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Osimo (אוזימו)
Provincia di Ancona. D’origine romana (Auximum) O. compare nella donazione di Carlo Magno alla Chiesa (774), con un proprio duca. Dopo che si era venuto formando il comune, O. fu governata dai fratelli Guzzolini, che ne divennero i signori assoluti sino al 1329. In seguito ebbe svariati altri signori, non volendo assoggettarsi al governo papale.
Nel 1417 Martino V face cacciare i Malatesta che avevano ripreso il dominio di O., ma nel 1433 il centro cadde in mano di Francesco Sforza, che ne fece il fulcro delle proprie operazioni militari nelle Marche. Nel 1443 O., tornò sotto il diretto controllo della Chiesa e vi rimase, ad eccezione della breve parentesi apertasi nel 1486, quando Boccolino Guzzone si fece padrone della città, e conclusasi già l’anno successivo.
Nel corso del XIII secolo O. visse una fase di espansione economica, conquistando un vasto contado, e dalla seconda metà del secolo vi si svolse un’importante fiera locale.
Nel 1215 le autorità comunali avevano intanto emanato norme contro l’usura e nel 1295, il nuovo decreto in merito, riportato nel codice degli statuti del XIV secolo, si chiudeva con un’esplicita eccezione per Leon Beniamin, Leoni Bonaventure, Abrae Salomonis, Manueli domini Danielis, Spenendeo Danielis, Angelo domini Danielis, Gulielmucio pro se et fratribus, Museo Danielis Angeli iudeis, cum ipsi venerint ad pacta cum sindico comunis Auximi[1]. Da tale documento si evince che prima del 1295 era stata stipulata una convenzione tra il Comune ed una società di prestito ebraica, mentre da alcune rubriche dello statuto osimano si apprende che non veniva riconosciuto valore probatorio alle dichiarazioni giurate ed alle scritture dei feneratori ebrei e che, in caso di contestazione con il debitore cristiano per pegni di valore inferiore alle 10 libre, il giudice era tenuto a credere al giuramento del proprietario del pegno[2].
Il tasso di interesse era mensile, ammontava nel 1308 a quattro denari a libra, per prestito su pegno, e era aumentato,nel 1342 a otto denari a libra, fermo restando che esso variava a seconda del numero degli anni a partire dai quali era stato stipulato il prestito[3].
Le vicende politiche interne portarono alla crisi dell’economia cittadina e al declino delle fiere di settembre, soppiantate dalla fiera di Recanati[4], ma da documenti del 1360 risultavano ancora attivi a O. almeno due ebrei, Raffaele e Salomone, padre e figlio[5].
Nel 1409 papa Gregorio XII arruolò 220 armigeri condotti dal guelfo Rodolfo da Varano e dai suoi figli Gentilpandolfo e Berardo e come stipendio assegnò loro il denaro dalle tasse da esigere in varie località e comunità ebraiche dei suoi domini: il contributo dovuto dai giudei di O. nel 1414 fu di 21.12.1 ducati[6].
Papa Leone X, nel 1517, incaricò un vescovo di garantire che la proprietà possedute in questa località da Ozieel e da questi dovute al figlio Dattalo, e al medico papale R. Samuel Sarfati medico papale (e genero di Dattalo) fossero usate per pagare i debiti di Oziele verso di loro: Oziele era stato catturato da Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino, e c’era incertezza su quale fosse stata la sua sorte[7].
Tra il 1500 e il 1650 O. e il suo contado passarono da una popolazione di quasi 6.000 ad una di quasi 8.000, divenendo una delle città più popolose delle Marche, in cui, oltre all’agricoltura, erano presenti le industrie tessili e alcune attività artigianali, minacciate, tuttavia, dalle infauste vicende politiche locali: in questo contesto di economia in espansione e di difficoltà interne si inseriva la presenza ebraica[8].
Da un documento del 1502 risultavano ad O. nove capifamiglia ebrei, rappresentanti tutta la comunità: Guglielmo delle Piste, Oziele di Dattalo, Salomone da O., Angelo da Fermo, Isacco da Castello, Eliseo di Raffaele di Montesanto, Raffaele di Salomone, Prospero di Mosè da Viterbo ed Manuele di Mosè[9].
Dalle fonti esaminate risultano essersi convertiti 18 ebrei, nel periodo compreso tra il 1508 e 1563, ma notizie storiche locali fanno presumere che il numero delle conversioni possa essere stato addirittura maggiore[10].
A partire dalla fine degli anni Trenta del XVI secolo, la politica della Chiesa si fece più restrittiva nei confronti degli israeliti, provocando il tentativo delle autorità locali di trovare una soluzione per mantenerne la presenza, dato il loro apporto all’economia. Pertanto, nel 1537, in seguito alle sollecitazioni del padre predicatore per l’espulsione degli ebrei, il Consiglio decise di riunirsi per studiare un modo di procedere nei confronti dei giudei che fosse vantaggioso per la popolazione osimana[11].
