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Fano (פאנו)
Provincia di Pesaro. Sorge vicino alla foce del Metauro, di cui domina l’ampia e fertile piana deltizia. Anticamente Fanum Fortunae, in seguito inclusa nella donazione fatta alla Chiesa da Pipino e confermata da Carlomagno, fu, tuttavia, soggetta alla Chiesa solo nominalmente, quando la città, costituitasi a comune, agiva liberamente sotto la reggenza dei consoli prima, poi dei podestà. Fu turbata dalle lotte intestine tra famiglie, divise in fazioni devote alla Chiesa o all’Impero. Nel 1355, i Malatesta che erano già riusciti a rendersi padroni assoluti della città, vennero fatti vicari dalla Chiesa e, da allora, cominciò anche legalmente la dominazione malatestiana durata sino al 1463, quando Pio II, accusando Sigismondo Malatesta di delitti più o meno provati, gli mosse guerra. Dopo lungo assedio, F. si arrese al cardinale legato e al conte Federico di Montefeltro, comandante dell’esercito pontificio, a condizione di essere soggetta direttamente solo al pontefice, che vi avrebbe tenuto un governatore.
Da un consulto di Eliezer di Yoel ha-Levi di Bonn, che accenna ad un naufragio in cui, nel 1214, persero la vita due ebrei di F., ed in cui viene menzionata la comunità ebraica locale, si apprende della presenza di quest’ultima qui sin dal secolo XIII[1].
Nel secolo successivo, gli ebrei risultavano aver raggiunto una posizione economica alquanto elevata, dato che, nel 1332, erano in grado di prestare a Galeotto Malatesta, signore della città, 1.000 ducati per acquistare Borgo San Sepolcro da Raimondo di Montalto[2].
I rapporti tra gli israeliti e le autorità dovevano essere buoni se, nel 1367, Cortesia de’ Lambertazzi di Bologna, vicario di F. per Galeotto Malatesta, cacciava dalla città tutti gli eretici, ma permetteva che continuassero a vivervi gli ebrei[3].
Nel 1407, Pandolfo Malatesta scrisse da Brescia agli amministratori del comune di F. a proposito delle difficoltà sollevate contro il prestito ebraico, ordinando di definire la questione con il proprio fratello, Malatesta da Pesaro, e ribadiva che, in materia, non si doveva far capo agli scrupoli di coscienza, ma alla sola consuetudine, instaurata in passato, ed ai decreti emanati dal proprio padre, affermando voglo che observiade circa zò quello che s’è observado fin qui per ch’io non ho respecto alcuno a l’anima in quello caso, ma solamente ala consuetudine[4].
Dall’esame dei Codici malatestiani si evince che il favore mostrato dai signori agli ebrei era motivato dai frequenti prestiti di notevole entità che i feneratori accordavano loro[5].
Nel XIV secolo, i giudei contribuivano da soli al pagamento della metà delle tasse cittadine, il che prova il notevole livello di agiatezza che avevano raggiunto. Essi furono esentati dal pagamento delle tasse papali assieme a tutti i correligionari che si trovavano sotto la giurisdizione dei Malatesta[6].
Dai capitoli del 1425 tra il Comune di F. e gli ebrei (Elia di Magister Alevutio, Gaio di Leone, Manuele di Salomone e Dattolino di Bonaventura) risulta che il tasso di interesse consentito seguiva il principio della progressività inversa[7]. Due anni più tardi, però, il Consiglio di F. incorse nella scomunica per aver concesso condizioni troppo favorevoli agli ebrei e, pertanto, li annullò, ma il Malatesta ribadì l’ordine precedentemente impartito al Comune di concludere la stipulazione dei patti con i feneratori[8].
Nel 1430, Dattolo di Bonaventura stipulava nuovi patti con il Comune per l’apertura di un banco feneratizio e, a riprova che anche a F. dovevano essere giunte voci dei soprusi contro gli ebrei perpetrate in altre località marchigiane, poneva come prima clausola l’essere protetto dalle autorità contro eventuali violenze da parte della popolazione: il Comune, pertanto, si impegnava a risarcire gli operatori del banco di tutti gli eventuali danni sino alla somma di 3.000 ducati, considerando come facente fede il giuramento degli ebrei[9].
