Ceneda

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Ceneda

Fonte

Bibliografia
Luzzatto. F., “La comunità ebraica di Conegliano Veneto ed i suoi monumenti”, RMI, XXII (1956), pp.115-125; Kaufmann, D., Dr. Israel Conegliano und seine Verdienste um die Republik Venedig bis nach dem Frieden von Carlowitz, Budapest 1895; Milano, A., Gli ebrei in Italia, Torino 1963; Morpurgo, E., “Gli ebrei a Ceneda”, Il Corriere Israelitico 49 (1910), pp. 21-23; idem, Inchiesta, Udine 1912; Rabello, A.M., “Gli ebrei a Ceneda e a Vittorio Veneto (con alcuni documenti sulla famiglia Pincherle”, RMI 36 (1970), pp. 345-358; Tranchini, E., Gli Ebrei a Vittorio Veneto dal XV al XX secolo, Vittorio Veneto 1979; Zille, E., “Una vertenza tra i giudici del cattaver e il vescovo di Ceneda Lorenzo Da Ponte in materia di ebrei (1752-1768)”, Archivio Veneto CXVII, V serie, n. 162 (1986), pp. 47-60.

Testo

Ceneda (צנידה, צינידא, צינידה, סנדה)[1]

Provincia di Treviso. Il centro si estende ai piedi di Serravalle, presso il versante  meridionale delle Prealpi bellunesi, ed è bagnato dal fiume Meschio. D'origine romana, sotto i Longobardi fu sede di un Ducato e di un vescovato. Nel 1328 cadde in potere degli Scaligeri e nel 1337 entrò nell'orbita di Venezia, sotto il cui dominio si trovò a partire dal 1388.

Venezia, dopo aver riconosciuto in un primo momento l'autorità comitale del vescovo locale, colse in seguito sempre l'occasione per limitarne i poteri, entrando anche in lite con la curia romana, con l'assistenza di Paolo Sarpi (1615). Nel 1768, con decreto del Senato veneto, fu posta fine alla giurisdizione episcopale. Nel 1797, entrarono a C. le truppe del Massena.

La città, dopo la fusione con Serravalle prese, dal 1866, il nome di Vittorio Veneto.

Autori ottocenteschi hanno ritenuto che la presenza degli ebrei a C. risalisse al 1597, quando il vescovo Antonio Mocenigo concesse un permesso decennale ad Israel Conian, da Conegliano, per gestire un banco nella località[2]. Tuttavia, la presenza attestata nella limitrofa Serravalle fa supporre che alcuni ebrei si fossero insediati anche a C. prima di questa data[3].

I Conian continuarono a risiedere qui, esercitandovi l'attività feneratizia, lungo l'arco del XVII secolo, nonostante i tentativi di espulsione da parte del Consiglio civico nel 1631, durante il vescovado di Marcantonio Bragadin, e nel 1683, quando era vescovo un Lioni e quando una Ducale risolse la situazione a favore degli ebrei[4].

Dagli anni Settanta del XVII secolo alla metà circa del successivo la Chiesa dette disposizioni relative agli ebrei ribadendo che la loro presenza era tollerata, purché esercitassero le proprie attività in ossequio alle leggi vigenti. La costruzione di nuove sinagoghe fu vietata e venne sancito l’obbligo del segno distintivo (berretto per l’uomo e fazzoletto per la donna, di colore rosso)[5].   

Il vescovo Lorenzo Da Ponte nel 1740 riconfermò la condotta con gli ebrei autonomamente da Venezia, in virtù del potere temporale che rivendicava[6] e, dodici anni più tardi, si rifiutò di pubblicare il proclama dogale - emanato dai cattaveri e riconfermato dal Senato veneziano – che vietava il possesso di immobili fuori del ghetto, nonché il commercio delle “biade”(nel senso più ampio di “granaglie”) e degli animali da parte degli ebrei[7].

Dopo un contenzioso di qualche mese con le autorità della Repubblica, il Da Ponte riuscì a far confermare dalla magistratura veneziana la propria autonomia giurisdizionale e, in particolare, la total dirrection degli ebrei di questo ghetto[8].

Pertanto, il vescovo non applicò nemmeno nel 1760 il divieto del commercio delle biade agli ebrei, ribadito da Venezia nella nuova condotta di quell’anno. Quattro anni più tardi, invece, obbligò i commercianti di biade del ghetto a dover in termini di giorni tre rifferir cadauno nela cancelleria nostra vescovile in tempi ecc. la vera e giusta quantità delle biade di qualunque genere, che ogn’uno s’attrova avere[9], pena la confisca delle biade stesse.

