Abbiategrasso

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Abbiategrasso

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Provincia di Milano. Posto a 120 m. di altezza dal livello del mare, si trova sul canale di Bereguardo, poco lungi dal Ticino. Per la sua posizione rispetto al fiume ebbe notevole importanza strategica e, saccheggiato da Federico I e da Federico II, passò, in seguito, ai Visconti. Nei dintorni di A., i Francesi dell'ammiraglio Bonnivet furono sconfitti dagli Spagnoli nel 1524.

La prima traccia della presenza ebraica ad A. risale ad un documento del 1452, in cui viene attestato tale Guglielmo (Benyamin) che si ritrova, nel 1456, tra gli ebrei del Ducato cui Francesco Sforza condonò la punizione per atti illegali commessi, e l'anno seguente, quando ottenne il permesso ducale di tornare ad A., dopo tre mesi di viaggio in altre località italiane.

Alcuni anni più tardi, il castellano ed il podestà di A. intervennero a favore di tale Emanuele, punendo chi gli aveva arrecato danno ed un Emanuele o Manuele (Menachem) riappare nella absolutio ducale del 1465 e, tre anni dopo, un suo famulus, tale Samuele, risulta nella lista di coloro che hanno portato abusivamente armi.

Nel 1469, su richiesta di Emanuele, Gian Galeazzo Maria Sforza confermò, insieme al suo privilegio, quello degli altri ebrei e, due anni dopo, dietro ordine ducale, Emanuele si recò a Piacenza per formare un comitato d'appello sulla ripartizione delle tasse che alcuni suoi correligionari tardavano a pagare.

L'anno seguente, in seguito alla sua supplica, il Duca prese posizione contro i frati, scrivendo: considerato che la chiesa e papi tollerano li ebrei, volemo te retroui con questi frati [...]et li conforti per nostra parte ad non fare altra novità contro essi ebrei[..] nè fargli più molestia et disturbio como habiano hauuto per lo passato perchè ad fare lì quello non si fa in altri loghi del dominio nostro pareria cosa odiosa[1].

Nonostante ciò, sei anni dopo, durante la Quaresima, anche ad A. dovettero essere adottate le necessarie misure per proteggere gli israeliti, rinnovate due anni dopo. L'attrito con il nucleo ebraico, tuttavia, non era solo prerogativa ecclesiastica, stando alla testimonianza del figlio di Emanuele, Giuseppe, che lamentò il danneggiamento della propria abitazione come presunta "vendetta" dell'autorità podestarile, dal momento che egli, basandosi sul privilegio ebraico, si era rifiutato di alloggiare i membri del seguito della Duchessa, in visita ad A.

Negli anni seguenti, compaiono nei documenti altri nominativi di ebrei residenti ad A. e, da una missiva ducale del 1499, risulta che nella città si svolgesse una certa attività culturale, dato che Magister Salomone — che cercava all'epoca libri ebraici per il Duca — vi inviò alcuni copisti per trascrivere i testi ivi trovati.

Con il procedere degli anni, i rapporti tra gli ebrei e la popolazione locale continuarono ad essere piuttosto tesi, come testimonia, nel 1550, l'intervento del governatore di Milano, sollecitato dai primi, preoccupati per le violenze contro la Comunità. Il comune, dal canto suo, premette allora per ottenere il divieto di residenza agli ebrei e le parti in causa furono convocate a Milano per esporre le proprie posizioni, mentre, pochi mesi dopo, il podestà di A. ricevette ordine di far rispettare il privilegio ebraico.

Tale ordine venne rinnovato nel 1554 e, pertanto, il podestà dovette sloggiare i soldati insediatisi nelle abitazioni degli ebrei, mentre, due anni dopo, dovette prendere tutti i provvedimenti necessari per impedire violenze, specialmente durante la Settimana Santa.

Quanto all'attività economica, risulta che, nel 1546, David del fu Sansone de Castellanis, residente ad A., Yosef de Levi di Cremona ed un altro ebreo, suo precedente socio, si unirono per aprire un banco di prestito ad A., dove trovò lavoro anche Emanuele di Bassano, d'origine pavese, già da prima insediatosi in loco. Dagli atti notarili si apprende che tale banco, sito a porta S. Martino, era assai attivo: probabilmente per necessità di reperire nuovi mezzi finanziari vennero cointeressati nell'azienda Bellomo Clava di Novara, negli anni '50, e Leone ed Abramo Segre di Lodi negli anni '60.

Nel 1553 gli ebrei attivi nel prestito ad A. venivano implicati nella serie di processi contro i correligionari sorpresi a fenerare a Milano e poi rilasciati: emblematica della situazione ebraica generale fu la dichiarazione di Moisè Levi povero fiolo de familia, gravato de moglier et de molti picenini filioli[2], da poco trasferitosi ad A., che mostrò la tendenza degli agenti dei grossi banchieri del Ducato a migliorare la propria situazione economica approfittando delle possibilità offerte da Milano, in cui il divieto a fenerare non sempre era rispettato con il rigore mostrato in quell'anno.

Nel 1558, nella lista dei banchi attivi nel Ducato, veniva segnalato quello di A. con Emanuele de Bassano come titolare, mentre documenti posteriori confermano la compartecipazione al banco di David de Castellanis e Yosef Levi. Quanto all'interesse percepito, da un documento del 1571 si evince che mensilmente era di sei denari per una lira.

L'ultimo riferimento al banco, nel 1573, attesta il trasferimento di Emanuele a Cremona e il decesso degli altri due soci e con esso cessano le tracce della presenza ebraica ad A.[3].

Bibliografia

Motta, E., Ebrei in Como ed in altre città del Ducato milanese, in Periodico della Società Storica per la provincia e antica diocesi di Como V (1885), pp. 9-44.

Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'età spagnola, Torino 1973.

Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982–1986.


[1] Motta, E., Ebrei in Como, p. 10, nota 2.

[2] Segre, R., Ebrei lombardi, p. 27.

[3] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, I, doc. 189, 422, 495, 820, 925, 1083, 1155, 1267, 1368; II, 1776, 1988, 2040, 2119, 2139, 2151, 2275, 2510, 2511, 2651, 2657, 2663, 2933, 2982, 2516, 2519, 2829, 2831, 2866, 2991; III, 3401, 3525, 3620; Segre, R., Gli ebrei lombardi, pp. 27-28.

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