazioni d’ambasciatori e rettori- B. 46 – Busta 46- Relazione di Gaetano Dolfin, citato in Luzzatto, F., op. cit.,p. 515, n.ota2; cfr. anche Roth, C., Italy, p. 338.
[14] Milano, A., Storia, p. 319; Roth, C., Venice, p. 277. La scissione della Comunità in ricchi e poveri era tanto grave da giungere a conoscenza e giudizio del podestà, cfr. Relazione del podestà Alvise Condulmier, Archivio ai Frari, busta 46, citato in Luzzatto, F., op. cit., p. 515, nota 3. Cfr. anche Shulvass, M.A., op. cit., p. 199, nota 8.
[15] Roth, C., Italy, p. 408.
[16] Per l’elenco dei convertiti, cfr. Luzzatto, F., op. cit., pp. 519-520.
[17] Roth, C., Italy, p. 433.
[18] Bachi, R., Il regime giuridico delle Comunità israelitiche, pp. 218-219.
[19] Shulvass, M.A., op. cit., p. 200, nota 13; per l’elenco particolareggiato degli scopi che si prefiggevano le confraternite menzionate e per l’elenco delle opere assistenziali della comunità rodigina, cfr. ivi, pp. 520-521.
[20] Locatelli, G., Compilazione de’ decreti dell’Ecc. Senato e della parte del Magnifico Consiglio della Città di Rovigo, citato in Luzzatto, F., op. cit., p. 510, nota 5.
[21] Gli ebrei facoltosi, che commerciavano in lana, si garantivano il monopolio di tutto il prodotto della regione, per rivenderlo ai fabbricanti di tessuti. Il governo veneziano, però, proibì nel 1745 questa incetta, ordinando che i produttori vendessero direttamente ai proprietari delle fabbriche. Tale disposizione, nonostante il danno che recava ai produttori, costretti a sottostare alle esigenze dei fabbricanti e nonostante le numerose proteste che suscitò, fu confermata nel 1746 e aggravata nel 1754. Dopo che la proibizione dell’incetta della lana si rivelò inapplicabile de facto, venne revocata ufficialmente nel 1788. Cfr. Cassuto, U., Le comunità ebraiche d’Italia.Rovigo, p. 2. Cfr. anche Luzzatto, F., op. cit., p. 511, cfr. Roth, C., Italy, p. 338; Idem, Venice, p. 276.
[22] Milano, A., Immagini del passato ebraico, p.211; Luzzatto, F., op. cit.,p. 514.
[23] Roth, C., Venice, p. 276.
[24] L’elenco dei medici ebrei rodigini comprende Emanuel Macerata di Anselmo (licenziato in chirurgia, nel 1656); Anselmo Rabbeni di Amedeo (laureato in filosofia e medicina, nel 1702); Emanuele Macerata di Vito (laureato in filosofia e medicina, nel 1715); Leon Consigli di Mandolin (laureato in filosofia e medicina, nel 1717); Elia Consigli di Samuele (laureato in filosofia e medicina nel 1723); Mandolin Consigli di Elia (laureato in filosofia e medicina nel 1769). Cfr. Modena, A., -Morpurgo, E., Medici e chirurghi ebrei, p. 24; p. 64; p. 75; p. 76; p. 80; p. 100.
[25] Per i dettagli su tali “capitoli”, cfr. Luzzatto, F., op. cit., pp. 513-514.
[26] Morpurgo, E., Tavole statistiche sulla popolazione ebraica del Veneto nel periodo dei ghetti, opera inedita, citato in Luzzatto, F., op. cit., p. 517, nota 4; cfr. Milano, A., Immagini del passato ebraico, p. 211.
[27] Luzzatto, F., op. cit., p. 514.
[28] Morpurgo, E., Inchiesta, p. 12, note 18 e 19.
[29] Morpurgo riferisce di un cimitero ebraico, sito fuori Porta Arquà, in località disabitata detta Pestrina, di proprietà della confraternita della Misericordia, considerandolo come il più antico, ma lo Shulvass, sulla base del documento di donazione della confraternita della Misericordia, corregge questo dato, evincendo dal documento summenzionato che il cimitero ebraico antico risaliva al secolo XV, mentre nuovo cimitero limitrofo risultava risalire al 1600. Cfr. Shulvass, M.A., op. cit., p. 198; p. 200; per il testo della donazione, cfr. ivi, pp. 202-204. Cfr. Morpurgo, E., Inchiesta, p. 6, nota 18.
[30] Morpurgo, E., op. cit., p. 6, note 18 e 19.
[31] Roth, C., Venice, p. 276. Il parere favorevole dei rabbini veneziani al miqveh di R. si trova in un opuscolo del 1605; contro la decisione dei rabbini veneziani a favore del miqveh di Rovigo, Mosheh Cohen Porto pubblicava nel 1606, presso l’editore di Gara un pamphlet di due pagine, dal titolo Milhamot ha-Shem. Le opinioni dei rabbini veneziani favorevoli al miqveh venivano pubblicate a Venezia, nello stesso anno, presso l’editore Zanetti, con il titolo Mashbit milhamah. L’anno seguente, Yehudah Saltaro Fano pubblicava il Miqveh Yisrael contro la posizione dei rabbini di Venezia e Mosheh Cohen Porto pubblicava, nello stesso senso, l’opera Palge’ mayyim, nel 1608, basato sul suo primo opuscolo Milhamot ha-Shem. Cfr. Adelman, H., Success and Failure in the Seventeenth Century Ghetto of Venice: The Life and Thought of Leon Modena (1571-1648), pp. 386-388. Nessuna delle pubblicazioni summenzionate contiene alcun parere di Leone Modena che preferì tenersi ufficialmente fuori dall controversia. Cfr. ivi, p. 389. Per maggiori ragguagli sull’opuscolo Milhamot ha-Shem, cfr. Sonne, I., Habdutah ‘al devar ha-sefer Milhamot ha-Shem be- inyan hamiqvah me-Rovigo (Il falso concernente il libro Milhamot ha-Shem, a proposito del miqveh di Rovigo, in ebr.), in Kiryat Sefer, X, n. 3 (1933), pp. 360-364. Per l’elenco delle pubblicazioni delle due fazioni opposte (pro o contro la conformità alle prescrizioni rituali del miqveh in questione), cfr. Yaari, A., Teudah lo nodaat be inyan pulmus ha-miqveh be-Rovigo (Un documento inedito circa la polemica sul bagno rituale di Rovigo, in ebr.), in Sinai, 34 (1954), pp. 368-374.
[32] Mortara, M., Indice, p. 23; Cassuto, U., alla voce “Finzi Salomon ben Eljakim” in E.J.
[33] Mortara, M., op. cit.,p. 19; Ghirondi, M. -Neppi, H., Toledot Gdolei Yisrael (“Storia dei Maestri ebrei”, in ebr.), p. 78.
[34] Mortara, M., op. cit., p. 53; consulta anche la voce “Ricchi ”, in J.E.
[35] Mortara, M., op. cit.,p. 17; Cassuto, U. , alla voce “Corinaldi”, E.J.; Cassuto, U., Le Comunità ebraiche d’Italia. Rovigo, p. 2.
[36] Luzzatto, F., op cit., p. 516, nota 1. Per l’elenco dei membri della confraternita che precede questo libro di preghiere, cfr. ibidem, nota 3.
[37] Ivi, p. 517, nota 1.