Cagli

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Cagli

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Cagli (קאלי)

Provincia di Pesaro. Riedificata nel 1289, grazie all’aiuto papale, dopo essere stata distrutta da un incendio, fece poi parte del dominio feltresco e del ducato di Urbino, sino alla devoluzione alla Chiesa (1631), cui rimase soggetta fino all’occupazione delle truppe francesi.

Da una fonte del 1368 si apprende che la città di C. aveva subito, in data precedente, un processo (poi annullato) per non aver rispettato l’ingiunzione del rettore della Marca di proibire agli ebrei l’attività feneratizia: se ne deduce che essi dovevano essere giunti a C. presumibilmente verso la seconda metà del secolo XIV[1].

C. figura tra le comunità ebraiche tassate per finanziare le leve dell'esercito del deposto papa Gregorio XII, e sappiamo che nel 1414 pagava 6.4.2 fiorini per la tassa[2].

Nel  1423, il Comune di Montalboddo intendeva fa venire nella località Musepto Angeli Ciucaj di Rocca Contrada che era andato a dimorare a  C.[3] ed in una cronaca locale relativa al 1432 si legge che: gli hebrei in questo tempo habitavano in Cagli e possedevano habita[zioni][4], mentre in una lettera, scritta nel 1447 dal legato della Marca agli ebrei sottoposti alla sua giurisdizione per invitarli a pagare alla Camera Apostolica la consueta tassa, veniva menzionata una serie di località in cui vi erano prestatori ebrei, tra cui C.[5].

Ancora in un documento del 1469 si trova, poi, menzionato l’ebreo Giacobbe di Elia di C., che ricorreva a un notaio per un atto a favore della moglie[6] e risulta che, dieci anni più tardi, lo stesso, a nome del correligionario di C. Sabatuccio di Ventura, doveva recarsi a Urbino per apporre la firma in una quietanza agli eredi di Salomone da Urbino per la parte di eredità in liquido che spettava a Sabatuccio[7]

Nel 1468, dietro intervento di Fortunato Coppoli dei Frati Minori Osservanti,  veniva fondato a C. il Monte di Pietà[8], ma più di un secolo dopo (1574), gli ebrei locali risultavano dover pagare all’esattoria ducale la somma di 40 scudi, ripartita tra i membri della comunità dai deputati eletti allo scopo[9] e sei anni più tardi, il Consiglio generale votò all’unanimità la richiesta al duca di Urbino di avere nella città un feneratore ebreo[10].

Fonti cagliesi riportano che,  alla metà del XVI secolo, le autorità comunali, data la carestia, avevano preso a prestito una somma da Marani, che erano quegli Hebrei che allora stanziavano in questa Città chiamati con questo vocabulo de Marani, per esser di quella generatione scacciata già da Regni di Spagna[11].    

Nel 1589, ai forestieri e, in particolare, agli israeliti di questa località, venne imposto di pagare le prestazioni fornite dal medico e dal chirurgo comunali e l’imposta, ancora presente nelle epoche successive, subì un aumento per gli ebrei agli inizi del secolo XVII.[12]

Un paio d’anni più tardi (1591), l’ebreo (di cui non viene riportato il nome) che aveva il banco a C., temendo per la grande affluenza dei pegni di non aver più liquido, fu costretto ad assentarsi, lasciando la moglie in vece sua a ricevere il denaro da chi riscattava i pegni, senza, però, prenderne altri dai nuovi creditori. Tale situazione non incontrò il gradimento delle autorità, che stabilirono che tornasse il feneratore o che la moglie lo sostituisse in tutto, assumendosi gli obblighi del marito[13].

In seguito, le autorità comunali presero comunque provvedimenti, non sempre rispettati, per restituire il denaro ricevuto in prestito dagli ebrei.[14]    

Nel 1594 nei documenti del Consiglio generale  della città veniva proibito al Monte di Pietà di concedere ai forestieri e agli israeliti prestiti per cifre superiori ad uno scudo[15]: tuttavia, ad onta di tale restrizione, nel primo quindicennio del XVII, risultavano fare ricorso al Monte alcuni ebrei, che impegnavano utensili domestici e da lavoro ed indumenti[16].

