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In Basilicata, capoluogo dell'omonima provincia. Il nucleo storico era sul ciglio e sul fianco accidentato di una profonda gravina, con abitazioni e chiese in gran parte scavate nella rupe. Fino al 1663 fece parte della Puglia (Terra d'Otranto). Nel 1443 era tassata per 706 fuochi.
La presenza a Matera di tre iscrizioni ebraiche del IX secolo e.v. aveva fatto pensare che esse documentassero l'esistenza in quel tempo di una comunità ebraica nella città[1]. Uno studio più accurato delle lapidi ha ora mostrato che esse appartengono a Venosa, da dove furono trasportate a Matera negli ultimi decenni del '700[2].
Nei primi decenni del sec. XIV dimoravano in Matera alcuni cristiani novelli, probabilmente originari di Taranto. Il 25 aprile 1328 Nicola di Pietro, detto Bacchus, neofito abitante in Matera, contrasse matrimonio in Altamura, con Rosanova, anch'ella neofita, e gli fu promessa dalla madre e dal fratello della sposa la dote formata dal tradizionale corredo e da due once di denaro. Egli si obbligò alla restituzione del denaro nel caso uno dei due coniugi morisse prima che il matrimonio fosse consumato. Fideiussori furono il neofita Profeta, abitante anch'egli in Matera, e alcuni neofiti di Altamura. Nell'atto si dice che il negozio fu fatto secondo l'uso e la consuetudine della città di Taranto[3].
Nel 1448 "Simone ebreo, Tristano e soci di Matera" furono condannati a una sanzione pecuniaria per pascolo abusivo di bovini nel territorio di Colonnella e di altre località dell'Abruzzo settentrionale[4].
Nella seconda metà del XV secolo è attesta a Matera una comunità ebraica, i cui membri erano attivi nel commercio del grano, la cui produzione caratterizza ancora oggi l'agro materano. Figura di spicco era mastro David da Tricarico, il quale nel 1482 acquistò per due once da Angelo di Leone di Cassano una fossa granaria sita in Matera, nel luogo detto "lo Lombardo", nei pressi della chiesa di San Lorenzo[5]. Contro le pretese della comunità di Lecce, egli ottenne nel 1483 di pagare i suoi contributi fiscali in Matera, dove abitava. Nel 1487 con i suoi figli era in lite per questioni di denaro e altro con gli ebrei baresi Leonetto Zizo, la moglie di questi e il loro nipote Garzone. Nel 1491, dopo il suo decesso, fu il figlio Azaria che, insieme con i fratelli, si oppose alla comunità di Lecce che aveva rinnovato le pretese di averli tra i suoi membri e contribuenti[6].
Un controversia sorse nel 1493 tra la comunità e le autorità locali e privati cittadini, che volevano modificare il regime con cui si reggevano gli ebrei e che era regolato dai privilegi concessi dal re. La Camera della Sommaria accolse il suo ricorso e ordinò alle autorità di non innovare nulla e di osservare alla lettera il contenuto dei privilegi. L'anno seguente la Sonmmaria intervenne a favore di Samuele de Leone di Lecce, dal quale l'università pretendeva la consegna di 12 carri di grano[7].
Queste controversie non incrinarono i rapporti sostanzialmente buoni che correvano tra giudei e materani, come si vide quando giunsero a Matera i soldati di Carlo VIII di Francia venuto alla conquista del regno di Napoli. Un Troiano Pappacoda ed un francese s'impadronirono di 25 carri di grano appartenenti a giudei locali e ad altri, e ciò solleticò i soldati francesi e gli stessi commissari del nuovo sovrano a saccheggiare ed espellere tutti gli ebrei della città. Ma il consiglio cittadino si affrettò a denunciare al nuovo re sia il furto che la prava intenzione, affermando che se questa si fosse realizzata, sarebbe tornata a grave danno e pregiudizio dell'intera cittadinanza. Carlo VIII accolse la denuncia e in data 28 marzo 1495 comandò al suo luogotenente Gabriele de Albret di far restituire il grano, o il suo giusto prezzo, e di garantire agli ebrei che abitavano nella città e nel suo distretto sicurezza nei confronti di chiunque avesse osato molestarli[8].
La Numerazione ostiaria eseguita nel 1732 in vista del catasto tramanda il toponimo Il Ghetto del Seminario, localizzabile fra lo stradone del Seminario e san Nicola la Cupa, presso l’attuale via Bozzi[9]. Ma sia l’origine che il significato del toponimo sono andati perduti.
[1] Volpe, Esposizione di talune iscrizioni, pp. 3-5. 29-33; Ascoli, Iscrizioni inedite o mal note, pp. 79-81, nn. 34-36.
[2] Colafemmina, Tre iscrizioni inedite altomedievali a Matera, pp. 103-116.
[3] Pupillo, Un matrimonio tra neofiti ad Altamura, pp. 17-22. Ancora nel 1511 c'era in questa città un cristiano novello chiamato Baccho de Baccho. Cfr. Colafemmina, Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, p. 265, doc. 288.
[4] Berardi, Per la storia della presenza ebraica, pp,279-280.
[5] Pedio, Le pergamene di Matera, p. 389, n. 307.
[6] Colafemmina, Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, pp. 45-46, doc. 21; p. 62, doc. 40; p. 83, doc. 67.
[7] Ib. , pp. 117-118, doc. 113; pp. 171-172, doc. 181.
[8] Volpe, Esposizione di talune iscrizioni, pp. 17-20. Nel 1509 la popolazione della vicina Montescaglioso constava di 338 fuochi ordinari e di 38 fuochi di albanesi e di slavi. Tra questi era annoverato un Radonza iudio: ASNa, Licterarum deductionum foculariorum 1, c. 31r-v.
[9] Cfr. R. Giura Longo e altri, in Il Centro Storico di Matera, Matera 1973,pp. 12-13.