Città di Castello

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Città di Castello

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Città di Castello (צ'טה די קאסטלו), nell'Umbria in provincia di Perugia. Sita in zona collinosa, presso la riva sinistra del Tevere, nel punto in cui questo esce dalla conca detta Val Tiberina. Fondata dagli Umbri col nome di Tifernum, fu, in seguito, municipio romano. Dopo essere stata possesso dei Longobardi, dei Franchi e, per qualche tempo, della Chiesa, si costituì a  comune nel 1180 e, dopo una breve sottomissione a Perugia, riacquistò quasi subito la sua autonomia, riuscendo ad acquistare tale importanza politica da suscitare la rivalità di Perugia e Arezzo. Indebolita dall’interno dalle discordie faziose dei suoi cittadini, fu costretta ad appoggiarsi ora alla parte guelfa, ora alla ghibellina, subendo la supremazia dell’Impero o del Papato. Dal XV secolo fu signoria di Niccolò Vitelli e, alla  sua morte (1486), rimase sotto il dominio dei suoi discendenti sinché tutta l’Umbria non cadde sotto il dominio papale.   

La prima condotta venne concessa, nel 1390, ai fratelli Manuele e Bonaventura di Abramo da Perugia che intendevano stanziarsi a C. con la famiglia e aprirvi un banco. Nei capitoli si concedeva loro di fenerare a un tasso di interesse molto elevato; inoltre, si concedeva a Manuele e a Bonaventura la piena cittadinanza e la parità con gli altri cittadini sia nelle cause civili che nelle criminali, l’esenzione da gravami e balzelli per il periodo in cui avessero fenerato e l’interruzione dell’attività durante il sabato e le feste ebraiche.[1]

Due anni più tardi, un documento attesta che anche Magister Ventura ( o Bonaventura) di Dattilo “de Urbe” era attivo come prestatore a C.[2]  Nello stesso anno (1392), Manuele e Bonaventura si rivolsero, con esito positivo, ai Priori con una supplica per non essere molestati nell’esercizio del prestito e per non  essere costretti a comparire dinanzi ai tribunali ecclesiastici con l’imputazione di usura; da tale supplica si apprende che erano attivi anche nell’acquisto e nella compravendita di immobili siti a C. e nel contado.[3]  

L’anno dopo, il Comune chiedeva a Magister Ventura e a Manuele di Abramo una somma in prestito per pagare il salario del Podestà e concedeva loro, in cambio, l’appalto della gabella sull’uva per il mese successivo; tre anni più tardi, il Comune concedeva a Manuele e Bonaventura l’appalto, per tutto l’anno, dell’imposta sui grani, le biade, i legumi, il vino e l’uva, in cambio del prestito forzato di un’altra somma di denaro; dopo un ulteriore prestito (nel 1398) veniva trasferita ai feneratori la rendita annuale della tassa sul vino e l’uva.[4]

Nel 1393, le autorità cittadine modificarono le condotte feneratizie, riducendo il tasso di interesse e richiedendo una gabella mensile per il prestito, da cui fu esentato Magister Ventura, dato che il Comune, ingaggiatolo oltre che nel prestito anche per praticare l’esercizio della medicina, non gliene aveva pagato il salario. La mancata retribuzione di Ventura per i suoi servigi di medico si ripeté anche in seguito.[5]

Due anni più tardi, Abramo e Bonaventura si opponevano, con  successo, al tentativo del Comune di abbassare ulteriormente il prestito; l’anno successivo (1396), previo ulteriore prestito forzato alle autorità cittadine, ottenevano che fosse vietato a ogni altro Ebreo (salvo Magister Ventura) di stanziarsi a C., senza il loro preventivo assenso. Dietro loro richiesta, lo stesso anno,  la famiglia di Abramo di Deodato di Deodato da Perugia otteneva il permesso di stabilirsi a C., con diritto di cittadinanza.[6]

All’inizio del XV secolo, scompare dalla documentazione il banco di Magister Ventura.

