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Testo
Provincia di Treviso. È situato sulle ultime pendici delle Prealpi Bellunesi, in una regione quasi pianeggiante, allo sbocco della via alpina che, attraversato il Piave a Ponte delle Alpi (strada d'Alemagna), passando per Fadalto, giunge a Vittorio e a C. Notizie certe si hanno a partire dal secolo XII: Comune autonomo, legato alle vicende di Ceneda (Vittorio Veneto) e della famiglia dei Caminesi, dal 1259 fu assoggettato a Treviso. Nel 1327 cadde in mano agli Scaligeri e, per liberarsene, si diede a Venezia (1329). Nel 1339 passò per breve tempo al patriarca di Aquileia e, dopo una temporanea dominazione del re d'Ungheria (1356–58), di Leopoldo d'Austria (1384–89) ed una breve dominazione tedesca al tempo della guerra di Cambrai, C. seguì le sorti di Venezia.
La prima notizia documentata attestante la presenza a C. di ebrei legati all'attività feneratizia (stabilitisi, tuttavia, nella località già da una decina d'anni) risale al 1398, quando il Doge Antonio Venier ordinò al Podestà di Treviso l'imposizione di una tassa annuale di 3.000 ducati agli ebrei del trevigiano, menzionando anche il banco feneratizio di C.[1].
L'opposizione ebraica a tale tassazione provocò la minaccia di espulsione da parte dell'autorità veneziana, contrastata con successo dal podestà, in virtù dell'importanza della presenza dei prestatori per l'economia locale[2]. Una fonte archivistica informa che dal 1403, se non prima[3], e sino alla fine del XV secolo, si succedettero svariati feneratori nella gestione del banco di C., per periodi a volte lunghi, a volte brevi[4].
Dalla condotta di Mandolino, attivo qui alla fine del ‘400, risulta che egli avesse diritto a ricevere giustizia come gli altri abitanti di C., a portare le armi, ad avere libertà di movimento, di residenza e di associazione, mentre per il segno distintivo era sottoposto alle stesse disposizioni in vigore per i correligionari di Padova e di Mestre[5]. Inoltre, al banchiere era vietato acquistare beni immobili[6] ed era obbligato ad elargire, ogni anno, al Comune 25 ducati d'oro e a fornire ai commendatori di Comun sei berrette con l'arma di S. Marco e del Comune di C.[7].
Quest’ultimo decise, nel 1511, di eleggere due Oratori a Venezia per ottenere l'espulsione degli ebrei, inviandoli, presumibilmente, solo undici anni dopo, senza ottenere, tuttavia, il risultato voluto.
Dal 1538 al 1541 l'attività feneratizia ebraica venne comunque proibita[8], ma poi fu ripresa per 7 anni e, nel 1548, nuovamente e definitivamente vietata[9]. L'origine del divieto di fenerare a C. sarebbe da attribuirsi al fatto che il capitale del locale Monte di Pietà era intanto aumentato a 700 ducati[10].
Nel 1560 i Sindaci e Capi del territorio tentarono di ottenere un banco di pegni al 12%, ma la Signoria e la città si mostrarono assolutamente contrari[11]: qualche mese dopo, C. cercò nuovamente di ottenere da Venezia l'espulsione degli ebrei, rinnovando il tentativo nel 1567[12].
La mancata espulsione, nonostante il banco ebraico non esistesse più, spinse a trasferirsi nella località la famiglia Minzi di Padova (che, come indicava il cognome, designante la città di Mainz, era di origine tedesca) e la famiglia Grassini di Venezia, con la prospettiva di dedicarsi al commercio[13].
Nel primo trentennio del XVI secolo, troviamo tale Marco, ebreo di C., titolare di una condotta per fenerare a Pontremoli, con temporanea abrogazione dei provvedimenti contro l'usura[14].