Dai dodici nominativi di giudei iscritti nell’estimo nel 1435 si può inferire che la comunità fosse relativamente numerosa e che godesse di una certa agiatezza[10].
Nel 1452, in seguito a ripetute sommosse popolari, alcune famiglie ebraiche abbandonarono la città e vendettero tutti i loro beni immobili per le novità seguite in quella terra[11].
Nel 1451 alcuni israeliti di Pergola, Sassoferrato e F. organizzarono il sequestro di un correligionario di Perugia, trasportandolo a F., dove, con le minacce, lo costrinsero a pagare denaro e beni mobili, per aver salva la vita[12]. Da processi risalenti al 1456 in poi, risulta, inoltre, che alcuni ebrei di F. erano incappati in guai con la giustizia per vari motivi: Vitale di Tobia, Raffaello e Iosep, perché avevano lavorato nei giorni di festa cristiani, Gaio, invece, perché era stato trovato andar di notte post sonum campane da ser Giovanni cavaliero[13].
Nel 1459, Vitale e Tobia furono multati per 100 ducati d’oro per aver fenerato, prendendo quasi una trentina di pegni contro la forma dei capitoli dei giudei a loro concessi, ma poi graziati in seguito al pagamento di una cifra pro caposoldi[14].
Dattolo di Bonaventura veniva accusato, nel 1479, di sodomia, adulterio, stupro, incesto, frodi ed altri delitti[15].
Il segno distintivo, da cui erano esentati i prestatori con cui erano stati stipulati i capitoli e i forestieri, per tre giorni dal loro arrivo in città, fu introdotto nel 1464[16].
Il Consiglio di F. incorse, però, nella scomunica per i patti stipulati con gli ebrei anche nel 1465 e nel 1468. Perciò papa Paolo II comandò al governatore di F. di riformulare le concessioni per renderle conformi a quelle degli altri ebrei delle Marche..[17]
Nel 1471 venne fondato il Monte di Pietà, in seguito alla predicazione del francescano fra Marco da Monte S. Maria in Gallo[18].
Papa Innocenzo VIII assolse nel 1486 Angelo di Aleuccio e suoi figli a Civitanova ed il fratello Leone a F. dall'accusa d'aver commissionato ad un sicario di assassinare Manuele di Moyse, e confermò la loro condotta a F. ad opera del camerlengo, il cardinale Raffaele Riario[19].
Nel 1492, il frate Cristoforo Carmelitano accusò gli israeliti di omicidio rituale, ma essi ottennero la tutela del Consiglio comunale[20].
Anche gli ebrei di F. pagavano la vigesima: così nel 1523 papa Adriano VI assolse gli ebrei delle Marche, Camerino e Fano da ulteriori richieste di pagare la detta tassa, avendo loro già corrisposto tutto il dovuto di 2.500 ducati. In quell'occasione vennero prorogati i loro privilegi e fu concessa una remissione di pena per tutti i delitti commessi. Altre conferme dei privilegi seguirono, poi, nel 1534 e negli anni successivi e furono, di solito, legate al pagamento di tasse[21].
Fra i prestatori di F. per quest'epoca si ricordano Mosetto di Angelo da Foligno a Pesaro e maestro Aleucio di Consilio. Nel 1544-5 la camera apostolica formulò nuovi regolamenti per il prestito ebraico nelle Marche, compreso a F. e, negli anni seguenti, questi furono più volte emendati[22].
Dopo la cacciata dal regno di Napoli (1541), alcuni ebrei di lontana origine siciliana si rifugiarono in una serie di località marchigiane, tra cui F.[23].
Una volta decretata l’espulsione dagli Stati pontifici, nel 1569, gli ebrei dovettero abbandonare la località.
Dal 1587 al 1590, però, 25 feneratori con il loro entourage tornarono a F. grazie alla politica liberale di Sisto V, ma, con la reazione del 1593, anch’essi se ne andarono[24].
Attività economiche
Gli Ebrei di F. erano attivi principalmente nel prestito.