La morte del Da Ponte, nel 1768, consentì alla Repubblica di riaprire la vertenza sul potere temporale dei vescovi di C., chiudendola con la definitiva riaffermazione dei diritti veneziani. Nello stesso anno, il Consiglio di C., denunciando all’autorità veneziana il presunto favoritismo usato nei confronti degli ebrei dai vescovi cenedesi, sosteneva che  i primi erano straordinariamente aumentati di numero, durante il corso degli anni, e che praticavano usure eccessive e occupavano al presente […] la più nobile parte della città, ed hanno a se stessi accollato l’intero commercio massime di biade  e vini, con sommo danno di quel miserabile paese[10]. Perciò, chiedevano alla Repubblica di togliere agli ebrei il commercio delle biade e dei vini che, tuttavia, fu poi loro concesso nuovamente da Venezia nel 1770[11].         

Mentre il Consiglio di C., mosso presumibilmente da gelosie dei commercianti locali[12], aveva denunciato come nocivo per la popolazione il commercio ebraico, svariate testimonianze di religiosi e di abitanti cenedesi affermavano il contrario: ne è esempio la dichiarazione del parroco Giovanni Nadale, suffragata da nove poveri contadini che attestava che gli ebrei venivano incontro al fabbisogno locale di biade tutto il tempo dell’anno con che possono sostentare le loro povere famiglie e questo con respiro di lungo pagamento che da essi si fa o col ricavato del bestiame o con gallette o con vino a loro comodo, con che attestano di ricevere molto sollievo specialmente negli anni penuriosi, atteso anche il prezzo conveniente delle biade somministrate[13]

A riprova della situazione di privilegio degli israeliti cenedesi va rilevato il fatto che la loro presenza e la loro attività continuò anche dopo la sfavorevole Ricondotta del 1777, anno in cui, tra l’altro, i correligionari vennero cacciati dal Friuli[14]

Dopo la metà del secolo XVIII il nucleo ebraico si accrebbe, grazie all’apporto di alcune gruppi familiari: i Luzzatto[15], i Romanin, i Gentili, i Fontanella, i Valensin, i Conegliano e i Pincherli[16].

Nel 1763 si convertì al cristianesimo, con tutta la famiglia, Geremia Conegliano, assumendo il cognome Da Ponte, in omaggio al vescovo che ne aveva favorito la conversione[17].

Vita comunitaria

Nella seconda metà del XVIII secolo gli ebrei di C. risultavano organizzati in un Corpo (o Università): il primo documento del Corpo degli ebrei , risalente al 1759, riguarda l'acquisto a nome di tutta la Comunità  di una casa dei fratelli Conegliani, sita nel recinto del ghetto[18].

Tra i documenti relativi alla vita interna della Comunità, vi sono quelli riguardanti i rapporti con Eretz Israel, tra cui, nel 1797, la registrazione della visita di un messo da Hebron per raccogliere fondi per gli ebrei che vivevano in Palestina[19].

Presumibilmente risale alla seconda metà del XVIII secolo la fondazione della Fraterna di Misericordia, di cui è documentata l’organizzazione nel primo ventennio del secolo successivo[20].

Demografia

Nella prima metà del XVIII secolo, si ritiene che alcune decine di ebrei vivessero nel ghetto di C.[21], ma la prima notizia precisa circa l'entità della presenza ebraica risale ad una statistica del 1765, da cui risulta che risiedevano nella cittadina 45 persone ripartite in 11 famiglie[22].

Dal documento del 1770, attestante l’abrogazione del divieto di commerciare in biade e vini, risultavano vivere a C. 12 famiglie[23] ed il nucleo ebraico si mantenne all’incirca costante sino alla fine del XVIII secolo[24].

Attività economiche.

Oltre che nel prestito, gli rbrei erano attivi come sensali, rigattieri, commercianti di cereali e legnami[25].

Nella seconda metà del XVII secolo esercitava l'attività di medico a C. Avraham Yoel Conegliani[26].  Da un contratto nuziale del 1753, risulterebbe essere stato medico a C. il padre dello sposo, Yaaqov Alpron, descritto come ha-rofé ha yaqqar ve ha-meulé (“il medico pregevole ed eccellente”)[27].

Nel 1770 i banchi feneratizi risultavano essere quattro: l'interesse era del 10% sui pegni dei "terrieri" e del 15%  per i forestieri e i banchieri avrebbero dovuto cessare la loro attività qualora fosse stato istituito un Monte[28].

