Fermo

Titolo

Fermo

Testo

Fermo (פרמו)

Capoluogo di provincia. Posta al centro di un vasto territorio collinoso, la città è situata su di un contrafforte tra le valli del Tenna e dell’Ete Vivo. Anticamente Firmum Picenum, fu colonia romana e, caduto l’impero d’occidente, fu compresa nella donazione di Pipino alla Chiesa, confermata da Carlo Magno (774): da quest’epoca pare avesse avuto origine la Marchia firmana. Contesa tra i duchi di Spoleto e gli imperatori franchi, rimase quasi sempre nominalmente soggetta alla Chiesa e appartenne al partito guelfo. Dopo varie vicende, rimase saltuariamente soggetta ai papi e fu travagliata da lotte intestine e dalla tirannia di cittadini e  forestieri. Dopo essere tornata sotto i pontefici, fu ancora sottoposta al dominio tirannico di alcuni signori (Liverotto Uffreducci e, più tardi, il Valentino) e, non cessando le discordie intestine, fu dichiarata città ribelle da Paolo III, che vi spedì il Farnese, il quale la mise a sacco. 

Da una pergamena del 1305, redatta in palatio civitatis Firmi, risulta che Abramo di Mosè, Vitale  Dattalo e Vitale Guglielmini, pro se ipsis et aliis eorum sotiis judeis prestarono 1.800 libbre ravennati a  Joannes De Guidonibus de Mutina e ad altri, tra cui diversi cittadini di F.[1] e da un’altra pergamena, ancora del 1305, si apprende che Dattalo di Mosè, Vitale di Levy, Vitale Bengiamini e Bonaventura Dattalo di Vitale prestarono 225 libbre al Comune[2], mentre da una  pergamena del 1310 risulta che Angelo Bengiamini di Salomone, fenerava con altri tre ebrei, tra quelli appena ricordati[3]. In nessuno dei documenti menzionati risulta, però, quale fosse il tasso di interesse applicato ai prestiti.    

Nella prima metà del Trecento soggiornò a F. anche il noto poeta Manuele Romano, autore, tra le altre opere, delle Mahberot, il quale, lasciata Roma e spostatosi per tutta una serie di centri dello Stato Pontificio, trovò qui l’ospitalità di un ricco correligionario (forse di nome Daniele) e venne probabilmente a morte nel 1328[4].

Verso la fine del XIV secolo, sembrava esservi a F. una comunità ebraica relativamente numerosa, le cui attività, ed i rapporti con la popolazione cristiana, venivano disciplinati negli Statuti cittadini[5].

Le posizioni di prestigio raggiunte da alcune famiglie traspaiono da taluni provvedimenti presi in loro favore, non obstante statuto, come un matrimonio extra districtum[6], il libero accesso ai palazzi pubblici[7] o la licenza di spostarsi per affari[8]. Gli Ebrei, dal canto loro, venivano incontro alle necessità economiche del Comune con vari prestiti, non solo su pegno di suppellettili e argenteria, ma persino super mitra domini Episcopi[9].    

Nel maggio del 1396 i soldati mercenari , sedata una rivolta, saccheggiarono il quartiere ebraico, posto in contrada San Bartolomeo[10].

Ebrei fermani erano attivi nell’attività feneratizia, soli o in società, anche nell’Italia settentrionale: nel 1373, ad esempio, Vital Manoello da Fermo (con Bonaventura Consiglio da Forlì) sottoscrisse una condotta feneratizia a Modena e, in seguito, i rapporti d’affari con questa città si consolidarono ulteriormente[11].

Nel 1430, sette feneratori residenti nella contrada di S. Bartolomeo, stipularono con il Comune patti[12] in cui veniva stabilito che per il prestito su pegno l’interesse non potesse superare il 17% o l’11-12% ( a seconda  di quale fosse la moneta in uso al momento)[13].  

Alcuni medici ebrei esercitarono a F. nel XV secolo ed il più famoso esponente della categoria fu il celebre Magister  Eliyah ben Shabbetay Beer o Elia di Sabbato da F.[14].

Nel 1453, furono poi sottoscritti altri patti con otto ebrei (Abramo di Manuele, Sabbatuccio, Leone di Manuele, Daniele di Abramo di Mosetto, Sabbatuccio di Salomone, Bonaiuta Angelelli e due donne, Dolcedonna di Manuele e Bellafresca di Abramo, moglie del medico Angelo Bonaiuto)[15].

