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Capoluogo del Friuli. Posta nell'alta pianura veneta, sulla sinistra del Tagliamento, dove convergono numerose strade che scendono dalle Prealpi, la città è a ridosso di un colle, dove fu costruito il castello ed e bagnata da due canali, deviati già in epoca antica (1171-1172). Fondata nel XIII secolo dal patriarca di Aquileia Bertoldo di Merania, U. fu subito abitata da mercanti toscani che costituirono uno dei nuclei della popolazione originaria, godendo, durante la prima metà del XIV secolo, del favore del patriarca Bertrando. La città ebbe sin dall'inizio ordinamenti comunali e, verso la metà del secolo XIV, entrarono a far parte del Comune i nobili feudali, tra cui la famiglia Savorgnan, che ne assunse quasi la signoria , scatenando violenti conflitti con i patriarchi-duchi del Friuli. Tali dissidi giunsero all'apice con il patriarca Ludovico di Teck, il quale, con l'aiuto del re Sigismondo d'Ungheria, cacciò dal centro Tristano di Savorgnan che, tuttavia, vi rientrò nel 1420 con le truppe della Repubblica di Venezia, togliendo il potere temporale ai patriarchi. Dal 1483 U. divenne sede esclusiva del parlamento friulano. Presa per breve tempo dalle truppe dellIimperatore Massimiliano, durante la guerra di Cambray (1514), tornò, poi, sotto il dominio di Venezia, godendo di un lungo periodo di pace, sino alla caduta della Repubblica nel 1797.
Anche se si ritiene che la presenza degli ebrei a U. Fosse anteriore al 1337[1], il primo documento rimastoci risale al 1387, anno in cui il Comune stipulò la condotta feneratizia con il banchiere Mosè[2]. Nel 138, i cittadini udinesi protestarono contro gli ebrei che, in ottemperanza alla prescrizioni della loro Legge, erano soliti procedere personalmente alla macellazione nelle beccherie, scartando e lasciando i capi di bestiame ritenuti non sani agli acquirenti cristiani e provocando, di conseguenza, lo sdegno di questi ultimi. Sollecitate a intervenire, le autorità stabilirono che gli israeliti dovevano acquistare il primo capo di bestiame macellato in giornata[3].
Dopo il passaggio al dominio veneziano, gli ebrei continuarono a rimanere ad U., ma nel 1425 vennero sottoposti all'obbligo del segno (una rotella gialla)[4]. Avevano il permesso di risiedere a U. i possessori di una condotta, legata all'attività feneratizia, e i membri del loro entourage,
mentre, secondo una delibera del 1432, gli ebrei di passaggio non potevano essere ospitati per più di tre giorni nella città[5].
Nel 1449 l'ebreo Simone, detto "Volf" (Wolf) veniva ammesso ad esercitare il prestito, sulla base dei Capitoli a suo tempo promulgati[6]. Nello stesso anno, tuttavia, un predicatore affermò che la città era incorsa nella scomunica per i privilegi concessi e il Consiglio, pertanto, decise di inviare a Roma dei deputati per chiedere al pontefice l'assoluzione e, al contempo, annullò i
patti precedentemente stipulati con gli ebrei[7]. Il bando dei banchieri toscani dalla terraferma, nel 1451, aveva lasciato il monopolio dell'attività feneratizia in mano ebraica, ma nel 1461 fu rinnovata la proibizione agli ebrei di esercitarla a U., mentre l'anno successivo essi venivano banditi in ragione del proposito che avevano espresso di aprire un banco feneratizio a Chiavris[8].
Nel 1473, invece, fu loro concesso un posto in piazza, dove esercitare la vendita dei pegni non riscattati e dieci anni più tardi i deputati cittadini elessero due loro rappresentanti perché sovrintendessero alla vendita all'incanto dei pegni dei debitori insolventi[9].
