Faenza

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Faenza

Testo

Provincia di Ravenna. Posta lungo la Via Emilia, a metà strada tra Bologna e Rimini, alla confluenza del Lamone con il Marzeno, F. è di origine romana (Faventia). La città, dopo la dominazione bizantina e longobarda, divenne comune e, dal 1322, fu sotto la signoria dei Manfredi, cui si alternarono periodi di dominio della Chiesa. Dopo il sacco dell'Acuto e la cessione di F. a Niccolò d'Este (1376-77), la Chiesa concesse il vicariato ad Astorgio I Manfredi, cui succedettero i discendenti, sino al breve dominio dei Borgia (1501–1503), seguito da quello dei Veneziani (1504–09) e dal governo ecclesiastico, fino all'invasione francese.

 

Gli ebrei vivevano a F. già nel XIV secolo, come risulta da un Pentateuco, scrittovi nel 1370 da Yitzhaq Barukh ben Shemuel ben Hayuim Zarfati[1] ed anche gli statuti della città del 1410 ricordano l'attività feneratizia ebraica come consuetudine inveterata[2].

Il primo rogito che parla della loro presenza ebraica a F. è del 1441 e si riferisce a un ebreo residente a F. che cede il proprio banco feneratizio esistente in Monza[3]. In un atto del 1449 vengono, poi, menzionati gli Ebrei Gaio ed Emanuele Musetto, presso il cui banco erano stati depositati i pegni di tale Zaninum de Lanzano, residente a F. Dai documenti risulta, inoltre, che Gaiuo e Musetto erano associati e che il loro banco era uno dei più attivi: dopo il 1460, la società risulta però essere sciolta, in quanto i due ebrei ed i loro banchi vengono menzionati individualmente.

Altri banchi vengono comunque ricordati e fra i più importanti compare quello gestito dai fratelli Lazzaro e Crescimbene[4], mentre nel 1453, risultavano risiedere qui i figli di Isacco da Cento ed il suo socio Immauel o Menahem.

Risulta che anche alcune donne furono attive nel prestito, gestendo i banchi in società fra loro o con l’aiuto dei figli: in particolare, spicca tale Stella che operò dal 1462 in avanti. Verso il 1480, inoltre, compare nei documenti il prestatore Lazzaro e sappiamo, dagli atti rimastici, che i feneratori si concedevano scambievolmente dei mutui. Dalla descrizione dei pegni depositati (per la maggior parte, indumenti e preziosi) è testimoniato, tra l'altro, che venne impegnata, nel 1481, da tale Battista Banefaldi, a nome di tutto il clero faentino, la rosa d'oro donata dal Papa alla Cattedrale, al fine di pagare la decima papale del 1480 che ammontava a 50 ducati[5].

Negli anni Novanta del XV secolo, complice la campagna dei frati minori contro l'usura ebraica, il clima cominciò a farsi ostile ed in seguito alla predicazione di Bernardino da Feltre, nel 1491, il Monte di Pietà dichiarò nei propri capitoli di essere stato istituito a destructione della perfida voragine della maledecta uzura et max. delli zudei[6]. La data di fondazione del Monte stesso, tuttavia, va anticipata, secondo una fonte documentaria, al 1479, inducendo alla conclusione che esso sia stato uno dei primi sorti in Italia[7], sebbene fosse divenuto attivo in modo stabile solo dopo la predicazione di Bernardino, dodici anni più tardi.

Tra gli ebrei che risiedettero a F. nel XV secolo, vi fu anche il rabbino Matzliakh Finzi ed il celebre medico Lazzaro di Guglielmo da F. o da Pavia visse qui sino all'espulsione dalla città in seguito ad un sermone di Bernardino da Feltre, che disapprovava la sua popolarità ed il prestigio di cui godeva presso la popolazione cristiana[8].

A partire dai primi anni del XVI secolo, gli archivi notarili locali non menzionano più gli israeliti a F.: tuttavia, a partire dal 1522, un Raffaele del fu Lazzaro di F. ricorre nei documenti della curia romana, ricevendo il permesso di fenerare e commerciare in tessuti a Castel Bolognese e, in seguito, a F., insieme a Simone del fu Vitale di Rimini, residente anch'egli a F. Dieci anni più tardi, venivano menzionati i privilegi dei banchieri di F., come della Romagna in generale[9].