Sempre all’inizio dello stesso secolo, alcuni giudei cagliesi preferirono trasferirsi ad  Ancona, aprendovi un banco o dedicandosi al commercio[17], mentre altri Ebrei si erano già trasferiti precedentemente altrove, recandosi  principalmente a  Iesi ed a Città di Castello[18]

In occasione dei festeggiamenti per la nascita del principe Federico Ubaldo, nel 1605, la sinagoga venne saccheggiata e i rotoli della Legge bruciati[19].

Da un documento del 1625 si evince che gli ebrei avevano lasciato intendere che avrebbero ricompensato lautamente l’eventuale distribuzione di  luoghi di loro gradimento nelle fiere che si tenevano nella località[20].

Due anni più tardi, il vescovo di C. impose agli israeliti la predica forzata, nella cattedrale [21] e, più in generale, la documentazione del primo ventennio del XVII secolo mostra che essi risiedevano principalmente nel quartiere di S. Andrea, nel Vicolo dell’Impetrata (corrispondente all’attuale Via Fonte del Duomo) e nella Strada di Guazza ( attualmente, Via Attanagi) e, inoltre, che avevano in affitto laboratori artigianali nella Piazza Maggiore[22].

Nel 1624 risultava essersi fatto battezzare a C. Matthia Muto, che, in seguito alla conversione, aveva perso i propri averi e, per lo stato di grande indigenza in cui si trovava, aveva mosso a compassione le autorità ecclesiastiche locali[23].

Da lettere conservate nell’archivio vescovile e da vari procedimenti giudiziari sembrerebbe che alcuni giudei continuassero a risiedere a C., fenerando e commerciando a proprio rischio e pericolo, mentre i loro correligionari trasferitisi nei ghetti tornavano a C. solo nei giorni di fiera[24].

Nel 1659 venne ribadito, del resto. l’ordine che gli ebrei dimorassero nelle località provviste di ghetto e vent’anni dopo, in ottemperanza alla Congregazione dell’Inquisizione, il vescovo di C. intimava che quanti si trovano sparsi in città o in Diocesi tornino entro due giorni ai loro Ghetti[25], ma  da analoga disposizione, del 1718, si deduce che alcuni continuavano a trattenersi per lunghi periodi a C. e a commerciarvi[26].

A prescindere dai documenti, non sono state reperite nel centro urbano tracce materiali della presenza ebraica a C. [27]

Attività economiche

Sino al XVII secolo gli Ebrei erano attivi nel prestito e all’inizio di questo secolo pare operassero a C., sia pure per breve tempo, due banchi feneratizi. Alla morte di Angelo da Camerino, detentore ufficiale del banco, venne “condotto” Elia di S. Angelo in Vado, nel 1605. Nonostante la devoluzione alla Chiesa, la città di C. cercò di ottenere dall’autorità pontificia il permesso di mantenere un feneratore[28].

Da alcuni documenti risulta che gli ebrei cagliesi si occupavano anche del commercio dei metalli preziosi, delle pelli, degli animali, dei panni lavorati, della seta e della carta[29].

Demografia

Secondo fonti dirette e indirette, gli ebrei di C. , nel primo trentennio del XVII secolo, sarebbero stati all’incirca una quarantina. In particolare, da un documento del 1626 relativo alle tasse che dovevano pagare gli israeliti residenti nel ducato di Urbino, si apprende che abitavano a C. gli eredi di Elia Guglielmo, che tenevano banco, e altri nove capifamiglia, dei quali non veniva indicata l’attività [30].

Sinagoga

Dal testamento di Juditta del fu Laudadio Bianchi, vedova di Vitale di Angelo da Camerino, risalente all’inizio del XVII secolo, si apprende dell’esistenza di una sinagoga a C.[31], per la quale non restano ulteriori informazioni.

