Camerino

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Camerino (קמרינו)

Provincia di Macerata. Sito presso le sorgenti del fiume Chienti, il centro d’antica origine umbra fu creato capoluogo dell’omonima Marca da Carlo Magno e fu già a partire dall’inizio dell’ XI secolo un Comune, che dal 1198 entrò a far parte dei domini della Chiesa e che, avendo sostenuto i guelfi, venne in parte distrutto dalle truppe di Manfredi negli anni ’50 del Duecento. Proprio dalle file dei fuoriusciti guelfi, ritornati in città nel 1262, emersero però gli esponenti della famiglia da Varano, che, a partire da Gentile I, riuscirono ad imporre la propria signoria (riconosciuta e nominalmente dipendente dallo Stato Pontificio) in maniera quasi ininterrotta dalla fine del XIII secolo al 1545, quando anche il potere effettivo passò in mano alla Santa Sede.

Un’origine romana sembra ipotizzabile, come per altre località delle Marche, anche per l’ebraismo camerte. A sostegno di questa tesi possiamo portare, ad esempio, una pergamena[1], datata 24 dicembre 1290, nella quale compaiono gli ebrei Bonaventura di Angelo e Dattilo di Angelo, provenienti da Roma e residenti a C. in contrada di Mezzo, che vantano un credito nei confronti di due cristiani.

Tra le città marchigiane in cui nel XIV secolo vi era un banco feneratizio figura anche C.[2]: purtroppo la perdita della maggior parte della documentazione pubblica medievale e primo moderna non ci consente di conoscere i Capitoli feneratizi di quel periodo, ma sappiamo, da una controversia sorta nel 1442 tra un cristiano ed un ebreo, che esistevano precise norme statutarie in base alle quali, ad esempio, era vietato prestare nei giorni di festa (multa di 10 lire) ed era invece possibile richiedere proroghe della scadenza dei mutui, pagando però una mora di 10 lire al giorno[3].

C. viene nominata tra le comunità ebraiche tassate per finanziare le leve per l'esercito del deposto papa Gregorio XII: nel 1412 e nel 1414 essa paga, così, 92 fiorini e 4 bolognini[4].

In pieno ‘400 sono rintracciabili una serie di famiglie, residenti nelle aree più centrali della città ed impegnate nell’attività di banco. Attestato con una certa regolarità fra gli anni ’30 e 70 del secolo è Angelo di Guglielmo, della contrada Sossanta, che aveva sposato in prime nozze Dariuccia di Emanuele di Mosè da Recanati[5], dalla quale aveva avuto un figlio di nome Abramo, ed in seconde nozze una Monna Claruccia, la quale a sua volta aveva una figlia di nome Lustrella, andata in sposa ad Aleuccio, figlio di Abramo e dunque nipote di Angelo[6]. In Borgo San Venanzo troviamo, invece, Guglielmo di Bonaiuto e lo zio Consiglio di Daniele, che, insieme alle rispettive famiglie, costituiscono un nucleo per il quale abbiamo testimonianze ricorrenti dagli anni ’50 a tutta la seconda metà del Quattrocento. Guglielmo, sposato a Belladonna, aveva avuto da lei due figli: Bonaiuto e Salomone. Il primo aveva contratto matrimonio nel 1475 con Perna di Samuele da San Severino, mente il secondo, nel 1489, con Dolce di Davide da Borgo San Sepolcro[7].

Di più antica attestazione è la presenza in città di Bonaventura di Abramo, della contrada di Mezzo, che ricorre dagli anni ’20 agli anni ’50 del Quattrocento e che sappiamo avere due figli, Consiglio ed Abramo[8]. Legato ancora alla contrada di Mezzo è Musetto di Angelo, le cui attestazioni si concentrano negli anni ’40 del secolo[9], da non confondere con il Maestro Musetto padre di un Deodato e di un Sabatuccio, i quali dovevano essere piuttosto coetanei (se non addirittura più anziani) del suddetto Musetto di Angelo[10].

Tra gli ultimi decenni del secolo e l’inizio del ‘500 si collocano, infine, le testimonianze riguardanti Angelo di Bonaventura della contrada Sossanta, forse figlio di Bonaventura di Angelo di Bonagiunta, ed in tal caso con un fratello di nome Abramo[11].