Nel 1496 venne istituito il Monte di Pietà, dietro la spinta della predicazione di fra Ponzone, inviato qui da Bernardino da Feltre[10]. Nel 1502 il Consiglio cittadino deliberò che nessun ebreo
potesse prendere in affitto case a U. senza la preventiva licenza del luogotenente della Patria del Friuli[11] e nel 1524 chiese l'espulsione degli israeliti, senza ottenerla, secondo quanto attestano
provvedimenti successivi riguardanti la loro presenza. Sotto la spinta della predicazione anti-ebraica dei francescani, a U. i macellai ricevettero comunque ordine di marcare la carne da vendere agli ebrei con un segno giallo e, inoltre, i cavalli di proprietà ebraica non furono ammessi alle corse[12]. Meno di una ventina di anni dopo, nel 1543, fu fatto il tentativo di segregazione in un luogo separato, chiamato la calle del Sale: tuttavia, il progetto non sembra essere stato realizzato[13], se, nello stesso anno, veniva intimato agli ebrei, in quanto dimoranti in svariati luoghi della città, di restare nelle proprie case in occasione della processione del S. Sacramento o - se per caso si fossero trovati per via - di allontanarsi subito dalle strade dove
veniva trasportato il Corpo di Cristo[14]. Nel 1550, dietro richiesta di due francescani, fu fatto un ulteriore tentativo di interdire agli ebrei la residenza e l'attività feneratizia[15] e nel 1556 essi furono minacciati di espulsione, dopo l'accusa di aver propagato la peste, tramite merce infetta proveniente da Capodistria. La prima vittima della peste, che ne fece più di 800, fu la moglie di Gioseffo da Muggia, residente in una casa in borgo del Fieno, sulla cui facciata la Comunità fece murare una lapide a memoria del funesto evento[16]. Notava il cronista De Susannis: In questo medesmo tempo forno alquanti ben creati di questa città che dettero ordine de ammazzar tutti li hebrei ancora che fossero sequestrati et sachizarli[17]. Il tentativo di alcuni popolani di assalire le case degli ebrei e saccheggiarle fu ostacolato dall'energico intervento del luogotenente Domenico Bollani, che punì con la forca e con il bando i facinorosi, lasciando esposto a monito per la popolazione il cadavere di tale Alessio di Rossa, caligaro[18]. Nel giugno 1556 il Consiglio decise a maggioranza che mai in alcun tempo de cetero non si debbano accettar ne intrometter in questa citta alcun hebreo ad habitar, fenerar, overo negociar per alcuna via, o mezzo.[19]Non avendo ottenuto il consenso di Venezia per l'espulsione, il Consiglio dovette permettere agli ebrei, su richiesta del Senato veneto, di far ritorno alle proprie case e recuperare i beni confiscati[20], proibendo, tuttavia, tassativamente l'esercizio dell'attività feneratizia. Nel XVII secolo agli ebrei fu, poi, concesso di continuare a servirsi del loro cimitero, purché i defunti non fossero morti di malattia contagiosa o non venissero da luoghi sospetti in questo senso. Tuttavia, nel 1622, fu rinnovato il divieto di risiedere in città, ribadito ulteriormente anche alla fine del secolo[21]. In un proclama del 1699 fu vietato anche l'ingresso in occasione di fiere pubbliche, sotto pena di 50 ducati e di confisca di tutti i beni[22]
Nel Seicento sono, inoltre, attestate alcune conversioni, tra cui si ricordano qui nel 1608 quella di tale Salomone e nel 1610 quella di Perla, che assunse il nome di Margherita[23]. Ancora un divieto agli ebrei di entrare in città è attestato nel 1719, quando fu ribadita la proibizione di recarvisi anche in occasione di fiere pubbliche[24], senza però escludere la partecipazione degli israeliti ai commerci cittadini, purché le merci acquistate fossero immediatamente trasportate altrove[25]. La Ricondotta del 1777 non portò nessun cambiamento a U., dato il divieto per gli ebrei di risiedervi[26].
Attività economiche
Dagli atti di un notaio udinese degli anni 1490-1491, gli ebrei risultavano esercitare allora non solo il prestito, ma anche un piccolo commercio di generi vari: un tale Gioele riceveva, tra l’altro, l'autorizzazione da parte del Comune di vendere l’argento datogli in pegno per un credito di 15 ducati[27]. Nel 1547 si ha testimonianza del caso di Leone di Donato, che, conseguito il titolo di dottore in medicina presso l’Università di Padova, ebbe licenza di curare anche pazienti cristiani[28].
Demografia
Dai documenti relativi al tentativo di segregazione del 1543, sembrerebbe che vi fossero a U. 120 ebrei[29]
Cimitero
Agli inizi del XV secolo, gli ebrei di U. fecero il primo tentativo per ottenere un terreno da adibire ad uso cimiteriale, riuscendovi solo nel 1405, quando il Consiglio concesse al mugnaio Comuzio di vendere loro un terreno a tale scopo. Il cimitero ebraico era, pertanto, ubicato in via Liruti, e, come attestano alcuni documenti Seicenteschi, sarebbe rimasto in funzione anche
dopo l’espulsione del 1556[30]
Personaggi di rilievo
Verso il 1520 nasceva a U. da una famiglia d'origine ashkenazita (forse i Basevi), Salomon Ashkenazi, che, dopo essersi addottorato in medicina a Padova, si recò in Polonia, dove ottenne la nomina di medico personale del re Sigismondo Augusto Jagellone. Trasferitosi in Turchia, si distinse, oltre che come medico, anche per la sua attività diplomatica, occupandosi, in particolare, dei rapporti tra Venezia e la Turchia. Dopo la battaglia di Lepanto, ebbe l'incarico da parte del governo ottomano di trattare i preliminari di pace con la Serenissima e si prodigò, inoltre, con successo per revocare l'editto di espulsione degli ebrei da Venezia, susseguente alla vittoria. Alla sua morte, la vedova continuò ad applicare i segreti della sua arte medica alla corte turca[31]
Bibliografia
De Susannis, P., Della peste che fu a Udine l'anno 1556 ( ed. A cura di Joppi, V.), in Pagine friulane XII (1899), pp. 106-108.
