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Mestre (מסטרה)
Frazione posta ad una decina di chilometri da Venezia. In epoca romana, il territorio del mestrino era probabilmente parte dell’agro altinate, ancora occupato dall’acquitrinio e la palude, che avanzava nella terra ferma. In epoca medievale M. fu sotto il dominio degli Ezzelini, dei Caminesi, degli Scaligeri e, dal 1337, dei Veneziani, che la eressero a podesteria. Il territorio del Mestrino, essendo il più prossimo alla capitale della Repubblica veneta, divenne un formidabile baluardo avanzato per la difesa della laguna, fortificata solidamente per creare una base militare in terraferma, come si verificò dalle guerre contro i Carraresi, sino alle vicende legate alla lega di Cambrai. M. restò sotto il dominio di Venezia fino al crollo della repubblica, nel 1797.
Nel 1298 risultavano presenti a M. alcuni ebrei, invitati presumibilmente per contrastare i prestatori cristiani della regione. Quando il centro passò sotto il dominio veneziano, gli ebrei vi rimasero, sforzandosi di fenerare con la popolazione veneziana[1]. Tuttavia, dal 1366 al 1395, Venezia, superando la propria riluttanza, si decise a legalizzare la questione del prestito clandestino, accordandosi con i prestatori mestrini per l’apertura di tre banchi nella capitale, esigendo un canone che ammontava alla somma (assai cospicua per l’epoca) di 4.000 ducati, elevato, poi, gradatamente, a 8.000. L’interesse fu inizialmente fissato al 4%, per poi essere alzato all’8% e al 10%, per prestiti rispettivamente su pegno e senza pegno. Il governo veneziano stabilì, inoltre, che, in cambio di adeguate garanzie, i banchi non potevano rifiutare a nessun richiedente un prestito, per l’ammontare massimo di 30 ducati[2].
Nel 1395, tuttavia, gli ebrei furono espulsi da Venezia, per cui si ritirarono a M.[3].
Pare che all’origine del provvedimento vi fosse stato un episodio infausto: uno dei banchi veneziani era gestito da un ebreo di Norimberga, Anselmo di Şemuel, insieme ad un suddito veneziano, Giacomo Panischi, che i fratelli di Anselmo, Yaaqov e Avraham (feneratori il primo a Verona e il secondo a Vicenza), avevano fatto arrestare a Vicenza, per un contenzioso d’ordine privato. Tale fatto era stato considerato un crimine contro lo Stato e, pertanto, la Repubblica punì Anselmo, incarcerandolo e multandolo, mentre i suoi fratelli fuggivano, venendo condannati in contumacia. L’episodio funse da pretesto al Senato, che ritenne che il comportamento ebraico fosse stato “scandaloso”, durante il periodo dell’ultima condotta, giungendo al provvedimento di espulsione, motivato dal timore che le attività finanziarie si fossero tanto estese da far temere che tutti i beni mobili sarebbero ben presto finiti in mano ebraica, se non fosse intervenuto un provvedimento drastico[4].
Poiché la situazione economica esigeva, tuttavia, la presenza dei prestatori, questi furono obbligati a continuare la loro attività a M., recandosi nella capitale per un periodo non superiore ai 15 giorni consecutivi, per partecipare alla vendita all’asta pubblica, a Rialto, dei pegni non riscattati. In tale occasione erano obbligati a portare il segno distintivo, di colore giallo[5].
Gli israeliti, tuttavia, pur non rimanendo continuativamente a Venezia per un periodo superiore a quello fissato dal governo, si recavano a M. per un giorno, per poi tornare nella città. Aumentarono in tal modo le attività ebraiche nella capitale, per cui, nel 1496, vennero presi provvedimenti restrittivi circa il periodo di soggiorno permesso, che fu limitato ad un solo pernottamento annuale, goduto il quale dovevano intercorrere dodici mesi prima che fosse permessa un’altra visita. Inoltre, venne stabilito che nessuno dei banchi mestrini fosse rappresentato da più di un ebreo alle vendite dei pegni non riscattati[6].
Nel 1470 scrisse a M. l’opera Leqet yosher l’allievo di Israel Isserlein, Yosef di Mosheh, che abitava presso Hayym Rapa Satan. Hayyim Israel Satan Rapa, che si trovava a M. nel 1467, scrisse il Codice Mantova VIII e fu possessore del Codice Livorno II: come altri correligionari stabilitisi in svariate zone del Veneto, era stato cacciato da Mainz (Magonza) nel 1462.
Vissero a M., almeno per un periodo, alcuni ebrei di origine tedesca, tra cui anche Meshullam Cusi, che nella cittadina fu rabbino e parnas, deputato tra l’altro alla raccolta dei fondi per gli ebrei che vivevano in Palestina. A M., dal 1463-64, visse ed esercitò come rabbino anche il celebre Yosef Colon che si adoperò per mettere pace tra il Cusi e il parnas di M. Zusman, per poi trasferirsi a Mantova, alla fine degli anni Sessanta[7].