Da una cronaca locale risulta che, nel 1548, era stata proibita qui agli ebrei l'attività feneratizia e che, nel 1555 e nel 1556, il Consiglio Generale della Comunità decise di obbligarli a vivere in una casa particolare da abitarsi tutti insieme[10]. Risale alla metà del XVI secolo anche l'unico esempio attestato di conversione, quella di Cesar de Tribu David (Angelo di Simone, prima della conversione) e della famiglia[11].

In materia di tasse papali, nel 1544 e nel 1550, Niccolò Maria Tinerolo, chierico faentino, fu incaricato dell'esazione della vigesima a F. e nell'esarcato di Ravenna,[12] mentre, nel 1554, Marcus Spaventio, chierico veneziano, riceveva l'incarico di procedere contro gli ebrei di una serie di città, tra cui F., accusati di aver dichiarato redditi inferiori al vero, ai fini di evadere il fisco[13].

 

Attività economiche

Oltre che nel prestito (di cui, peraltro, si ignora quale fosse il tasso di interesse praticato)[14], gli ebrei faentini furono attivi anche nell'arte della ceramica, producendo oggetti d'uso ebraico.[15] Quanto all'esercizio della medicina, è stata già ricordata l'attività di Lazzaro da F. o da Pavia[16].

 

Bibliografia

 

AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, Rimini 1987.

Ballardini, G., I banchieri ebrei e le origini del Monte di Pietà a Faenza, in Studi romagnoli V (1954), pp. 445-451.

Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell'età del Rinascimento, Firenze 1918.

De Rossi, G.B., Mss. codices hebraici biblioth. I.B. De-Rossi, Parma 1803, voll. II e III.

Graetz, H., Geschichte der Juden, Leipzig s.d..

Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.

Perles, J., Les savants juifs en Florence à l'époque de Laurent de Medicis, in REJ XII (1886), pp. 244-253.

Roth, C., The History of the Jews of Italy, Philadelphia 1946.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.


[1] De-Rossi, G.B., Mss. codices hebraici bilioth. I.B. De-Rossi, II, cod. 450, p. 47.

[2] Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 127.

[3] Il rogito si trova negli atti del notaio Gerolamo Casali, vol. unico 1436-1452, p. 12, citato in Ballardini, G., I banchieri ebrei e il Monte di Pietà a Faenza, p. 447, n. 1.

[4] Ivi, p. 447.

[5] Ivi, pp. 447-448. Vent'anni prima, è documentata l'esazione della vigesima e della tassa per le spese turche (Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 866).

[6]  Ballardini, G., op. cit., p. 449.

[7] Il Ballardini menziona un documento del XVII secolo, reperito presso l'archivio del Monte, in cui viene dato un elenco dei libri contabili (andati, tuttavia, smarriti ), in cui si trova scritto : In prima un libro intitolato Monte primo con cartoni di corame rosso di fol. 290 che comincia dal 1479 e finisce li 29 gen. 1613.... Ivi, p. 450.

[8] Impium Hebraeum Lazarum toti urbi auctoritate, pecunia et doctrina dominantem, ut expelleretur, effecit Faventia (Bernardinus): Graetz, H., Geschichte der Juden, VIII, p. 240, n. 3. Su Lazzaro da F. (poi da Pavia) che, per la sua perizia nell'arte medica, fu inviato da Ludovico il Moro al capezzale di Lorenzo de' Medici, tuttavia troppo tardi, e sulle sue ricette che ci sono pervenute in un manoscritto Derossiano, cfr. Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell'età del Rinascimento, p. 182; 184; 272-273; Perles, J., Les savants juifs à Florence, p. 253, Roth, C., The History of the Jews of Italy, p. 202; De-Rossi, G.B., op. cit., III, cod. 1189, p. 95.

[9] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1296, 1303, 1318, 1444, 1589.

[10] Grazioli, A., Cronaca di Faenza dalle origini al 1640, ms. 51, foglio 172, citato in Ballardini, G., op. cit., p. 449. Ballardini riferisce che il Grazioli scrive di "angherie" subite dagli ebrei verso la metà del XVI secolo, mentre la notizia della proibizione di fenerare nel 1548 è riportata, facendo riferimento sempre al Grazioli, in  AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 44.

[11] Simonsohn, S., op. cit., doc. 2919.

[12] Ivi, doc. 2395, 2898.

[13]Ivi, doc. 3043.

  [14]Da un documento del 1533, inerente la concessione di fenerare al 30% annuo a Castel Bolognese, si evince che anche a F. questo era il tasso d'interesse consentito (Simonsohn, S., op. cit., doc. 1589).

[15]Roth, C., op. cit., p. 199.

[16]  Cfr. nota 8.

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