L’anno successivo, un altro capitolato venne fatto con Joseff Isahac, d’origine bolognese e all’epoca trasferitosi a Macerata, che chiedeva di potersi trasferire a F. con famiglia ed entourage[16].

Gli ebrei attivi nel prestito verso la metà del Quattrocento risultano essere stati una quindicina[17] e la predicazione dei frati minori, volta ad osteggiarne la presenza, portò, nel 1433, all’obbligo del segno distintivo per uomini e donne, anche se minori[18].

Dal 1442 la predicazione di fra Giacomo di Monteprandone divise la città in due: contro i sostenitori dei provvedimenti anti-ebraici si schierarono i difensori della presenza israelitica, di cui comprendevano l’utilità economica[19].

Il Consiglio Generale propendette, però, per la linea del predicatore, proponendo l’annullamento dei Capitoli con gli ebrei, il licenziamento dei medici, il divieto di tenere botteghe lungo il Corso e la proibizione di servirsi di macellerie cristiane[20]. Le decisioni prese in tal senso nel consiglio dell’aprile 1464 non furono condivise dal Consiglio di Cernita, che cercava di venire incontro al bisogno creditizio della popolazione[21].  Per compiacere fra’ Giacomo ed i suoi sostenitori, furono presi allora solo alcuni provvedimenti “moralizzatori” di ordine generale, mentre l’attività feneratizia continuò ad essere permessa nella contrada di S. Bartolomeo[22].      

Del resto nel 1478 il Monte di Pietà non risultava ancora operante, nonostante la sua istituzione fosse stata approvata sin dal 1469 [23], ed il prestito ebraico, pertanto,  proseguì per tutto il resto del secolo, sebbene in tono minore, senza che vi fossero più stipulazioni di capitolati e con una sensibile diminuzione dei bandi di vendita dei pegni non riscattati. Data tale situazione, gli ebrei cominciarono ad investire i propri capitali  nell’acquisto di immobili (in seguito all’autorizzazione ricevuta in merito dalla Cernita nel 1476)[24] ed iniziarono ad affiancare all’attività feneratizia altre occupazioni, in particolare commerciali. 

Dopo il periodo di difficoltà in cui si erano venuti a trovare in seguito alla predicazione dei  frati, i feneratori ebrei cominciarono, inoltre, a volgere la propria attenzione al contado, dove è attestata l’apertura di banchi in una serie di località: Montefiore dell’Aso, Monterubbiano, Montottone, Santa Vittoria in Matenano, Sant’Elpidio a Mare, Montegranaro e San Giusto[25].

Nel 1503 gli ebrei si rifiutarono di pagare il cero dovuto alla chiesa di S. Lucia in favore degli studenti e  come conseguenza del mancato “obolo”, la sinagoga venne assalita ed i libri ne vennero trafugati: il Comune, tuttavia, intervenne, imponendo la restituzione del maltolto e sostituendo l’offerta del cero con quella di 1 fiorino[26].

Nel 1505, date le difficoltà economiche in cui versava  F., vennero nuovamente stipulati dei patti feneratizi con cinque giudei, che agivano anche a nome di altri otto non presenti al momento in cui fu stilato il documento.

Gli ebrei chiedevano di non essere obbligati a prestiti forzosi al Comune o a chicchessia, di essere equiparati, insieme al proprio entourage, allo status dei cittadini fermani, di godere della libertà di culto e di essere difesi dai predicatori e dalle eventuali prediche forzate cui questi ultimi avessero voluto costringerli[27].

Nel 1511 venne, poi, ribadito che era stato deliberato di stipulare la condotta con gli ebrei in quanto minus malum est eos tolerare quam christianos foeneratores perpeti[28].

Il camerlengo papale concesse nel 1541 a Salamon Agneli , ai membri della sua famiglia e soci, di fenerare a F., o altrove nelle Marche e, nello stesso anno, dette una tolleranza simile a Simon Finzi, Mathassia Foa e Mometto de Pontelle. L'anno seguente un privilegio per poter prestare a F. fu concesso a Simon Sabatuccii da Loreto ed a Servadio di Luci, mentre nel 1544 fu il turno di Abramo di Elia da Sant'Angelo in Ripatransone e due anni dopo quello di Abramo di maestro Angelo, Moyse de Bochianico e Lazaro da Loreto. Nel 1548, invece, furono banchieri a F. Moyse de Furce, Giacobbe Catalano, Gabriel de Serviliano, Salamone et alii. Papa Paolo III, inoltre, concesse loro un perdono, dietro pagamento d'una multa, per aver infranto il regolamento stabilito da Guido Ascanio Sforza, camerlengo papale, e confermato dal pontefice[29].