Nel 1402, il Comune chiedeva a Ventura di Salomone da Tivoli e al figlio Abramo il prestito di 500 fiorini per la protezione e la difesa della città al tasso eccezionale del 60%, promettendo in cambio il diritto di tenere un banco e fenerare alle stesse condizioni di Manuele e Bonaventura da Perugia. Ventura di Salomone da Tivoli associava al banco il figlio Abramo, Consiglio di Dattilo da Tivoli, abitante a Pisa, Manuele di Magister Angelo da S. Angelo in Vado e Deodato di Deodato di C., figlio di Deodato di Abramo da Perugia.[7]  Due anni più tardi Manuele e Bonaventura da Perugia si adoperavano per pacificare la popolazione di C., ribellatasi contro papa Bonifacio IX, promettendo ottocento fiorini d’oro al Comune.[doc. 656; Cast., p. 33]. Alcuni anni dopo, il Comune invitava un feneratore fiammingo, probabilmente non Ebreo, a stabilirsi nella città, per fenerarvi alle stesse condizioni concesse agli Ebrei e al tasso del 30% [ Cast., p. 5; NON MENZION. Doc]; tuttavia, dalla gabella annuale di 60 fiorini che ogni banco doveva versare in occasione dei festeggiamenti per il santo patrono della città, risultavano esservi solo il banco di Bonaventura di Abramo, quello di Emanuele di Deodato e quello di David di Leone.[8]

Nel 1420 papa Martino V incaricò un abate di riabilitare Isacco di Manuele, abitante a C., che è stato colpevole di crimini e blasfemia e fu punito e riabilitato dale autorità laiche.[9]

Il figlio di Bonaventura da Perugia, Magister Salomone, prima dello scadere del contratto stipulato col Comune per la condotta medica, ne chiedeva la rescissione, al fine di dedicarsi al banco paterno.

Alla morte di Bonaventura (1422), il Comune concedeva al figlio e agli altri parenti di portare le vesti di lutto durante i funerali, nonostante il divieto in proposito espresso negli statuti.

Nel 1429 papa Martino V concesse a  Magister Salomone e famiglia particolari privilegi e la protezione pontificia, sottraendoli alla giustizia de Comune nelle cause civili e criminali, in considerazione  dell’atteggiamento favorevole al papato, tenuto da Salomone durante la ribellione di C. a Roma. Prima. però, lo stesso papa assolve Salomone da qualchesiasi responsibiltà per eventuali delitti commessi durante la rebellione. Solo nel 1434, il Comune trasferiva a Salomone i capitoli stipulati col padre a suo tempo e rinnovava, alle medesime condizioni il banco di David di Leone.[10]

Da un documento del 1445 risulta che i banchi attivi a C. fossero quello di Magister Salomone di Bonaventura  e quello di Mizole, di David (figlio di Leone). 

Nel 1449 i Priori di C. concedevano una condotta feneratizia per la città, con scadenza decennale, a un gruppo di Ebrei : Aleuccio di Abramo da Pesaro, Consiglio, Isacco e Salomone, figli di Bonaventura, Mizzole, Salomone e Manuele, figli di David, Dattilo, Bonaventura e Mosè , figli di Leone, figlio di David. I capitoli, che sarebbero serviti di base per le condotte successive, fissavano il tasso feneratizio al  30% per i locali, mentre per i forestieri il tasso era lasciato al loro libito, purché non venisse intaccato il capitale destinato ai fabbisogni creditizi dei locali, fissato a un minimo di  2000 fiorini. Ogni banco doveva pagare la tassa feneratizia di 60 fiorini da consegnare alla festa del santo patrono di C. Ai prestatori, oltre alla libertà di culto, erano concesse la cittadinanza , la parità giuridica con gli altri cittadini nelle cause civili e criminali e l’esenzione dalle imposte cittadine e dalle gabelle ordinarie, per il periodo della condotta. Tuttavia, veniva imposto l’uso del segno distintivo “da la cintura in su denanze, excepto i [mamolecti] minori de sette anni[11] ; inoltre, nei tre giorni della Settimana Santa cristiana, gli Ebrei non potevano uscire di casa fino al suono delle campane; alla popolazione cristiana veniva proibito di danneggiare o molestare gli Ebrei, pena contravvenzione.[12]

