Noto

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Noto

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Noto, posta nell’omonima valle all'estremità sud-orientale della Sicilia, tra Siracusa e Modica, fu un feudo dei Cabrera. Se è vero che delle sepolture di una necropoli antica qui rinvenuta vengono attribuite ad ebrei, in virtù delle incisioni di candelabri che le rocce presentano[1], una comunità ebraica viene ricordata per la prima volta solo in epoca aragonese, e più precisamente ai tempi del re Lodovico (1342-1355). Fu allora, infatti, che il sovrano fissò il contributo da essa dovuto per la gisia e l'agostale a 6 once all'anno[2].

Un primo pogrom (1443) portò la comunità da 100 a 20 famiglie, ed un secondo (1474) ne fece diminuire ulteriormente il numero: tale decremento è evidenziato dagli elenchi tributari, che mostrano come essa fosse giunta ad iscriversi tra le più piccole del Regno.

N. fu un importante centro agricolo, ed i registri di due notai locali dimostrano che anche gli ebrei erano inseriti in questo settore dell'economia[3]. Qui nel '400 furono, inoltre, copiati un libro di preghiere quotidiane secondo il rito siciliano, i Salmi, alcuni amuleti, leggi sul divorzio (compreso un get consegnato nel 1480), un lamento per il Nove di Av in arabo ed un racconto sulle persecuzioni degli ebrei della cittadina[4].

Tutte le tracce della presenza ebraica a N. furono, però, distrutte da un terremoto nel 1693.


[1] Colafemmina, Ipogei Ebraici, p. 312 e segg.; Noy, Jewish Inscriptions 1, p. 205 e segg.

[2] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 995, 3464, 4897, vol. 18. cap. 2 e n. 39; Palermo, Jewish Settlement, p. 110 e segg. Sui rapporti degli ebrei con l'autorità, con le istituzioni comunitarie ed altri aspetti si veda la voce relativa alla città di Palermo.

[3] Simonsohn, Jews in Sicily, vol. 17: sono i registri dei notai Francesco Musco e Giovanni Giuliano. Rizzo Pavone, Gli Archivi di stato siciliani, p. 84.

[4] Parma 570 [De Rossi 1741].

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