Nel 1598 abitava a C. Donato di Leone Ottolengo, prima da Venezia e poi da Milano, che rinunciò al contratto firmato con i fratelli Clemente, Moisè e Sansone Pavia da Lodi e Voltri per la cessione di cinque sesti del profitto dall’invenzione in materia di alzare acque per adacquare terreni, privilegiato dal governatore del ducato di Milano[15]. L’Ottolengo risultava abitante a C. ancora nel 1601[16].
Anche tra la fine del secolo XVI e l'inizio del XVII, vi furono ebrei coneglianesi in altre località. Israel da C. fu, infatti, invitato, nel 1597, dal Vescovo di Ceneda ad aprirvi un banco, onde evitare il ricorso all'usura, evidentemente superiore, pretesa dagli abitanti del centro, mentre nel 1591, veniva menzionato a Padova un Simon da Conegian, mercante, e, nel 1602, tale Matassia da C., eletto tra i membri della Commissione per i lavori del ghetto[17].
All'inizio del XVII secolo[18], la Comunità ebraica risultava notevolmente aumentata e, nel 1629, il consiglio cittadino stabilì che gli ebrei potessero moltiplicar in case, tener cristiani al loro servizio, solennizzar nozze o circoncisioni in pubblico, ritenendo al tempo stesso necessario obbligarli ad abitare uniti[19]: qualche anno dopo, infatti, venne istituito il ghetto.
Una sola conversione al cristianesimo viene menzionata nei documenti, quella di un anonimo, registrata nel 1773, nelle memorie di Domenico Del Giudice[20].
Vita comunitaria
Dopo il 1560 cominciò ad essere menzionata a C. una Università o Comunità degli ebrei[21].
La famiglia Grassini fondò la Fraterna Talmud Tora o gmilud Hassadim, fiorente nella prima metà del XVIII secolo[22].
Attività economiche
Nel 1398 risulta che il banco feneratizio di C. praticasse l'interesse del 20% per prestito su pegno e del 24% su carta[23].
Verso la metà del XV secolo, su istanza del Consiglio di C., il doge Francesco Foscari accordò che l'interesse salisse dal 15% al 20%[24].
Dalla condotta di Mandolino del 1489, risulta che il feneratore, oltre a prestare "al banco" al 20%, avesse il monopolio del prestito per il periodo — decennale — della condotta, che dovesse tenere i pegni (con il divieto di accettare oggetti d'uso ecclesiastico) nella sua casa, che dovesse tenere cavedal e registri a garanzia delle operazioni e che dovesse affidare i pegni non riscattati alla città che li avrebbe venduti entro un anno. In caso di guerra, Mandolino poteva portare i pegni a Treviso e, infine, poteva esercitare il prestito in tutte le località del territorio senza banco ebraico[25]. Inoltre, era permesso a lui e soci di vender et mercantar come fanno li cittadini de Conegian excepto che de frumenti, vini et beni stabili[26].
Dopo il 1675 il commercio nelle botteghe fu limitato all'area del ghetto, mentre l'esercizio della stracciaria poteva essere svolto fuori e sui mercati, purché non venissero utilizzati posti fissi o strutture stabili. Alla proibizione già sancita di commerciare in alcuni generi, si aggiungeva quella di dare animali in affitto[27].
Alla fine del XVII secolo, si aggiunse al commercio dei generi permessi, anche l'industria della seta, come attesta il documento del 1697, con cui il podestà di C. concedeva ad Abram Grassini di tragger seda a C.[28].
Nel 1752 furono registrate a C. sette ditte negozianti[29], mentre nel 1769 i Merzeri in Ghetto salirono a 13 e la famiglia Gentili fu titolare di una fabbrica di cordelle di seta[30].
Demografia
Dalla Nota delle famiglie ebree commoranti in Conegliano l'anno 1675, risulta che vivevano nel ghetto, in contrada Siletto, 10 famiglie[31]. Dopo il trasferimento nella contrada di Rujo, la popolazione ebraica aumentò ulteriormente e nel 1752 venne redatto un elenco delle famiglie di C., che erano 12, per un totale di 57 persone[32]. Dopo il 1752 vi fu un nuovo aumento di popolazione, dovuto all'immigrazione di famiglie numerose, tra cui quella dei Gentili[33].