Al rinnovo della condotta (1459), il capitale che i prestatori avrebbero dovuto tenere a disposizione delle  necessità creditizie dei locali veniva portato a 3000 fiorini, mentre l’esenzione dalle tasse cittadine veniva circoscritta alla tassa ( imposta) di famiglia (gabella del capo et fumo) e alla tassa per il servizio e l’equipaggiamento militare (gabella della guardia et del fare hoste e cavalcata).[13]

Gli Ebrei risultavano acquistare e vendere beni immobili a C. e altrove, anche nella seconda metà del XV secolo.[14] 

Nel 1464 gli Ebrei di C. versavano alla Camera Apostolica la vigesima di 140 fiorini d’oro,  imposta dalla Santa Sede per finanziare la crociata contro i Turchi.    

Nel 1473, Isacco di Abramo di Borgo Sansepolcro e il figlio Israele, amministratori del banco di Angelo di Guglielmo da Perugia, Isacco di Salomone, i fratelli Bonaventura ed Elia di Leone e Elia di Ventura decidono di nominare due collectores della tassa che gli ebrei di C. dovevano pagare al Comune.  

L’anno successivo (1474), Angelo di Guglielmo da Perugia, Isacco di Salomone, e i fratelli Dattilo ed Elia di Leone, nominano Raffaele di Servadio  e Magister Aron di Samuele collectores  della tassa annuale di 60 fiorini che gli Ebrei di C. dovevano pagare al Comune.

Nel 1479, Aleuccio di Mosè e Raffaele di Isacco di Spoleto, collectores della vigesima imposta dal papa agli Ebrei per la crociata anti-turca, ricevevano da Salomone di Salomone di C. i 22 ducati e 35 bolognini che la comunità di C. doveva per il 1479 e il 1480. 

Nel 1474 a svariati Ebrei di C.  veniva comminata una multa per non  aver ottemperato alle disposizioni riguardo all’obbligo del segno; nel 1480 il Comune di C. ribadiva l’obbligo del segno, una rotella da portare sul petto, per gli uomini e anelli alle orecchie per le donne, pena la multa di 10 lire.

Nel 1475 sembra che un Ebreo, tale Angelo di Guglielmo da Perugia e fratello del defunto Aleuccio di Guglielmo, fosse stato dichiarato ribelle dal Comune e, come tale,  bandito da C. Pertanto, i suoi beni venivano sequestrati e amministrati dal vescovo Angelo da Tivoli, governatore della città e commissario per la  distribuzione delle proprietà dei ribelli.[15] 

Nel 1485, i Priori di C. rinnovavano la condotta agli Ebrei della città, facendola precedere da un Breve di Pio II del 1459, in cui veniva data ai reggitori di C. la più ampia libertà di azione nel sovvenire al fabbisogno della popolazione e interpretato da loro come consenso implicito alla presenza dei banchi ebraici. Col rinnovo della condotta, i Priori facilitavano gli Ebrei nell’osservanza delle regole religiose, consentendo ai macellai della città di seguire quanto avessero detto gli Ebrei circa la preparazione della carne, senza aumento di prezzo e senza limitazioni di vendita. Rispetto alla condotta del 1459, gli Ebrei erano tenuti a pagare la tassa sui beni immobili o livera  de la possessioni ( cap. III)  ed erano esentati dal segno distintivo ( cap. XVII).[16]

Due anni più tardi (1487), compariva nei documenti  un prestatore che, in seguito, avrebbe assunto un ruolo preminente tra i prestatori di C., Angelo di Aleuccio da Orvieto,  che  aveva  prestato al Comune una somma di denaro per provvedere al pagamento del salario del Legato Apostolico di C.[17]

Verso la fine degli anni Ottanta, il feneratore Salomone di Salomone veniva accusato di adulterio dagli Otto di Guardia di C. per aver avuto relazioni sessuali con una cristiana, venendo condannato a una forte multa.[18]

Nel 1491, il vescovo di C. ordinava a Josef di Samuele da Citerna di non ricevere ulteriori depositi di denaro da parte cristiana, di non prestare a interesse e di non ricevere cristiani a casa sua; in caso di disobbedienza, l’Ebreo avrebbe dovuto pagare la multa di 100 fiorini.[19]