Un posto di rilievo spetta sicuramente alla famiglia, proveniente da Roma ed appartenente al ceppo dei da Synagoga[12], che proprio dalla cittadina marchigiana ha tratto il proprio cognome: i “da Camerino”.  Analizzando la documentazione camerte, infatti, è impossibile non rimanere colpiti dall’assoluta preminenza dei da Camerino non soltanto tra le altre presenze ebraiche, su scala locale e regionale, ma nella vita stessa della cittadina. Residente nella contrada di Mezzo, luogo che ospitava la platea comunis e la logia, cuore pulsante dell’intero centro, la famiglia svolgeva come occupazione principale la gestione del banco, e, accanto al piccolo prestito, portava avanti anche attività finanziarie di maggiore entità come l’anticipo, agli incaricati dei da Varano, delle somme dovute loro dalle comunità soggette a C. (ciò avviene, per portare solo due esempi, con Vitale di Salomone da Camerino, che il 18 agosto 1449[13] riceve l’impegno di Ser Filippo di Nicola, sindaco di Castro ad Cavine, a restituirgli quanto anticipato per datium et fochos, o ancora con Abramo di Bonaiuto che il 6 maggio 1449[14] aveva già ricevuto un’uguale promessa da Pietro di Soldano per Castro Iovis). Il prestito non è, del resto, l’unico settore di guadagno al quale i da Camerino si rivolgevano: possiamo vedere, infatti, che una parte delle loro energie era diretta verso la campagna e l’allevamento di capi di bestiame, come provano contratti di acquisto o permuta di terreni e accordi di compravendita, e successiva soccida, stipulati con abitanti del comitatus di C. Ma la forza economica e la poliedricità di questa famiglia non ci sono presentate unicamente dalle fonti camerinesi. È così che attraverso lo specchio della documentazione pubblica e privata prodotta a Firenze, dove il banco della Vacca costituiva il secondo grande polo di espansione finanziaria della famiglia, abbiamo restituita l’immagine di un’entità capillarmente organizzata, che, in aggiunta ai due sopra ricordati, aveva banchi a San Giovanni Valdarno, Borgo San Lorenzo, Cortona, Cascia, Trevi, Tolentino, Modigliana, Castiglion Fiorentino, Spoleto e Villafranca Veronese (secondo quanto testimoniato anche da una serie di lodi arbitrali rogati a Firenze nel 1491[15]). Del resto, è bene aggiungere che la proibizione fatta a tutti gli ebrei di prestare a Firenze (1497)[16], e la conseguente partenza dei da Camerino dalla città toscana, portò all’espansione verso nuove aree (tra cui Ferrara), ma stimolò anche un rafforzarsi del radicamento nella città d’origine, peraltro mai abbandonata, e nell’area umbro-marchigiana per tutto il Cinquecento[17].

Intanto, nel 1515 il gruppo ebraico camerte nella sua interezza compariva all’atto dell’ elevazione dei da Varano al rango di duchi da parte papa Leone X[18] e nel 1526 in un breve di Clemente VII [19], in entrambi i casi tra le fonti di introiti del ducato.

Papa Adriano VI, in seguito alla corresponsione della vigesima, assolse gli ebrei di C. e delle Marche da ulteriori pagamenti e concesse loro la conferma dei privilegi, nonché l'assoluzione da tutti i delitti. Oltre a questa imposta gli ebrei di C. pagavano, però, anche delle tasse ordinarie anuali insieme ai correligionaridi Civitanova Marche e San Ginesio[20].

Non va dimenticato, inoltre, che dopo la cacciata dalla Sicilia (1492), una parte degli esuli si recò anche in questa località[21] e che lo stesso accadde in seguito all’espulsione da Napoli nel 1541. Così, Guido Ascanio Sforza, camerlengo papale, dichiarò nel 1542 che gli esuli napoletani rifugiati nelle Marche, compreso a C., erano da considerare come facenti parte della comunità ebraica indigena e che dovevano essere tassati assieme a quelli[22].

Nel 1543 la Sede Apostolica concesse licenza a Sabbato, alias Sabbatolo, figlio di Giuseppe Razon d'Ancona, ai membri della sua famiglia e soci di tenere un banco da prestito a C. [23] e papa Paolo III, nel 1549, confermò agli israeliti delle Marche e di C. un accordo, intercorso tra le comunità ed il camerlengo Guido Ascanio Sforza, che prevedeva il pagamento di 3.000 scudi per la vigesima, la seconda rata della tassa triennale in corso e la nomina di assessori interni alle stesse  comunità[24].

