Treviso

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Treviso (טריויסו)

Capoluogo di provincia. Anticamente Tarvisium, divenne a partire dal IV secolo sede vescovile e, dal secolo X, fu sotto il dominio dei conti di Collalto, di stirpe longobarda. Dopo lunghe lotte, il vescovo e il conte persero potere e il Comune venne accentrato nella nuova magistratura del podestà. Tra la fine del secolo XII e gli inizi del XIII, i Caminesi, i Conegliano e i vescovi accettarono la sovranità del Comune, quantunque non sempre gli furono fedeli. Dopo un periodo di lotte tra i da Romano (ghibellini) e i Collalto e i da Camino (guelfi), divennero signori di T. alcuni membri della famiglia da Romano, sino al sopravvento del libero Comune, dopo il 1260. Dopo varie vicende, la città passò, nel 1339, sotto il dominio di Venezia, sotto cui tornò nel 1388. Sostenuto l'assalto francese al tempo della Lega di Cambrai (1511), riprese vita tranquilla sotto Venezia, cui era unita dal "Terraglio". Caduto il dominio della Repubblica nel 1797, dopo un brevissimo periodo di municipalità, passò all'Austria nel 1799 e, quindi, nuovamente ai francesi e ancora all'Austria nel 1801.

La presenza ebraica a T. era menzionata già nel X secolo da documenti attestanti che gli ebrei avevano nel 905 negotia nella città[1]. Presumibilmente si trattava di ebrei scesi in Italia dalla Germania insieme ad altri gruppi tedeschi. Da un documento del 972, recante la donazione fatta dall'imperatore Ottone al Monastero di S. Candido d'Intica di un podere situato in comitatu Tarvissiano haud longe a fluvio Vallat et in loco qui dicitur Chunio (Conio) qui situs est prope litus Brentae qui fuit Isaac Iudaeo traditus a Wichberto[2], si evince che essi avevano proprietà nel Comitato[3].

Dopo secoli di silenzio il nucleo ebraico torna ad essere menzionato in un documento del 1235, in cui viene citato Diario de Vascono judeo[4]. Sia nello Statuto Caminese che nello Statuto trevigiano non vi sono, però, cenni riguardanti in modo esplicito gli israeliti e solo nel 1294 sembra essere attestato il prestito ebraico in città con la presenza di un Salamon giudeo feneratore[5].

Nel 1307 il Vicario del Podestà di T. faceva Precetto a favore di Gulielmacio di Maestro Sabato e del suo socio Moysè[6], mentre un proclama del 1390 imponeva vigilanza sui feneratori stabiliti da un secolo a T.: chiunque avesse avuto pegni in mano loro, avrebbe dovuto andare a prenderne visione e a riceverne le relative. Inoltre, veniva intimato ai banchieri di tenere bollettini e di mostrarli ad ogni richiesta[7].

Il capostipite della nota famiglia di tipografi di Soncino, Mosè di Giuseppe da Spira, ottenne di stabilirsi nel 1394 a T. con la famiglia, alle condizioni che regolavano l'attività degli altri prestatori residenti nella città: tuttavia, nel 1400, in conseguenza di un presunto sacrilegio da parte ebraica, egli fu espulso dalla città insieme ad altri correligionari, mentre solo quattro famiglie di feneratori poterono continuare a risiedere a T.[8].

Nel 1398 il doge Antonio Venier impose agli ebrei del trevigiano una tansa di 3.000 ducati[9] e, nel 1400, ordinò al Podestà di espellere dalla città e dal distretto quanti si dimostravano riluttanti ad accettare i nuovi patti[10].

Al 1398, inoltre, risale l’unica attestazione rimastaci di una conversione: quella di Joannes ebreo teutonico[11].

Nel 1408 T. rinnovò i patti precedentemente stipulati con Sanson ebreo e con Mayer del fu Samuele ebreo nomine proprio et nomine et vice Moysis et Bonomi et Samuelis eius filiis[12]: tra i vari punti dell'accordo, figuravano il divieto di sottrarre o battezzare i fanciulli ebrei minori di dodici anni senza il consenso del podestà, il permesso di macellare la carne secondo la Legge e la facoltà di avere sinagoga e cimitero[13]. Tali patti erano già stati stipulati nel 1401 tra la città e gli ebrei Iacob de Alemannia ed Helcanà de Candida, a nome di tutti i feneratori[14].