Nel 1498, i tre figli di Angelo di Aleuccio da Orvieto (Gabriele, Prospero ed Eliseo) erano imprigionati per un’accusa non specificata nella documentazione; per ottenerne il rilascio Angelo e la moglie Dolce promettevano di pagare al Capitano del Popolo 1500 ducati d’oro  entro breve termine. Gli altri Ebrei di C., David di Dattilo da Tivoli, Israele di Isacco da Borgo Sansepolcro, Manuele di Consiglio da Pesaro, Salomone di Salomone e Manuele di David di Bologna si facevano garanti che l’ingente somma venisse pagata.[20]

Nel 1500, i Priori rinnovavano i capitoli con gli Ebrei di C., assicurando gli Ebrei che, se il commissario papale o altri li avesse vessati, sarebbero intervenuti inviando messi a Roma per perorare la loro causa.[21]

Nel 1507, in seguito alle prediche nella chiesa di S. Florido del francescano fra’ Cherubino, veniva rimesso in vigore per gli Ebrei di C. l’obbligo del segno (berretto giallo, per gli uomini, e velo giallo, per le donne), pena una multa di 10 ducati alla Camera Apostolica.[22]      

Nel 1510, i Priori di C.  rinnovavano i capitoli coi feneratori ebrei; a differenza dei capitoli precedenti,  il capitale minimo che gli Ebrei dovevano investire nel banco cittadino veniva abbassato da 3000 a 2000 fiorini; non veniva fatta menzione dell’obbligo del segno.[23]

Al successivo rinnovo dei capitoli (1521) veniva aumentata la tassa feneratizia annuale, portandola da 60 a 100 fiorini, e veniva ripristinato l’obbligo del segno.

Nel 1540 il camerlengo papale nominò Nello (ananel) di Angelo da Foligno (l'apostata Alessandro Franceschi) commissario per la raccolta della tassa di Monte Agone e Testaccio, la vigesima ed altre imposte dagli ebrei dell'Umbria e di C. Nel 1542 Iacob Abraam di C. e Moise Vivanti da Iesi rappresentavano gli ebrei in C. in materia della vigesima. Anche negli anni seguenti la comunità ebraica di C. figurava come pagatrice delle tasse  (vigesima, tassa turca, ecc.) alla camera apostolica.[24]

Dopo dieci anni (1531), la condotta veniva rinnovata, senza sostanziali cambiamenti rispetto alla precedente.

Nel 1545, i Priori rinnovavano ulteriormente la condotta, diminuendo, rispetto a quella  precedente, il capitale minimo da investire nel banco cittadino a 600 fiorini, mentre la tassa feneratizia che ogni banco doveva pagare annualmente veniva abbassata a 35 fiorini.[25]

La fondazione del Monte di Pietà, nel 1562, non incise sull’attività creditizia ebraica.[26]

Due anni prima (1560), Pio V con la Bolla Cum nos nuper obbligava gli Ebrei dello stato pontificio a vendere tutti i beni immobili acquistati per concessione di Pio IV, pena la confisca.

Nel 1564, i rappresentanti delle comunità ebraiche dell’Umbria, tra cui quelli di C. , giungevano a un accordo con la  Camera Apostolica circa la multa di 2500 fiorini che avrebbero dovuto pagare per aver infranto i provvedimenti della Bolla di Pio IV sugli Ebrei. L’anno successivo, la comunità ebraica di Roma stabiliva che la somma, di cui erano debitrici le comunità ebraiche umbre alla Camera Apostolica per i giochi carnevalizi dell’Agone e Testaccio,  ammontava a 44 scudi e 60 baiocchi e mandava un inviato a Perugia per riscuoterla; i rappresentanti delle comunità umbre, tra cui  Isacchino (Jsachinus) di Abramo da Perugia, residente a C., rimandavano di qualche tempo il pagamento, data la situazione di indigenza in cui versavano gli Ebrei locali. Nel documento successivo, relativo allo stesso pagamento, veniva menzionato come  rappresentante della comunità di C. Salomone di Mosè da Perugia. In un documento del 1568, sempre vertente sulla tassa per i giochi carnevalizi dell’Agone e Testaccio, il rappresentante per C. figurava essere Nello di Leone.[27]