Nel 1425, l’interesse per i prestiti su pegno da un ducato in giù era del 30% all’anno circa, per quelli da 1 a 3 ducati era del 25% e per quelli da 3 ducati in su era del 20%. Per i prestiti a carta o istrumento, l’interesse era del 28% e la scadenza poteva essere protratta da 1 a 3 anni[25]. Nei capitoli del 1464, il Comune fissava a 50 ducati la somma che avrebbe potuto prendere a prestito dagli ebrei senza interesse[26], ma nel 1492 tale somma veniva raddoppiata (100 ducati)[27].
Oltre che prestatori, gli ebrei erano esattori doganali, mercanti e medici. Tra i medici, troviamo Eliyahu di Yehudah da Roma (1400) ed una donna che esercitava la medicina, Perna (1460)[28].
Sinagoga
Nel 1402, risultavano in funzione due sinagoghe: una in contrada S. Tommaso ed una in contrada S. Marco[29].
In un documento del 1471, veniva nominata la sinagoga ebreorum di F., senza indicazione di ubicazione[30].
Vita culturale e stamperia ebraica
Nel 1350, Yehoshua di Shlomo Rosch copiò a F. il ms. 741 della Collezione De Rossi.
L’illustre dotto Giannozzo Manetti, nel 1443, si recò per un’ambasceria a F.: qui per lui il Sefer Yosippon, Magister Elia di Mosè[31].
Tra i dotti dell’inizio del XVI secolo, è da ricordare Yehiel di Azriel Trabot[32].
Nei primi anni del secolo, giunse a F. Gershon Soncino che vi stampò opere in ebraico, latino, greco e italiano. Tra le opere in ebraico, stampate dal Soncino, ricordiamo: un formulario di preghiere o Maczor per il corso dell’anno e le feste religiose, secondo il rito italiano, il trattato di ritualistica Ha-roqeah (“Il profumiere”) di Rabbi El’azar di Yehudah da Worms, il libro di preghiere secondo il corso dell’anno o Siddur di rito italiano, con traduzione italiana traslitterata in caratteri ebraici, l’opera a carattere teologico-filosofico Sefer ha-Kuzari ( “Il libro dei Cazari”) di Giuda Levita; il libro in cui sono esposti e commentati i cardini della dottrina ebraica Sefer ha-iqqarim (“Il libro dei principi fondamentali”) di Yosef Albo e il compendio della Legge Arba’a Turim (“I quattro ordini”) di Rabbi Ya’aqov di Asher , noto come Ba’al ha-Turim[33].
Bibliografia
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Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918.
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Stern, M., Urkundliche Beiträge über die Stellung der Päpste zu den Juden, Kiel 1893.
[1] Si veda, in proposito, il consulto n. 901 di Eliezer ben Yoel ha-Levi di Bonn, contenuto nel Sefer Rabiah, par. 901, ediz. Eliahu Prisman e Shaar Yashuv Cohen, Parte IV, JerusaleId., Disposizioni dei principi di Bozzolo pei banchieri ebrei di Ostiano, passim 1965, pp.133-143. Per la datazione, vedsi Aptowitzer,V., Mevò le-Sefer Rabiah (Introduzione al libro di Rabiah) Jerusalem 1938, pp. 431-432, n. 4. Lo stesso consulto attesta anche l’esistenza della comunità di Pesaro : vedi nel presente lavoro alla voce“Pesaro”. Anche il Roth fa uso dello stesso documento per attestare l’esistenza delle comunità di F. e di Pesaro. Cfr. Roth, C., The History of the Jews of Italy, p. 77.
[2] Ravà, V., Gli Ebrei nelle Marche e nell’Umbria, in L’Educatore Israelita (1870), pp. 243-248, p. 244.
[3] Grimaldi, Le Marche, vol. I, fasc. 2 (febbr. 1901), citato in Luzzatto, G., I banchieri ebrei in Urbino nell’età ducale, p. 14, n. 4.
[4] Sezione di Archivio di Stato di Fano (in seguito, SASFa), Archivio Storico del Comune di Fano (in seguito, ASCFa), Consigli, vol. I, c. 101, citato in Bonazzoli, V., Prestito convenzionato e potere politico a Fano nel ‘400, p. 126, n. 10; cfr. ivi, p. 105.