Sinagoga
Nel 1490 il feneratore Mandolino ebbe il diritto di tenere un oratorio e sinagoga nella sua abitazione[34].
All'epoca del primo ghetto la sinagoga, di rito tedesco, era ubicata in contrada Siletto e, quando venne istituito il secondo ghetto, venne trasferita in contrada del Rujo[35].
Nel 1701 tale sinagoga fu restaurata e abbellita, includendo tra i suoi arredi anche la pregevole Arca della Legge[36], con ornamenti e dorature barocche del XVII secolo, che aveva fatto parte della vecchia sinagoga in contrada Siletto. Ai lavori di restauro ed abbellimento della sinagoga parteciparono in epoche successive Gentili (1735), Gabriel Benedetto Caravaglio (1760) e Caliman Grassini (1793)[37].
L'interno di tale sinagoga, di notevole bellezza, venne trasferito a Gerusalemme nel 1952, nella sinagoga della Comunità italiana[38].
Ghetto
Nel 1637 il consiglio cittadino prese la decisione di istituire il ghetto, nella contrada di Siletto e nel 1675 i Sindici inquisitori in Terra ferma della Repubblica di Venezia intimarono agli ebrei di trasferirsi in quella che ai tempi si chiamava contrada del Rujo — dove era sita anche la sinagoga. Nello stesso anno i Sindici inquisitori stabilirono che le case del Rujo affittate agli ebrei non potessero alterarsi dal prezzo di presente assegnato dovendo esserle fatte tenere in concio ed in colmo e tali da medesimi mantenute per esser anco restituite[39].
Cimitero
Nel 1490 nella condotta del feneratore Mandolino era menzionato il diritto di essere sepolto con compagni et fattori e relative famiglie, la dove sta li Zudei, che starano a Conegian[40]. Dalla metà del XVI secolo il cimitero ebraico venne trasferito in una nuova località, ove rimase in funzione sino al 1874. Tale cimitero, denominato Cabalau (Cabalan), era sulla cima di una piccola altura, degradante verso il torrente Ruio. Le lapidi funerarie recavano gli stemmi delle famiglie, secondo l'uso dei cimiteri ebraici in Veneto, tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, tra cui: lo scoiattolo dei Coneian, il leone dei Grassini, il gallo dei Luzzatto, la colomba dei Parente[41]. Dal principio del secolo XVII, e sino a che non ebbero un cimitero proprio, furono sepolti nel cimitero di C. anche gli ebrei di Ceneda[42].
Vita culturale
Ci é rimasta un'interessante documentazione della vita di un ragazzo ebreo della zona tra C., Treviso e Oderzo, risalente all'incirca alla fine degli anni Sessanta del XVI secolo. Si tratta di alcune lettere che questi scrisse in ebraico alla famiglia e agli amici, menzionando C. come luogo in cui si recava a pregare il rabbino, presso cui studiava nella cittadina di Rai di San Polo, dove, evidentemente, non vi era il quorum di dieci adulti ebrei, necessario per le preghiere da recitare collettivamente[43].
Nei primi decenni del XVII secolo fiorì una yeshivah (Accademia talmudica) e, da una lettera scritta, nel 1604, dal noto rabbino Leone Modena al suo amico d'infanzia Israel Conian, si apprende che il Modena si era proposto come insegnante della yeshivah che stava sorgendo[44]. Nel 1605 la Comunità di Venezia patrocinò e finanziò l'impresa: Israel Conian (o C.)[45] e David Marcaria furono scelti come direttori dell'istituzione, sorta per fronteggiare la carenza educativa della gioventù dell'epoca, offrendo agli studenti il mantenimento, indipendentemente dalle condizioni sociali e dalla località d'origine[46].