Cimitero

Da documenti dell’inizio del XVII secolo si apprende che gli ebrei di C. avevano il cimitero al di fuori delle mura della città, in prossimità del fiume Bosso, che veniva appunto attraversato passando per il cosiddetto  “ponticello degli ebrei”[32].

 

Bibliografia

Ciscato, A., Gli ebrei in Padova (1300-1800), Padova 1901.

Colorni, V., Prestito ebraico e comunità ebraiche nell’Italia centrale e settentrionale con particolare rigardo alla comnità di Mantova , in Judaica Minora,  Milano 1983.

Luzzatto, G., I banchieri in Urbino nell’età ducale, Padova 1903.

Maestrini, A. (a cura di), Avviso delle allegrezze e feste fatte in Cagli per il nascimento del serenissimo principe di Urbino di Camillo Guidarelli, Cagli 1870.

Orazi, S., Gli ebrei a Cagli dal XIV al XVIII secolo, in Rivista della storia della Chiesa in Italia, XLIX 1995, pp. 448-485.

Pace, C., La colonia ebrea di Montegiorgio, in Le Marche  (1911), pp. 118-121.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews,  8 voll., Toronto 1988-1991.


[1] Biblioteca Comunale di Cagli (d’ora innanzi BCC), Gucci, A., Memorie della città di Cagli e de prencipi suoi dominanti, Vol. II, anni 1289-1376 (a. 1368), f. 324; BCC, Gucci, A., Selve per la storia di Cagli, fasc. D (a. 1368), f. 59 (citato in Orazi, S., Gli Ebrei a Cagli dal XIV al XVIII secolo, p. 449, nn. 6 e 7). La presenza ebraica a  C. nel  XIV secolo viene menzionata da Pace, C., La colonia ebrea di Montegiorgio, p. 119, venendo ripresa da Colorni, V., Prestito ebraico e comunità ebraiche nell’Italia centrale e settentrionale con particolare rigardo alla comnità di Mantova ,  p. 234. Un ulteriore cenno alla presenza ebraica a C. nel XIV secolo si  evince dalla notizia che, nel 1383, Rossino ed Emanuele del fu Salomone ed Elia da C. risultavano abitare a  Rimini, dove si riunivano in società con altri Ebrei  per operare a Montagnana e, in seguito, a Modena (Ciscato, A., Gli ebrei in Padova (1300-1800), p. 23).  Nel suo articolo del 1899 Gli Ebrei a Montagnana sotto il dominio carrarese, il Ciscato menziona, invece, Rossino ed Emanuele fu Salomone di Elia da Cagli; il Colorni, sulla base di un documento mantovano  del 1400, in cui si menziona “Manuello fq. Salomonis Elye de Calgi”, rileva l’errore sugli ebrei originari di C., in cui era incorso il Ciscato nell’opera su Padova e conferma l’esattezza dell’informazione contenuta  nell’articolo su Montagnana (si veda Colorni, V., Prestito ebraico e comunità ebraiche,  p. 240, n. 111).

[2] Simonsohn,S., The Apostolic See, Doc. 579.

[3] Cfr. Orazi, S., op. cit., p. 450, n. 12.

[4] BCC, Gucci, Selve per la storia di Cagli, fasc. C (a. 1432), f. 39v., citato in Orazi, S., op. cit., p. 451, n. 17.

[5] Luzzatto, G., I banchieri ebrei in  Urbino nell’età ducale, p. 14, n. 5.

[6] Il documento in questione è una pergamena, di cui sono ancora leggibili solo pochi passi, è la copia autentica di un atto rogato a Ferrara. Cfr. Orazi, S., op. cit., p. 451, n. 16.

[7] Sezione di Archivio di Stato di Urbino (d’ora innanzi ASUr), Quadra di Posterula, n. 68, a. 1479, f. 40r, citato in Orazi, S.,op. cit., p. 451, n. 18.

[8] Orazi, S., op. cit., p. 452.

[9] BCC, Gucci, Selve…, fasc. L (a. 1574), f. 122, citato in ivi, p. 455, n. 32.

