Montagnana

Titolo

Montagnana

Descrizione


Testo

Montagnana (מונטניאנה)

Provincia di Padova. Non lontana dai Colli Euganei, ad una quindicina di km. da Este, sulla sinistra dell’Adige presso il fiume Frassina, M. fu prima sotto il dominio di Ezzelino da Romano, in seguito, dei da Carrara e, poi, sotto quello della Repubblica veneta.

Il primo documento attestante una presenza ebraica a M. risale al 1383, quando tale Uguccione del fu Manfredi di Zentollo, di M., dichiarò di aver venduto all’ebreo Salomone del fu Museto di Ancona,  abitante al tempo a Padova nella contrada di S. Canziano, un appezzamento di terreno incolto, posto in M., nella contrada degli Alberi[1].  Salomone aveva comprato il terreno a nome proprio e di altri correligionari, residenti a Rimini, Bologna e Recanati, che, volendo aprire a M. un banco di pegni, avevano deciso l’acquisto per ottemperare alle leggi per cui i prestatori dovevano essere proprietari di immobili, nel territorio in cui volevano fenerare[2].

Un ulteriore documento è il contratto, stipulato nello stesso anno, per la costituzione di una società commerciale da parte di tutti gli ebrei appena citati: rappresentante di tale società era  Salomone del fu Matesia di Perugia[3]. All’interno di essa Museto del fu Alinaro di Perugia, residente a Bologna, concorreva con un capitale di 950 ducati d’oro, Emanuele del fu Zanatano di Ancona, residente a Rimini, partecipava con altrettanti ducati di capitale, mentre i fratelli Emanuele, Salomone e Gaio del fu Museto de’ Finzi di Ancona, residenti a Padova nella contrada di S. Canziano, vi avevano investiti più di 600 ducati. Inoltre, facevano parte della società anche Beniamino di Bonaventura da Recanati, con più di 300 ducati, e Ressino ed Emanuele del fu Salomone di Elia, abitanti a Rimini, con 950 ducati[4].

Il capitale societario (3.800 ducati) fu consegnato a Salomone da Perugia, per impiegarlo nel commercio e, soprattutto, nel banco di M.

Dieci anni dopo, un altro ebreo, Diodato del fu Museto di Orvieto, stipulò con i dodici sapienti (carica equivalente a quella degli assessori comunali) del Comune di M. un accordo per aprire nella località un banco di pegni[5]. Tale accordo fu confermato dal Consiglio di M. e approvato da Francesco Novello da Carrara, e l’esercizio dell’attività fu concesso per sette anni[6]. Trascorsine cinque, nel 1398, fu prolungata la concessione per altri tre anni, dal 1400 al 1403[7]. Il feneratore poteva prestare su qualunque oggetto di tessuto, di metallo prezioso o altro, all’interesse del 30%, per un periodo di tredici mesi, passati i quali, dopo tre pubbliche “gride”, diveniva proprietario del pegno, se il creditore non lo avesse riscattato. Nel periodo in cui Diodato era attivo come prestatore, nessun altro avrebbe potuto prestare, neppure senza interesse, sotto pena di una multa. Lui stesso, i suoi fattori e i familiari erano esenti da ogni gravezza, dazio, angaria o favore rispetto al Comune di M., mentre dovevano pagare, al pari degli altri abitanti, i dazi e i tolonci imposti dal Comune di Padova. Solo il podestà o il suo vicario erano autorizzati ad amministrare la giustizia nei riguardi di Diodato e soci.

Diodato abitava a M. una casa di proprietà di Francesco Novello, al quale doveva pagare, come affitto e come tassa sui profitti del banco, la somma di 50 ducati, molto meno onerosa della “ricognizione” che avrebbe imposto, più tardi, la repubblica di Venezia[8].

Intorno al 1423 Abraham di Salomone, abitante a M., si lamentava con Martino V, perché Abramo, suo figlio minore era stato rapito e battezzato contro la sua volontà e quella della sua famiglia. Il Papa incaricò Pietro Emiliani, vescovo di Vicenza, di indagare sulla vicenda ed evitare che fosse fatto torto agli ebrei[9].

Dai documenti relativi al cimitero, risalenti agli anni Venti del XVI secolo, si evince la continuità della presenza ebraica a M.