Dai documenti relativi alla seconda metà del secolo, risulta che le liti fra ebrei fossero relativamente frequenti: particolarmente accesa fu quella che, nel 1562, oppose Angelo Amadei a Leone Caracosi, mentre si trovavano ad assistere alle funzioni sinagogali, e che sfociò in un vero e proprio scontro fisico tra i due l’anno successivo[30].

Gli ebrei di F., con quelli degli altri insediamenti delle Marche, pagavano le tasse alla camera apostolica, in particolare la vigesima[31].  

Nel XV e nel XVI secolo sono attestate  alcune conversioni, tra cui, quella di Manuele di Guglielmo da F. nel 1435[32] e quella del medico Angelello nel 1449: quest’ultimo, facendosi cristiano, ottenne la condotta medica per un anno e un contributo finanziario per la casa[33].

Nel 1563 il breve contra hebreos costrinse gli israeliti ad abbandonare la città[34]: in seguito essi vi sarebbero tornati solo saltuariamente, per la fiera o per partecipare all’asta cenciaria[35]. Nonostante ciò in momenti successivi (1587-88) diversi ebrei ottennero licenza di poter venire a F. per abitarvi e, in alcuni casi, anche per fenerare[36].

Attività economiche.

Oltre che nel prestito, gli ebrei di F. furono attivi anche come mediatori[37] e nel commercio: dagli anni Settanta del XV secolo, cominciarono ad aprire botteghe di cenciaria[38] e, in seguito, anche di cosmetici[39].

Nel corso del XVI secolo, il commercio di prodotti di bellezza femminili, con il sistema di vendita porta a porta, ed il commercio del sapone divennero particolarmente fiorenti[40].

Gli ebrei commerciavano poi in equini e bovini, che davano anche a soccida[41], e ad essere ben avviato era pure il commercio del pellame, come non mancano attestazioni della compravendita di case, sebbene non sia stata ancora fatta un’indagine sulla effettiva incidenza ebraica nel mercato immobiliare[42].

Gli israeliti erano anche attivi nella professione medica: nel 1463, ad esempio, dopo che il Consiglio Generale aveva superato le proprie perplessità circa il fatto di affidare ad un ebreo la cura di pazienti cristiani, Magister Angelo ricevette la condotta medica[43] e, verso la metà del XVI secolo, esercitava con successo la medicina a F. Magister Leone[44].

Cimitero

Il cimitero ebraico era posto, probabilmente  in contrada “Orgioli” e sappiamo che gli ebrei potevano  seppellire i morti solo dopo il tramonto, a meno che il corteo, senza pompa alcuna, non fosse uscito per portam Fontis Novae [45].

Ghetto

Dalla bolla Pro restrictione et inclusione hebreorum civitatis Firmi del 1556, recante le disposizioni papali sull’obbligo di risiedere in ghetto, si ricava la descrizione del ghetto di F., comprendente una via e due vicoli; la sinagoga, con a fianco l’hospitale hebreorum,  restava nel luogo dove era già ubicata da tempo ( e che non veniva indicato)[46]

Personaggi famosi

Il personaggio più celebre della comunità ebraica fermana fu il medico Elia di Sabbato da F. o Eliyahu ben Shabbetay Beer.[47] Magister.  Questi fu uno dei primi a conseguire in Italia il titolo di artium et medicine doctor, essendosi laureato presumibilmente negli ultimi anni del secolo XIV, a Roma o a Bologna. Il titolo di artium et medicine doctor si basava su di una concessione papale che lo dispensava dalle formalità religiose del giuramento in vigore per i medici cristiani e gli consentiva di curare anche pazienti cristiani. Presumibilmente, Magister Elia esercitò la professione medica a Roma, pur avendo residenza a F.: dotato di cultura umanistica, oltre che di perizia nella medicina, ottenne vasto successo nell’Urbe e nel 1410 si recò, per qualche tempo, in Inghilterra, per curare re Enrico IV. Tornato a F., lasciò nuovamente la città per spostarsi alla corte di papa Martino  V, divenendo l’archiatra pontificio e, dopo varie vicende, tornò a F. per alcuni anni, sino a che non fu inviato (presumibilmente dal papa) in missione politica segreta a Ragusa. Negli anni  Trenta del XV secolo lo si ritrova in Italia, presumibilmente a F., dove papa Eugenio IV gli confermò i privilegi concessi dal predecessore. Nel 1438 Magister Elia risultava alla corte dei Visconti, investito della carica di giudice generale degli ebrei e, in seguito, passò a quella degli Estensi di Ferrara.