Nel 1569, in seguito alla Bolla di espulsione di Pio V (Hebraeorum gens), i rappresentanti della comunità di C. – Nello, Isacchino e Pacifico- si rivolgevano ai Priori per aiuto nel recupero dei propri crediti.  Il Consiglio di Credenza  di C. suggeriva agli Ebrei di rifugiarsi nel vicino marchesato di Lippiano, ufficialmente per agevolare il riscatto dei pegni, ma ufficiosamente per aggirare il provvedimento pontificio nei confronti dei feneratori ebrei.[28]

Nel 1571 il visitatore apostolico Paolo Maria della Rovere, trovando alcuni Ebrei a C., imponeva loro “di portare il segno giallo di tre dita di larghezza attraverso la berretta o capello, et le donne un vero veramente giallo sopra gli  altri funigelli che portano in la testa, acciò siano conosciute per tali, quali in perditione  della loro anima sono et ostinatamente vogliono essere”.[29]

Secondo una fonte, svariati Ebrei sarebbero tornati a C., dopo il motu proprio di Sisto V (1586); tuttavia, con la Bolla Caeca et obdurata del 1593, con cui veniva decretata nuovamente l’espulsione degli Ebrei dallo stato pontificio, aveva comunque fine la presenza ebraica a C.[30]

Attività economiche

Nel 1390, il tasso feneratizio permesso era di 12 denari per libbra al mese ( pari al 60% ); allo scadere dei tredici mesi dalla consegna dei pegni veniva loro concessa la vendita o l’esportazione dei pegni; i libri contabili dei prestatori erano considerati facenti fede sotto tutti i riguardi. Nel 1393, l’interesse veniva diminuito dalle autorità cittadine al 40%; nel 1395, le autorità tentavano di ridurlo al 25%,  ma, data l’opposizione dei feneratori, veniva raggiunto il compromesso del 30%.[31]

Oltre all’attività feneratizia, venne concesso anche l’esercizio della medicina : negli anni Novanta del XIV secolo otteneva la condotta medica il romano Magister Ventura di Dattilo de Urbe (attivo anche nel prestito), con un salario di 25 fiorini annui; nel 1396 ottenne una condotta annuale di medico chirurgo Magister Elia, anch’egli con un salario di 25 fiorini annui.[32] Dopo il primo quarto del XV secolo, otteneva la condotta cittadina Magister& Salomone di Bonaventura da Perugia, con un salario annuale di 60 fiorini d’oro.[33]

Da un documento del 1431 risulta che tale Musetto fabbricava polvere da sparo per il Comune.

Da un documento del 1475 risulta che un mercante di C. vendeva a due concittadini ebrei una partita di panni di lana.[34]

Sinagoga

Da un documento del 1465 si apprende che la sinagoga  di C. era sita  nella casa dei feneratori Isacco, Consiglio e Salomone, figli di Magister Salomone di Bonaventura, nel quartiere di Porta S. Egidio. Data la pesta, particolarmente virulenta in tale quartiere, la sinagoga venne temporaneamente trasferita, previo consenso del cardinale Olivieri, governatore di C. e legato della Santa Sede, nella casa di Bonaventura di Leone nel quartiere Porta S.Maria.[35]

Nel 1505 Papa Giulio II istruiva il tesoriere ponteficio a C. di permettere agli ebrei di C. la trsferta della sinagoga in un'altra locazione.[36]

Cimitero

Da un documento del 1451 si apprende dell’esistenza di un “hortum cum sepultura ebreorum et puteo[37] , sito nel quartiere di Porta S. Egidio. Tale “hortum” veniva affittato da un frate domenicano a Angelo di Ventura e ai suoi fratelli Elia e Sabato. Un documento del 1469 attesta che Isacco di Salomone vendeva un  terreno da adibire a cimitero ebraico a  Elia di Ventura e ai suoi fratelli Angelo e Sabato, che agivano per conto degli altri Ebrei della città.[38]

Personaggi notevoli

Magister Servadio da Abramo di Bertinoro , da identificarsi con Obadyah  da Bertinoro, il celebre commentatore della Mishnah soggiornò per un periodo a C. e figura al primo posto nella lista dei feneratori della città, nei capitoli del 1485.[39] Negli stessi capitoli figura anche Reguardato di Abramo da Alatri, da identificarsi con lo scriba Semaryah ben Abraham, attivo in Toscana alla fine del XV secolo.[40]