Nonostante ciò nello stesso anno la Santa Sede nominò un chierico commissario per vagliare la fondatezza di voci secondo le quali gli ebrei della regione, compresi i camerti, avrebbero pagato solo 3.000 scudi all'anno per la vigesima, mentre ne possedevano più di 300.000. Il commissario fu incaricato così di compilare un inventario dei beni degli israeliti ed ancora due anni più tardi un altro commissario fu nominato con le stesse istruzioni[25].

Nel 1550, intanto, Laudadeo di Davide ottenne una tolleranza papale valida due anni per poter prestare a C. a nome di maestro Moyse di Aleutio di L'Aquila, medico a San Ginesio[26], mentre nell’Archivio segreto camerinese sono stati trovati i Capitoli degli Ebrei risalenti al 1558, nei quali si vietava agli ebrei “tollerati” di acquistare alcunché da persone minori di diciotto anni, né da chi sia figliolo di fameglia che sia della detta Città di Camerino sotto pena della perdita delle cose compratee di scudi diece d’applicarsi per un quarto alla R. Camera apostolica di Camerino, un altro quarto alla reparazione del palazzo priorale, uno all’accusatore o inventore qual sarà creso, et uno all’exequutore[27]. Era, inoltre, proibito loro di comprare e far comprare oggetti rubati (qualora avessero acquistato oggetti rubati di cui fosse stato rinvenuto il padrone, avrebbero dovuto immediatamente restituirli gratuitamente)[28], nonché vietato di tenere nelle proprie botteghe o vendere altrimenti i tessuti proibiti ai mercanti della città e dello stato, così come era vietato tenere lana filata o non filata, sotto le pene previste dagli statuti dei mercanti della lana camerinesi: le stoffe che potevano vendere gli ebrei erano solo squarti et drappi usati e vecchi[29].

Nel 1588 il camerlengo papale Enrico Caetani diede a Giacobbe, figlio di Abramo, il permesso di entrare ed abitare a C., dietro il pagamento di una tassa annuale[30]: in quel periodo agli ebrei era vietato prestare ai cittadini di C. ed ai sudditi dello stato cifre superiori ai venti fiorini [31] ed, inoltre, era loro vietato ospitare correligionari forestieri per più di una notte (qualora i forestieri avessero dovuto trattenersi per più tempo, si diceva che chi li ospitava lo debbia […] assegnare alli magnifici Sig. Priori et pigliare la licenza in scritto da loro)[32].

Gli ebrei dovevano pagare annualmente al Comune la tassa stabilita, al principio dell’anno, entro il mese di gennaio[33], ma, ormai, non potevano più abitare o aprire botteghe dal ponte che va dalla corte alla chiesa in su per l’arengo né alcuna delle piazze cioè Santa Maria, et di S. Angelo né per la strada giù alli macelli sotto la pena di dece scudi[…], nelli altri luoghi quanto alle botteghe sia a libito loro[34].

Vita comunitaria

Papa Paolo III, nel 1536, approvò e confermò agli ebrei delle Marche e di Fano, Ascoli e C. l'abolizione del sistema di votazione nelle elezioni comunitarie basate su schede e bussole ed il ritorno al vecchio sistema di semplice maggioranza. Però, cinque anni più tardi, gli ebrei di quelle località, compresa C., chiesero dallo stesso pontefice il permesso di riprendere il sistema delle bussole ed anche questa volta egli accolse la domanda[35].

Tra le personalità di spicco che hanno soggiornato a C. va ricordato il rabbino ́Ovadiah da Bertinoro, che vi si trovava nel 1478 e che, mantenendo sempre uno stretto legame di amicizia con il banchiere e studioso Emanuele di Bonaiuto da C., affidò a quest’ultimo dei capitali per assicurarsi una rendita durante la propria permanenza in Terrasanta[36].

Bibliografia

Colocci, A., Capitoli degli ebrei della città di Camerino, in Archivio Storico Marchigiano, I, Ancona 1881, pp. 745-748.

Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.

Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Simonsohn, S., Marranos in Ancona under Papal Protection, in Michael 9 (1985), pp. 234-267.

Toaff, A., The Jews in Umbria, Leiden-New York-Köln 1993-94.

Toaff, A., ́Ovadiah da Bertinoro nella realtà italiana del suo tempo, in Perani, M., L’interculturalità dell’ebrasimo, Ravenna 2004.

Toniazzi, M., I “Da Camerino”: una famiglia ebraica italiana fra Trecento e Cinquecento, tesi di dottorato presso l’Università di Firenze 2013.