Morì, in età molto avanzata, dopo il 1460, forse a Ferrara o forse a F.[48]

 

Bibliografia

De Niccolò, A., Cronache  fermane dall’anno 1176 al 1447, in De Minicis, G., Cronache della città di Fermo, Firenze 1870.

Güdemann, M., Geschichte des Erziehungswesens und der Cultur der Juden in Italien während des Mittelalters, Amsterdam 1966.

Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.

Münster, L., Una luminosa figura di medico ebreo del Quattrocento. Maestro Elia di Sabbato da Fermo, archiatra pontificio, in Nahon, U. ( a cura di), Scritti in memoria di Sally Mayer (1875-1953), Gerusalemme 1956, pp. 224-258.

Rossi, L., ’Populus firmanus iterum petit hebreos’ : Fermo, secoli XIV-XVI, in Anselmi, S. - Bonazzoli, V. (a cura di), La presenza ebraica nelle Marche. Secoli XIII-XX, Ancona 1993, pp. 53-83.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Toaff, A., The Jews in Umbria, Leiden-New York-Köln 1993-94.    

Vogelstein, H.- Rieger, P., Geschichte der Juden in Rom, Berlin 1896.                                                            

 


[1] Archivio di Stato di Fermo ( in seguito, ASF), Archivio Diplomatico, pergamena 829, 7 agosto 1305, citato in Rossi, L., “Populus firmanus iterum petit hebreos”: Fermo, secoli  XIV-XVI, p. 73, n. 50. 

[2] Ibidem, pergamena 1121, 16 novembre 1305, citata in ivi, p. 73, n. 51.

[3] Ibidem, pergamena 1338, 5  ottobre 1310, citata in ivi, p. 73,  n. 52.

[4] Manuele Romano, Mahberoth, Introduzione; Vogelstein, H.-Rieger, P., Geschichte der Juden in Rom , I, 425; Güdemann, M., Italien, p. 315.                                                                                                                     [5] Gli Statuta Firmanorum, Fermo 1589, disciplinavano le attività  degli ebrei nelle rubriche del 54 e 55 del terzo libro e nella rubrica 135 del quinto libro (cfr. Rossi, L., op. cit., p. 74, n. 60).

[6] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 25 gennaio 1391 :Magistri Musicti ebreo data est facultas nupti tradendi filias suas   extra districtum firmanum et convivandi et munerandi iuxta proprium ritum et voluntatem, non obstante statuto (citato  in ivi, p. 74, n. 61.

[7] Ibidem, 28 aprile 1390: Item datur licentia Alleve hebreo intrandi in palatio rectorum, non obstante statuto (citato in ivi, p. 74, n. 62).

[8] Tassi, E., La comunità ebraica di Fermo e la sua attività  feneratizia dal sec. XIV al sec. XVI, tesi di laurea, Università di Macerata, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 1970-71, p. 162 (citato in ivi, p. 74, n. 63).

[9] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 15 giugno 1390 (citato in ivi, p. 74, n. 65).

[10] De Niccolò, A., Cronache  fermane dall’anno 1176 al 1447 pubblicate in De Minicis, G., Cronache della città di Fermo, Firenze 1870, p. 25; cfr. Fracassetti, G.,  Notizie storiche della città di Fermo, Fermo 1841, p.33 (citato in  Rossi, L., “Populus firmanus iterum petit hebreos”: Fermo, secoli  XIV-XVI, p. 74, n. 66).

[11] Rossi, L., op. cit., p. 59.

[12] ASF, Comune di Fermo,  Acta diversa, vol. I, 28 febbraio 1430, cc. 6v-8r. Gli ebrei menzionati nei Capitula erano :Abraam Magistri Mosicti, Emanuel Magistri Vitalutij, Josef filium Josefi, Abraam Emanuelis, Vitalem Alleuctij nec non Dactalum Guglielmutj qui ex post venit (citato in ivi, p. 74, n. 77). Cfr. Toaff,  A., The Jews in Umbria, doc. 818 e 947.

