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Cittadina situata su un terrazzo alla sinistra del Liri, in provincia di Frosinone. Sorto nell’886 circa, intorno al 1104 passò alle dipendenze degli abati di Montecassino; dal 1463 al 1860 divenne di fatto una enclave nel regno di Napoli dei domini pontifici. Dal 1551 dipese per il commercio, i pesi e le misure da Napoli, per la legislazione e la giustizia dallo Stato Pontificio. Nel 1443 era tassato per 369 fuochi.
La presenza ebraica è attestata a Pontecorvo dal XIII secolo. Nel 1294, infatti, un ebreo della località fu esentato dal pagamento delle tasse per essersi fatto cristiano.[1]
Nel 1472 vi pagavano la «vigesima» Vitale (ducati. 25), Salomone (d. 20), Diotaiuti e Mele (d. 6), Mosce (d. 3). Salomone è da identificarsi con l’omonimo per il quale, nel 1473, Dattilo di Sant’Elia fu costretto a farsi fideiussore del pedaggio al passo di San Germano.[2] Nel 1544 Emanuel di Ceprano, già abitante a Pontecorvo, era a Velletri e Vitale Moysis di Pontecorvo ebbe la concessione di aprire un banco di prestito a Roma; la stessa facoltà fu concessa, per un periodo di tre anni, a Moyse di Pontecorvo e soci a Terracina. Nel 1549 i giudei della cittadina furono accusati di prestare denaro senza licenza e a interessi esorbitanti e di falsare le monete; le stesse accuse furono ripetute nel 1550, insieme con quella di non pagare la «vigesima». Ma si trattava di pretesti per giustificare l'aumento della «vigesima» stessa.[3]
[1] N. Ferorelli, Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al XVII secolo, Torino 1915, pp. 67-68.
[2]Fonti aragonesi, XIII, a cura di C. Vultaggio, Napoli 1990, pp. 88-89, n. 4.
[3] Sh. Simonsohn, The Apostolic See and the Jews, Toronto 1988-1991, III,p. 1199, doc. 960; V, p. 2403, doc. 2367; p. 2429, doc. 2413; p. 2451, doc. 2457; VI, p. 2691, doc. 2854; pp. 2763-2764, doc. 2964.