Bassano del Grappa

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Bassano del Grappa

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Bassano del Grappa  (בסאנו)

Provincia di Vicenza. Sito allo sbocco nella pianura veneta del canale di Brenta, B. è attestato dal secolo X, quando apparteneva per concessione imperiale ai vescovi di Vicenza. Nella prima metà del successivo, essi lo diedero in feudo agli Ezzelini da Romano. In seguito, B. fu Comune e poi nuovamente possesso degli Ezzelini, sino alla loro caduta nel 1259, quando la cittadina si diede un nuovo statuto (il più antico rimastoci). Data l’importanza della sua posizione geografica per il controllo del canale di Brenta e il passaggio del fiume, B. conobbe più dominazioni. Nel 1260 si diede ai Padovani, dopo fu sotto il dominio di Vicenza, per ritornare a Padova nel periodo tra i1 1268 e il 1320, poi tra il 1320 e il 1338 fu sotto gli Scaligeri, in seguito fu sotto i da Carrara di Padova e, poi, sotto Gian Galeazzo Visconti. Dal 1404, quando si diede a Venezia, ottenendo speciali capitoli e privilegi, B. rimase sotto la Serenissima sino alla fine del XVIII secolo.

Nel 1413 il territorio e la città furono devastati dalle soldatesche di Pippo Spano e, ancora più gravemente, nel 1510-1513 (lega di Cambrai), quando le truppe di parte imperiale la presero e la perdettero con alterne vicende.

La prima attestazione della presenza ebraica a B. risale al 1264, quando l’ebreo Aicardo da B., con un atto di cessione in pagamento di un suo credito, divenne possessore di una vigna ad Angarano, vicino al monastero di S. Donato. Anche nell’anno seguente, il suo nome e quello della moglie Belladonna vengono menzionati nei documenti relativi ad una disputa sorta intorno al possesso della vigna e di altre loro proprietà[1].

Verso la fine del secolo, il prestito passò in mano ai Toscani e il gruppo ebraico locale è nuovamente attestato solo dopo il passaggio sotto il dominio veneziano, quando il banco era tenuto da Kalonymus (Calimano) di Gershon Ashkenazi che, l’anno successivo (1405), chiese conferma della condotta, dando adito all’ipotesi che la sua presenza nella località risalisse al dominio visconteo[2]. Nel 1411 Calimano ottenne il rinnovo per altri tre anni e, quindici anni più tardi, esso fu concesso per ulteriori quattro anni[3].

Dopo di lui , Shimon di Mosheh di Spira ottenne il permesso di fenerare[4] e dai patti suoi o del suo socio o factor de soa fameya, autorizzato a risiedere a B. con la famiglia, prestando alla gente del centro e del distretto, sappiamo che il tasso di interesse era di 4 denari per lira al mese, mentre doveva scendere a 3 denari per lira al mese, qualora la Serenissima avesse sollevato gli ebrei dalla colta imposta[5].

Scaduta la condotta di Symon nel 1440, B. rimase senza feneratore per due anni, sinché non venne ingaggiato un figlio di Calimano[6].

Sino agli anni Sessanta del XV secolo, furono feneratori a B. Benedetto e Isacco, figli di Calimano, nonostante ripetuti tentativi, ispirati principalmente dallo zelo francescano, di liberarsi dei prestatori ebrei[7].

All’inizio del decennio successivo, il podestà di B., Bartolomeo Contarini, chiese consiglio al collega di Padova circa il segno distintivo ebraico che, sebbene obbligatorio in tutti i territori soggetti a Venezia, sembrava superfluo nelle località minori, come B., dove il nucleo era limitato al feneratore e ai suoi familiari e dipendenti. Nonostante il podestà di Padova ribadisse che tutti gli ebrei della sua città portavano il segno, non restano documenti sulle decisioni prese in merito a B.[8].

Nel 1475 fra’ Bernardino Tomitano predicò contro la presenza ebraica, facendo appello al presunto omicidio rituale di Trento. La popolazione di B., pertanto, cercò di ottenere dal governo veneziano l’autorizzazione a espellere gli israeliti, senza riuscire, però, nel proprio intento[9].