Da una lettera di Leone Modena, si evince che doveva esservisi recato in visita il rabbino di Padova, Eliezer Haim Nizza, talmudista e poeta, mentre era in viaggio per la Polonia allo scopo di raccogliere offerte per la Comunità di Roma e, presumibilmente, per dare notizia all'estero della yeshivah in questione[47]. Anziché il Modena, però, venne chiamato a C. nel 1604 Natan Ottolengo, probabilmente originario di Lodi e allievo della yeshivah di Cremona[48], che rimase per cinque o più anni a dirigere quella di C.[49].
Nel 1716 Simson di Ianakov Grassini, insieme ad altri sei maggiorenti delle Università ebraiche di Venezia, Padova, Rovigo, Mantova, Verona, Gorizia e Casalmonferrato concorse alla pubblicazione del Machzor di rito tedesco, in uso nelle sinagoghe di rito tedesco delle Università summenzionate[50].
Nel 1777 giunse a C. per raccogliere fondi per le Comunità ebraiche in Terra d'Israele, il dotto rabbino Chayym Yosef David Azulai, che lasciò nel proprio diario una descrizione dell'incontro con la Comunità coneglianese[51].
Bibliografia
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Luzzatto, F., La comunità ebraica di Conegliano Veneto, in RMI XXII (1956), pp. 34-43; 72-80; 115-125; 178-186; 227-238; 270-276; 313-321; 354-360.
Ghirondi, M.S.-Neppi, H.G., Toledot Ghedolei-Italia, Trieste 1853.
Morpurgo, E., L'università ebraica degli ebrei in Padova nel XVI secolo, Estratto dal Bollettino del Museo Civico di Padova, Anno XII, Fasc. 1-2-3, Padova (1909).
Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, in Il Corriere Israelitico XLVIII (1910), pp. 188-191; pp. 205-210.
Morpurgo, E., Gli ebrei a Treviso, in Il Corriere Israelitico XLVIII (1909-1910), pp. 141-144; pp. 170-172.
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Nahon, U., Angoli dell'Italia ebraica in terra d'Israele, in RMI XXV (1959) 3-4, pp. 99-109. Ravid, B., From Yellow to Red: On the Distinguishing Head-Covering of the Jews of Venice, in Jewish History, vol. 6, Nos. 1-2 (1992), pp.179-210.
Schiavi, L.A., Gli Ebrei in Venezia e nelle sue colonie, in Nuova Antologia, S. III, vol. 47 (1893), pp. 309-333.
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Simonsohn, S., Il mondo di un ragazzo ebreo del Rinascimento (in ebr.), in Pensiero ebraico in Europa (in ebr.), pp. 334-349.
Simonsohn, S, The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982-1986.
[1] Biblioteca Comunale di Treviso (in seguito, B.C.T.), Mss. n. 957. Documenti Trevigiani (Scotti) Tomo IX c. 410-411, citato in Morpurgo, E., Gli Ebrei a Conegliano, p. 188, nota 3; cfr. Luzzatto, F., La comunità ebraica di Conegliano Veneto ed i suoi monumenti, p. 35, nota 4.
[2] B.C.T., Mss. n. 957. Documenti Trevigiani (Scotti), Tomo X c. 66; ivi, Tomo IX, c. 407-410, citato in Morpurgo, E., op. cit., p. 188, note 4 e 5. Cfr. Luzzatto, F., op. cit., p. 36.
[3] Una Ducale datata 26 luglio 1403 riguardava la vendita di pegni tenuti da Simon giudeo feneratore "in Conegliano". Archivio vecchio Comunale di C., Busta 395. Privilegi, citato in Morpurgo, E., op. cit., p. 189, nota 2. Il Luzzatto, valendosi dell'estratto ebraico dei Regesti dell'Archivio Comunale di C., compilato dal Prof. Adolfo Vital, nel 1908, custodito nell'Archivio Grassini-Morpurgo di Padova, e confrontandolo con i documenti originali che si trovano nel Municipio di C., sostiene che Simone fu feneratore a C. dal 1403 al 1425. L'ipotesi che questi fosse attivo già da prima é dedotta da una Ducale del 1403, in cui si tratta della vendita dei pegni rimasti a Simone. Libro Privilegi B 390 C 11, citato Luzzatto, F., op. cit., p. 36, n. 2. Ulteriori dati in proposito alla presenza di Simone non vengono, tuttavia, forniti.