[5] Luzzatto, G., op. cit., p. 17; per un approfondimento del significato specifico del ricorso malatestiano al prestito ebraico, si veda Bonazzoli, V., op. cit., p. 105 e segg.
[6] Cassuto, U., E.J., s.v. “Fano”; Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 500.
[7] Luzzatto, G., op. cit., p. 16. Circa i retroscena politici relativi a questi capitoli, si veda Bonazzoli, V., op. cit. , p. 106 e segg.
[8] Luzzatto, G., op. cit., pp. 12-13; per la complessa problematica sottesa al prestito, dalla fine degli anni Venti del XV secolo, a F., vedi Bonazzoli, V., op. cit., p. 108 e segg.
[9] Fano Arch. Ant. , Consigli, vol. 5, cc. 90-97, citato in Luzzatto,G., op. cit., p. 18, n. 3.
[10] Fano Arch.Ant., Collette, vol. 82, citato in ivi, p. 17, n. 4.
[11] Fano Arch. Ant., Registri, vol. 2, c. 41, citato in ivi, p. 18, n. 4.
[12] SASFa, ASCFa, Malefici, reg. 46, cc. 98r-99r, citato in Boiani Tombari, G., Ebrei a Fano in età malatestiana: alcuni processi penali, p. 293, n. 34.
[13] Ivi, p. 281.
[14] Ivi, p. 282.
[15] Ivi, p. 285. Processi contro ebrei fanesi per ingiurie reciproche sono attestati anche a partire dagli anni Settanta del XIV secolo; un altro processo è contro Agnolo di Gaio Giudeo, accusato di aver offeso un ufficiale del Comune. Tutti i processati furono condannati a multe pecuniarie. (vedi ivi, p. 285 e segg). Per altri processi, a sfondo adulterino o per frode,si veda ivi, p. 290.
[16] Luzzatto, G., op.cit., Appendice, doc. XVI.
[17] Ivi, pp. 12-13; cfr. Bonazzoli, V., op. cit. , p. 104 e segg. Sul conflitto tra il potere centrale, che con la sconfitta del Malatesta, era passato al papa, mentre il Comune di F. era divenuto espressione di un’autorità ormai solo periferica, cfr. Ferri, S., Il prestito tra potere centrale e autorità periferica nella Fano del ‘400, pp. 39-51. Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 914.
[18] Fano Arch. Ant. , Consigli, vol 15, c. 105, citato in Luzzatto, G., op. cit., p. 39, n. 4.
[19] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1072.
[20] Roth, C., op. cit., p. 173; cfr. Cassuto, U., E.J., s.v. “Fano”.
[21] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1301-2, 1342, 1689,1744, 1774, 2260, 2380, 2401, 2694, 2828, 2859, 2868, 2882, 2911, 2926, 2941, 3118, 3124.
[22] Ivi, doc. 1394, 1646 (1528 e 1534), 1688 (1534), 2429, 2432, 2494, 2785, 2866.
[23] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2093, 2151; Stern, M., Urkundliche Beiträge über die Stellung der Päpste zu den Juden, I, pp. 91-92.
[24] Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles , in REJ (93),1932, pp. 157-179, pp.169-171.
[25] Luzzatto, G., op. cit., p.16; ivi, Appendice,doc. XIV.
[26] Ivi, Appendice, doc. XVI.
[27] Fano Arch.. Ant., Consigli, Vol. 26, cc. 67-68, 11 nov. 1492,citato in ivi, p. 17, n. 2.
[28] Cassuto, U., E. J., s.v. “Fano”.
[29] Boiani Tombari, op. cit., p. 291.
[30] Toaff, A., The Jews in Umbria, doc. 1583.
[31] Cassuto, U., E.J., s.v. “Fano”; Idem, Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918, p. 276.
[32] Cassuto, U., E.J., s.v. “Fano”.
[33] Per ulteriori particolari vedi Pavoncello. N. , La tipografia ebraica nelle Marche, in RMI 46 (1980), pp. 49-60, pp. 49-54; cfr. Amram, D.W., The Makers of Hebrew Books in Italy, London 1963, p. 116 e segg.