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Orte (אורטה)
Provincia di Viterbo. Posta su di una rupe tufacea, che a nord e ad est è circondata dal Tevere e a sud dal suo affluente Paranza, era chiamata anticamente Horta e fu abitata dagli Etruschi, per poi divenire un municipio romano. Dopo varie vicende, venne a far parte del ducato romano e da allora si distinse per il suo attaccamento alla Chiesa. Sede vescovile sin dal IV secolo, si costituì libero Comune dopo la metà del secolo XI e dal XII fece parte del Patrimonio di S. Pietro, rimanendo, salvo qualche interruzione, alla Chiesa sino all’occupazione delle truppe rivoluzionarie francesi.
Il primo documento relativo alla presenza ebraica a O. risale al 1285 ed è un rogito del notaio locale Rubinus Iacobi, relativo al prestito concesso dall’ebreo Angelo di Mosè a Leonardo di Gimondo e a Pasquale di Pietro Pasquali[1]. Qualche anno più tardi, altri documenti notarili attestano la presenza di ebrei impegnati nel prestito: Sabato di Milo, con il figlio Emanuele, e i fratelli Milo e Musecto di Abramo, imparentati tra loro e presumibilmente tutti d’origine romana[2].
Nel XIV secolo le attestazioni notarili della presenza ebraica si fanno più numerose[3] e la famiglia che viene ricordata in svariati documenti è quella di Musecto di Abramo de Urbe, che risulta attiva nel prestito per tre generazioni : il padre Musecto, i suoi figli, Vitale ( o Vitaluccio) e Leone, ed i nipoti, Musecto di Vitale, Abramo e Manuele di Leone, operanti sia da soli che in società con altri correligionari, talvolta anch’essi indicati come de Urbe[4].
Attestati nello stesso Trecento sono poi Abramo e Sabato de Urbe, seguiti poi dai figli e dai nipoti[5]
Nel secolo XV la permanenza di israeliti nella località proseguiva con Manuele di Gaio, che, nel 1405, risultava ricorrere (con esito positivo) contro un articolo degli Statuti comunali che contravveniva i capitoli da lui pattuiti con il Comune[6].
Poco dopo la metà del secolo, un altro feneratore, Isaia di Samuele Manuela da Imola, concedeva un mutuo al Comune, ricevendo in pegno l’appalto della gabella sull’uso dei pascoli (gabella herbatici)[7].
In questo periodo, era qui medico condotto Magister Salomone di Magister Manuele da Todi, che era impegnato anche nell’attività feneratizia e prestava al Comune somme per coprire le spese ordinarie e straordinarie, cui esso doveva far fronte. Magister Salomone (di cui si ignora la data d’arrivo nella località) risultava qui medico condotto già dal 1449 e, nel 1450, tale incarico gli veniva riconfermato, con un compenso di 42 ducati annuali, di gran lunga superiore a quello percepito dai medici ebrei di altre località (che si aggirava intorno ai 25 ducati). Nel 1453 egli fu, inoltre, socio nel banco di Amelia, dove svolgeva anche il compito di medico comunale insieme al padre. Nel 1463, però, Magister Salomone abbandonò O. presumibilmente dietro la pressione dei Minoriti, molto influenti in loco e si propose di sostituirlo con un medico cristiano[8]. Nello stesso anno, le autorità concessero all’ebreo forestiero Leone di Magister Abramo di stabilirsi in città con la famiglia, esentandolo dai gravami fiscali, a patto che vi rimanesse per almeno dieci anni, come previsto dagli Statuti[9]. L’anno successivo, Leone prestò al Comune una somma di denaro, avendo in pegno dai Priori effetti personali, ricevuti da alcuni cittadini, a titolo di garanzia[10].
Gli israeliti locali, suddivisi in 2 nuclei familiari, sono poi nuovamente ricordati nel 1470, in un registro di collettorie della Camera Apostolica, all’atto di versare un tributo vicino ai 2 ducati[11].
In seguito, si stabilì ad O. Isaia di Abramo da Viterbo, che prestava denaro a privati e al Comune, talvolta insieme al fratello Guglielmo. All’inizio degli anni Ottanta del secolo, risultavano qui altri due ebrei, Isacco e Mosè, menzionati nei documenti per il pagamento di pene pecuniarie di poca entità[12].
Secondo una documentazione frammentaria, risalente agli anni 1478-1482, in quel periodo sarebbe stato fondato il Monte di Pietà e l’attività feneratizia ebraica sarebbe stata proibita[13]. Nel 1482 due ebrei venivano arrestati e multati per essere entrati in città di notte, contravvenendo alle disposizioni del Consiglio cittadino e, nello stesso anno, si stabilì che gli ebrei di qualsiasi sesso ed età dovessero pagare la gabella passus, secondo quanto stabilito dagli Statuti[14].
Nel 1482-1483, però, il già ricordato Isacco risultava di nuovo implicato in prestiti al Comune[15] e ancora nel 1538 Benedetto da Pitigliano, residente a O., riceveva, insieme alla famiglia e al suo entourage, una tolleranza papale per gestire un banco di pegno nella località, mentre cinque anni dopo un Benedetto da O. veniva eletto ( insieme al medico viterbese Magister Gabriele da Palestrina) dalle comunità ebraiche del Patrimonio e di Orvieto per esigere la vigesima e un’altra tassa speciale per le spese contro i Turchi. Benedetto continuava a gestire il banco feneratizio a O. anche nel 1543 ed in seguito, nel 1546, un Benedetto di Meluccio (presumibilmente il Benedetto che compare negli altri documenti) veniva rilasciato dal carcere dove era detenuto per reati non specificati, dato il perdono generale concesso agli ebrei della provincia[16].
