Tropea

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Tropea

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Tropea  (טרופיאה)

Provincia di Vibo Valentia. Città sorta su una rupe del promontorio che si protende nel Tirreno tra il Golfo di Sant’Eufemia e quello di Gioia, era dotata di un porto naturale, protetto dalla scoglio di San Leonardo. Sede  episcopale dall’VIII secolo, acquistò importanza a partire dall’epoca dei Normanni (sec. XI) e con gli Aragonesi (sec. XV) divenne città regia[1]. Nel 1443 era tassata, con i suoi casali, per 728 fuochi e nel 1532 per 1947.

Nella seconda metà del secolo XIV molti ebrei erano attivi a T. come commercianti di vino e di altri prodotti della zona. Dei loro negozi rimane traccia nei registri dei diritti doganali pagati, per esempio, nel porto di Cagliari, dove importarono vino rosso  Elies nel 1360, Saquini nel 1365 e Davide di T. ( Devit, judeu de Turpia) nel 1390, nonché tonno Alia Xalo nel 1372 e tonno e linoRoven di Cagliari nel 1376[2].

Sul finire del XIV secolo la presenza ebraica si rafforzò in Calabria, in special modo per l’apporto di profughi provenienti dal regno d’Aragona, dove imperversavano movimenti antigiudaici. Nella loro nuova dimora, tuttavia, ed in particolare a Montalto, in diocesi di Cosenza, e a T., i profughi furono oggetto di vessazioni e persecuzioni da parte dei frati inquisitori, che giungevano a incarcerarli per estorcere loro denaro. Gli ebrei ricorsero allora al papa, Bonifacio IX, che il 26 giugno 1403, ingiunse energicamente ai vescovi delle due diocesi di impedire simili malversazioni e di proibire ai religiosi d’immischiarsi nelle faccende degli israeliti, che venivano invece affidati e sottoposti alla sola autorità episcopale.[3]

Nel 1442 gli Aragonesi subentrarono nel Regno agli Angioini. Ad Alfonso I d’Aragona nel 1447 l’università di T., tra altre grazie e privilegi,  chiese che nei pagamenti fiscali i giudei del luogo fossero trattati come cittadini e non fossero gravati da alcun altro pagamento se non dalla tassa della mortafa, una specie di tassa di soggiorno nelle terre cristiane imposta ai giudei. Il re concesse che essi fossero trattati come nelle altre terre demaniali della Calabria[4]. Dei primi decenni del dominio aragonese la documentazione è assai scarsa: sappiamo nel 1467 un Begnamin Muxa esportava vino dalla Calabria a Trapani e che nel 1471 Leone Voi era nella stessa città sicula mercante di olio[5].  

T., Gioia e San Lucido furono gli approdi  della sponda tirrenica della Calabria verso cui si diressero molti degli ebrei della Sicilia quando dovettero esulare nel 1492 per ordine di Ferdinando il Cattolico[6].  Un gruppo di essi pose il domicilio a T. e nel 1493 le autorità locali ottennero dal Re che godesse di tutte le franchigie fiscali riservate ai  cittadini nativi. Nella richiesta l’università aveva sottolineato la grande utilità di tali giudei per la città ed il danno sarebbe derivato se fossero costretti a ripartire perché obbligati a pagare diritti di dogana o altre imposte da cui gli altri erano esenti. Le autorità aggiunsero che, essendo la popolazione poco numerosa, non si doveva perdere l’opportunità di aumentarla, attirando con ogni arte ed industria i nuovi venuti ad iscriversi nel novero dei cittadini stabili[7].

In quegli anni viveva a T. uno studioso di diritto rabbinico, di cui non si conosce il nome, originario probabilmente dell’isola di Creta. Di lui ci rimane copia di una lettera in cui dà il proprio parere sul vino prodotto da ebrei in vigne appartenenti a non ebrei. Alla fine della lettera egli esprime il desiderio di erigere una “casa di studio e di preghiera” a T. o ad Oppido. Il maestro voleva rafforzare lo studio del Talmud e della Halachah nella sua città o in un altro centro vicino perché si era accorto che  «la Torah scompariva a poco a poco da quei luoghi e l’uomo compiva solo ciò che era giusto ai propri occhi»[8].

Ad onta dei buoni propositi, l’integrazione dei nuovi arrivati nella compagine cittadina sembra che non si realizzasse. Nella primavera del 1494, infatti, gli ebrei siciliani denunciarono di essere di continuo, ma specialmente durante la Quaresima,  insultati e le loro persone e abitazioni prese a sassate. La Camera della Sommaria non fu insensibile alla denuncia e in data 7 aprile 1494 ordinò al capitano della città di far cessare le ingiurie e le violenze e di punire severamente chi le compiesse, affinché la pena fosse a questi di castigo e agli altri di esempio[9].  Il 25 aprile la Camera della Sommaria scrisse al capitano di trattare personalmente le cause riguardanti i giudei del luogo, sia di quelli venuti di recente – ossia i siciliani - sia di quelli antiqui che vi abitavano da tempo, così come erano di sua spettanza le cause riguardanti i cristiani[10]. Ma il 27 la Sommaria rimproverò il capitano stesso per la sua riluttanza ad osservare i privilegi concessi agli ebrei siciliani e gli ingiunse di permettere loro di seguire tutti i modi e usi degli altri giudei del regno e della provincia ed il giorno successivo ordinò all’università di non costringerli  al pagamento di contributi straordinari essendo essi esenti da tali imposizioni[11].

