Vieste

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Vieste

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Vieste [בישטי]

In provincia di Foggia, sull’estremità orientale del promontorio Gargano.  Il luogo appare già abitato in età preromana e romana, e l’antico insediamento viene identificato con  Apeneste o con Uria Garganica. Vieste rimase quasi sempre libera da infeudazioni, eccetto un breve periodo all’inizio del XVI secolo. Città vescovile dal X secolo al 1818. Nel 1443 era tassata per 523 fuochi.

L’ecomonia di Vieste era legata al suo entroterra agro-pastorale e al suo porto, scalo di rifornimenti e di scambi con le navi di passaggio. E’ presumibile che sia stata questa situazione a favorire il costituirsi nella città di una comunità ebraica, la cui memoria perdura nel toponimo ancora ufficialmente in uso di Via Judeca, sul lato orientale del borgo medievale. La via, lunga una cinquantina di metri, è un biforcazione di Via Duomo – l’altra è la parallela  Via Cimaglia – e termina su di una terrazza a strapiombo sul mare. Lo spiazzo terminale è ora più ampio che in passato, essendo state abbattute, perché pericolanti, le case edificate sull’orlo della parete rocciosa.[1]

A Vieste nel 5216 (= 1455-56 e. v.) il medico e copista Ysaq b. Shelomoh dal Barri trascrisse per  suo uso personale i primi tre libri del trattato  De Chrurgia di Guglielmo de Saliceto in traduzione ebraica.[2] La visione dell’immensità marina in cui gli sembrava sospesa la città impressionò molto il copista, che trasse dalla Bibbia (Salmo 104, 25a) un versetto appropriato con cui espresse contemporaneamente la sua sensazione e la data in cui finì di comporre il  manoscritto: «Ho completato – egli scrisse – questo libro qui in Vieste, situata sul mare, trenta miglia in mezzo al mare, nell’anno: “Ecco il mare grande e vasto  da ogni lato”. La data è rappresentata dalla somma del valore numerico delle lettere ebraiche, opportunamente contrassegnate, che costituiscono l’espressione «e vasto» (ורחב).[3]

Ysaq b. Shelomoh dal Barri era originario del sud della Francia, o della Catalogna, ed era giunto a Vieste provenendo da Melfi, dove il 15 Adar I del  5214 (= 12 febbraio 1454)  aveva terminato di copiare per David b. Menahem Sarfati di Tricarico l’opera medica  Il gioiello perfetto di Abul Qasim al-Zahrawi.[4] Da Vieste egli passò a Barletta, dove il 6 Shevat 5216 (= 13 gennaio 5256)  gli nacque il figlio Shelomoh, come egli stesso annotò nell’ultimo foglio del codice che aveva copiato a Vieste.

Nel luglio 1554 Vieste fu assalita ed espugnata da una flotta turca guidata dal corsaro Dragut. Molti abitanti furono trucidati e altri vennero fatti schiavi. Tra questi c’erano il cristiano novello Stefano de Magistris e dodici suoi familiari. Stefano, la moglie e i figli riuscirono a recuperare la libertà pagando di tasca propria il riscatto; per gli altri fu chiesto l’intervento di  papa Giulio III, il quale concesse l’indulgenza  quotiens di 7 anni e 7 quarantene ai fedeli che avessero contribuito con elemosine alla loro liberazione (25 gennaio 1555).[5]


[1] Cf. C. Colafemmina, “Gli ebrei a Vieste”, in «Rassegna di Studi Dauni» 3 (1976), pp. 49-50.

[2] M. Steinschneider, Die hebraeischen Übersetzungendes Mittelalters und die Juden als Dolmetscher, Graz 1893, 801-802.

[3] C. Sirat, M. Beit-Arié, Manuscrits médiévaux en caractères hébraiques portant des indications de date jusq’à 1540, I-II, Jerusalem-Paris 1472-1979, II, 88.

[4] Sirat, Beit-Arié, Manuscrits médiévaux en caractères hébraiques cit., I, 103.

[5]A. Mercati, “Episodi piratici del secolo XVI da “Indulgentiae pro captivis”, in «Archivio Storico della Società Romana di Storia Patria» (1929), p. 466.

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