Quattro anni dopo, la peste mieté vittime a B. e, l’anno successivo, fu presa la decisione di espellere l’ebreo Isacco[10].

Nel 1485 il celebre Eliyahu Delmedigo soggiornò a B., scrivendovi la parafrasi in latino dell’opera di Averroè De Substantia orbis, promessa a Pico della Mirandola e, subito dopo, iniziò un rifacimento ebraico dell’opera, con aggiunte relative alla teologia ebraica[11].

Nello stesso anno, avvenne il presunto omicidio rituale di Lorenzino Sossio da Valrovina[12], di cui la diceria voleva responsabili gli ebrei di B.: i documenti locali non recano, tuttavia, tracce del sanguinoso episodio, mentre è registrata, l’anno successivo (1486), la partecipazione di un gruppo di bassanesi ad una cerimonia nuziale ebraica, con la conseguente scomunica da parte del vescovo di Vicenza, cui si contrappose la deliberazione del Consiglio di B. per ottenerne la revoca dal prelato[13].

Nel 1492 fu deliberato di licenziare, con il permesso di Venezia, il feneratore ebreo Marcucio e, pochi mesi dopo, venne decisa l’istituzione del Monte di Pietà: Bernardino da Feltre, informato del fatto, accorse a B. per concorrere con la propria predicazione alla raccolta delle offerte pecuniarie per il Monte[14]. Il senato veneziano approvò l’anno successivo la richiesta per tale fondazione e, dato che i fondi raccolti non erano sufficienti all’impresa, venne formalmente invitato a B. frate Angelo da Padova per incrementare dal pulpito le offerte. Il Monte iniziò ufficialmente ad essere in funzione nel 1493[15], ma il feneratore Marcucio continuò l’attività a B., mentre il Consiglio deliberò di non rinnovargli la condotta, spirante nel 1498, senza che, una volta di più, la decisione divenisse effettiva. Anzi, il Podestà, decise il rinnovo della condotta, nonostante le proteste del Comune, che si appellò ai Savi di Venezia[16]. A Marcucio successe, a quanto si inferisce dai documenti, tale Mandolino, insieme al quale, agli inizi del XVI secolo, operava a B. anche un Salomone.

Nel 1509, all’epoca della guerra della lega di Cambrai, gli ebrei di B. furono costretti a prestare una considerevole somma di denaro al Comune: la vita e gli averi di Mandolino sembrarono essere seriamente minacciati da alcuni bassanesi, cosa che provocò la reazione del Comune, che decretò che tutta città doveva intervenire in difesa dell’ebreo il quale, a sua volta, non poteva portare in salvo i pegni altrove, senza licenza podestarile[17].

Nonostante la difficile situazione la popolazione ebraica sembrava essere aumentata, stando ai documenti che affermavano la presenza di hebrei tam feneratores in hac terra Bassani quam alii habitantes in ipsa terra[18]; inoltre, nonostante la decretata difesa di Mandolino, il risentimento popolare contro gli ebrei sembrava più vivo che mai: hebrei semper fuerunt et sunt in totallem consumptionem ac ruinam ipsius terre[19]. Pertanto, dopo che la Serenissima rioccupò B., venne mandata un’ambasciata a Venezia per ottenere l’espulsione degli ebrei ne talis morbus propagatus amplius viget ac ipsi hebrei extradicetur et amovetur de dicta terra[20]. Dal silenzio dei documenti veneziani si inferisce che l’annoso progetto dei eassanesi di disfarsi della presenza ebraica fu al fine realizzato.

Più tentativi, da parte ebraica, per ottenere il permesso di insediarsi a B. nel XVI secolo non ottennero risposta favorevole e, pertanto, gli ebrei non vi risiedettero, limitandosi a recarvisi in occasione dei mercati[21].

Per quanto concerne le conversioni, da una delibera del Consiglio cittadino del 1497, risulta che un ebreo si era allora convertito, ricevendo un donativo in denaro[22].