[13] Cfr. Rossi, L., op. cit.,  p. 74, n. 78.

[14] Su di lui, vedi più sotto il paragrafo Personaggi famosi.

[15] ASF, Comune di Fermo, Instrumenta, vol. I, 30 agosto 1453, cc. 120r-123r (citato in Rossi, L., op. cit., p. 75, n. 79.

[16] Ibidem, 21 marzo 1454, cc. 132-135, ricordato in Rossi, L., op. cit., p. 75, n. 80 .

[17] I nomi dei firmatari dei vari capitolati  figurano nei registri di entrata e di uscita dei Regolatori, nei 27 bandi d’asta dei pegni indetti tra il 1449 e il 1463 e negli svariati salvacondotti rilasciati per gli spostamenti fuori dal territorio di F. (cfr. ASF, Comune di Fermo, Registri di entrata e uscita, 1445-1446, dicembre 1445, cc.  34v-35); Tassi, E.,  op. cit.,  pp. 239-240; ivi,p. 162, ricordato in Rossi, L., op. cit., p. 75, nn. 84, 85, 86.  

[18] De Niccolò, A.,  Cronache fermane dall’anno 1176 al  1447, pubblicate in De Minicis, G., Cronache della città di Fermo, Firenze 1870, p. 66 (citato in Rossi, L., op. cit., p. 75, n. 87). Sugli Statuti della città riguardanti gli ebrei e risalenti, presumibilmente, alla predicazione minorita, vedi Rossi, L., op. cit., Appendice, Disposizioni statutarie relative agli ebrei di Fermo, pp. 80-82.

[19] Cfr. Tassi, E., La predicazione  anti-usura di S. Giacomo della Marca e dei frati dell’Osservanza a Fermo, in Atti del Convegno di studi in onore di S. Giacomo della Marca, Monteprandone 1991, pp. 49-50 (ricordato in Rossi, L., op. cit., p. 75, n. 88).     

[20] Per la vasta bibliografia sull’argomento, si veda Rossi, L., op. cit, p. 75, n. 89.

[21] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 30 novembre  1464; Marini, V. Rubrica degli atti di Consiglio e di Cernita del Comune di Fermo, curata  da Marini nel XVIII secolo, 3 voll., ms. presso l’ASF, II, c. 83v (citato in Rossi, L., op. cit.,, p. 75, n. 90).

[22] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 29 giugno 1464; Marini, V., op. cit., I, c. 289 (citato  in Rossi, L., op. cit., p. 75, n. 93).

[23] ASF, Comune di Fermo , Cernite, 23 marzo 1469; Marini, V., op. cit., I, c. 292 (citato in Rossi, L., op. cit.,  p. 75, n. 95). Sulla fondazione del Monte di Pietà di Fermo, cfr. Talamonti, A., Cronistoria dei Frati Minori, Sassoferrato 1938 (citato in Rossi, L., op. cit., p. 75, n. 95).

[24] ASF, Comune di Fermo, Cernite,  2 ottobre 1476; Marini, V., op. cit.II, c. 182 (citato in  Rossi, L., op. cit., p. 76, n. 97). Dal catasto della contrada S. Bartolomeo risulta che una quindicina di ebrei fossero proprietari di immobili, negli anni Ottanta, mentre Dattalo di Salomone risultava proprietario di una casa che si affacciava sul Corso (Rossi, L., op. cit., p. 65).

[25] Cfr. Rossi, L., op. cit.,p. 62;  p. 76, n. 96.

[26] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 26 aprile 1503; Marini, V., op. cit.  II, c. 296 (citato in Rossi, L., op. cit., p. 79, n. 154).

[27] ASF, Comune di Fermo, Cernite, Instrumenta, vol. 1502-1509, 20 dicembre 1505, c. 76. Sottoscrivevano il capitolato Josef de Habraham, Salomone de Bonaventura, Salomone  de Gulielmo, David de Michele da Fermo e Leone de Isdrael da Sancto Severino, presenti, che agivano anche  a nome di :Angelo de Habraham, Angelo e Josef de Alleuccio, Emanuele de Leone da Fermo, Salomone de Isdrael da Sancto Severino, Angelo e Prospero di Gulielmo da Sancto Elpidio e Raphael de Jacob da Macerata (Ibidem, cc. 73-77, citato in Rossi, L., op. cit., p. 76, nn. 103, 104).  

