Mondovì

Titolo

Mondovì

Testo

Provincia di Cuneo. Mons Regalis, dopo essere stata alternativamente in mani angioine e viscontee, nel 1396 diventò dominio del regno sabaudo, prima con i Principi di Acaia, poi con i Duchi di Savoia fino al 1537. Quando i Francesi entrarono in Piemonte, la città rimase nelle loro mani fino al 1559. Ritornata ai Savoia, il Duca Emanuele Filiberto istituì l'Università, ma nel periodo rivoluzionario il centro fu nuovamente occupato dai Francesi, finché, nel 1814, i duchi di Savoia non vi rientrarono.

Ebrei provenienti, con ogni probabilità, dalla Francia meridionale, si stanziarono a M. verso la metà del Quattrocento. Nel 1441 un abitante della città fu multato con 18 denari per avere minacciato di accecare Minisserio Foa e, sempre nello stesso anno, Bonofilio pagò una multa di 9 denari per avere picchiato Raffaele Lattes, un altro ebreo della città[1].

I banchi di prestito

Nel 1549 il Consiglio concesse a Benedetto Todros, al fratello di questi Teodoro e a Donato Rabeni di vivere in città. Successivamente a Teodoro Todros fu garantito, nel 1551, dalle autorità dello Stato di Milano un salvacondotto per poter rientrare a M., suo luogo di residenza e, nel 1559, egli gestiva un banco feneratizio in città insieme al suo agente, Salomone Rossi, anch'esso residente a M.

Un prestito ebraico dovette poi continuare ad esistere in loco, se nel 1567 il Comune, oppresso dai creditori, non poteva pagare gli interessi sui prestiti ricevuti dai banchieri ebrei.

Nel 1573 Benedetto Todros, che si era intanto trasferito a Chieri, dette ad Aron Sacerdoti e Salomone Ravenna la procura per ritirare i propri crediti a M., ma il primo documento che attesti in modo inconfutabile la presenza di un banco feneratizio nella cittadina è il protocollo ducale del 1580 di Carlo Emanuele, nel quale figurava il già citato Aron Sacerdoti, come banchiere. Nella tolleranza del cardinale ciambellano del 1584, lo stesso compariva nuovamente nell'elenco dei prestatori che avevano ottenuto il privilegio di tenere banchi feneratizi negli stati del Duca.

Del resto Aron Sacerdoti condusse per lungo tempo l'unico banco di prestito della città e, nel 1587, accusato di avere pronunciato parole poco riguardose nei confronti del Duca e di avere poi corrotto dei testimoni, pagò un'ammenda di 400 scudi. L'anno successivo, fu nuovamente inquisito per abusi ed eccessi, e multato di 2.000 scudi d'oro. Nel 1592 egli ancora accusato di avere abbandonato M. e di aver trafugato beni e denaro: bandito stavolta in contumacia, gli fu confiscato il banco di prestito di M. e di Dogliani, che egli conduceva insieme ai fratelli Poggetto. Nel 1593 fu perdonato dal Duca, che gli restituì i suoi crediti e gli concesse di ritornare a stabilirsi a M.

Nel 1596nella conferma dei privilegi ducali per altri dieci anni ai banchieri ebrei non ne figurava alcuno per M., ma, nel 1603, furono emesse delle lettere patenti a favore dei feneratori. Tra coloro che conducevano banchi di prestito sgregati, le cui tasse erano pagate al Duca e non all'Università degli ebrei, figurava Beniamino Gallico residente a M., il cui nome figurava successivamente nell'elenco, della concessione ducale del maggio 1624[2].

Vita Comunitaria

Come per gli altri piccoli insediamenti ebraici del Piemonte, anche per M. è arduo ricostruire una vita comunitaria interna, almeno per i primi secoli. Ancora una volta abbiamo a disposizione documenti sparsi che ci confermano l'esistenza di un gruppo ebraico, ma che non ci consentono di ricostruirne le vicende.

Sappiamo comunque che nel 1623 Abramo Momigliano, figlio di Donato e residente a M., delegava Ruben Giuseppe Debenedetti a rappresentarlo alla congregazione dell'Università degli ebrei piemontesi e che nel 1725 Gabriele Segre, figlio di Emanuele, vendeva un edificio situato fuori la città: la vendita, fissata a 7.500 fiorini, era legata allo spostamento del ghetto da M. città a Breo.

