Carrara

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Carrara

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Carrara (קארארה)

Provincia di Massa e Carrara. La città vera e propria, posta sulla riva del torrente Carrione, ai piedi delle Alpi Apuane, risale al X secolo, sebbene le cave di marmo fossero già note ai Romani. Dopo essere passata sotto il dominio di molti, C. fu sottoposta ai Cybo Malaspina sino all’invasione delle truppe francesi. Nel 1566, Alberico I Cybo Malaspina ottenne di erigerla a marchesato.

 

I fratelli Finzi di Reggio ottennero nel 1561 i Capitoli o Privilegi ventennali per prestare e commerciare nel territorio sottoposto ai Cybo Malaspina[1].

Guglielmo Finzi, banchiero di C., si trasferì in seguito a Massa, lasciando a C. il fratello Leone e, poi, il figlio Prospero[2].

Alla metà degli anni Ottanta del secolo commerciava qui anche il nipote di Guglielmo, Abramo di Vita Finzi, che operò esclusivamente a C., mentre, generalmente, gli ebrei del piccolo stato cybeo  spostavano  frequentemente domicilio e attività commerciali da Massa a C. [3].

Nel  1581 furono rinnovati i Capitoli, il tasso d’interesse consentito fu leggermente abbassato e la tassa feneratizia raddoppiata , mentre agli ebrei venne imposto di pagare al Comune un’imposta di 4 scudi[4].

Nel 1577 il  vescovo di Sarzana si adoperò con Alberico I per obbligare al  segno distintivo gli israeliti di Massa e di C. e vediamo che anche le disposizioni prese in seguito dalle autorità religiose nei confronti degli ebrei furono le stesse per entrambe le località[5].

Anche i provvedimenti dei Cybo Malaspina riguardo al nucleo ebraico, in generale, ed ai banchi feneratizi, in particolare, si ripeterono uguali per C. e per Massa.

Nel 1634 nuove Lettere Patenti furono concesse da  Carlo I Cybo Malaspina a Prospero Finzi per il banco carrarese, previa tolleranza per fenerare concessa a Prospero da un Breve papale[6].

Il banco di C. fu ereditato e gestito dai figli di Prospero, Angelo Vita, Abramo Beniamino ed Alessandro, che lo rivendettero nel 1645 a Guglielmo di Dante Finzi (appartenente al ramo dei Finzi di Massa): per far fronte alle spese che lo oberavano, Guglielmo a sua volta vendette la cazacà del banco a Emanuele Gallico di Salomone Vita, originario di Firenze[7].

Dai Capitoli emessi da Alberico II nel 1663, si apprende, tra l’altro, che fu concessa l’apertura a C. di una sinagoga: tuttavia, i documenti sembrano indicare che vi sia stato qui solo un oratorio, mentre  la sinagoga di Massa era anche a disposizione degli ebrei di C.[8].

Durante il principato di Carlo I Cybo Malaspina, la tassa camerale per la licenza del banco a C. ammontava a 40 scudi, mentre al Comune di C. venivano pagati 4 scudi ogni anno[9].

Nel XVII secolo si convertirono alcuni ebrei a C.: nel 1619 una figlia di David Finzi (e nipote di Prospero Finzi,), assumendo con il battesimo il nome di Maria Francesca Tacca e, nello stesso anno, anche la figlia quindicenne di Abramo Finzi, prendendo il nome di Maria Maddalena Sarti, alla quale le autorità ottennero fosse assegnata la dote come alle sorelle rimaste ebree. Nel 1621 fu battezzata Flora di Prospero Finzi, che prese il nome di Maria Elisabetta Staffetta, mentre, venti anni più tardi, fu la volta di una quindicenne, di cui si sa solo il nome cristiano, Maria Caterina, seguita da Diamante  di tale Assun ( o Yuscin), che prese il nome di Anna Maria Cybo. Quest’ultima, entrata al servizio della figlia di Alberico II, seguì la padrona in convento, vincendo le resistenze ad ammettere una convertita, in virtù delle pressioni fatte dall’entourage di Alberico[10]

Nel 1734 gli ebrei attivi a C. furono chiamati a partecipare alle spese per la costruzione di un ponte[11], mentre l’anno successivo venne ribadito il bando del 1623, che prescriveva di portare intorno al cappello una cordicella gialla e di non circolare nel territorio carrarese durante la Settimana Santa, insieme alla proibizione per la popolazione cristiana di offendere gli ebrei o danneggiarne i beni[12].

A quanto risulta dall’attuale studio delle fonti, gli israeliti di C. versavano direttamente ogni trimestre l’imposta del testatico al Comune, senza la mediazione dell’Università[13].

Nel XVIII secolo tra i convertiti risultava un Ambrogio Sarmensans con la moglie: per gli altri neofiti dello stato cybeo, in questo periodo, non è facile stabilire se fossero di Massa o di C. Era sicuramente di C., invece, Stella di Mosè Ascoli, che si rifiutò di seguire nella conversione il marito, Mosè Vita di Angelo Ascoli (battezzato con il nome di Francesco Maria Giuseppe Luigi Alderani), divorziando ed ottenendo la restituzione della dote[14].