[4] Per l'elenco dettagliato dei feneratori, cfr. Luzzatto, F., op. cit., pp. 36-37; per le date delle deliberazioni del Consiglio comunale relative ai feneratori ebrei, cfr. Morpurgo, E., op. cit., p. 189. Tra i feneratori che si alternarono a C., risulta che vi fosse stato anche tale Anselmo, con cui il Comune entrò in conflitto, facendo, nel 1429, tentativi per trovare chi lo sostituisse. Pare che Anselmo, tuttavia, desiderando conservare la propria attività a C., avesse dissuaso i correligionari dall'aderire all'invito. Archivio Vecchio Comunale di Conegliano. Busta 396. Vacchette 1427, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Treviso, p. 143, nota 10. Vedi anche la voce "Treviso" della presente opera.
[5] A Padova, il segno distintivo, una "O" di stoffa gialla, imposto a Venezia, ma trascurato dagli ebrei padovani, fu ribadito, nel 1430, per essere sostituito, nel 1496, con una berretta gialla. Per sottrarre gli ebrei ad eventuali violenze, fu consentito loro di portare qualsiasi tipo di berretta quando erano in viaggio e per tre giorni dopo il loro arrivo in una località, nonché in determinati giorni dell'anno, in cui il pericolo di molestie cresceva. Nel 1497,analoghe eccezioni all'obbligo del segno furono statuite dal Senato veneziano in favore dei feneratori di Mestre. Ciscato, A., Gli ebrei in Padova (1300–1800), pp. 166-168; Ravid, B., From Yellow to Red: On the Distinguishing Head-Covering of the Jews of Venice, pp. 183-184.
[6] Il divieto di comprare beni stabili non includeva sinagoga e cimitero, il cui permesso era autorizzato, come attesta la risposta data in tal senso dalla Signoria di Venezia, in data 24 ottobre 1425, alla relativa richiesta degli ebrei del trevigiano. Bibl. com.le di Treviso, Documenti Trevigiani (Scotti) ms. 957 Tomo X c. 254, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Treviso, p. 143. La stessa fonte é citata anche in Luzzatto, F., op. cit., p. 37, nota 4.
[7] Per il riassunto di ognuno dei 37 capitoli della condotta stipulata, nel 1489, tra Mandolino e la Comunità di C., cfr. Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, pp. 189-190.
[8] Archivio vecchio comunale di C., Busta 574: 26 Agosto 1341. Al se fa fede per testimonio nostro ai sopraconsoli qualmente a dì 6 marzo 1538 fino a dì 26 agosto 1541 non se hanno in nota alcuni hebrei per banchieri in Conegian come in li libri dell'offitio nostro appar in qurum fidem a di 26 agosto 1341. firmato Paulo Caboldo alli Sopraconsoli (Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 205). Suppongo che la data 1341 sia un errore (anziche 1541).
[9] Archivio vecchio comunale di Conegliano. Busta 574. Miscellanea Graziani, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 205, nota 5.
[10] Ibidem; cfr. Luzzatto, F., op. cit., p. 39. In entrambe le fonti non è indicata la data di fondazione del Monte di Pietà, ma solo l'aumento del suo capitale. Luzzatto si limita a menzionare l'istituzione del Monte di Pietà, citando a sostegno il Roth (Jews in Italy, pp. 166-176), che, tuttavia, non fa cenno al Monte di C.