Nel 1605 le case degli israeliti vennero invase da alcuni facinorosi e la sinagoga derubata degli oggetti d’argento, degli arredi sacri e del denaro delle elemosine. Una donna, che tentò di opporsi fu ferita, mentre il gruppo degli assalitori prese eorum Bibiam[10] e la portò a mo’ di trofeo attraverso M. Gli ebrei, rivoltisi a Venezia per avere giustizia, ottennero che il doge Grimani minacciasse pene severissime per chi li avesse, in futuro, molestati[11].

Meno di sessant’anni dopo, vivevano a M. sette o otto famiglie che le autorità intendevano segregare in un ghetto: tuttavia, nonostante fossero state fatte ricerche per trovare un luogo adatto allo scopo, lontano dalle chiese e dalle vie percorse dalle processioni, il progetto non fu attuato.

Nel 1778, in seguito all’ordine del Senato veneto di espellere gli ebrei dai centri in cui non esisteva un ghetto, il nucleo di M. fu costretto ad abbandonare la località entro sei mesi[12].        

Quartiere ebraico

Un documento degli anni Sessanta del XVII secolo recita che gli ebrei habitano nella contrada, che porta alla Porta di S. Zeno, ordinariamente detta Ghetto[13]: sappiamo, però, che il progettato ghetto vero e proprio non fu mai istituito.

Cimitero

Da un documento del 1583, relativo all’ingrandimento del cimitero ebraico, si apprende che esso esisteva sin dal 1522 nella contrada della Spina[14]. Nel 1607 il Senato, sollecitato dagli ebrei, scrisse al podestà, proibendogli di molestarli per occasione del terreno de quaretiere uno in circa di terra et casetta del guardiano di Montagnana, ove sepeliscono li loro morti[15].

Nell’area cimiteriale in contrada della Spina, presso le Mura, furono sepolti ebrei di M., Bevilacqua, Masi ed altre località, come attestavano varie lapidi, all’inizio del XX secolo[16].

Bibliografia

Ciscato, A., Gli ebrei in Montagnana sotto il dominio carrarese, in Notizie di Archeologia, Arte e Storia dell’Ispett. Monum. e scavi di Este, Monselice e MontagnanaI (1899), pp. 73-78.

Ciscato, A., Gli ebrei in Padova (1300-1800), Padova 1901.

Morpurgo, E., Inchiesta sui monumenti e documenti del Veneto interessanti la storia religiosa, civile e letteraria degli ebrei, Udine 1912.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.


[1] Archivio notarile di Padova — Atti del notaio Bandino de Brazzi — IV- 3 Tom. IV-432, citato. in Ciscato, A., Gli ebrei in Montagnana sotto il dominio Carrarese, p. 78, nota 6.

[2] Statuti del Comune di Padova dal secolo XII al 1285, Padova, Tip. Sacchetto, 1873 (edizione procurata dal prof. Gloria), Libro III, Cap. XXVIII, n. 861, p. 292, 375, citato ivi, p. 78, nota 8.

[3] Arch. Not. di Padova — Atti del notaio Marsilio Roverini — IV- 1-2-3 Tom. III – N. 16, c. 1772, citato ivi, p. 78, nota 9.

[4] Ivi, pp. 75-76.

[5] Arch. Not. di Padova — Atti del notaio Bandino de Brazzi — IV- 3 – Tom. VI, c. 428r., citato ivi, p. 78, nota 13.

[6] Arch. Not. di Padova — Atti del notaio Zilio de Calvi — IV - I Tom. II, c. 306r, citato ivi, p. 78, nota 14.

[7] Arch. Not. di Padova — Atti del notaio Bandino de Brazzi — IV-3 Tom. VI, c. 428, citato ivi, p. 78, nota 15.

[8] Ivi, pp. 77-78.

[9] Simonsohn, S., Apostlic See, doc. 618.

[10] Ciscato, A., Gli ebrei in Padova, doc. XXIX, p. 292.

[11] Ivi, p. 293; cfr. anche ivi, p. 201.

[12] Ivi, pp. 93-94.

[13] Arch. Civ. – Ebrei, Miscellanea, n. 752, citato ivi, p. 93, nota 2.

[14] Doc. XXI, ivi, pp. 277-278.

[15] Arch. Com. Isrl. N. 1, c. 34 r, citato ivi, p. 175.

[16] Morpurgo, E., Inchiesta, p. 3, nota 9. Nel 1802, dopo lo scioglimento della Comunità di M., il cimitero passò a quella di Padova.

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