Nell’Archivio di B. sono stati trovati sette frammenti di manoscritti ebraici usati per ricoprire rogiti notarili dal 1510 al 1546. Vi si trova anche una pergamena, datata 1651-1658, che solleva un interrogativo cui è difficile rispondere, dato che gli ebrei a quell’epoca non risultavano risiedere più nel territorio bassanese da quasi un secolo e mezzo[23].

Bibliografia

Carpi, D., Alcune notizie sugli ebrei a Vicenza (secoli XIV-XVIII), in Archivio VenetoLXVIII (1961), pp. 17-23.

Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918.

Cassuto, U.,  E.J., alla voce “Bassano”.

Chiuppani, G., Gli Ebrei a Bassano, Sala Bolognese 1977 (ristampa ediz. 1907).

Piattelli, A., Frammenti e manoscritti ebraici negli archivi di Stato di Bassano e di Verona, in Italia11 (1994), pp. 81-102.


[1] Chiuppani, G., Gli Ebrei a Bassano,  p. 22.

[2] Ivi, p. 24; p. 27.

[3] Arch. Municip., Atti del Consiglio, 1 Settembre 1411; Venezia, Arch. di Stato, Senato Misti. Vol. 56 carte 63, ivi,  p. 30,  note 2 e 3.

[4] Ivi, p. 30.

[5] Per i dettagli relativi ai punti salienti dei patti di Symon, cfr. ivi,pp. 38-41. I pegni non riscattati, dopo una serie di gride e di intimazioni, potevano essere venduti all’incanto, purché il prestatore si impegnasse, una volta recuperato il credito, a restituire il sopravanzo. A tutela dei debitori vennero delegati, nel 1425, due funzionari o Iudices ad vendendum pignora Iudeorum, assistiti da un notaio. Ivi,  pp. 41-42

[6] Arch. Munic., Atti del Consiglio 23 Settembre 1442, citato ivi, p. 56.

[7] Ivi,  p. 59; pp. 63-65.

[8] Ivi, p. 36.

[9] Ivi, pp. 66-69.

[10] Ivi, p. 73; Arch. Municip. Atti del Consiglio 3 Febbraio 1480, citato ivi, p. 69, nota 4. Per l’espulsione degli ebrei da B.,  nel 1481, cfr. Bachi,  R., La demografia dell’ebraismo italiano, in  Scritti in onore di Dante Lattes, p. 269, citato in Carpi, D., Alcune notizie sugli ebrei a Vicenza (secoli XIV-XVIII), p. 20, nota 1.

[11] Cassuto, U., Gli Ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, p. 289,  note 1 e 2.

[12] Vedi la voce “Marostica” della presente opera.

[13] Arch. Municip., Atti del Consiglio, 30 Marzo 1486, citato in Chiuppani,  G., op. cit., p. 76,  nota 1.

[14] Ivi, pp. 81 e segg.

[15] Ivi,  p. 95. Sulle difficoltà del Monte a funzionare, cfr. ivi, pp. 93-94. A differenza del Monte, il “fontico”, istituzione civile sorta spontaneamente per distribuire dietro pegno frumento ai poveri, si rivelò efficace. Sul “fontico”, cfr. Arch. Municip., Atti del consiglio 1 Giugno 1495, 23 Gennaio e 16 Giugno 1496, 5 Giugno 1502, 25 Febbraio 1506, 1 Maggio 1510, 15 Marzo 1512, citati ivi,; 97,  nota 1.

[16] Ivi, p. 101-102.

[17] Arch. Municip., Atti del Consiglio, 25 Maggio 1509, citato ivi,  p. 108, nota 2.

[18] Arch. Municip., Atti del Consiglio, 21 Marzo 1510, citato ivi,  p. 105, nota 4.

[19] Arch. Municip., Atti del Consiglio, 21 Marzo 1510, citato ivi,  p. 107,  nota 2.

[20] Arch. Municip., Atti del Consiglio, 21 Marzo 1510, citato ivi,  p. 109,  nota 3.

[21] Ivi, pp. 113-118.

[22] Ivi, p. 71.

[23] Piattelli, A., Frammenti e manoscritti ebraici negli Archivi di Stato di Bassano e Verona, pp. 84-87.

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