[11] Archivio vecchio comunale di C. Busta 574. Miscellanea Graziani; la decisione del Senato di opporsi alla richiesta dei contadini del territorio di rinnovare la condotta dell'ebreo, in data 1 maggio 1560, fa parte della Miscellanea Graziani. Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano p. 206, note 1 e 2.
[12] Archivio vecchio com. di C. Busta 574 e Busta 345. Libro Parti; Archivio vecchio com. di C. Busta 395. Libro Parti: 1566, 5 ottobre, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 206, note 3 e 4.
[13] Luzzatto, F., op. cit., p. 40. Secondo un'altra fonte, a C. “ditte come i Minzi, i Padoa, gli Ottolengo, i Grassini mantennero in funzione i banchi fino alla metà del'600", senza, tuttavia, fornire documenti in proposito. Cfr. Zalin. G., Il passaggio dall'attivita all'attivita di intermediazione degli ebrei veneti nel Cinque e Seicento, in Studi storici Luigi Simeoni, p. 265.
[14] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 1368.
[15] Idem, Milan, doc. 4316.
[16] Ivi, doc. 4376.
[17] Schiavi, L.A., Gli ebrei in Venezia e nelle sue colonie, p. 321; Morpurgo, E., L'università degli ebrei in Padova nel XVI secolo, p. 8; Ciscato, A., op, cit., p. 85, nota 3.
[18] Risale al 1610 una formula di giuramento per gli ebrei, molto diversa dal giuramento in uso a Padova e a Venezia. Per il testo di tale giuramento, cfr. Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, Appendice, pp. 209-210.
[19] Archivio vecchio com. di C. Busta 487. Repertorio Del Giudice, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 206, nota 7.
[20] Ivi, p. 209.
[21] Archivio vecchio com. di Conegliano. Busta 395. Libro Parti: 1566, 5 ottobre, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 206, nota 4.
[22] Ivi, p. 208, n. 1. Secondo il Luzzatto, F., op. cit, p. 233, sarebbero stati implicati nella Fraterna anche i Pincherle, i Caprileo, i Nahmias, i Romanin.
[23] B.C.T., Mss. n. 957, citato alla nota 2 della presente voce.
[24] Luzzatto, F., op. cit., p. 36.Il Luzzatto, tuttavia, non dà notizia di quando l'interesse fosse stato abbassato rispetto a quello statuito nel 1398, riportato alla nota precedente.
[25] Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, pp. 189-190.
[26] Ivi, p. 190. Il Morpurgo sottolinea che quest'ultimo punto mostra la diversità di trattamento di cui godevano, in quel periodo, gli ebrei di C. rispetto a quelli di altre località venete, come Padova o Vicenza, in cui era iniziata un’accanita lotta contro i feneratori. Ibidem.
[27] Statuta provisionesque ecc. c. 672, citato in Morpurgo,E., Gli ebrei a Conegliano p. 207, nota 2.
[28] Archivio privato Grassini-Morpurgo (Padova), Busta 1, n. 1, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 207, nota 4. Il documento in questione fu pubblicato dal Morpurgo anche nel suo lavoro La famiglia Morpurgo di Gradisca sull'Isonzo (1585–1885), Padova 1909.
[29] Ne erano proprietari: Salomon Aboaff, Simon Luzzatto, Abram e Leon Grassini, Israel Valmaren con il fratello, Isach Gallico, Daniel Grassini, Abramin Grassini. Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 208.
[30] Ivi, p. 209. Tale fabbrica, trasferita dal villaggio di Sarano a C., fu impiantata in una casa venduta dai frati Minori di S. Francesco al procuratore di S. Marco, Marco Foscarini, e rivenduta da questi a Isach Gentili, divenendo oggetto di un lungo contenzioso tra il Parroco, contrario all'iniziativa ebraica, e il Gentili. Allo scadere della condotta, nel 1776, la fabbrica fu presumibilmente chiusa. Cfr. Luzzatto, F., op. cit., pp. 235-236.
