Martina Franca

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Martina Franca

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In provincia di Taranto, sorge su una collina sovrastante l’ampia depressione carsica della Valle d’Itria punteggiata di trulli. Le sue origini risalirebbero a un villaggio medievale chiamato San Martino, ingrandito all’inizio del 1300 da Filippo d’Angiò, principe di Taranto. Nel 1310 questi concesse al nuovo agglomerato molti privilegi e franchigie; altre esenzioni furono concesse nel 1368 e nel 1369 da Filippo II d’Angiò,  a seguito delle quali la cittadina prese il nome attuale di Martina Franca. Nel XV secolo fu oggetto di contese tra il demanio regio e il Principe di Taranto, finché, dopo alterne vicende, fu infeudata nel 1507 alla famiglia Caracciolo, col titolo di ducato. Nel 1443 fu tassata per 232 fuochi, nel 1532 per 1238.

Nella prima metà del XV secolo è attestata a Martina la presenza di un gruppo di cristiani novelli, probabilmente discendenti degli ebrei pugliesi che alla fine del XIII secolo avevano ricevuto il battesimo sotto le pressioni angioine. Alcuni di loro erano stati costretti dal defunto principe di Taranto Giovan Antonio Orsini a versare a lui le somme che essi dovevano a certi mercanti vassalli di Ferrante I. Su richiesta dell’Università, il re concesse a tali neofiti di non reiterare il pagamento dei debiti, e a quelli che, a motivo della loro povertà non avevano ancora risarcito i loro creditori, una dilazione di cinque anni. Poiché i creditori avevano ottenuto a loro volta un privilegio contro la dilazione, l’Università il 6 giugno 1465 chiese e ottenne dal re che fosse osservato il privilegio che aveva elargito ai neofiti, nonostante il provvedimento in contrario che egli stesso aveva emanato a favore dei creditori.[1]

Il 22 luglio 1467 i neofiti di Martina, insieme con quelli di Taranto, Monopoli, Castellaneta, Altamura e Ostuni, ottennero una lettera di remissione generale di qualsiasi crimine commesso sino a quel momento.[2]

La conquista del regno di Napoli da parte di Carlo VIII nel 1495 fu accompagnata da violenze e ruberie contro i giudei e i cristiani novelli. Ciò accadde anche a Martina, e quando la città tornò in potere degli Aragonesi, l’Università ottenne il 5 ottobre 1495 da Federico d’Aragona, luogotenente generale di Ferdinando II, che i cristiani novelli non potessero in alcun modo  chiedere indietro ciò di cui erano stati derubati e che agli stessi non fosse più permesso di abitare in Martina. Il divieto fu giustificato con i mali e le odiosità che essi avevano provocato in passato nella cittadina e con le grandi divisioni che avrebbero causato se fossero tornati ad abitarvi.[3]

Un neofita di Martina, di nome Tranza, abitava a Monopoli agli inizi del XVI secolo, ma nel 1511 egli aveva già lasciato la città insieme con i neofiti Prospero Siciliano, Oliverio di Taranto e suo figlio Prospero, Ippolita Siciliana.[4]


[1] I. Chirulli,  Istoria cronologica della Franca Martina. Cogli avvenimenti più notabili del Regno di Napoli, II, Venezia 1752, pp. 161-165; C. Colafemmina,  Gli ebrei a Taranto. Le fonti documentarie, Bari 2005, pp. 120-121, doc. 76.

[2] Codice Diplomatico Barese, XII, a cura di A. Giannuzzi, Bari 1935. p. 473, nota 2.

[3] Chirulli,  Istoria cronologica della Franca Martina  cit., pp. 169-170, 175-178; Colafemmina,  Gli ebrei a Taranto cit., pp. 148-149, doc. 97.

[4] C. Colafemmina, Documenti per la storia degli ebrei in Puglia nell’Archivio di Stato di Napoli, Bari 1990, pp. 286-289, doc. 312; Id., Gli ebrei a Taranto cit., pp. 174-175, doc. 105.

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