Matelica

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Matelica

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Matelica (מטליקה)

Provincia di Macerata. Di  antichissima origine, si ribellò all’impero alla metà del secolo XII, diventando libero Comune. Distrutta da Cristiano di Magonza (1175), risorse e ricostituì il Comune e, in sua difesa, partecipò a tutti gli avvenimenti che agitarono la Marca durante le lotte tra il papato e l’impero, nel secolo XIII. Seguì la parte guelfa ed ebbe, nelle guerre ingaggiate contro i signori e i comuni ghibellini, protezione da parte della Chiesa.

Data la situazione di conflitto continuo pro o contro il papa, che caratterizzava la Marca di Ancona nel XIII secolo, il Comune di M. doveva affrontare costantemente ingenti spese straordinarie, facendo ricorso, a questo scopo, anche al prestito ebraico. Tra il 1280 e il 1330, così, alcuni mercanti ebrei vennero da Roma a M., fissandovi la propria dimora ed aprendovi dei banchi[1].

La società di prestito formata da Dattolo di Magister Gaudio medico de Urbe e da Angelo di Beniamino fece il primo prestito al Comune nel 1287[2], e seguitò ad aver rapporti di affari con esso sino al 1292. In questa data comparve un’altra società formata da quattro fratelli, Abramo, Salomone, Sabato (Sabbato) e Dattolo, figli di Dattolo di Salomone[3].

Nelle prime settimane le due società lavorarono insieme o ciascuna per conto proprio, finché, nel luglio dello stesso anno, Dattolo di Magister Gaudio, cui il socio aveva già ceduto i propri diritti, vendette ad Abramo di Dattolo di Salomone e ad i suoi fratelli omnia iura et actiones reales et personales, debita et nomina debitorum quae vel quas idem Dactulus habet in castro Mathelicae et ius districtu et contra comune et homines dicti castri[4], impegnandosi a non rimanere nel castello o nel suo distretto e a non esercitarvi,  per dieci anni, nessuna attività commerciale o feneratizia.

Da tale momento in poi, una sola società intrattenne rapporti economici con il Comune, associandosi sporadicamente con un non meglio identificato Sabbato di Levi[5] ed  un ex socio della primitiva società, Angelo di Beniamino[6].

Dai documenti esaminati, risulta che gli ebrei esercitavano a M. il prestito su pegno e il commercio di tessuti importati da fuori[7]. Nei mutui concessi al Comune i feneratori operavano con le stesse clausole e l’ identica forma usata per i mutuanti cristiani, principalmente fiorentini e fabrianesi, con il concorso dei consueti fideiussori, che si impegnavano a restituire la somma avuta in prestito dietro richiesta del creditore. In taluni casi, nei mutui concessi dagli ebrei si aggiungeva una clausola che mostrava esplicitamente che i loro contratti potevano essere fatti valere in giudizio[8].

Da alcuni documenti si evince che, talvolta, la restituzione del prestito al Comune avrebbe dovuto essere  effettuata in grano, anziché in denaro[9]:  dato che il Comune stesso proibiva severamente l’esportazione di grano e farina, l’incetta che avrebbero fatto, in tali casi, gli ebrei si spiega con una pergamena del 1289, che mostra come non si trattasse di un vero e proprio commercio di grano lasciato ad libitum ai feneratori giudei, ma di uno di quei contratti di compravendita fittizia, comuni all’epoca, e rimasti poi tradizionali fra i prestatori[10].

Un’altra forma di contratti conclusi tra israeliti e Comune per mimetizzare l’interesse usurario si basava, poi, sul cambio tra la lira d’argento anconetana o ravennate e i fiorini d’oro[11]: in qualsiasi forma, i prestiti concessi all’istituzione pubblica raggiungevano cifre relativamente ingenti in rapporto all’esiguo bilancio della stessa[12].      

Nel 1313 Sabbato di Dattolo di Salomone risultava risiedere a M., dove trattava gli affari della società, non più per conto dei fratelli, ma per il socio Beniamino di Vitale[13] e nel 1323, compariva un altro feneratore ebreo, Sabbatuccio di Genatano, che sembra agisse per conto proprio[14].