Ghetto

Nel XVIII secolo vi era a C. un ghetto o Biorca, ubicato in via Salsa[29].

Sinagoga

L’esistenza a C. di una sinagoga (o forse solo un oratorio) di rito tedesco, di cui non è rimasta la data di edificazione, è stata attestata nel 1646[30]. Nei documenti viene menzionata, inoltre, la costruzione di una sinagoga a C. nel 1701, inaugurata ufficialmente nel 1710. Molto somigliante nell’architettura alla sinagoga della vicina Conegliano, si trova ora al Museo di Israele di Gerusalemme[31].

Cimitero

Il cimitero data solo dalla seconda metà del XIX secolo, mentre precedentemente le inumazioni si facevano nell’antico cimitero di Conegliano[32].

Vita culturale.

La famiglia di Israel Conian continuò nel secolo XVII la tradizione di studio del capostipite del ramo cenedese[33]: la conoscenza della lingua ebraica era retaggio di tutti i membri della famiglia, comprese le donne e i bambini, come mostra l'epistolario che rimastoci[34]. Ancora nel 1682 il medico Avraham Yoel Conegliano si occupava di trascrivere opere di medicina[35].

Bibliografia

Luzzatto. F., La comunità ebraica di Conegliano Veneto ed i suoi monumenti, in RMI XXII (1956), pp.115-125.

Kaufmann, D., Dr. Israel Conegliano und seine Verdienste um die Republik Venedig bis nach dem Frieden von Carlowitz, Budapest 1895.

Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.

Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, in Il Corriere Israelitico 49 (1910), pp. 21-23.

Morpurgo, E.,  Inchiesta sui monumenti e documenti del Veneto interessanti la storia religiosa, civile e letteraria degli ebrei, Udine 1912.

Nahon, U., Aronot qodesh ve tashmishei qodesh  mi-Italia be-Israel (Aronot qodesh e arredi rituali d’Italia in Israele, in ebr.), Tel Aviv 1970.

Pinkerfeld, Y., Batei keneset be-Italia (Sinagoghe in Italia, in ebr.), Jerusalem 1954.

Rabello, A.M., Gli ebrei a Ceneda e a Vittorio Veneto (con alcuni documenti sulla famiglia Pincherle, in RMI 36 (1970), pp. 345-358.

Roth, C., Venice, Philadelphia 1930.

Tranchini, E., Gli ebrei a Vittorio Veneto dal XV al XX secolo, Vittorio Veneto 1979.

Zille, E., Una vertenza tra i giudici del cattaver e il vescovo di Ceneda Lorenzo Da Ponte in materia di ebrei (1752-1768), in Archivio Veneto CXVII, V serie, n. 162 (1986), pp. 47-60.


[1] Le prime tre forme di traslitterazione (procedendo da destra a sinistra) si trovano in tre contratti nuziali, rispettivamente del 1739, del 1753 e del 1774. Rabello, A.M., Gli ebrei a Ceneda e a Vittorio Veneto, p. 352. La quarta traslitterazione si trova in un contratto nuziale del 1781. Cfr. ivi, p. 353.

[2] Il testo della condotta stipulata con Israel Conian si trova nella Biblioteca del Seminario di Vittorio Veneto, Opuscolo Per gli Ebrei di Ceneda, doc. 1597-24 novembre, ed è riprodotto fotograficamente in Tranchini, E., Gli Ebrei a Vittorio Veneto dal XV al XX secolo, p. 15; cfr. Zille, E., Una vertenza tra i giudici del Cattaver e il vescovo di Ceneda Lorenzo Da Ponte in materia di ebrei (1752– 1768), p. 52. Cfr. anche Schiavi, L.A., Gli ebrei a Venezia e nelle sue colonie, in  Nuova Antologia, Roma Sett.-Ott. (1893), p. 321;  Marson, L., Guida di Vittorio e suo Distretto, Treviso 1889, p. 117, citati in: Morpurgo, E.,  Gli ebrei a Ceneda, p. 21. 

[3] Il Morpurgo cita la presenza degli ebrei a Serravalle nel 1398, ma, in mancanza di ulteriori dati a questo proposito, ritiene che de facto si debba far iniziare la storia dell'insediamento ebraico a C. dalla fine del XVI secolo. Ibidem. Anche il Rabello segue questo parere (op. cit., p. 345). Tuttavia, l'autore di un'opera dedicata agli ebrei di Serravalle e di C. afferma, pur senza citare documenti in proposito, che essi avevano abbandonato Serravalle per recarsi a C. dopo il 1482. Cfr. Tranchini, E., op. cit., p. 52. 