Ioly Zorattini, P.C., Note e documenti per la storia degli ebrei a Udine nel Cinquecento, in Officina dello storico.
Rassegna dell'Istituto di Storia della Facolta di Lingue dell'Universita degli Studi di Udine, I/1-1 (1979), pp. 155-166.
Ioly Zorattini, P.C., Gli Ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, in Atti dell'Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine LXXIV (1981), pp.45-58.
Ioly Zorattini, P.C., Gli Ebrei a Chiavris:cinque secoli di storia, in Memorie storiche forogiuliesi LXI (1981), pp. 87-97.
Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.
Roth, C., The History of the Jews of Italy, Philadelphia 1946.
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Zenarola Pastore, I., Note sulla presenza ebraica in Udine alla fine del quindicesimo secolo, in Memorie storiche forogiuliesi LIX (1979), pp. 158-162.
[1] Lo Ioly Zorattini segnala che alla Zenarola Pastore si deve il rinvenimento del documento ritenuto più antico rispetto alla presenza ebraica a U. : cfr. A.S.U., Archivio Notarile Antico , b. 5118, notaio O., vacchetta 1299, c. 2r, 7 gennaio 1299, citato in Ioly Zorattini,P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 46, nota 2.
[2] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t. 8( 1384-1388), cvc. 239r-240v, citato in ivi, p.46, nota 3; cfr. anche Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, pp. 132-133. Dato che il Roth menziona i presunti inizi della presenza ebraica a U., dando due date diverse - 1287 e 1296 (cfr.The History of the Jews of Italy p. 117 e p. 124), sarà forse meglio parlare più in generale di fine del XIII secolo; d'altro canto, Roth fa risalire la prima condotta non al 1387, come sostiene lo Ioly Zorattini, ma al 1348, senza però citare il documento (cfr. Roth, C., History of the Jews, p. 124).
[3] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t.9 (1388-1390), c. 284v., citato in Ioly Zorattini, P.C., op. cit., p.46, nota 5.
[4] Statuti e ordinamenti del Comune di Udine, Udine, 1898, p. 104, nota 2, citato in ivi, p. 47, nota 13. Da notare che nel suo testo Note e documenti per la storia degli Ebrei a Udine nel Cinquecento, del 1979, lo Ioly Zorattini dà un'informazione differente, e cioè, che nel 1425 U. finì per imporre il segno distintivo, mentre l'anno precedente lo stesso consiglio cittadino aveva esentato gli ebrei dal segno. Cfr. Ioly Z., P.C., Note e documenti, p. 6.
[5] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium 25 ( 1430-1435), c. 271v., citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 47, nota 14.
[6] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium t. 29 (1447-1451), c. 93v., citato in ibidem, nota 15.
[7] Ivi, cc. 104r, 105r, 107r, 109v, citato in ibidem, nota 16; Ivi, cc. 287r. E v., 293r, 294r., citato in ibidem, nota 17.
[8] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium t.32 (1460-1464), c. 101r., citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli ebrei a Chiavris: cinque secoli di storia, p. 88, nota 4.
[9] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t.34 (1469-1476), c. 155v.; ivi, Annalium, t. 36 (1482-1486), c.132v., citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, note 20 e 21.
[10] Cfr. Zenarola Pastore, I., Note sulla presenza ebraica in Udine alla fine del quindicesimo secolo, p. 162, nota 5.
[11] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t. 40 (1499-1505), c. 103r., citato in ivi, p. 48, nota 24.
[12] Roth, C., op. cit., p. 182.
[13] Di diverso parere sembrerebbe il Roth, che afferma che nell'anno in questione - il 1543 - alcuni ebrei furono segregati in due case, saccheggiate più tardi , sotto il pretesto che una famiglia giunta di recente avrebbe introdotto la peste. Roth, C., op. cit., pp. 182-183.