Dopo il 1408 la Comunità si accrebbe[15], ma nel 1425 la Repubblica veneziana vietò agli ebrei il possesso di beni immobili, esclusi cimitero e sinagoghe[16]. Dal fatto che, nel primo trentennio del XV secolo, il Comune di Conegliano inviò messi a T. (come a Padova e a Mantova), per cercarvi un ebreo disposto a trasferirsi a Conegliano ad esercitare l'attività feneratizia, al posto del prestatore tedesco con cui era in lite, si inferisce che T. era considerata un centro ebraico importante e, presumibilmente, era la grande Comunità cui facevano riferimento, a partire dalla fine del XIV secolo, i piccoli centri ashkenaziti del Friuli e della terraferma veneta[17].

Nel 1443 fu rinnovato per gli ebrei della Repubblica veneziana l'obbligo di portare il segno distintivo (tellae zallae in pectore)[18], cui si dovettero sottostare anche quelli trevigiani[19].

Nel 1496 venne istituito il Monte di Pietà e, l'anno successivo, i cittadini chiesero al governo veneziano che zudei fusseno cazzadi de lì e più non potesseno star in prestar usura in Treviso ma ben per le castelle[20]. Tuttavia, nel 1498, fo pregadi per li zudei da Treviso. [...] presento dovesseno restar ad habitar a Treviso non dagando perhò usura[21].

Nel 1509, quando T. fu presa dalle armate della Lega di Cambrai, la popolazione si scatenò contro gli ebrei, accusati di connivenza con il nemico. Tutte le loro case furono distrutte ad eccezione di quella di Caliman amico dei Trevigiani[22] o Calimano da T., capo della omonima famiglia veneziana. Lo stesso anno, il doge proibì agli israeliti di vivere a T., affiggendo il decreto su di una colonna marmorea della piazza cittadina[23]. Gli israeliti si rifugiarono allora nella vicina Asolo e, nella seconda metà del XVI secolo, solo Caliman Koen[24] e alcuni individui isolati si trovavano ormai a T.[25].

Il cognome "Treviso", in seguito estinto, si ritrova nel XVI e agli inizi del XVII secolo tra i gruppi ebraici di altre località[26].

Demografia

Alla fine del XIV secolo vi erano a T. 4 famiglie ebraiche[27].

Attività economiche

Alla fine del XIV secolo vi erano cinque banchi feneratizi a T.[28] e, nel 1425, Abramo di Salomone gestiva, con la famiglia e due servi, una locanda per viandanti ed ebrei forestieri[29].

Sinagoga

Alla fine del XIV secolo è attestata l'esistenza di una sinagoga nel quartiere di S. Giovanni Bruciato. Dai responsa del rabbino padovano Yehudah Minz, si apprende della costruzione di una seconda sinagoga, alla fine del XV secolo[30].

Nel Cinquecento esisteva a T. un oratorio, ubicato in una casa che, all’inizio del XX secolo, risultava essere al n. 11 di Via Portico Oscuro. Di tale oratorio rimanevano solo una nicchia contenente un serbatoio d’acqua e una pila per le abluzioni dei fedeli[31].

Cimitero

Il primo documento attestante l'esistenza di un cimitero ebraico a T. risale al 1397, quando tale Ber. Judeus q. Lup. de Batenberg de Alemania dichiarava di voler essere sepolto in burgo SS. Quadraginta in judeorum campo, ubi alii Judei comorantes Tarvisio mortui sepeliuntur[32], fornendo l'indicazione dell’ubicazione nel Borgo Quaranta Santi. Le epigrafi ebraiche (in parte, solo frammenti) rinvenute in loco e risalenti al XV secolo, si riferiscono ad alcuni ebrei ashkenaziti residenti a T., tra cui il capo della locale yeshivah (accademia rabbinica), Mosheh ben Eliezer, defunto nel 1412[33].

 

Quartiere ebraico e ghetto

Durante il XV secolo le abitazioni ebraiche si trovavano nella zona intorno alla Via del Portico oscuro, delimitata da una lato dal canale Botteniga e dagli altri tre lati dalla via S.Vito, dalla via Prigioni e dal vicolo Palestro (secondo la denominazione novecentesca), come veniva segnalato da una fonte ottocentesca che menzionava il quartiere ebraico in prossimità del cosiddetto Portico oscuro[34].Da segni attestanti la passata esistenza di un massiccio portone di ferro, con una lapide recante il leone di S. Marco, che sempre contrassegnava le porte d'accesso ai ghetti veneti, è stato dedotto che il quartiere ebraico, a partire dalla seconda metà del XVI secolo, fosse stato trasformato in un vero e proprio ghetto, ad uso dei pochi ebrei stabilitisi a T. dopo la cacciata del 1509 e la strage di Asolo del 1547[35].