Marin Sanudo ricordava nel suo Itinerario per la terra ferma veneziana nell’anno 1483 che si trovava, all’epoca, un nutrito gruppo di ebrei a M., nel Castello, e che vi era una bella sinagoga[8].
Durante gli incidenti seguiti alla Lega di Cambrai, M. fu messa a ferro e a fuoco, ma i pegni erano stati portati in salvo a tempo debito, mentre gli ebrei, che si erano rifugiati a Venezia, date le difficoltà in cui era venuta a trovarsi quest’ultima per l’improvviso aumento della popolazione, furono indotti a ritornare nella cittadina, nonostante ancora vi si levasse il fumo dalle rovine[9].
Asher Meshullam o Anselmo del Banco (fratello di Hayyim Meshullam di Padova) aveva presumibilmente un banco a M. prima di insediarsi a Venezia, dove divenne il fondatore della Comunità ebraica[10].
Nel novembre 1519 venne fatta la proposta di trasferire gli ebrei da Venezia a M., ma, sebbene fosse stata approvata dal Senato, non ebbe seguito, come la minaccia del 1537[11].
Nel XVI secolo gli israeliti abitavano a M. nella località detta Pirago, che fu, in seguito chiamata Piraghetto o Ghetto[12].
Un accordo fu stipulato, nel 1573, con un paio di banchieri mestrini, sebbene è presumibile che gli affari non potessero essere fiorenti in una località così piccola e così vicina alla capitale[13].
Dalla fine del XIV secolo, gli ebrei di Venezia furono sepolti per un certo periodo a M., prima di tornare ad usare la zona del Lido a Venezia[14].
Bibliografia
Freimann, A., Haben jüdische Flüchtlinge aus Mainz im XV Jahrhundert den Buchdruck nach Italien gebracht?, in Journal of Philosophy I, n. 1(1938), pp. 9-11.
Jacoby, D., Les Juifs à Venise du XIV au milieu du XVI siècle, Firenze, 1977.
Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.
Morpurgo, E., Inchiesta sui monumenti e documenti del Veneto interessanti la storia religiosa, civile e letteraria degli ebrei, Udine 1912.
Nissim, D., Gli ebrei a Piove di Sacco e la prima tipografia ebraica, in RMI 38 (1972), pp. 167-176.
Pullan, B, Rich and Poor in Renaissance Venice, Oxford 1971.
Roth, C., Venice, Philadelphia 1930.
Roth, C., The History of the Jews of Italy, Philadelphia 1946.
[1] Roth, C., The History of the Jews of Venice, pp. 16-17; cfr. Jacoby, D., Les Juifs à Venise du XIV au milieu du XVI siècle, p. 169. Mentre lo Jacoby sostiene che le autorità veneziane non espulsero gli ebrei da M., quando ne entrarono in possesso, nel 1337, il Milano sostiene che Venezia intervenne, nel 1298, per impedire l’attività feneratizia degli ebrei di M., mirante alla capitale lagunare. Tuttavia, dato che M., alla fine del XIII secolo, non era ancora dominio veneziano, la notizia riferita dal Milano si rivela destituita di fondamento. Cfr. Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 137.
[2] Roth, C., The History of the Jews of Italy, p. 123; Idem, The History of the Jews of Venice, pp. 17-20; cfr. Pullan, B., Rich and Poor in Renaissance Venice, p. 444.
[3] Milano, A., op. cit., pp. 138-139.
[4] Roth, C., History of the Jews of Venice, p. 19.
[5] Ivi, p. 20.
[6] Ivi, pp. 20-21.
[7] Freimann, A., Haben jüdische Flüchtlinge aus Mainz im XV.Jahrhundert den Buchdruck nach Italien gebracht?, p. 10; Nissim, D., Gli ebrei a Piove di Sacco e la prima tipografia ebraica, p. 172, note 17 e 19. Su Meshullam Cusi e la sua opera di stampatore, si veda alla voce “Piove di Sacco” della presente opera.
[8] Morpurgo, E., Inchiesta, p. 11, nota 9; cfr. Roth, C., Venice, p. 137. Il Milano afferma, invece, che gli ebrei furono obbligati a costruirsi una sinagoga a M. , nel 1516, dato che la cittadina continuava ad essere considerata dalle autorità veneziane come il luogo di “ritiro “ degli ebrei veneziani, in caso di espulsione. Cfr. Milano, A., op. cit., p. 285.
[9] Roth, C., ivi, pp. 41-42.
[10] Ivi, p. 45.
[11] Milano, A., op. cit., p. 279.
[12] Morpurgo, E., op. cit.,p. 11, nota 9; cfr. Roth, C., Venice, p. 268.
[13] Roth, C., Venice, p. 268.
[14] Ivi, p. 151.