Nel 1795 scoppiarono disordini al teatro di C., a seguito di un’aria che motteggiava gli ebrei, ad onta delle disposizioni contro le rappresentazioni concernenti loro ed i loro riti, emanate dalla sovrana dello Stato, Maria Beatrice d’Este, la quale, risiedendo altrove, governava tramite una Reggenza.[15]

L’anno successivo entrarono anche a C. le truppe francesi.  

 

Attività economiche

Sotto Carlo I (1623-1662) gli ebrei che si dedicavano all’attività feneratizia a C. praticavano  lo stesso tasso di interesse imposto a Massa, mentre la tassa camerale sulla licenza per la conduzione del banco era inferiore[16]

Vita Jacob di Abramo Finzi fu, secondo i documenti consultati, uno dei primi ebrei ad interessarsi di estrazione e commercio del marmo di C., sin dal 1631, formando anche società con cristiani. Egli era, inoltre, attivo nel commercio dell’olio, dei legumi e dei tessuti, in particolare, seta. Sebbene il commercio del marmo a C. permettesse una circolazione del denaro superiore a quella di Massa, caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola,  gli affari della famiglia di Vita Finzi andarono declinando tanto che, nel 1659, il figlio Emanuele finì in prigione per debiti, pochi anni dopo la morte di Vita stesso[17].

  

Demografia

Dall’elenco dei contribuenti per il testatico, risulta che, negli anni 1623-1631 , vi erano due contribuenti ebrei, Prospero Finzi e Abramo Finzi, per un totale di tre famiglie, cui si aggiunse, in seguito, quella di Salomone d’Ascoli[18].

Dal 1634 al 1650 quattro erano i contribuenti ebrei, che rispondevano, tuttavia, a nominativi diversi dai precedenti: Guglielmo Finzi, Vita Finzi, Lelio d’Ascoli e Bonaiuto d’Ascoli, cui si aggiungevano Alessandro Finzi ed i figli di Guglielmo Finzi (questi ultimi tassati per una testa sola), per un totale di sei famiglie ebraiche, cui si ritiene corrispondessero all’incirca una trentina di individui.

A riprova della mobilità degli ebrei di C., che avevano la propria sede a Massa, spostandosi qui ed altrove ( cioè, a Sarzana e, poi, a Livorno), nel 1666 contribuirono al testatico solo le  famiglie di Lelio d’Ascoli e dei fratelli  Salomone ed Emanuele Finzi. tuttavia, negli anni Novanta del secolo, le famiglie paganti erano quattro, mentre nel 1699 scendesero a tre.

Secondo un calcolo che si presume approssimato per difetto, gli ebrei di C., nel XVII secolo costituivano circa l’1,2% della popolazione[19].

Bibliografia

Jacopetti, N.I., Ebrei a Massa e Carrara, banche Commerci Industrie dal XVI al XIX secolo, Firenze 1996.

Urbani, R. – Zazzu, G.N., The Jews in Genoa, Leiden 1999.


[1] Jacopetti, N.I., Ebrei a Massa e Carrara. Banche Commerci Industrie dal XVI al XIX secolo, p. 5.  Per i particolari relativi ai fratelli Finzi, come per l’approfondimento dei particolari relativi a tutto l’insediamento ebraico a Massa e C., si veda alla voce “Massa” della presente opera. 

[2] Jacopetti, N.I., op. cit.,p. 11.

[3] Ivi, p. 41; p. 150.

[4] Ivi, p. 6; cfr. la voce “Massa”.

[5] Per i particolari relativi alle varie disposizioni ecclesiastiche, si rimanda alla voce “Massa”.

[6] Jacopetti, N.I., op. cit., p. 8; p. 107.

[7] Ivi, p. 115.

[8] Ivi, p. 9; p. 361.

[9] Ivi, p. 72.

[10] Ivi, pp. 91-93; p. 247.

[11] Ivi, p. 309.

[12] Ivi, p. 325.

[13] Ivi, p. 355. A Massa, invece, l’imposta del testatico veniva raccolta dall’Università ebraica ed inviata annualmente al Comune: ibidem; cfr. la voce “Massa”.

[14] Ivi, p. 326; cfr. pp. 326-328; cfr. p. 350.

[15] Ivi, p. 362.

[16] Ivi, p. 72.

[17] Ivi, pp. 127-131; p. 202; Urbani, R.-Zazzu, G.N., Genoa, doc. 564, 566.

[18] Jacopetti, N.I., op. cit., p. 72.

[19] Jacopetti, N.I., op. cit.,pp. 73-74; p. 201; Urbani, R.-Zazzu, G.N., op. cit., doc. 1984 (Salomone Blanes ed il figlio Lelio).

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