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Capoluogo dell’omonima provincia creata nel 1992. È situata sulla costa ionica, al margine settentrionale del promontorio che avanza in mare tra le foci del fiume Tacina e Neto. La parte medievale dell’abitato occupa il sito dell’acropoli di Króton, la città della Magna Grecia fondata verso il 710 a. C. da un gruppo di Achei. Nel 194 a. C. i romani vi dedussero una colonia, eretta poi a municipio. Durante l’impero si ridusse a un piccolo centro provinciale e con i bizantini ebbe prevalentemente ruolo di fortezza. Nel 1284 Carlo I d’Angiò la diede in feudo a Pietro Ruffo, conte di Catanzaro, nel 1459 fu al centro della guerra scatenata dalla ribellione di Antonio Centelles, marchese di C.[1], mentre nel 1531 era di regio demanio. Città vescovile, nel 1443 era tassata per 464 fuochi e nel 1532 per 850.
Le più antiche notizie finora note sulla comunità di C. risalgono al periodo angioino e sono di natura fiscale. Nel 1276 essa pagava alla Corte un contributo annuo di 19 once, 12 tari e 12 grana, di gran lunga superiore a quello delle altre comunità di Calabria[2].
Nel 1311 e 1324 ci furono disposizioni ufficiali a favore degli ebrei della città per impedire che le loro case e i loro beni fossero in balia degli ufficiali locali, o al servizio della Corte, e le loro persone sottoposte a pesanti e umilianti angherie. Nel 1324 fu anche accordato il permesso di restaurare la sinagoga, a condizione tuttavia che non fosse sopraelevata o ampliata, o resa più bella rispetto al suo stato precedente[3]. Nel 1329, però, molti ebrei fuggirono in diversi luoghi soggetti a baroni per non pagare la loro quota dell’annua contribuzione di cento once d’oro pattuita fra i correligionari di Calabria e la Curia. Poiché i collettori pretendevano da quelli che erano rimasti il pagamento dell’intera quota dovuta dalla comunità, che era di 15 once, questa presentò ricorso alla Curia contro tale ingiustizia[4].
La felice posizione di C. - unico porto della costa ionica della Calabria, ai margini del Marchesato e della Sila – favorì le attività commerciali degli israeliti. Ad alcuni di loro un Enrico Buttario di Siracusa nel 1370 sottrasse le mercanzie che trasportava nella sua imbarcazione per compensarsi delle merci, proprie e dei soci, che le autorità di C. gli avevano sequestrato e di cui aveva più volte chiesto la restituzione. Le merci prese agli ebrei erano costituite da stoffe di lana e di cotone e da oggetti minuti di poco valore[5].
Il 27 aprile 1400 re Ladislao concesse al giudeo Iosef di Montalto, domiciliato a C., una dilazione di cinque anni per pagare i creditori, dai quali aveva avuto beni e denari. A causa della guerra e dei saccheggi, infatti, egli aveva perso tutto e si era trovato nell'impossibilità di onorare gli impegni. Iosef era anche medico e il 28 aprile il re gli concesse di essere esaminato nella sua arte dal maestro Nicola Pagano di Cosenza[6].
Per l'epoca aragonese (1442-1501), uno dei primi documenti è il capitolo presentato dall'università di C. al nuovo re, Alfonso I d’Aragona, e da questo approvato, in cui si chiedeva che gli ebrei annoverati come cittadini fruissero di tutte le grazie, franchigie, immunità e libertà di cui godeva la città (3 giugno 1445)[7]. Il capitolo attesta i sostanziali buoni rapporti che si erano stabiliti in questo periodo tra gli ebrei e i concittadini cristiani. A questi, i primi offrivano i servigi delle loro arti e professioni, che non erano solo il ricco commercio ed il prestito a interesse. Così nella fabbrica e restauro del castello (1486), anche alcuni giudei diedero il loro contributo: Sabaday fornì per 1 tarì e 2 grana dui tavoli veneciani, mastro Russo Sala due centinaia di chiodi al prezzo di 12 grana il centinaio, mentre altre due centinaia di chiodi le fornì Samoeli de lo Speciale e Cole dette 22 passi di corda sottile al prezzo di mezzo grano il passo. Altri provvidero attrezzi o parteciparono direttamente ai lavori di ristrutturazione[8].