Nel 1730 Abramo e Amadio Momigliano, sindaci dell'Università della città, Israel Levi, Giuseppe Levi e Gabriel Momigliano, Ruben Israel Levi e Gabriel Levi, rappresentanti dei 2/3 delle famiglie ebraiche, sottoposero il nuovo regolamento interno dell'Università al Comune di M.: i provvedimenti fondamentali riguardavano la funzione dei capi della Comunità, l'accoglimento di ebrei forestieri ed il culto in sinagoga.

In un altro documento, sempre del Settecento, venivano riportate parte delle professioni svolte dagli ebrei monregalesi, che erano orefici, tessitori, negozianti.

Nel 1776, alla vigilia della Pasqua ebraica, fu rivolta un' accusa di omicidio rituale alla Comunità locale, che si risolse, fortunatamente, in bene[3].

Il Ghetto

Dopo la pubblicazione delle Regie Costituzioni del 1723, ribadite e rese perentorie da quelle del 1729, un ghetto fu istituito nel 1724 aanche a M. La città era divisa in due: la parte più alta, chiamata Piazza (il centro) e una più bassa, conosciuta come Breo, situata lungo un piccolo fiume. Il primo ordine ducale imponeva che il quartiere degli ebrei fosse costituito a Breo, dove la maggior parte della Comunità viveva, malgrado la sinagoga fosse nel centro città. Dopo varie interpellanze, il duca Decise che il ghetto fosse stabilito nella Piazza e che fossero le sei famiglie abitanti a Breo a trasferirsi con le case e i negozi. Le abitazioni si affacciavano sulla strada principale, Via di Vico, l'attuale Via Giorgio.

Nel 1724 la Congregazione di M. pagò 30 fiorini all'ingegnere Gallo, che aveva disegnato la pianta del quartiere di Piazza Maggiore, dove gli ebrei erano stati risistemati[4].

Demografia

Nel censimento del 1761, voluto da Carlo Emanuele III, figuravano a M. 12 famiglie ebraiche,  per un totale di 64 persone. Nel 1774 a M. abitavano 90 ebrei, diminuiti a 89 nel 1783.

Nel censimento del 1806, eseguito durante l'occupazione delle truppe rivoluzionarie francesi, si contavano a M. 85 ebrei[5].

Cimitero

Nel 1727 non esisteva un cimitero ebraico nella cittadina e gli ebrei venivano per questo seppelliti in quello di Cuneo. La Comunità inviò al Duca una petizione nella quale chiese di potere ottenere un appezzamento di terreno per potervi costruire il proprio cimitero, ma nel 1737 il esso era ancora lontano dall'essere costituito, se il consiglio della città continuava ad opporsi ai tentativi della Comunità, che voleva istituirne uno all'interno dei confini di M.: il posto scelto era lungo le rive del fiume Ellero, vicino alle mura della città[6].

Bibliografia

Bassignano, I., La comunità ebraica nel Dipartimento della Stura, in B.S.S.S.A.A. (1967) 56, pp. 39-47.

Colombo, D., Il ghetto di Mondovì, in RMI XXXIV (1968) 4, pp. 233-237.

Foa, S., Banchi e banchieri ebrei nel Piemonte dei secoli scorsi, in RMI XXI (1955) pp. 284-297, pp. 471-485, pp. 520-535.

Segre, R., The Jews in Piedmont, 3 voll., Jerusalem 1986–1990.


[1] Segre, R., The Jews in Piedmont, I, Introduction, doc. 337, 568, 626.

[2] Colombo, D., Il ghetto di Mondovì, pp. 233-234; Foa, S., Banchi e banchieri ebrei nel Piemonte dei secoli scorsi, pp. 284-285, p. 294, p. 481, p. 526; Segre, R., op. cit., I, doc. 841, 871, 972, 1014, 1119, 1299; II, docs. 1361, 1445, 1541, 1550, 1754, 2040.

[3] Colombo, D., op. cit., p. 234; Segre, R., op. cit., II, doc. 2031, 2041, 2532, III, doc. 2709, 2759, 2799, 2910, 2937, 3271.

[4] Colombo, D., op. cit., p. 234; Foa, S., op. cit., p. 528; Segre, R., op. cit. III, doc. 2674, 2675, 2677, 2683, 2685, 2705.

[5] Bassignano, I., La comunità ebraica nel Dipartimento della Stura, pp. 40-41; Foa, S., op. cit., p. 528; Segre, R., op. cit., III, doc. 2674, 2793, 3154, 3260, 3335.

[6] Segre, R., op. cit., III, doc. 2742, 2830, 2872.

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