Vita culturale

A T. vi era una yeshivah (accademia rabbinica), in cui si formò, verso gli inizi del XV secolo, Ahron Abulrabi (Abu Al Rabbi), insigne studioso d'origine catanese, di cui ci resta un Supercommento al commento di Rashi al Pentateuco, pubblicato (s.d.) a Costantinopoli[36]. Presumibilmente, era a capo della yeshivah Magister Ancelinus, definito in un documento del 1425 doctor ipsorum iudeorum in lege sua, e da identificarsi con il rabbino Anshel da Marburgo (Anselmo Morpurgo), d'origine austriaca., in contatto con il rabbino Rabbi Yaqob Molin (Maharil), insigne talmudista e capo delle Comunità ebraiche d'Austria, Germania e Boemia, e con il più prestigioso rabbino del XV secolo in Germania, Yisra'el Isserlein. Anshel da Marburgo è probabilmente da identificarsi con il “R.A. Treviso”, che, verso il 1430, riportò all’ebraismo una convertita al cristianesimo[37].

Alla fine del XV secolo, era a capo della yeshivah Benedict Alexander Axelrod [Bendit Axelrad], un allievo del celebre rabbino padovano Yehudah Mintz[38].

Nella prima metà del XV secolo, era emigrato a T. dalla Renania il rabbino Zalman Yent, autore del Sefer ha-mynhagym (Libro degli usi liturgici) delle Comunità ebraiche di rito tedesco, in cui T. veniva indicata come centro ebraico-ashkenazita di primaria importanza. Un altro Sefer ha-mynhagym fu copiato a T. nel 1453 (dal figlio del noto rabbino Zeligman da Coburgo) e nel 1473: l'autore era il rabbino Shemuel da Ulm, che aveva scritto il libro presumibilmente a T. prima del 1450[39].

Nel XV secolo erano attivi a T. anche altri trascrittori di manoscritti ebraici, di cui il più noto è Mosè, figlio del feneratore Abramo da Cividale, che copiò nel 1432 il cod. De Rossi 739, contenente il commento di Rashy al Pentateuco e, nel 1453, terminò di trascrivere il cod. De Rossi 653, contenente il mahzor o formulario delle orazioni festive secondo il rito tedesco[40].

Bibliografia

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Vogelstein, H.-Rieger, P., Geschichte der Juden, Berlin 1895.


[1] Ughelli, F., Italia Sacra, Tomo V,c. 499; Lizier, A., Note intorno alla storia del Comune di Treviso dalle origini al principio del XIII secolo, Modena 1901, p. 24, citato in  Morpurgo, E., Gli ebrei a Treviso, p. 141, note 1 e 2.

[2] Il documento si trova registrato nella raccolta di Documenti Trevigiani di Mons. Azzoni Avogaro, Tomo I, c. 123, custodita nella Biblioteca Capitolare (Duomo di Treviso): Mss. III 261 e nel manoscritto dell'Abate Giovanni Brunacci, Istoria della Diocesi di Padova, Libri XXIII, custodito nella Biblioteca civica (Padova) Mss. BP. 782, citati in Morpurgo, E., op. cit., note 4 e 5. Per la pubblicazione del documento, cfr. Gloria, Codice diplomatico padovano dal secolo VI a tutto l'undecimo, Venezia 1877, p. 85, citato ivi, p. 142, nota 1.

[3] Il diritto di proprietà immobiliare di cui godevano gli ebrei anche in altre regioni d'Italia, dall'epoca romana sino al XIII secolo, è stato dimostrato anche da altre fonti. Cfr. Cantù, C., Storia d'Italia (senza ulteriori dati) e Tamassia, N., Stranieri ed ebrei nell'Italia meridionale dall'età Romana alla Sveva, Atti del R. Istituto Veneto di scienze lettere ed arti. A.a. 1903-1904, Tomo LXIII, P.II, pp. 830-831 (74-75), citato ibidem, p. 142, note 2 e 3.

[4] Minotto, A.S., Documenta ad Belunum, Cenetam, Feltria, Tarvisium, Venetiis MDCCCLXXI, III Tom. II Sect. I, p. 47, in Acta et diplomata e R. Tabulario Veneto usque ad medium seculum XV summatium regesta. Venetiis, citato ibidem, nota 6. Secondo il Morpurgo, Diario de Vascono judeo doveva essere un personaggio insigne, poiché viene citato in un atto importante, in cui figurano il Comitato di Padova, il Comitato di Conegliano, i Signori da Camino e i Vescovo di Ceneda, da un lato, e, dall'altro, il Comitato di Treviso. Cfr. ibidem.