[31] I dieci capifamiglia erano: Abram Grassini, Iseppo Conegliano, Lazzaro Fano, Simon Luzzatto, Ventura Conegliano, Iseppo Minzi, Dona Valmarino, Israel Valmarino, Giusto Luzzatto, Iseppo Sacerdoti. Archivio Comunale di C. Busta 574, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano , p. 207, nota 3.
[32] Scorrendo la lista dei cognomi dei capofamiglia, si nota che non viene piu menzionata la famiglia Sacerdoti, mentre compaiono due nuove famiglie, i Gallico e gli Aboaff. Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 208.
[33] Ibidem.
[34] Luzzatto, F., op. cit., p. 38.
[35] Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, pp. 206-207.
[36] Su un pannello dell'Arca (o Aron ha-qodesh) è incisa un'iscrizione in memoria del rabbino Natan Ottolengo, per cui si rimanda al paragrafo "Vita culturale".
[37] Ivi, p. 207.
[38] Nahon, U., Angoli dell'Italia ebraica in terra d'Israele, pp. 100-101. Per ulteriori dettagli sulla sinagoga di C., cfr. Luzzatto, F., op. cit., pp. 313-319. Per quanto riguarda il trasporto della sinagoga in Israele, cfr. ivi, pp. 354-359.
[39] Statuta Provisionesque ecc. c. 672, citato in Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 207, nota 1.
[40] Luzzatto, F., op. cit., p. 41, nota 4; tale luogo di sepoltura esisteva gia almeno dal 1464. Ibidem.
[41] Luzzatto, F., op. cit., p. 42. Sull'uso degli stemmi nei cimiteri e nei documenti degl ebrei in Veneto, cfr. Morpurgo, E., Notizie sulle famiglie esistenti a Padova nel XVI sec., Corriere Israelitico 1908–1909, p. 6, citato in ivi, p. 42, nota 5.
[42] Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 206.
[43] Il nome del ragazzo è Yosef di Yaaqov; il cognome non ci è rimasto, cosi come non ci è rimasta indicazione precisa del luogo di residenza della sua famiglia. Cfr. Simonsohn, S., La vita di un ragazzo ebreo del Rinascimento (in ebr.), p. 336, p. 344, p. 347.
[44] Luzzatto, F., op. cit., p. 72.
[45] Stando a una lettera di Leone Modena, la yeshivah aveva sede, in attesa di sistemazione migliore, nella casa di Israel Conian. Per ulteriori dettagli su di lui e sulla famiglia Conian, trasferitasi da C. in svariate altre località del Veneto, cfr. Luzzatto, F., op. cit., pp. 121-125.
[46] Il Roth, pertanto, la considerava come il prototipo dell'ideale di una libera istruzione universitaria. Roth, C., Venice, p. 156. Cfr. Luzzatto, F., op. cit., p. 75.
[47] Blau, p. 88, senza altre indicaz., in ivi, pp. 74-76.
[48] Per le notizie sulla yeshivah di Cremona, si rimanda alla voce "Cremona" del presente lavoro.
[49] Assai scarsi sono i documenti riguardanti la vita e l'opera del rabbino Ottolengo, che pure era molto stimato tra i contemporanei. Il Ghirondi lo descrive come "uno dei grandi della sua generazione" e afferma che i rabbini della sua epoca lo chiamavano: "il pio, il retto, profondo nello studio e esperto nella Halahkah". Ghirondi, M.S. – Neppi, H.G.,Toledot Ghedolei-Israel, p. 275. Anche il Mortara lo menziona, ricordando, tra l'altro, il suo contributo al volume di responsa sul problema del miqweh di Rovigo, Miqwe' Israel (Venezia 1607). Mortara, M., Indice, p. 46. Per un tentativo di ricostruzione della sua figura, cfr. Luzzatto, F., op. cit, pp. 76-80; pp. 115-120.
[50] Morpurgo, E., Gli ebrei a Conegliano, p. 207.
[51] Luzzatto, F., op. cit., pp. 271-272.