[4] Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 21; Rabello, A.M., op. cit., p. 346. La condotta dei Conian, invece, fu più volte rinnovata, tra l’altro nel 1658, nel 1692 e nel 1740. Cfr.  Zille, E., op. cit., p. 53, nota 19.

[5] Tranchini, E., op. cit., p. 17. A proposito di presunte ulteriori disposizioni della Chiesa rispetto agli ebrei, menzionate in questo contesto, va rilevato che il testo del Tranchini si rivela insufficientemente documentato e, pertanto, difficilmente attendibile. 

[6] Sul potere temporale dell’episcopato cenedese, in generale e in rapporto agli ebrei,  vedi Zille, E., op. cit., pp. 48-52.

[7] Per il testo della lettera con cui il vescovo esprimeva la sua opposizione ai cattaveri e alla pubblicazione del proclama in questione, cfr. Zille, E., op. cit., p. 49.

[8] Archivio di Stato di Venezia (d’ora innanzi A.S.V.), Uff. Catt., B. 132, fasc. 1759, Lettera del vescovo ai cattaveri, 1752, 24 agosto, citato ivi, p. 54, nota 24.

[9] Vittorio Veneto, Biblioteca del Seminario (d’ora innanzi: V.V.B.S.), op. Per gli Ebrei di Ceneda, Doc. 1764, 6 aprile, citato ivi, p. 55, nota 28.

[10] Museo Civico Correr, Venezia, filza n. 3., Ins. 6 “Ebrei a Conegliano e Ceneda”, citato ivi, p. 347, n. 11; cfr. Tranchini, E., op. cit., p. 23.

[11] Rabello, A.M., op. cit., pp. 347-348; cfr. Tranchini, E., op. cit., p. 24. A proposito dell’esposto del Consiglio municipale a Venezia, menzionato sopra, va rilevato che la Zille, citando lo stesso testo lo menziona come datato 23 dicembre, mentre il Rabello (e con lui il Tranchini) riporta la data 23 ottobre; inoltre, la Zille, riportando le lamentele del Consiglio contro gli ebrei, non menziona la richiesta di divieto del commercio di biade e vini: cfr. Zille, E., op. cit., p. 58.   

[12] Rabello, A.M., op. cit., p. 347; cfr. Tranchini, E., op. cit., p. 24.

[13] A.S.V., Uff. Catt., B. 135, fasc. Ceneda, Copia della testimonianza dell’arciprete di Fregona, Giovanni Nadale del 1770, 1 gennaio, citato in Zille, E., op. cit., p. 59, nota 44.

[14] Alla continuazione del commercio di “biade” da parte degli ebrei di C., anche dopo il divieto riproposto, per quelli della Terraferma, nella Ricondotta del 1777, sembrano alludere gli autori sinora citati, sebbene non menzionino documenti specifici in proposito. Cfr. Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 22; Rabello, A.M., op. cit., p. 348; Tranchini, E., op. cit., p. 25; Zille, E., op. cit., p. 60. Il Roth afferma che il Comune di C. lamentò le conseguenze sulla popolazione  del provvedimento contro il commercio di biade, da lungo tempo in mano ebraica; tuttavia,  tali proteste  non condussero all’abrogazione del divieto. Cfr. Roth, C., Venice, p. 348. 

[15] Secondo il Morpurgo, i Luzzatto sarebbero provenuti con ogni probabilità dal Friuli, dopo il bando del 1777, mentre, secondo  il  Luzzatto, sarebbero  provenuti da Venezia: cfr. Morpurgo,E., Gli ebrei a Ceneda, p. 22; Rabello, A.M., op. cit.,p. 346, nota 7.  

[16] Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, pp. 22-23; su queste famiglie e, in particolare, sulla famiglia Pincherli (Pincherle), cfr. Rabello, A.M., op. cit., pp. 352-358.