[5] Cfr. ibidem.

[6] Archivio Notarile di Treviso, Protocolli Notaio Pietro de Campo,citato ibidem.

[7] Biblioteca Comunale di Treviso (in seguito B.C.T.), Ms. n. 957, Documenti Trivigiani (Scotti), Tom o IX c. 361, citato ivi, p. 143, nota 1.

[8] Su Mosè da Spira, cfr. Colorni, V., I da Spira avi dei tipografi Soncino e la loro attività in Veneto e in Lombardia durante il secolo XV, pp. 346-348. Sul presunto sacrilegio commesso dagli ebrei e sulla conseguente ingiunzione del doge Antonio Venier al podestà di T. di espellerli dalla città ad eccezione di quattro famiglie, cfr. B.C. T., Mss., n. 957 (Raccolta Documenti Trevigiani), vol. X, c. 66, menzionato da Colorni, ivi, p. 347, nota 21.

[9] Registro Atti 1390-1391 c. 11, citato in Morpurgo, E., op. cit., p. 143, nota 2.

[10] Secondo il Morpurgo non vi fu un’espulsione di massa degli ebrei; dello stesso parere è anche il Rabello, che sostiene che il podestà di T., G. Georgio, oppose a Venezia il danno che sarebbe derivato all’economia locale se fosse stata messa in pratica l’espulsione dal trevigiano e dal cenedese, ordinata dal doge come reazione alle richieste ebraiche di diminuire la tansa di 3.000 ducati, ritenuta troppo elevata. Cfr. Morpurgo, E., op. cit., p. 143; cfr. Rabello, A.M., Gli ebrei a Ceneda e a Vittorio Veneto (con alcuni documenti sulla famiglia Pincherle), p. 345. L’intervento del podestà in favore della presenza ebraica viene affermato anche dal Tranchini: B.C.T., Documenti Trevigiani, Raccolta Canonico Antonio Scotti, Tomo IX, c. 406-7, citato in Tranchini, E., Gli ebrei a Vittorio Veneto dal XV al XX secolo, p. 48, nota 1. Sull’argomento va rilevato che il documento decretante l’espulsione per sacrilegio è datato 4 giugno 1400, mentre quello decretante l’espulsione dei renitenti al pagamento è datato 14 giugno 1400. Cfr. Colorni, V., op. cit., p. 347; Morpurgo, E., op. cit., p. 143. Da segnalare, poi, è il documento della fine del XIV secoo che informa che quattro erano le famiglie ebraiche domiciliate a T.: cfr. B.C.T. Mss. N. 957, Documenti Trivigiani (Scotti), Tomo IX, c. 420, citato in Morpurgo, E., op. cit., p. 143, nota 7.

[11] Morpurgo, E., Inchiesta, p. 7.

[13] B.C.T., ms. n. 957, Documenti Trivigiani (Scotti), Tomo X, c. 176, citato ibidem, nota 5.

[14] B.C.T., ms. n. 957, Documenti Trivigiani (Scotti), Tomo X, c. 76. Il documento è tratto da un libro della Cancelleria del Comune segnato 1400-1401. Acta c. 34 ter, citato ibidem, nota 6.

[15] Morpurgo, E., Treviso, p. 143.

[16] B.C.T. Ms. n. 957, Documenti Trivigiani (Scotti), Tomo X, c. 254., citato ibidem, nota 9.

[17] Ivi, pp. 143-144; cfr. Toaff, A., Gli insediamenti ashkenaziti nell'Italia settentrionale, p. 165. Cfr. la voce "Conegliano", nota 5. Sulla importanza della comunità di T. riguardo alle comunità ashkenazite, nel secolo XV, cfr. anche Toaff, A., op. cit., p. 168; Varanini, G.M., Appunti per la storia del prestito e dell'insediamento ebraico a Verona nel Quattrocento, , p. 618.

[18] Volumen Staturom Legum ac Iurium D.D. Venetorum, Venetiis MDCVI, II, c. 68, citato in Morpurgo, E., Treviso, p. 144, nota 2.

[19] Agnoletti, Treviso e le sue Pievi, Treviso 1897, vol. I (senza indicazione della pagina), citato ivi, nota 3.