Nel 1489 la comunità presentò ricorso, insieme con altre della regione, contro il percettore provinciale che aveva imposto una tassa straordinaria a cui gli ebrei ritenevano di non essere tenuti poiché pagavano i contributi ordinari (fuochi e sali) alla pari degli altri cittadini e in più contribuivano alla tassa straordinaria di 6.000 ducati imposta ai giudei del Regno. La Camera della Sommaria diede loro ragione e ordinò al percettore, Vincilao de Campitello, di non molestare gli ebrei per la nuova tassa che aveva escogitato[9]. Nel 1493 la stessa Camera confermò ai giudei di C. l’esenzione dall’imposta sulla macellazione delle carni destinate al loro consumo[10].
Nel 1494 la Sommaria intervenne invece a favore di un prestatore cristiano, Andrea de Grande de Cosenza, che aveva sporto querela contro i fratelli Musella e Zaga di C., ai quali aveva imprestato 100 ducati: i due, che si erano caricati di debiti anche con altre persone, prima che scadesse il termine per la restituzione si erano imbarcati di notte con le famiglie per Brindisi. Scoperto dopo due anni il loro nuovo domicilio, il creditore li denunziò presso la Camera della Sommaria. Questa si rivolse al capitano della città adriatica, ordinandogli di convocare alla sua presenza le parti e di costringere i due fratelli a restituire tutto quello a cui erano legittimamente tenuti, sia del capitale che dell'interesse[11].
Due manoscritti ci danno notizie sulla vita culturale nel periodo aragonese. Il primo fu copiato nel 1472 da Shelomoh il Medico b. Isac ha-Laban per suo uso personale e contiene i commenti medi di Averroè a tre trattati aristotelici (Fisica, L’anima, Meteorologici), i primi due nella traduzione ebraica di Qalonimos b. Qalonimos, il terzo nella traduzione e con il commento di Shemuel Ibn Tibbon[12]. Il secondo manoscritto fu eseguito nel 1474 da Shemuel b. David ibn Shoham da Corfù e contiene, insieme ad alcuni brevi testi cabalistici, il Moshav zeqenim, uno commento al Pentateuco compilato dai Tosafisti (sec. XIII)[13].
Di questi stessi anni è una lapide funeraria rinvenuta nel 1926 e attualmente conservata nel Museo locale. L’epigrafe, in ebraico, ricorda un Oshea Gallico deceduto nel 5236 ( = 1475-76)[14].
Le violenze antigiudaiche che accompagnarono l’invasione del Regno da parte di Carlo VIII di Francia nel 1495, non trovano finora riscontro per C.: nel 1507 la comunità era composta di 58 nuclei familiari, i quali facevano parte integrante dei 450 fuochi della città. Per questo la Sommaria ordinò che i loro contributi fiscali ordinari fossero raccolti insieme con quelli degli altri cittadini e non separatamente per non costringerli a pagare due volte la stessa tassa. Nel 1508, poi, per un donativo straordinario imposto ai giudei di Calabria, quelli di C. furono tenuti al pagamento di 29 ducati, 2 tarì e 10 grani[15].
Tasse e donativi non ammorbidirono, però, l’integralismo degli spagnoli, che erano subentrati con la forza alla casa d’Aragona nel 1503. Nel 1510 un editto di Ferdinando il Cattolico impose agli ebrei e ai neofiti delle province napoletane di esulare. A C. i cristiani novelli trovarono difficoltà a lasciare la città, anche con sequestri dei loro beni, probabilmente perché si voleva costringerli a svendere le proprietà e ad accontentarsi di risarcimenti parziali dei debiti. Il 14 aprile 1515 il Consiglio Collaterale ingiunse al capitano della città di non frapporre alcun impedimento alla loro partenza, permettendo ai neofiti non solo di recuperare i crediti e di vendere i beni che non potevano portarsi via, ma anche di costituire procuratori che portassero a termine tali negozi dopo la loro partenza. I neofiti potevano imbarcarsi in qualsiasi porto della Calabria. In particolare si provvide ad assicurare loro il cammino per raggiungere via terra i porti di San Lucido e di Amantea, sul Tirreno[16]: la scelta di questi due porti fa pensare che alcuni di essi fossero originari della Sicilia e volessero tornare nell’isola.
