Busseto

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Busseto

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*Busseto (בוסטו)

Provincia di Parma. B., che si estende in una pianura propizia all'agricoltura, fu sotto i Pallavicino dal 985 e, dopo la morte di Orlando il Magnifico (1547), che l’aveva portato allo splendore con gli Statuta Pallavicinia, cominciò una fase di decadenza, sebbene nel 1533 Carlo V avesse innalzato la località al rango di città. Con l'estinguersi della casa di Busseto, il potere passò ad Alessandro dei marchesi di Zibello e, nel 1588, ai  Farnese: le lotte per il predominio tra i diversi rami dei Pallavicino e i Farnese e tra il comune di B. e quello di Parma per la giurisdizione autonoma si susseguirono per un cinquantennio.

Il primo cenno ad una presenza ebraica a B. risale all'incirca al 1467, con la menzione di tale Giacobbe di B., procuratore del conterraneo Bartolomeo[1], e più di cinquant'anni dopo, i marchesi Pallavicino ricevettero dal Papa l'autorizzazione a permettere il soggiorno degli ebrei nei loro territori.

Il feneratore Joseppinus, residente a B., ricevette poi, nel 1520, il permesso di gestire per sette anni il banco locale, insieme a familiari e soci ed un'altra presenza è segnalata, qualche anno dopo, in un documento che menziona come residente Elia de Alpron del fu Abramo. Testimonianza di una presenza non solo sporadica si trova, inoltre, in un documento del 1548,  momento in cui gli ebrei di una serie di località, tra cui B., indirizzarono una petizione al governatore, chiedendo di procrastinare di un anno la decisione di espellerli, per consentire l'estinzione dei prestiti in corso, promettendo di non impegnarsi nell'attività feneratizia in quel lasso di tempo: il permesso di restare  venne allora accordato per due mesi.

Sempre in quell'anno, Moyses de Treovotis (Moisè de Travotti) del fu Emanuele, residente a B., chiese la restituzione dei denari estortigli dal castellano e da due suoi soldati, mentre si trovava detenuto al castello. L'anno seguente, il marchese Pallavicino, vice-podestà di B., ricevette ordine di revocare i provvedimenti presi contro di lui, consentendogli di recuperare i suoi crediti.

Nel 1553 gli ebrei di una serie di località passate alla Corona spagnola, tra cui B., chiesero ed ottennero la riconferma dei privilegi, accordati loro in precedenza dalle autorità  feudali con liberalità maggiore di quella mostrata da Francesco II Sforza: tra le concessioni vi era anche il diritto all'acquisto e al possesso di beni immobili.

Inoltre, il governatore dello stato di Milano, don Ferrante Gonzaga, ordinò ai feudatari ed ai loro funzionari di prestare ogn'aiuto et favore ad essi hebrei, a tale che cognoscano che liberlamnete et sicuramente possano riposarsi et confidarsi in soi privilegi che Sua Maestà gli ha concesso[2].

Tra gli ebrei di B., menzionati dalla seconda meta del XVI secolo sino ai tardi anni Ottanta, vi sono Grassino Osserago di Lodi, che chiedeva il permesso di aprire un banco di prestito in loco, Lazzaro de’ Levi del fu Orso, anch'egli attivo nel prestito, Giacobbe de Levitis del fu Cervo, tutore dei figli del defunto Leone Morel de Levitis, di Pavia, e di Anna de Fritijs del fu Consilio (sotto il controllo del rabbino Clemente del fu Simone di Pavia).

Da un documento del 1588 si apprende che l'abitazione di Giacobbe de Levi (de Levitiis) a B. era sita nella parrocchia di S. Rocco, ma l'anno seguente egli risultava  aver abbandonato la località  per trasferirsi a Lodi.

Un altro ebreo originario di B. poi passato a Lodi, Giacobbe de Alpron, menzionava, in un documento del 1586, i crediti del padre nei confronti del conte Ferando Codrono, attestati da un atto stilato in ebraico, con il defunto Elia di B. per dei pegni, restituiti al Conte nel 1555, su ordine del governatore di Milano, senza riceverne il corrispettivo, dichiarando che persone da lui nominate avevano il diritto di rivendicare la somma agli eredi Codrono.

Gli ebrei di B. furono tra i concessionari delle tolleranze rilasciate dai camerlenghi papali dal 1588 al 1669 ai banchieri ebrei in Italia.

Dopo l'espulsione, nella divisione dei titoli di credito della comunità del Ducato operata dai tre rabbini a ciò deputati, risultavano, nel 1601, crediti per diversi discendenti di ebrei di B.

Un giudeo di B. venne ucciso sulla pubblica via nel 1600 provocando l'intervento del governatore di Milano per punire l'omicida.