Quando nel 1495 Carlo VIII di Francia conquistò il Regno di Napoli, la Calabria si dichiarò subito a suo favore, ad esclusione dei centri di T. e Amantea. La prima fu assediata, ma resistette, e quando, con il favore degli spagnoli, Ferdinando II d’Aragona tornò al potere, l’università il 20 ottobre 1496 chiese che tutti i giudei che erano nella città al tempo dell’assedio, e di cui avevano condiviso angustie e afflizioni, fossero riconosciuti cittadini, distinti nel trattamento dagli altri correligionari della provincia, e che mai potessero essere cacciati dalla città e dal suo distretto[12].

Passato il Regno sotto il dominio spagnolo di Ferdinando il Cattolico, nel 1506 la stessa università chiese invece che i suoi giudei fossero espulsi, motivando la richiesta con il loro eccessivo affluire nella città, il grande disagio che davano al vivere dei cristiani, il danno che causavano con le loro esenzioni ai dazi e alle gabelle, la penuria e l’affanno che procuravano in tempo di guerra. Il re rispose che avrebbe provveduto in breve per tutto il Regno[13], ma intanto, per il donativo di 450 ducati imposti dal Vicerè agli ebrei, la comunità di T. dovette contribuire nel 1508 con 31 ducati, che furono versati per mano di Moise de Mazara, Sabatino de Palermo ed altri[14].

Il 23 novembre 1510 Ferdinando il Cattolico mise in atto il provvedimento che aveva annunciato per gli ebrei, espellendoli, insieme ai cristiani novelli, dal Sud d’Italia.

Essi lasciarono anche T. e le autorità locali chiesero che i loro nomi fossero cancellati dai ruoli fiscali per non dover pagare in loro vece. Prese le dovute informazioni, risultò che le famiglie ebree che abitavano nella città erano 35, di contro a 1008 nuclei cristiani, e che esse erano andate via tutte, eccetto un Aron Bechem, che era deceduto prima della partenza, avvenuta nei mesi di maggio e giugno 1511[15].

Il bisogno delle popolazioni spinse in seguito le autorità centrali a tollerare di nuovo, fino all’ottobre 1541, la presenza degli ebrei nel Viceregno. Per T. è attestato in questi anni un Aron Canciola, mercante, in favore del quale si hanno due interventi della Camera della Sommaria. Il primo, datato 16 maggio 1531, in cui si chiede di conoscere i motivi per i quali non gli viene concesso di godere delle immunità e delle grazie date alla città in cui gli ebrei abitavano e si ordina di restituire ad Aron, previo pegno, le robe che gli erano state sequestrate. Il secondo intervento, datato 14 agosto 1536, è una richiesta di informazioni sui responsabili dei fondaci di Bivona e di Cosenza che avevano sequestrato ad Aron i panni che egli stava portando a vendere alle fiere di Monteleone e di Cosenza[16].

 

 

Bibliografia

Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Soveria Mannelli 1996.

David, A., Fonti ebraiche relative alla vita intellettuale degli ebrei nel regno di Napoli tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI secolo, in Itinerari di ricerca storica  20-21 (2006-2007), pp. 231-249.

Dito, O., La storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda metà del secolo XVI. Nuovo contributo per la storia della quistione meridionale, Rocca S. Casciano 1916.

Mazza, F. ( a cura di),  Tropea. Storia, Cultura, Economia, Soveria Mannelli 2000.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Simonsohn, S., The Jews in Sicily, 18 voll., Leiden-Köln-Boston 1997-2010.

Tasca, C., Ebrei in Sardegna nel XIV secolo. Società, cultura, istituzioni, Cagliari 1992.

Trinchera, F. (a cura di),  Codice aragonese o sia lettere regie, ordinamenti ed altri atti governativi de' sovrani aragonesi di Napoli, 3 voll., Napoli 1866-1874.

 

[1] Cfr. Tropea. Storia, Cultura, Economia, a cura di Mazza, F.,  Soveria Mannelli 2000.

[2] Tasca,  C., Ebrei in Sardegna, pp. 371, 422, 464, 482-83, 595.

[3] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 502.

[4] Dito, O., La storia calabrese, p. 213.

[5] Simonsohn, S.,  The Jews in Sicily, pp. 9574, 10200.

[6] Ibid., doc. 5783; pp. 8587-8591.

[7] Trinchera, F., Codice Aragonese, III, doc. LXXXV, pp. 387-388, Dito, O., La storia calabrese, pp.  257-258.

[8] David, A.,  Fonti ebraiche, pp. 234-235. Negli anni 1498-99 ci fu una disputa tra R. Hayym Yona ed il tribunale rabbinico di T. sul consenso alle nozze dato ad una donna di Marsala cui era stato concesso un libello di ripudio non valido nella città di Barletta (Ibid., pp. 239, 247-249).

[9] Colafemmina,  C., Per la storia degli ebrei in Calabria, p. 131; Sposato, Saggio, p. 46.

[10] ASNa, Sommaria, Partium 40, fol. 191v.

[11] ASNa, Sommaria, Partium 40, foll. 171r, 202r.

[12] Dito, O., La storia calabrese, pp.  335-336.

[13] Ibid., pp. 339-340.

[14] ASNa, Sommaria,  Tesorieri e percettori  4064, fol. 183r-188v.

[15] ASNa, Sommaria, Partium 83, fol. 178v; 84, fol. 108r-v.

[16] ASNa, Sommaria, Partium 141, fol. 88r; Colafemmina ,C.,  Per la storia degli ebrei in Calabria, pp. 164-165.

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