In un documento del 1557 si legge che gli israeliti, convocati perché continuassero l’attività feneratizia, avevano dichiarato di non essere in grado di farlo, dato che non riscuotevano: pertanto, fu deciso che i banchi continuassero ad essere attivi e, qualora gli ebrei si fossero rifiutati, avrebbero dovuto andarsene da O.[12].
All’inizio del secolo XVII la presenza ebraica sembrava essere declinata, provocando la reazione delle autorità comunali che deliberavano: Sopra il negozio degli ebrei di impetrare dai Signori Superiori il loro commercio in questa nostra città et che possino anco commodari, poiché apporterebbe com’ognuno sa utile non poco al popolo tutto, facendo scrivere dal Magistrato a Macerata e a Roma, acciò s’ottenga che gli hebrei possino venire et habitare in questa nostra città[13].
All’inizio del XVI secolo i giudei risultavano proprietari di immobili, ma dopo la Bolla del 1555 Cum nimis absurdum, il possesso di stabili andava confondendosi con lo jus gazzagà e negli anni anteriori ai divieti papali, si trovano documenti relativi al possesso di proprietà rustiche[14].
Dalla documentazione della fine del XV secolo risulta che gli Ebrei erano obbligati a finanziare il palio annuale e, da fonti degli anni Sessanta del secolo successivo, risulta che gravava su di loro il mantenimento del tamburino comunale[15].
Sono andati perduti, invece, i documenti relativi all’obbligo del segno distintivo.
Nel 1567 il vescovo emanò provvedimenti contro la frequentazione di case ebraiche da parte della popolazione cristiana e contro l’insegnamento delle “arti liberali”, sotto pena di gravi multe e della scomunica latae sententiae. Tra le varie forme di interazione con gli ebrei, era anche vietata la prestazione del servizio dell’accensione del fuoco di sabato[16].
Nel 1555, intanto, era stato istituito il ghetto, le cui case furono assegnate a Giuseppe Moscato, Samuele, Dattilo e Isdraele[17].
L’ultimo documento che è stato esaminato in relazione alla presenza ebraica ad O. risale al 1568 e riguarda la richiesta al Comune di rilasciare certificato della partenza delle famiglie del fu Giuseppe Moscato e degli altri che già esercitavano l’arte dei banchieri in Osimo, e che si certifichi la povertà e lo stato di mendicità delle famiglie che ancora vi rimangono[18].
Attività economiche
Oltre al prestito, che aveva caratterizzato gli inizi della presenza a O., gli ebrei, nel XVI secolo, risultavano attivi generalmente come sarti e materassai, nel trasporto o nell’affitto di animali da trasporto e nel commercio minuto sulle bancarelle, definito con il termine locale di tricoli. Inoltre, ebrei e convertiti avevano l’appalto comunale della cenciaria[19].
L’attività creditizia ebraica nei confronti del Comune, in occasione di spese militari e della lotta contro il brigantaggio nelle campagne, è documentata a partire dal 1515 al 1552[20], ma gli israeliti risultavano prestare al Comune anche in una serie di circostanze indipendenti dalle spese militari o straordinarie, così come prestavano ai privati. Il tasso di interesse nel mutuo chirografario oscillava tra il 20 e il 30% annuo[21].
Il prestito su pegno era molto frequente nei confronti della popolazione, tuttavia, nel 1529, anche il Comune risultava aver depositato svariati pegni presso Oziele de Dactalo e Joseph Moscato[22], presso il quale fu anche impegnato, dopo la morte del vescovo Sinibaldi, un pastorale, recuperato in seguito per ordine del Legato della Marca[23].
Fra i banchieri attivi ad O. nel Cinquecento vi furono dunque Michele e Gabriele, eredi di Raffaele di Salamone (1530), Joseph Moscato, Dattilo e Isacco, figli di Oziel, Raffaele di Lazzaro (qui e a Recanati nel 1533), Bonaventura di Salamone (1534), Isacco di Joseph (1538), Lazzaro di Angelo de Villante da Fermo (1540), nonché Dattilo di Uziel, suo figlio Simone e suo fratello Isacco (soci qui ed a Recanati nel 1543) [24].
Demografia
Nel 1502 si presume che il numero di ebrei presenti a O. oscillasse tra i quaranta e i cinquanta[25] e si ritiene che, sino agli anni Trenta circa del XVI secolo, la popolazione ebraica rimanesse stabile o aumentasse leggermente[26]. Verso la metà del secolo, la popolazione sarebbe diminuita drasticamente, come si evince da un documento del 1568, in cui si afferma che gli ebrei erano ridotti in povertà ed in scarsezza numerica[27].
Ghetto
Nel 1555 venne istituito il ghetto a O., in contrada Tebaldini. Da testimonianze indirette, esso, di modeste proporzioni, era nell’odierno Vicolo di S. Lucia, tra la Via Pompeiana e Piazza Dante[28].
Bibliografia
Cecchi, D. (a cura di), Il codice osimano, Osimo 1991.
Moroni, M., Prestatori ebrei ed economie cittadine nella Marca Anconitana, secoli XIII-XV, in Anselmi, S. - Bonazzoli, V. (a cura di), La presenza ebraica nelle Marche, Secoli XIII-XX, Ancona 1993, pp. 11-38.