[1] Sezione di Archivio di Stato di Camerino (d’ora in poi SASC), Comunale, Pergamene n. E4, citato in Toniazzi, M., I “Da Camerino”: una famiglia ebraica italiana fra Trecento e Cinquecento, tesi di dottorato presso l’Università di Firenze, 2013, p. 48.

[2] Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 126.

[3] SASC, Notarile di Camerino, Ser Antonio Pascucci, n. 1423, carte non numerate, 26 ottobre 1442, citato in Toniazzi, M., op.cit., p. 49.

[4] Simonsohn,S.,  The Apostolic See, doc. 579.

[5] SASC, Notarile di Camerino, Ser Antonio Pascucci, n. 1895, cc. 42v/44r. Cfr. Toniazzi, M., op.cit., pp. 53-55.

[6] Tali legami familiari sono indicati in un compromesso e relativo lodo arbitrale datati 5 e 6 febbraio 1475, nei quali si discute appunto della dote della defunta Lustrella (SASC, Notarile di Camerino, Ser Antonio Pascucci, n. 176, cc. 515v/519r). Cfr. Ibidem.

[7] Cfr. Toniazzi, M., op.cit., pp. 55-57.

[8] Ivi., pp. 58-59.

[9] Ivi, pp. 59-60.

[10] Ivi, p. 60.

[11] Ivi, p. 61.

[12]  Per la genealogia dei da Camerino, cfr. anche Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918, p. 260, n. 1.

[13] SASC, Notarile di Camerino, Antonio Pascucci n. 1001, c. 335r.

[14] SASC, Notarile di Camerino, Antonio Pascucci n. 1001, c.431v.

[15] Archivio di Stato di Firenze, Notarile Antecosimiano  n. 15783 cc. 140r-153r, Ser Francesco di Ottaviano da Arezzo.

[16] Le vicende della presenza ebraica a Firenze tra Medioevo ed Età Moderna sono ben ricostruite da Umberto Cassuto ( Cassuto, U.,Gli ebrei a Firenze nell'età del Rinascimento, Firenze 1918).

[17] Per la storia di questa famiglia e la presenza sul territorio italiano, oltre alla tesi di dottorato di cui alle note precedenti, cfr. anche Simonsohn, S., The Apostolic See e Duchy of Mantua attraverso l’indice dei nomi, Toaff, A., Umbria, ancora attraverso l’indice dei nomi, nonché Cassuto, U., op.cit., passim.

[18] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 1243. (confermato nel 1541, V. Doc. 2029), 1304. 1503, 1514

[19] ASFi, Ducato di Urbino, Classe IC, filza XIII, doc. 3,11. Si tratta appunto della copia di un breve con il quale Clemente VII estende a Caterina Cybo la concessione del ducato di Camerino con i relativi censi, nel caso in cui il marito Giovan Maria da Varano e la figlia Giulia morissero senza eredi maschi. Citato in Toniazzi, M., op.cit., p. 52.

[20] Ivi, doc. 1301-2. Conferma nel 1534, ivi, Doc. 1689. Per altri pagamenti della vigesima ed altre tasse da parte degli ebrei di C. si cfr. ivi, Indice.

[21] Milano, A., op. cit., p. 222.

[22] Simonsohn, S., op. cit.,doc. 2093, 2151; Id., Marranos in Ancona, p. 246 e segg.

[23]  Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2250

[24] Ivi, doc. 2828. Per la terza rata cfr. ivi, doc. 2941.

[25] Ivi, doc. 2868, 2882, 2926, 2929, 3918a.

[26] Ivi, doc. 2896.

[27] Colocci, A., Capitoli degli ebrei della città di Camerino, p. 746, Capitolo 2.   

[28] Ibidem, Capitolo 3.

[29] Ivi, p. 747, Capitoli 4 e 6.

[30] Loevinson, E., Banques de prêts, p. 159.

[31] Colocci, A., op. cit.,Capitolo 5.

[32] Ibidem, Capitolo 7.

[33] Ibidem.

[34] Ivi, pp. 747-748. A C. non era però stato istituito un ghetto vero e proprio.

[35]  Simonsohn, S., op. cit., doc. 1782, 2033.

[36] Cfr. Toniazzi, M., op.cit, p. 51 e pp. 131-133. Sulla questione dei capitali del da Bertinoro si veda Toaff, A., ́Ovadiah da Bertinoro nella realtà italiana del suo tempo, passim.

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