Dopo che i giudei e i cristiani novelli ebbero lasciato il Regno, ci si accorse di quanto era utile la loro presenza e gli spagnoli furono costretti a riammetterli. Gli ebrei tornarono allora anche a Crotone e nel 1531 ottennero di essere esentati dal pagamento di qualsiasi contributo fiscale imposto dalla locale Università dal momento che, insieme con gli altri correligionari, pagavano annualmente un tributo speciale assai oneroso[17]. Questo documento precede di pochi anni l’espulsione definitiva degli ebrei dal Viceregno di Napoli ordinata nel maggio 1541 dall’imperatore Carlo V.
Il luogo dove gli ebrei abitavano a C. si trovava parte nella parrocchia di Santa Maria Prothospatariis e parte in quella di San Pietro, a poca distanza dalla cattedrale. Il topomino “Judeca” , che lo indicava, fu in uso negli atti notarili sino alla fine del Seicento.
Bibliografia
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Colafemmina, C., Archeologia ed epigrafia ebraica nell’Italia meridionale, in Italia Judaica I, Roma 1983.
Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Soveria Mannelli 1996.
Dito, O., La storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda metà del secolo XVI, Cosenza 1979 (ed. anast.).
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Freimann, A., Jewish Scribes in Medieval Italy, in A. Marx Jubilee Volume. English Section, New York 1950.
Garbini, G., Un’iscrizione ebraica Crotone, in Rivista di Studi Orientali 38 (1963).
Pontieri, E., La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli 1963.
Simonsohn, S., The Jews in Sicily, 18 voll., Leiden-Köln-Boston 1997-2010.
Sirat, C. - Beit-Arié, M., Manuscrits médiévaux en caractères hébraiques portant des indications de date jusq’à 1540, Jerusalem-Paris 1972.
Vaccaro, A., Kroton, Chiaravalle C.le 1978.
[1] Cfr. Vaccaro, A., Kroton, pp. 27-325; Pontieri, E., La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli 1963. Nel medioevo il nome della città era Cotrone, in dialetto Cutròni, Cutruòni: riprese l’antico nome nel 1928.
[2] RCA XLVI, p. 204.
[3]Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 60, 63.
[4]Caggese. R., Roberto d’Angiò e i suoi tempi, I, pp. 302-303.
[5]La vicenda provocò un contenzioso tra il re di Sicilia Federico d’Aragona e il capitano di C., che si concluse con la facoltà concessa a Enrico Buttario di vendere le mercanzie di cui si era appropriato e di versare alla curia del re quanto sopravanzasse dal ricavato della vendita dopo avere risarcito sé e i soci. Cfr. Simonsohn, S., The Jews in Sicily, vol. 2, 1302-1391, pp. 1031-1033, 1035, 1037-38, docc. 937-938, 942, 949.
[6]Dito, O., La storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda metà del secolo XVI, pp. 181-182.
[7] Fonti aragonesi, I, p. 42.
[8] Fonti aragonesi, IX, pp. 3-4, 13, 23.
[9]Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, pp. 117-118, doc. 23.
[10] Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria, p. 59, doc.8.
[11] ASNa, Sommaria, Partium 40, 35r.
[12]Sirat, C. - Beit-Arié, M., Manuscrits médiévaux en caractères hébraiques portant des indications de date jusq’à 1540, I, 131. Collaborò con Shelomoh il Medico un altro scriba, di nome Matatyah.
[13]Freimann, A., Jewish Scribes in Medieval Italy, p. 311, n. 415b.
[14]Garbini, G., Un’iscrizione ebraica Crotone,pp. 3-8, tav. I; Colafemmina, C., Archeologia ed epigrafia ebraica nell’Italia meridionale, p. 206, fig. 14.
[15] Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria, pp. 49, 63-64, doc. 14.
[16] Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria cit., pp. 66-67, doc. 18-19; Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, p. 221.
[17] Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria cit., pp. 67-68, doc. 20.