Atripalda

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Atripalda

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Provincia di Avellino. Sorse nel medioevo sulle rovine del nucleo irpino e romano di Abellinum, abbandonato dai suoi abitanti al tempo della conquista longobarda perché ritenuto non più sicuro[1]. Nel 1271 il suo castello fu compreso tra quelli regi ed in seguito A. appartenne agli Orsini e ai Caracciolo. Nel 1443 era tassata per 148 fuochi, nel 1532 per 188.

 

Un frammento di lucerna con il disco decorato da una menorah, databile al IV-V secolo dell’era volgare attesterebbe una presenza ebraica nell’ Abellinum tardo-romano. Il frammento è stato rinvenuto in località  Civita, in un’area ricca di resti romani e medievali[2].

Ad A. gli ebrei sono per ora documentati con certezza solo a partire dall’età aragonese. Nel 1494 la Camera della Sommaria ordinò al locale capitano di prestare fede ai libri di conto di Rafael de Manuele, abitante in quella terra, come era prescritto dai privilegi che il re aveva concesso ai giudei[3]. Il prestatore è probabilmente da identificarsi con il Rafael al quale la Sommaria ingiunse nel 1497 di restituire all’arciprete di Prata, don Valentino, una cintura d’argento che aveva avuto in pegno per un prestito di 7 ducati. All’arrivo di Carlo VIII di Francia (1495), Rafael aveva restituito il pegno all’ecclesiastico, ma al ritorno degli Aragonesi il capitano glielo aveva fatto rendere di nuovo. L’arciprete ricorse allora alla Sommaria, che gli diede ragione, ricordando al capitano che nel parlamento tenuto dal re era stato deciso di rigettare le richieste di ebrei e neofiti di riavere beni e pegni che erano venuti in qualsiasi modo in possesso dei cittadini al tempo dell’invasione dei francesi[4].

La presenza ebraica appare più numerosa in questa località sotto gli spagnoli, nuovi signori del Regno dal 1503. Nel 1536 la Camera della Sommaria accolse il ricorso prestato da Iosef da Norcia con il fratello e in nome degli altri ebrei che abitavano nella cittadina contro l’imposizione di una gabella voluta dall’Università per raccogliere il denaro necessario per il pagamento delle tasse. Essi erano esentati dalla gabella perché in quanto ebrei pagavano già un contributo annuo alla “Cesarea Maestà”. Nel 1539 lo stesso Iosef, anche in nome dei fratelli Lazzaro e Abramo e degli altri ebrei, attestò con giuramento all’uso ebraico che la comunità doveva versare in perpetuo nella festa della Natività di Maria alla chiesa di Santa Maria de Mortuis di A. un censo annuo di 5 grana per un piccolo pezzo di terra sito nel luogo detto le mura de Larci, nei pressi del fiumicello Salsola, affluente del Sabato. Il terreno era stato acquistato dal defunto Salia come cimitero della comunità e di qualsiasi ebreo che fosse deceduto ad A.[5].

 

Bibliografia

 

Barra, F., Atripalda. Profilo storico, Avellino 1985.

Colafemmina, C.,  Gli ebrei in Irpinia, in Storia illustrata di Avellino e dell’Irpinia, vol. VI, a cura di Barra, F., Avellino 1996.

Moss, L.W., A Menorah Lamp from Atripalda, in Jsrael Exploration Journal 25 (1975).

Sansone, L., Le radici di Avellino ovvero cenni storici su Atripalda, Napoli 1971.

 

 

 

 

 

 


[1] Cfr. Barra, F., Atripalda. Profilo storico, Avellino 1985; Sansone, L., Le radici di Avellino ovvero cenni storici su Atripalda, Napoli 1971.

[2] Moss, L.W., A Menorah Lamp from Atripalda, p. 156, pl. 15, A.

[3] ASNa, Museo, 99 A36, f. 15r (6 settembre 1494).

[4] Colafemmina, C.,  Gli ebrei in Irpinia, in Storia illustrata di Avellino e dell’Irpinia, vol. VI, a cura di F. Barra, Avellino 1996, p. 99.

[5] Colafemmina, C., Gli ebrei in Irpinia cit., p. 102.

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