A partire da tale data i documenti attestanti i prestiti si fanno sempre più rari, sino a sparire del tutto nella seconda metà del '500[15].

Sappiamo però che, nel 1408-14, gli ebrei di M. furono tassati, insieme ad altri delle Marche, per finanziare i soldati del deposto papa Gregorio XII per 1.23.8 fiorini e 5.20.0 ducati[16].

Bibliografia

Colorni, V., Prestito e comunità ebraiche nell’Italia centrale e settentrionale con particolare riguardo alla comunità di Mantova, in Iudaica Minora , Milano 1983.

Luzzatto, G., I prestiti comunali e gli ebrei a Matelica nel sec. XIII, in Le Marche VII (1907), pp.249-272 (Estratto, Pisa 1908).

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews,  8 voll., Toronto 1988-1991.


[1] Luzzatto, G., I prestiti comunali e gli ebrei a Matelica nel secolo XIII, p. 15.

[2] Archivio Comunale di Matelica (in seguito ACM), Pergamene, 21 agosto 1287 (n. 528), citato  ivi, p. 15, n. 2. 

[3] ACM, Pergamene, 6 giugno 1292 (n. 593), citato  ivi, p. 15, n. 3. 

[4] Luzzatto, G., op. cit., p. 16.

[5] Il Colorni condivide l’opinione del Luzzatto che tutti gli Ebrei operanti a M. - e, quindi, anche Sabbato di Levi, ora menzionato, e  Sabbatuccio di Genatano, menzionato in seguito come ultimo feneratore ebreo attestato in loco – fossero oriundi romani. (Colorni, V., Prestito e comunità ebraiche nell’Italia centrale e settentrionale con particolare riguardo alla comunità di Mantova, p. 230). 

[6] Luzzatto, G., I prestiti comunali e gli ebrei a Matelica nel secolo XIII, p. 17.

[7]  Ivi, p. 19; ACM, Pergamene, n. 837, citato  ibidem, n. 3.

[8] Nella clausola in questione, i fideiussori promettevano che quotiens corsum quacumque curia citati fuerint et personaliter non comparuerint ad solvendum debitum avrebbeo dato ipsi Abrae nomine poenae viginti solidos, constituentes ex nunc Bonaventuram Benenanti eorum legitimum procuratorem ad confitendum in judicio se dare debere dictos denarios (ivi, p. 20).

[9] Ivi, p. 20.

[10] Infatti, sotto la stessa data e nella stessa pergamena, si trovano dapprima tre quietanze rilasciate da Angelo di Beniamino al camerario del Comune e ad alcuni privati, che gli avrebbero consegnato una certa quantità di grano, per le quali essi avevano già ricevuto da lui il prezzo di 400 lire; subito dopo, si trova un’altra quietanza dello stesso Angelo ad un altro gruppo di cittadini per 329 lire, che essi erano obbligati a dargli come prezzo di una quantità di grano da lui venduta e consegnata (ACM, Pergamene, n. 550, citato in Luzzatto, G., I prestiti comunali e gli ebrei a Matelica nel secolo XIII p. 21, n. 2). Grazie ad un documento del 1293, si evince che nella pergamena precedente si rivendeva per una determinata somma di denaro la stessa quantità di grano, comprata per una cifra inferiore. Il Comune che aveva trovato cittadini che si impegnavano a suo nome a consegnare il grano, trovava altri cittadini che si impegnavano ad acquistarlo ad un prezzo decisamente superiore: si conclude, pertanto, che dietro la compravendita  si celava, in realtà un’usura altissima pagata agli ebrei per un prestito (ivi, p. 21). 

[11] VCfr. ivi, pp. 21-22.

[12] Ivi, p. 22.

[13] Ivi, p. 18.

[14] ACM, Pergamene, 2 giugno 1323 (n. 932), citato ivi, p. 19, n. 1.

[15] Ivi, p. 19. Per prestatori negli anni seguenti si veda Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1608, 2245, 2459, 2802, 2979, 3211.

[16] Simonsohn, S., op. cit., doc. 579.

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