[28] Ibidem, 24 dicembre 1511; Marini, op. cit., II, c. 353 (citato in  Rossi, L., op. cit., p. 76, n. 106). 

[29] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2021, 2070, 2203, 2396, 2657, 2733, 3049, 3118, 3124.

[30] Archivio Arcivescovile di Fermo, Supplicationes, 12 febbraio 1563, c. 214v ( citato in Rossi, L., op. cit., p. 79, n. 158).

[31]  Simonsohn, S.,op. cit., doc. 1342, 2260, 2401, 2868, 2882, 2926.

[32] Toaff, A., op. cit., doc. 892.

[33] ASF, Comune di Fermo, Acta diversa, vol. I, 14 dicembre 1449, c. 158 (citato in Rossi,  L., op. cit.,p. 79, n. 180). Per i cenni alle altre conversioni, vedi  Rossi, L., op. cit.,  p. 69; Simonsohn, S.,  op. cit., doc. 1986.

[34] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 1 novembre 1563; Marini, V., op. cit. , III, c. 245 (citato in Rossi, L., op. cit., p. 80, n. 185).

[35] Cfr. Rossi, L., op. cit., p. 80, nn. 188, 189. Tra i mercanti d’origine fermana, ormai trasferiti ad Ancona, troviamo, nel 1579, Dattilo di Sabato da F. e, nove anni dopo, Israele e Samuele da F., che, nel 1588, insieme ad  altri mercanti anconetani risultavano attivi nel commercio del cuoio in Umbria (Toaff, A., op. cit., doc. 2734, 2753, 2754, 2755, 2756, 2766, 2773, 2777, 2778,   2780, 2782).

[36] Loevinson, E.,  Concession des banques de prêts, p. 72 e segg.  

[37] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 5 agosto 1459; Marini, V., op. cit.,II, c. 26 (citato in  Rossi, L., op. cit., p. 76, n. 100).

[38] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 7 ottobre 1473; Marini, V., op. cit.,II, c. 157 (citato in  Rossi, L., op. cit.,  p. 76, n. 98).

[39] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 6 marzo 1510; Marini, V., op. cit.,II, c. 340 (citato in  Rossi, L., op. cit., p. 76, n. 99).

[40] ASF, Comune di Fermo, Cernite, 6 marzo 1510; Marini, V., op. cit.,II, c. 340; ASF, Archivio noarile di Sant’Elpidio a Mare, notaio Ludovico Laureati, Atti, 1556-1564, 23 aprile 1561, c. 112v., citato in Rossi, L., op. cit., p. 77, nn. 121, 122.

[41] ASF, Archivio Notarile di Fermo, notaio Gfiovanni Tidei di Piersimone, Atti 1506, c. 4v, 156r, 157r; notaio Antonio Cimino, Atti 1550, c. 425v, 501r; Id. Atti 1551, c. 400r, 402v., citato in Rossi, L., op. cit., p. 77, n. 124.

[42] Rossi,L.,op.cit.,p. 64.

[43] ASF, Comune di Fermo, 30 aprile 1463; Marini, V., op. cit., II, c. 47 (citato in Rossi, L., op. cit., p. 78, n. 137).

[44] Rossi, L., op. cit., p. 65.

[45] ASF, Marini, V., op. cit., II, c. 374 (citato in Rossi, L., op. cit.,  p. 78, n. 148).

[46] ASF, Fondo Diplomatico, pergamena n. 1348, 5 giugno 1556. Cfr. anche Pupilli, L., Presenze archeologiche ed urbanistiche della comunità ebraica di Fermo, Fermo 1993 (citato in Rossi, L., op. cit., p. 79, n. 153).

[47] Sebbene Elia di Sabbato sia  menzionato in alcuni importanti documenti come Elia de Bononia o Elia de Urbe, il Münster , tenendo conto di una serie di ulteriori indizi, ne ritiene presumibile l’origine fermana (cfr. Münster, L., Una luminosa figura di medico ebreo del Quattrocento. Maestro Elia di Sabbato da Fermo, archiatra pontificio, p. 227). Si veda Simonsohn, S., the Apostolic See, doc. 686, 699, 770.

[48] Per questi e per ulteriori particolari, vedi Münster, L.,op. cit., pp. 224-258.

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