[20] Sanuto, M., I Diarii, vol. I, p. 779.

[21] Ivi, p. 985

[22] Bonifacio, G., Istoria di Trevigi, Venezia 1744, p. 495, citato da Morpurgo, E., Treviso, p. 170, nota 6.

[23] Ivi, pp. 170 e segg. Cfr. anche lo Shulvass, M.A., Sippur ha-zarot she avru be-Italia, p. 6, nota 8. L'Osimo riporta, sulla base del Muratori, che, nel 1509, il popolo di T. insorse contro i nobili, accusati di aver esortato la città ad arrendersi all'imperatore Massimiliano, per salvare i loro beni, e che furono condannati dalla Serenissima al carcere. Anche gli ebrei furono, probabilmente, imputati di preferire la salvezza dei propri beni alla fedeltà a Venezia e, pertanto, oltre ad essere saccheggiati dalla popolazione, furono espulsi. Cfr. Osimo, M., Narrazione della strage compiuta nel 1547, pp. 25-26, nota b; Muratori, Annali d'Italia, vol, XXII, p. 330, citato ibidem.

[24] Osimo, M., op. cit., pp. 43-44.

[25] Sonne, basandosi su un manoscritto trovato nella biblioteca di Ferrara, contenente l'elenco della storia delle espulsioni degli ebrei in Italia e confrontandolo con il Sippur ha-zarot she avru be-Italia, propende per l'ipotesi che gli ebrei venissero cacciati da T. nel 1575 o, secondo un altro computo, nel 1535. Cf. Sonne, Y., Praqim mi-massekhet gerushim, p. 23; pp. 26-27.

[26] Pavoncello, N., Le epigrafi dell'antico cimitero ebraico di Treviso, p. 224.

[27] B. C. T., ms. 957, Documenti Trivigiani (Scotti), Tomo IX, c. 120, citato in Morpurgo, E., Treviso, p. 143, nota 7.

 

[28] B.C.T., ms 957, Documenti Trivigiani (Scotti), Tomo IX, c. 407-410. Il documento è tratto da un Registro delle lettere 1397-98, della Cancelleria del Comune, c. 25, citato in Morpurgo, E., Treviso, p. 143 nota 8.

[29] Toaff, A., op. cit., p. 171

[30] Toaff, A., op. cit., p. 166; Minz, Y., Shelot u-teshuvot, resp. n. 7, Fürth 1766, foll. 12b-13b, citato ibidem, nota 19. Dallo stesso responso di Minz si apprende anche della costruzione di un nuovo bagno rituale.

[31] Morpurgo, E., Inchiesta, p. 13, nota 24.

[32] Ivi, p. 7.

[33] Sulle lapidi ebraiche che rinviano all’esistenza di un cimitero ebraico a T., cfr. Morpurgo, E., Treviso, p. 172; Idem, Inchiesta, pp. 6-7, nota 22. La ricerca più aggiornata e il testo delle epigrafi stesse si trovano nell'articolo del Pavoncello, N., Le epigrafi dell'antico cimitero di Treviso, pp. 224-232.

[34] Agnoletti, Treviso e le sue Pievi, Treviso 1897, Vol. I, citato (senza indicazione della pagina) in Morpurgo, E., Treviso, p. 171, nota 6.

[35] Ivi, p. 172. Per le vicende degli ebrei di Asolo, vedi alla voce “Asolo” della presente opera.

[36] Per ulteriori dettagli su Abu Al Rabbi, cfr. Perles, J., Ahron Ben Gerson Aboulrabi, in REJ XXI (1890), pp.246-269; Vogelstein, H.-Rieger, P., Geschichte der Juden, II, p. 68.

[37] Cfr. Germania Judaica III/2 ( 1350-1519), alla voce “Marburg”, p. 842, nota 90.

[38] Marx, A., Studies in Jewish History and Booklore, p. 128. Per ulteriori dettagli su Axelrod, cfr. ivi, p. 130 e segg.

[39] Cfr. colophon ms. hebr. München 401; ms. Tribunale rabbinico di Londra 28; ms.hebr. Paris, Alliance Israélite Universelle, citato in Toaff, A., op.cit., p. 167.

[40] Freimann, A., Jewish Scribes in Medieval Italy, p. 301, note 343 e 347. Cfr. anche De Rossi, G.B., Mss. codices hebraici Biblioth I.B. De-Rossi, vol. II, p. 144 (cod. 739) e p. 118 (cod. 653).

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