Tra i convertiti, cui dal 1613 in poi, veniva concesso il permesso di elemosinare, c'era anche tale Giulio Cesare Misurati da B., mentre negli anni Ottanta venne battezzata  Eva, di Aronne e Giusta Moselei (Monselci ?), e, verso la fine del secolo, un De Benedetti, fattosi poi prete.

Nel 1743 e oltre, risulta che gli ebrei, cui non era consentito né risiedere né fenerare a Parma, abitassero nelle località vicine alla città, tra cui B.

Un documento in ebraico, redatto a B. nel 1758, in occasione di una assemblea regionale che aveva luogo nel centro per promuovere una colletta per far fronte al pagamento di un'ingente somma da consegnare all'autorità, pena l'espulsione dalla regione, testimonia anche delle difficoltà in cui si dibattevano gli israeliti locali dell'epoca: in  particolare, coloro che abitavano a B. risentivano delle continue lotte per il possesso della città da parte dei diversi rami della famiglia Pallavicino, dei Farnese e del Comune di Parma.

Nel 1803, l'amministratore generale per la Repubblica Francese stabilì la parificazione tra gli ebrei delle province parmensi e gli altri cittadini repubblica e la soppressione dell'Università ebraica[3]-

Sinagoga

Nel XVIII secolo, la sinagoga, eretta per opera della famiglia Fontanella, era sita sulla Strada Maestra, quasi di fronte al Monte di Pietà: un'iscrizione in ebraico, posta sopra l'arca, reca la data 1727[4].

Cimitero

Prima della costituzione, nella seconda meta dell'Ottocento, del cimitero di cui restano le vestigia, gli ebrei di B. usavano come luogo per le  sepolture i prati detti "della Monta", a ponente del paese[5].

Rabbini

Nel  XVII secolo visse per un certo periodo a B. il medico e rabbino Yosef  Barukh ben Yedidyah Zekharyah, originario di Urbino, discepolo di Leone da Modena (che gli conferì il titolo di "Haver" ), che scrisse su argomenti attinenti la Legge e tradusse, tra l'altro, le lettere del matematico Alessandro Piccolomini in ebraico[6].

Bibliografia

Bondoni, S.M., Busi, G. ( a cura di), Cultura ebraica in Emilia-Romagna.

Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.

Perreau, P., Cenni storici intorno agli Ebrei di Busseto, in Il Vessillo IsraeliticoXXXI (1883), pp. 341-343;

Ravà, V., Gli israeliti nelle province parmensi, in L'educatore israelita, 1870, pp. 169-180.

Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'eta spagnola, Torino 1973.

Simonsohn, S., The History of the Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Gerusalemme  1982-1986.

Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, Gerusalemme, 1977.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Urbach E.E., Aus der Geschichte der Juden in Italien im 18. Jahrhundert, in MGWJ 80 (1936), pp. 275-281.


[1] È da rilevare che il Perreau riteneva documenti relativi alla presenza ebraica a B. le lettere scritte, nel 1470, da Galeazzo Maria Sforza ai marchesi Pallavicini, in difesa di tale Salomone di Abramo di “Gibello” (Zibello?), vessato dai gabellieri di B., mentre l'esame dei documenti relativi a Salomone non fa riferimento ad alcuna presenza ebraica in loco, mostrando, invece, che Salomone né viveva né era attivo a B. Cfr. Perreau, P., Cenni storici intorno agli Ebrei di Busseto, p. 342; cfr. Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, I, doc. 1086, 1255, 1542.

[2]  Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'età spagnola, pp. 29-30.

[3] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, I, doc. 997; II, doc. 2548, 2577, 2578, 2616, 2782, 2817, 2820; III, docc. 3358, 3811, 3837, 3843, 3878, 3884, 3961, 4002, 4032, 4376, 4384, 4446, 4715, IV, p. 2362, p. 2639, p. 2884, p. 3006; Idem, The Apostolic See and the Jews, docc. 1282, 2252; Idem, History of the Jews in the Duchy of Mantua, p, 454; Perreau, P., op. cit., p. 342; Ravà, V., Gli israeliti nelle province parmensi, pp. 172-173; Urbach, E.E.,Aus der Geschichte der Juden in Italien im 18. Jahrhundert, pp. 276-278; Loevinson, Banques de prêts, pp. 178s.

[4] Bondoni, S.M. – Busi, G. (a cura di), Cultura ebraica in Emilia-Romagna, pp. 58-59. Negli anni Cinquanta del XX secolo, l’arca fu trasportata a Gerusalemme (ibidem).

[5] Ivi, p. 92; Perreau, P., op. cit., p. 343.

[6] Simonsohn, S., History of the Jews  in the Duchy of Mantua, p. 737.

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