David da Tivoli, figlio di Dattilo, fu qualche tempo a C.[41] Il figlio di David, Dattero (Yoab) è da identificarsi con l’autore di un’elegia ebraica per la morte dei due figli del banchiere Samuele da Perugia, conservata nel codice Oxford 1998 ( fol. 46 v.), da cui si evince che la dolorosa vicenda avvenne a C.[42]

Il figlio di Magister Abramo Alatrino, menzionato nei capitoli del 1545, Matatyah, completava, nel 1565, a C. il  commento all’opera Behinat Olam di Yedayah ha-Penini di Beziers; Angelo (Yohanan Yehudah) Alatrino, parente di Matatyah, scrisse pregevoli poesie in italiano ed ebraico.

Si segnalò per la sua raccolta di lettere ebraiche, aventi per oggetto la sorte delle dieci tribù di Israele, risalente al 1523, anche Yehudah ben Slomoh de Blanis, che, non essendo presumibilmente attivo nel prestito, non figura tuttavia nei capitoli di C.[43]   

Bibliografia

Toaff, A., “Gli ebrei a Città di Castello dal XIV al XVI secolo”, Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, LXXXII, fasc. 2, 1975, pp. 1-105; Idem, The Jews in Umbria, 3 voll., Leiden, New York, Köln, 1993-1994.


[1] Toaff, The Jews in Umbria, doc. 507; Idem, Gli ebrei a Città di Castello, p. 3.

[2] Il documento  riferisce che  Magister Ventura comparve dinanzi ai Priori della città per un contenzioso con ser Bondo di Guidone, che non gli aveva restituito una parte di una somma di denaro prestatagli. Toaff, The Jews in Umbria, doc. 529; cfr. Idem, Gli ebrei a Città di Castello, p. 3.

[3] Toaff, The Jews in Umbria, doc. 532. Manuel e Bonaventura sarebbero figurati, in seguito, tra i soci del banco ebraico attivo a Arezzo dal 1399. V. Molho A., “Jewish Moneylenders in Tuscany in the Late Trecento and Early Quattrocento”, Molho, A., Tedeschi J.A. ( a cura di),  Renaissance Studies in Honor of Hans Baron,  Dekalb, Illinois 1971, pp. 99-117.

[4] Toaff, The Jews …, docc. 540, 585, 601; Idem, Gli ebrei …, p. 4; pp. 30-31.

[5] Toaff, The Jews…, docc. 542, 606; Idem, Gli ebrei …, p. 3.

[6] Toaff, The Jews …, docc. 578,  585; Idem, Gli ebrei …, p. 4. Diodato di Abramo di Diodato da Perugia risulta essere stato associato da Manuele e Bonaventura al banco di Arezzo (v. n. 3) e, nel 1404, apriva un banco a Cortona. V. Gli ebrei …, p. 31, n. 26.

[7]Toaff, The Jews …, doc. 648; Idem, Gli ebrei …, p. 5; v. p. 31, n. 30.

[8] Toaff, The Jews …, docc. 656, 708; cfr. Gli ebrei …, pp. 5-6; p. 33, n. 39.

[9] Simonsohn, Apostolic See, Doc. 600.

[10]  Simonsohn, Ivi, Docc. 665-6, 671; Toaff, The Jews …, docc. 727, 745, 767, 812; cfr. Gli ebrei …, p. 6.

[11] Toaff, The Jews…, doc. 1123.

[12] Toaff, The Jews…, docc. 1065, 1123.

[13] Toaff, The Jews…, doc. 1291. Nel 1461, i Priori estendevano a David di Dattilo da Tivoli, proveniente da Firenze, i patti conclusi coi feneratori ebrei nel 1459. Ivi, doc. 1326. Su David di Dattilo; v. Toaff, Gli ebrei… , pp. 21-23. 