Nell’elenco delle sinagoghe che, nel 1569, pagavano il tributo alla Casa dei Catecumeni di Roma risultava anche quella di O. con 10 scudi[17].
Cimitero
Negli Statuti è contenuto un accenno all’esistenza dei sepulchra hebreorum: il cimitero risultava essere all’incirca in località Misciano, presso Cima Colle, poco fuori dall’abitato[18].
Ghetto
Nel secolo XIX vi era a O. una via del Ghetto (in seguito via Poerio), dove presumibilmente avrebbero vissuto, per un periodo, gli ebrei locali[19].
Bibliografia
Esposito, A., La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo medioevo: il patrimonio di S. Pietro in Tuscia e Viterbo, in Gli ebrei nello Stato Pontificio fino al Ghetto, Atti Italia Judaica VI (1995), Roma 1998, pp. 187-203.
Luzzatto, A., Note sulla presenza ebraica a Orte tra i secoli XIII e XV, Orte 1993.
Nasetti, G., Frammenti di vita ortana dell’ Ottocento, Orte 1981.
Pavoncello, N., Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V, in Lunario Romano 1980 : Rinascimento nel Lazio, Roma 1980, pp. 47-77.
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Statuti della città di Orte, trascrizione e traduzione di Gioacchini, D., consulenza storico-letteraria di Greco, A. con la collaborazione di Graziosi, M. T., Orte 1981.
Toaff, A., The Jews in Umbria, Leiden-New York-Köln 1993-94.
Toaff, A., Il vino e la carne, Bologna 1989.
[1] Luzzatto, A., Note sulla presenza ebraica a Orte tra I secoli XIII e XV, p. 11; per il testo della pergamena rogata dal notaio Rubinus Iacobi, v. ivi, Appendice documentaria, doc. 1, pp. 25-26.
[2] Ivi, pp.11-12.
[3] Ivi, p. 13, n. 19, per le indicazioni della presenza ebraica desunte dagli atti notarili.
[4] Ivi, p. 14; si veda anche : ivi, Appendice documentaria, docc.2, 4, p.27; pp.29-30. In un documento del 1320, relativo a un prestito, figura l’Ebreo Dactulo di Abramo, si veda ivi, doc. 3, p. 28.
[5] Esposito, A., La presenza ebraica in una regione pontificia nel tardo Medioevo, pp. 188-189.
[6] Luzzatto, A., op. cit., p. 15. La copia degli Statuti che è stata reperita risale al 1584, ma gli Statuti ebbero redazioni precedenti, di cui la prima si ritiene risalire alla fine del XII secolo. Negli Statuti del 1584 vi sono alcune disposizioni riguardanti gli Ebrei: è vietato loro essere procuratori nelle cause civili; dovevano rinunciare ad ogni rivendicazione nei confronti di chiunque, una volta trascorsi sei anni dalla data del contratto; il massaro era autorizzato a vendere agli ebrei i pegni non ritirati alla scadenza dei contratti e non acquistati da alcuno all’asta bandita dopo la scadenza. Non sono stati reperiti, invece, i testi delle condotte feneratizie, sebbene il caso di Manuele di Gaio sia una conferma della loro esistenza. Ivi, pp. 20-21. Per il protocollo della seduta del Consiglio Generale del Comune, riguardante la supplica di Manuele di Gaio, si veda ivi, Appendice documentaria, doc. 6, pp. 33-34.
[7] Ivi, p. 15. Cfr. anche Esposito, A., op. cit., p. 189.
[8] Ivi,pp. 15-18; Cfr. anche Esposito, A., op. cit., p. 189. Per il compenso percepito dai medici ebrei altrove, si veda Toaff, A., Il vino e la carne, Bologna 1989, pp. 266-267. Per la documentazione dell’attività feneratizia e medica svolta da Magister Salomone a O., v. Luzzatto, op. cit., Appendice documentaria, doc. 7-20, pp. 35-51. Nel 1458, Salomone aveva ottenuto la dispensa papale per curare pazienti cristiani, si veda ivi, doc. 17, p. 47; cfr. Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 845. Su Amelia si ved. Toaff, The Jews in Umbria, doc. 1183-4, 1308, 1391, 1570, 1798, 1811.
[9] Luzzatto, op. cit., Appendice documentaria, doc. 21, p. 52. Leone si trovava a O. già nel 1462. Si veda Toaff, Umbria, Doc. 1332.
[10] Luzzatto, op. cit., doc. 24, p. 55.
[11] Esposito, A., op. cit., pp. 190-191.
[12] Ivi, p. 19.
[13] Ivi, Appendice documentaria, doc. 25, p. 56.
[14] Ivi, doc. 26, p. 57; doc. 30, p. 61.
[15] Ivi, doc. 27-29, pp. 58-60; doc. 31-33, pp. 62-63.
[16] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1865, 2214, 2279, 2617.
[17] Pavoncello, N., Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V, p. 64.
[18] Statuti della città di Orte, trascrizione e traduzione di Gioacchini, D., consulenza storico-letteraria di Greco, A. con la collaborazione di Graziosi, M. T., Orte 1981, Libro V, cap. 36, p. 286, cit. in ivi, p. 13, nn. 12, 20.
[19] Nasetti, G., Frammenti di vita ortana dell’ Ottocento, p. 13, con allegata planimetria della città, cit. in ivi, p. 20, n. 52.