[17] Alla famiglia di Geremia Conegliano apparteneva Emanuele, divenuto, dopo la conversione, Lorenzo Da Ponte, poeta e autore di vari libretti d'opera, in particolare, dei libretti di alcune famose opere di Mozart. Bayer, B., alla voce "Da Ponte, Lorenzo", in J.E. Sulla suapoliedrica figura e sulle sue svariate attività, cfr. anche: Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 677. Gli altri due figli di Geremia, convertitisi al cristianesimo, furono Baruch e Anania. Tranchini, E., op. cit., p. 65. Dal registro parrocchiale che il Tranchini riporta, risulta che il battesimo di Geremia e dei tre figli avvenne nel 1763 e, pertanto, va rettificata la data - 1754 - indicata dal Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 23, nota 5 e riportata anche dal Rabello, A.M., op. cit., p. 346. 

[18] Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 22. Morpurgo riferisce che gli Atti del Corpo di C., dal 1759 al 1859, erano custoditi in un Archivio, conservato dalla famiglia Gentili di Vittorio. Nel 1782 risultano esservi incartamenti relativi al Corpo degli ebrei di C., di cui, però non viene indicato il contenuto specifico. Cfr. ibidem, nota 4.

[19] Rabello, A.M., op. cit., p. 352.

[20] Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 23. Secondo il Tranchini, la Fraterna sarebbe stata  fondata nel 1801; sino a quella data gli ebrei di C.avrebbero preso parte alla Fraterna di Conegliano. Cfr. Tranchini, E., op. cit., p. 34.   

[21] Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 21.

[22] Descrizion de' sudditi del Serenissimo Dominio Veneto distinti in famiglie, Età, Sesso degl' Individui componenti il total delle anime ecc. compilata pel corrente quinquennio sul fondamento dei mandati rassegnati da cadaun Parocco delle Città e Territorio al Magistrato Eccellentissimo de' Deputati ed Aggionti  sopra la Provision del Dinaro in esecuzione alli Decreti dell'eccellentissimo Senato 1764 13 Dic. e 12 Sett. e 30 Nov. 1765. Biblioteca Civica di Padova, Mss. B.P. N. 1876 XV, citato ivi, p. 22, nota 1.

[23] Rabello, A.M., op. cit., pp. 347-348.

[24] Milano, A., op. cit., p. 337.

[25] Tranchini, E., op. cit., p. 26.

[26] Kauffmann, D., Dr. Israel Conegliano, p. 5, nota 4. Il Morpurgo, invece, nella sua opera Notizie sulle famiglie ebree esistite a Padova nel XVI sec., Udine 1909,  p. 6, nota 3, sostiene che fosse di Conegliano;  comunque,  questo dato non è di grande importanza, dati gli spostamenti  frequenti fra  Conegliano e C., che caratterizzavano gli ebrei della località. Cfr. Luzzatto, F., La comunità ebraica di Conegliano Veneto, p. 125, nota 1.

[27] Rabello, A.M., op. cit, p. 353; ulteriori informazioni su tale medico non sono state trovate. Cfr. ibidem, nota 34.

[28] Rabello, A.M., op. cit., pp. 347-348.

[29] Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 21. Secondo l’informazione data dal Tranchini, il ghetto sarebbe stato compreso entro il perimetro delle attuali via Manin (già via Salsa), Labbi (già via Bella Venezia) e Da Ponte (già strada comunale Calcalda). Tranchini, E., op. cit., p. 24; p. 27.

[30]Morpurgo, E.,  Inchiesta, p. 15, n. 39.

[31] Nahon, U., Aronot qodesh ve tashmishei qodesh  mi-Italia be-Israel (Aronot qodesh e arredi rituali d’Italia in Israele, in ebr.), pp. 20-26; cfr. Pinkerfeld, Y., Batei keneset be-Italia (Sinagoghe in Italia, in ebr.), pp. 39-40.

[32] Morpurgo, E., Gli ebrei a Ceneda, p. 23; Idem, Inchiesta, p. 9, n. 29; Tranchini, E., op. cit., p. 34. Nel cimitero di Conegliano furono sepolti i membri delle famiglie Conegliano, Coppio e Pincherle, stabilitesi a C. (Rabello, A.M., op. cit.) 

[33] Su di lui, vedi la voce  "Conegliano" della presente opera.

[34] Kaufmann, D., op. cit., p. 5.

[35] Presumibilmente  è da identificarsi con quell' Abr. Joel Conigliano Veronensis la cui polemica anti-cristiana viene ricordata dal De Rossi nella sua Bibliotheca Judaica Antichristiana, p. 27, nr. 31, citato ibidem, n. 4. Avraham Joel, matematico e disegnatore, oltre che medico, illustrò con disegni a penna i tre volumi che compongono il ms. Laur. Ashb. 200, dal titolo Icones animalium, conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Luzzatto, F., op. cit., p. 125, nota 5.

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