[14] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Acta Publica, t. 16 (1543-1546), c. 53r, citato in Ioly Zorattini, op. cit., p. 49. Il testo del documento è stato pubblicato in Ioly Zorattini, P.C., Note e documenti per la storia degli Ebrei a Udine nel Cinquecento, p. 166. Dal documento emergono anche i nomi degli ebrei cui fu rivolta l'intimazione e l'indicazione delle varie zone della città in cui essi abitavano.
[15] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t. 52 (1545-1553), c. 184r., citato ibidem.
[16] Cfr. ivi, p. 50.
[17] De Susannis, P., Della peste che fu a Udine l'anno 1556, p. 106, citato in ivi, p. 50. Sulla peste a Udine e la conseguente minaccia di espulsione degli ebrei, cfr. anche Milano, A., op. cit., p. 607.
[18] Cairns, C., Domenico Bollani Bishop of Brescia. Devotion toChurch and State in the Republic of Venice in the Sixteenth Century, Nieuwkoop, 1976, pp. 62-79, citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 50, nota 38; Degli Olivi, P., Historiae della Provincia del Friuli, 2 voll., Udine 1660 (ristampa fotomeccanica, Bologna 1966), I, p. 176, citato ibidem, nota 39.
[19] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t. 54 (1554-1559), 81v., citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 51, nota 41.
[20] Ivi, cc. 87r e v, 88v e ivi, c.129 r e v, citati in Ioly Zorattini, P.C., op. cit., nota 43.
[21] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t.72 (1621-1625), c. 72v, citato in ivi, p. 52, nota 47. Il Roth, oltre all'espulsione del 1622, menziona quella del 1556, ma non la successiva riammissione, su istanza di Venezia. Cfr. Roth, op. cit., p. 310. Anche secondo il Tagliaferri, l'editto del 1556 sembrerebbe aver posto fine ad una presenza stabile degli ebrei in città, che avrebbero continuato, invece, sino al XIX secolo, a dimorare ed esercitare svariate attività fuori porta, più esattamente in villa de Caprileis. Cfr. Tagliaferri, A., Struttura politica e sociale in una Comunità Veneta del '500 (Udine),Milano, 1969, p. 174, nota 36, citato in Ioly Zorattini, P.C., Note e documenti per la storia degli Ebrei a Udine nel Cinquecento, p. 159. Sulla presenza ebraica a Caprileis, vedi la voce "Chiavris" della presente opera.
[22] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Acta Publica, t.69 (1697-1699), cc. 278r e 79[sic] r, citato in Ioly Zorattini, P.C.,Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 52, nota 48.
[23] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t. 68 (1607-1610), cc. 98v, 99r; ivic. 196r e v.; B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Annalium, t. 83 (1661-1663), c. 91r, citato in Iloy Zorattini, P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 52, note 49, 50.
[24] B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Acta Publica, t. 75 (1719-1722), cc. 34r-35r, citato in ivi, p. 53, nota 59.
[25] La delibera relativa a questa concessione risale al 1737. B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Acta Publica, t. 79 (1736-1739), c. 124r, citato ivi, p. 54, nota 60.
[26] Da notare che il Milano sembra ignorare il divieto di soggiorno per gli ebrei a U., poiché inserisce la popolazione ebraica di U. tra i "gruppi non cospicui di famiglie [che] avevano resistito", dopo le leggi del 1777. Cfr. Milano, A., op. cit., p. 337.
[27] B.C.U., Annales Civitatis Utini, tomo 37, in data 22 febbraio 1488, citato in Zenarola Pastore I., op. cit., p. 162, nota 2. Dall'articolo della Zenarola Pastore, che tratta dell'attività di un banco feneratizio ebraico durante il periodo di dieci mesi, risulta che la maggioranza dei debitori insolventi erano artigiani, anche se chi ricorreva al banco apparteneva ai ceti sociali più svariati. Per ulteriori dettagli, cfr. ivi, pp.160-161.
[28] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 2726.
[29] B.C.U., Archivium civitatis Utini, Annalium , t. 51 (1542-1545), c. 120r e v., citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 49, nota 28.
[30] Occioni-Bonaffons, Evangelici ed Israeliti in Udine, "Illustrazione del Comune di Udine, in Società Alpina Friulana 1886, p. 8 (estratto), citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli Ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 46, nota 9; B.C.U., Archivium Civitatis Utini, Acta Publica, t. 42 (1630-1634), c. 30r.; Acta Publica, t. 63 (1683-1684), c. 41r, citato in ivi, p. 47, nota 10.
[31] Ioly Zorattini, P.C., Gli ebrei a Udine dal Trecento ai giorni nostri, p. 51; cfr. anche Milano, A., op. cit., p. 281 e Roth, C., op. cit., p. 312.