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Stramigioli, A., Gli ebrei e la vita economica di Osimo nel cinquecento, in Quaderni Storici delle Marche, 2 (1967), pp. 43-65.
Toaff, A., The Jews in Umbria, Leiden-New York-Köln 1993-94.
[1] Statuta civitatis Auximi anno 1308, libro IV, rubr. CX; Cecchi, D. (a cura di), Il codice osimano, Osimo 1991, pp. 395-397, citato in Moroni, M., Prestatori ebrei ed economie cittadine nella marca Anconitana, secoli XIII-XV, p. 30, n. 23.
[2] Statuta civitatis Auximi, frammento ante 1308, libro III, rubr. CCXIX; Cecchi, D. (a cura di), Il codice osimano , p. 597; Cartechini, P., Norme in materia di Diritto Civile, in AA.VV., Il codice degli statuti osimani del secolo XIV, Atti del Convegno di Osimo (28-29 settembre 1991), Osimo 1992, pp. 107-110, citato in Moroni, M., op. cit., p. 30, n. 25.
[3] Per questi e per ulteriori dettagli, cfr. Statuta civitatis Auximi anno 1342, libro III, rubr. CLXXXXIII; Cecchi, D. (a cura di), Il codice osimano, pp.1006-1007, citato in Moroni, M., op.cit., , pp. 13-14 e p. 30, n. 28.
[4] Moroni, M., op. cit., p. 14.
[5] Archivio Comunale di Osimo (d’ora innanzi ACOS), Miscellanee, I, Parr. S. Arcangelo, citato in Stramigioli, A., Gli ebrei e la vita economica di Osimo nel Cinquecento, p. 43, n. 3.
[6] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 579.
[7] Ivi, doc. 1256.
[8] Stramigioli, A., op.cit., p. 44; p. 50.
[9] ACOS, Riforme, vol. 16, p. 175 ( 15 aprile 1502), citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 51, n. 30. Sul matrimonio di Manuele con Bella, figlia di maestro Asdriel di Francia, si veda Toaff, A., Umbria, doc. 1964.
[10] Per l’elenco degli ebrei convertiti, menzionati negli atti comunali, cfr. Stramigioli, A., op. cit., pp. 52-53. Altri cinque ebrei sarebbero stati battezzati nella cattedrale di O. nel 1562 (cfr. Compagnoni, P., Memorie historiche-critiche della Chiesa e dei vescovi di Osimo, Roma 1782, tomo IV, p. 26, citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 53, n. 43).
[11] ACOS, Riformanze, vol. 29, p. 102 ( 5 marzo 1537), citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 54, n. 44.
[12] ACOS, Riformanze, vol. 36, p. 73 (3 settembre 1557), citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 54, n. 45.
[13] ACOS, Riformanze, vol. 47, p. 180 (10 dicembre 1608), citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 54, n. 46.
[14] Stramigioli, A., op.cit., pp. 57-58.
[15] ACOS, Riformanze,vol. 16, p. 22 (21 maggio 1498); ACOS, Registri, vol. 4, p. 103 ( 6 giugno 1562), citato in Stramigioli, A., op.cit. p. 63, nn. 104 e 105.
[16] Decreta sinodica, Osimo 6 marzo 1567, citato in Stramigioli, A., op.cit, p. 63, n. 107.
[17] Stramigioli, op. cit., p. 64.
[18] ACOS, Riformanze, vol. 39, p. 212 (2 giugno 1568), citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 65.
[19] Ivi, pp. 55-56.
[20] Ivi, pp. 58-59.
[21] Ivi, pp. 59-60. Per l’elenco degli ebrei che prestavano al Comune, nel primo cinquantennio del XVI secolo, vedi Stramigioli, A., op.cit., p. 60.
[22] ACOS, Entrate e uscite, vol. 8, p. 4 (25 novembre e 6 dicembre 1529), citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 62, n. 102.
[23] Compagnoni, op. cit., tomo IV, lez. 234, p. 26, citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 62, n. 103.
[24] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1486., 1632, 1634, 2014, 2247
[25] Stramigioli, A., op.cit.,., p. 51. Il computo è stato fatto sulla base della presenza di nove capifamiglia, presumendo che ogni famiglia ebraica fosse composta in media da quattro-sei persone (cfr. Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963, p. 461).
[26] Stramigioli, A., op. cit., p. 51; per l’elenco dei nominativi degli Ebrei che ricorrono nei documenti del periodo compreso tra il 1496 e il 1544, vedi ivi, p. 51, n. 32.
[27] ACOS, Riformanze, vol. 41, p. 212 (3 giugno 1568), citato in Stramigioli, A., op.cit., p. 52, n. 33.
[28] ACOS, Riformanze, vol. 36, p. 63, 3 agosto 1556; vol. 45, p. 57, aprile 1589; ACOS, Riformanze, vol. 38, p. 198, 27 aprile 1562; Talleoni, M., Notizie intorno al sangue miracoloso…, Osimo 1762, p. 4, citato in Stramigioli, A., op.cit.,, p. 64, n. 112.