Gualdo Tadino

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Gualdo Tadino

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Gualdo Tadino (גואלדו טאדינו)

Provincia di Perugia. Erede della città umbra di Tarsina era sede vescovile già nel IV secolo e con i Longobardi entrò a far parte del ducato di Spoleto. Libero Comune nel XIII secolo, fu contesa tra Gubbio e Perugia e, dopo un breve periodo sotto il controllo di quest’ultima, nel 1458 fu consegnata alla Chiesa da Jacopo Canino.

Da un documento del 1384 si deduce che doveva esservi stata una presenza ebraica a G. in epoca precedente, dato che vi viene menzionato un ebreo perugino, che, tra i propri ascendenti, aveva un Magister Angelo di G.[1]. Anche  in  un atto del 1405 la località viene menzionata come luogo d’origine di un ebreo,  tale Gaio, a sua volta figlio di un Salomone di G.[2].

Nel 1418 erano in società per la gestione del locale banco Musetto di Aliuccio da Candia e Ventura di Musetto da Roma[3], mentre nel 1421 viene esplicitamente ricordato un ebreo residente nel centro umbro: il medico Magister Vitale di Manuele da Chianciano che vendeva una casa, nel quartiere S. Donato e che risultava anche impegnato nell’attività feneratizia[4].

Nel 1510 un Mosè di Abramo, residente a G., venne accusato, in presenza del vicario del vescovo di Nocera, di una lunga serie di colpe: aver accettato in pegno, contro il prestito di 1 ducato, una patena d’argento di proprietà di una chiesa del distretto di G., aver fenerato a G., per svariati anni, senza l’autorizzazione delle autorità  comunali ed aver venduto parte delle carni macellate secondo la Legge ebraica ad ignari cristiani. Ulteriori capi di  imputazione erano il fatto che lui e la sua famiglia fossero apparsi in pubblico senza il segno distintivo (o coprendolo in modo tale da celarlo alla vista), che si fosse servito di balie cristiane e di domestici cristiani, cui avrebbe fatto mangiare cibo cucinato secondo le prescrizioni rituali ebraiche, e che avesse osservato dalle finestre di casa sua le processioni durante le festività cristiane, tenendo un atteggiamento irriverente. Durante il processo, Mosè declinò le accuse, proclamandosi innocente. Dopo aver ascoltati svariati testimoni, il vicario del vescovo di Nocera emanò decise che Mosè dovesse restituire la patena accettata illegalmente e pagasse una multa di 25 ducati d’oro. La sentenza fu emessa in assenza dell’imputato e, lo stesso giorno, alcuni inviati del vescovo si recarono a casa di quest’ultimo, trovandovi solo la moglie, e, come misura precauzionale, sequestrarono alcuni oggetti di sua proprietà.

Mosè si appellò contro la sentenza presso il luogotenente del legato pontificio di Perugia, chiedendo che la stessa venisse annullata, essendo, a suo parere: inique lata et data, preter et contra formam juris et sacrorum canonum et usum et consuetudinem actenus observatam, maxime in dicta terra in qua deget dictus ebreus[5]. Il legato papale invitò, pertanto, il vicario del vescovo di Nocera a presentarsi da lui a Perugia, per controbattere le accuse di Mosè.  Il bailo che aveva recato l’ordine di convocazione al vicario, riferì che questi ne era stato così irritato da non volerlo neppure leggere. Nel 1511, il luogotenente del legato pontificio di Perugia annullò comunque la sentenza e condannano il vicario vescovile a pagare le spese processuali, mentre Mosè di G. venne prosciolto da ogni accusa[6].

Gli ebrei di G. furono fra le Comunità umbre che pagavano una quota della tassa del carnevale a Roma assieme a quella della capitale. Inoltre essi pagavano la consueta vigesima[7].

Un documento del 1528 menziona come medico a G. (attivo  anche nel prestito) Magister Vitale di Manuele da Chianciano, che, tuttavia, era comparso nella stessa veste in documenti di circa un secolo prima[8].  Con questo controverso atto si chiudono le attestazioni della presenza ebraica nella località.

 

Bibliografia 

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Toaff, A., The Jews in Umbria, 3 voll. Leiden, New York, Köln 1993-1994.    

Veronese, A., La presenza ebraica nel ducato di Urbino nel Quattrocento, in Atti Italia Judaica VI (1995), Roma 1998, pp. 251-281.

 


[1] Toaff, A., The Jews in Umbria, doc. 324.

[2] Ivi, doc. 657.

[3] Cfr. Veronese, A., La presenza ebraica nel ducato di Urbino, pp. 277                                                  

[4] Toaff, A., op. cit., doc. 761, 763. Nel 1458, il figlio di Magister Vitale, Magister Abramo risultava risiedere a Perugia. Ivi, doc. 1275.

[5] Ivi, doc. 2243.

[6] Ibidem.

[7]  Simonsohn, S., Apostolic See, doc. 1239, 2330.

[8] Toaff,  A., op. cit., doc. 2372; cfr. supra, doc. 761, 763. 

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