[10] Archivio Storico Comunale (d’ora innanzi ASC), Atti consiliari, vol. 1577-12580 (26 maggio 1580), f. 6r-6v, citato in Orazi, S.,  op. cit., p. 455, n. 30.

[11] BCC, Gucci, Memorie…, vol. VI, anni 1543-1600 (a. 1550), f. 27, Libro dei Consigli, Cancelleria della Comunità A 46, cit. in Orazi, S., op. cit., p. 468, n. 73.

[12] BCC, Gucci, Memorie… (a. 1589), f. 300, cit. in Orazi, op. cit., p. 461, n. 49; ASC, Atti consiliari, vol. 1609 (25 luglio 1609), f. 179v, cit. in ivi, p. 461, n. 52.

[13] BCC, Gucci, Memorie…, vol. 6, anni 1543-1600 (a. 1591), f. 312, cit. in Orazi,S., op. cit., p. 456, n. 34.

[14] Vedi Orazi, S., op. cit., p. 461, nn. 50 e 51.

[15] Capitula eiusdem Montis Pietatis, liber octavus, in  Statuta ordinationes atque decreta civitatis Sancti Angeli Papalis alias Callii, Pesaro 1589, p. 176, cit. in Orazi, op. cit., p. 451, n. 14; ASC, Atti consiliari, vol. 1593-96 (30 gennaio 1594), f. 28, citato in ivi, p. 453, n. 23.   

[16] Cfr. Orazi,  S., op. cit., p. 453., n. 24.

[17] Vedi ivi, Appendice, Tabella 1; ivi, p. 458, n. 42.

[18]  Cfr. ivi, p. 458, n. 40.

[19] Maestrini, A. (a cura di), Avviso delle allegrezze e feste fatte in Cagli per il nascimento del serenissimo principe di Urbino di Camillo Guidarelli, p. 21; p. 23, citato in  Orazi, S., op. cit., p. 465, n. 63.  

[20] Vedi Orazi, S., op. cit., p. 462, n. 53.

[21] Per l’elenco degli ebrei che avrebbero dovuto assistere alla predica forzata, cfr. ivi, Appendice, Tabella III, p. 485.

[22] Ivi, p. 462.

[23] Ivi, p. 469, n. 77. Altri ebrei sembrerebbero aver dichiarato l’intenzione i convertirsi, incontrando l’opposizione dei parenti (ivi, p. 470).

[24] Ivi, p. 479.

[25] Archivio Curia Vescovile, Atti criminali, 3 agosto 1679, f. 536, cit. in ivi, p. 481, p. 115.

[26] Orazi, S., op. cit., p. 481.

[27] Ivi, p. 482.

[28] Ivi, pp. 474-475.

[29] Ivi, p. 476.

[30] Vedi ivi, p. 463, n. 58; Appendice, Tabella II; Tabella III. Per quest’ultimo particolare, vedi Tabella II. Da notare che il Luzzatto, che cita  apparentemente lo stesso documento, riporta gli eredi di Elia Guglielmo come aventi il banco e altri quattro di cui non veniva indicata l’occupazione; l’Orazi, invece, aggiunge altri nomi a quelli menzionati dal Luzzatto( vedi Biblioteca Oliveriana di Pesaro, Monumenti Rovereschi, Codice 375, tomo XXXVI, f. 169-169v, citato in Orazi, S., op. cit., Appendice, Tabella II, pp. 484-485; cfr. Luzzatto,G.,  op. cit., Appendice, Doc. XII, p. 58).  

[31] ASUr, Fondo notarile di Urbino, notaio bonaventura Vagnarelli, Testamenti, vol. 1599, anni 1591-1630 (1 giugno 1604), f. 160v e col. 1579, anni 1606-1607 ( 5 settembre 1606), f. 112v (cfr. Orazi, S., op. cit., p. 464, n. 60).

[32] Per questo dato e per la denominazione delle eventuali località in cui il cimitero era ubicato, si veda Orazi, S., op. cit., p. 466.

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