Bagnoregio

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Bagnoregio

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Bagnoregio

Provincia di Viterbo. Insediamento etrusco e poi romano, B. fu sede vescovile dal VI secolo. Saccheggiato da Goti e Longobardi, il centro fu donato, in seguito, da Carlo Magno alla Chiesa, sotto la quale rimase, eccezion fatta per il periodo di dominazione dei Monaldeschi (fra XIV e XV secolo), sino all’Unità d’Italia.

La presenza ebraica a B. è attestata già nel 1459: in quell’anno, infatti, papa Pio II concesse a Daniele di Abramo di Castro, medico e chirurgo ebreo, la licenza di curare anche i cristiani in tutti i domini pontifici, avendo egli dato ottima prova di sé e della sua arte in questa città, a Narni e in altri luoghi ed esentò lui stesso, e il suo aiutante o familiare, dal portare il segno, per non esporlo a violenze o vessazioni[1].

Nel periodo 1462-1470 è testimoniato in città un Deodato di Salomone[2] e da un registro di collettorie della Camera Apostolica del 1470 sappiamo che vi erano allora tre nuclei familiari e che lo stesso Deodato versava 30 ducati[3].

Più informazioni si hanno, poi, per il secolo successivo: già per l’inizio del ‘500, ad esempio, conosciamo i nomi di più capifamiglia, tra cui uno Jacob, un Isacco e un Rubino indicati come Magister,e sappiamo che i gruppi parentali erano sette[4], ma che sarebbero diventati 30 con l’andare degli anni[5].

Nel giugno 1546 il Comune concesse la condotta di prestito a Maestro Amadio di Ventura di Castro (che tra il 1547 e il 1549 operò anche come medico condotto)[6], a Israele di Vitale da Recanati e a Benedetto di Amadio (cognato di Vitale da Recanati): la durata fu stabilita in 5 anni, l’interesse annuo fu fissato al 24% circa e agli ebrei fu consentito di rispettare le proprie feste religiose[7]. Nello stesso anno, inoltre, gli israeliti ottennero ufficialmente un terreno ad uso cimiteriale[8].

Nel 1548 la Santa Sede emanò per Israele di Vitale da Recanati, famiglia e soci, una tolleranza quinquennale[9], ma nel 1553 si arrivò alla stipula dei nuovi capitoli, stavolta stretti con Isacco del fu Benigno da Turano, residente ad Orvieto, il quale fu esentato dall’obbligo del segno[10]. Isacco aveva due fratelli, attestati a B.: il medico Maestro Salomone, laureatosi a Perugia nel 1552, e il convertito Giovanni Luigi[11].

In generale, tra Quattro e Cinquecento gli ebrei della città prosperarono e, oltre ad esercitare il prestito, furono possessori di terre e di bestiame e intrapresero altre attività economiche, talvolta anche in società con cristiani (ce lo mostra il caso di una bottega di ars calzolaria)[12].

La situazione cambiò, come altrove, con le disposizioni di Paolo IV e Pio V e, sebbene la presenza ebraica non scomparisse dal centro (essa, infatti, era testimoniata ancora nel XVII secolo), divenne certamente meno numerosa e continuata[13].

 

Bibliografia 

Esposito, A., La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo medioevo: il patrimonio di S. Pietro in Tuscia e Viterbo, in Gli ebrei nello Stato Pontificio fino al Ghetto, Atti Italia Judaica VI (1995), Roma 1998, pp. 187-203.

Luzzatto, A. – Tagliacozzo, A., Una comunità ebraica a Bagnoregio nei secoli XV e XVI, in La Rassegna Mensile di Israel, 44, n. 7/8 (1978), pp. 496-511.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

 

[1]Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 851. Il testo del documento è riportato anche in una disposizione del 1478, relativa ad una condotta di 14 stipulata dal consiglio di Ameglia con lo stesso Daniele, per esercitare lì la professione medica (cfr. Toaff., A., The Jews in Umbria, doc. 1754).

[2] Cfr. Luzzatto, A. – Tagliacozzo, A., Una comunità ebraica a Bagnoregio, p. 498.

[3] Esposito, A., La presenza ebraica in una regione pontificia, pp. 190-191.

[4] Luzzatto, A. – Tagliacozzo, A., op. cit., p. 498.

[5] Ivi, p. 499.

[6] Ivi, p. 500.

[7] Ivi, pp. 499-500.

[8] Ivi, p. 500.

[9] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2736.

[10] Luzzatto, A. – Tagliacozzo, A., op. cit., p. 500.

[11] Ivi, p. 501.

[12] Ivi, pp. 501-502.

[13] Ivi, pp. 502-503.

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