[14] Toaff, The Jews…, docc. 1297, 1298, 1316, 1365, 1392, 1395, 1396, 1404, 1405, 1420, 1428, 1441, 1460, 1468, 1474, 1482, 1488, 1489, 1530, 1532, 1573, 1603, 1605, 1607, 1610, 1613, 1622, 1623, 1628, 1639, 1640, 1646, 1698, 1704, 1770, 1790, 1842,  1891, 1913, 1938, 1941, 1961, 1963, 2048, 2054, 2091, 2093, 2275  . Anche  affitti a lungo termine venivano stipulati tra la popolazione di C. e gli Ebrei. Ivi, docc. 1401, 1403, 1609, 1610, 1910, 2102, 2197 

[15] Toaff, The Jews…, docc. 1380, 1382, 1624.1659,1772, 1799, 1694, 1720.

[16] Per questi e per gli altri capitoli , v. Toaff, The Jews…, doc. 1885; Idem, Gli ebrei…, pp. 60-71.

[17]Toaff, The Jews…,  doc. 1916; Idem, Gli ebrei…, p. 20. Nel 1497, Angelo riceveva 1.200 fiorini in moneta vecchia da Manuele di David da Bologna, residente a C.,  per il banco di C. , di cui erano soci. The Jews…, doc. 2053.   

[18] Toaff, The Jews…, doc. 1950.

[19] Toaff, The Jews…, doc. 1986.

[20] Toaff, The Jews…, doc. 2072; presumibilmente, si trattava di un artifizio del Comune per estorcere somme ingenti agli Ebrei più facoltosi di C., come  avvenne  altrove, nello stesso periodo. V. Idem, Gli ebrei…, pp. 20-21. In un documento di poco posteriore, si riporta l’accusa di “maleficium” ( probabilmente, vilipendio alla religione cristiana) contro i tre figli di Angelo, senza ulteriori particolari. Dallo stesso documento risulta che Angelo aveva pagato la multa di 1500 fiorini d’oro, per ottenerne il rilascio. Toaff, The Jews…, doc. 2073.   

[21] Toaff, The Jews…, doc. 2101; Idem, Gli ebrei…, pp. 71-81.

[22] Toaff, The Jews…, doc. 2181.

[23] Toaff, The Jews…, doc. 2227; v. Idem, Gli ebrei…, pp. 6-12, per l’elenco degli Ebrei menzionati nella condotta e i particolari relativi all’esercizio del prestito.

[24] Simonsohn, op. cit., Docc. 2003, 2085, 2180, 2199, 2212, 2318, 2345-6, 2360, 2378-9, 2381, 2403, 2412, 2461, 2752, 2945, 2969, 2973-4, 2993, 3166.

[25] Toaff, The Jews…, docc. 2338, 2384, 2453; cfr.  Idem, Gli ebrei…, pp. 6-12; 82-93.

[26] Toaff, Gli ebrei…, p. 33, n. 41.

[27] Toaff, The Jews…, docc. 2615, 2644, 2649, 2650, 2706.

[28] Toaff, The Jews…, doc. 2709; cfr. doc. 2711; v. Idem, Gli ebrei…, pp. 25-26.

[29] Toaff, The Jews…, doc. 2720.

[30] V. Loevinson, E. , “La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles”, REJ XCIII (1932), pp. 165 sgg.

[31] Toaff, The Jews…, docc. 507, 542, 578; Idem, Gli ebrei …, pp. 3-4.

[32] Toaff, The Jews…, docc. 583, 590, 600; Idem, Gli ebrei …, pp. 3-5; p. 31, n. 27.

[33] Toaff, The Jews…, doc. 727; Idem, Gli ebrei …, p. 6.

[34] Toaff, The Jews…, doc. 832, 1692, v. Idem, Gli ebrei …, p. 6.

[35] Toaff, The Jews…, doc. 1423.

[36] Simonsohn, op. cit., Doc. 1178.

[37] Toaff, The Jews…, doc. 1159.

[38]Toaff, The Jews…, docc.  1159, 1532.

[39] Toaff, Gli ebrei…, pp. 18-19.

[40]   Ivi,  p. 19.

[41] V. ivi, p. 22; per i particolari sulla sua figura, v. s.v. “Firenze”

[42] Ivi, p. 23.

[43] Ivi, pp. 23-24.

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