Altamura

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Altamura

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Provincia di Bari. Situata in posizione aperta su di un'altura della Murgia, fu edificata intorno al 1230 per volere di Federico II di Svevia sul sito di antichissime rovine e di radi casolari. La sua popolazione originaria fu mista: latina, greca ed ebraica.

La prima attestazione  di ebrei si trova però in carte angioine, che tramandano la conversione di parecchi di loro al cattolicesimo nel 1294[1]. Da allora, e fino al 1511, la storia della presenza ebraica ad A. sarà prevalentemente  storia di neofiti. Del periodo angioino sono noti i nomi del facoltoso Guglielmo de Bonomiro, Santoro, Basilio di Tommaso Cece e suo fratello Sergio, Nicola, Milo, Toma di mastro Nicola, Tommaso e Donato di Giovanni Grasso, Angelo di Benedetto. Nel 1384 due donazioni a favore del Capitolo maggiore vedono tra i testimoni i neofiti Madio e Angelillo di Iohannucio[2]. La vita dei neofiti si svolgeva all’insegna della mimetizzazione nei confronti della società cristiana, e della fedeltà più o meno occulta alla religione e ai costumi dei padri. Essi erano perciò riconoscibili come gruppo e usavano sposarsi tra loro. Così nel 1328 Gemma, figlia del neofita Tommaso Cece, e suo figlio Angelo promettono di dare a Nicola di Pietro, detto Bacchus, neofita di Matera, per conto della loro congiunta Rosanova la dote formata dal tradizionale corredo e da due once di denaro: fideiussori erano i nuovi cristiani Profeta di Matera, Angelo di Benedetto, Tommaso e Donato di Giovanni Grasso, suo fratello Basilio e Nicola di A.[3].

Nel 1469, in piena età aragonese, i neofiti erano venti fuochi, assai facoltosi, al punto che si volle fare cadere su loro il peso delle imposte, ma essi presentarono  ricorso,  provocando  un intervento  di Ferrante  I in loro favore[4].

La discesa di Carlo VIII di Francia nel regno di Napoli (1495) e le guerre che ne seguirono si ripercossero negativamente anche sui convertiti, che la città però protesse, anche se non in maniera del tutto disinteressata. Le autorità li liberarono dalle mani di un certo Ioanthomasi, che li aveva accolti in casa e si era proposto di ammazzarli, e vigilarono perché fossero trattati bene, specialmente nell’onore delle donne[5]. Chiesero quindi a Pietro de Rohan, maresciallo di Francia, la restituzione dei beni che erano stati loro depredati nel corso dei tumulti scoppiati alla venuta dei francesi e la tutela dei cristiani novelli, dichiarando che i neofiti sono cittadini utili alla città di Altamura (15 aprile 1495)[6]. In una richiesta di capitoli e grazie presentata a Giovanna IV, al ritorno degli Aragonesi, le autorità fecero sapere che i convertiti per riconoscenza della protezione ricevuta  avevano rimesso mediante  atto  pubblico ogni debito e chiesero quindi che tale remissione fosse fatta rispettare. La regina rispose dapprima evasivamente (8 settembre 1498), e poi ordinò (27 settembre  1500) che le somme dovute ai cristiani novelli fossero puntualmente restituite, insieme ai beni di cui erano stati indebitamente privati  e gli eventuali frutti[7]. I tempi, comunque, erano tristi e la stessa università si trovò in difficoltà per un debito di 300 ducati, più 100 d’interessi, contratto con il banchiere Abramo Levi di Barletta: tutto ciò che il gruppo riuscì ad ottenere fu una dilazione nel pagamento e la cancellazione degli interessi[8].

Il passaggio del regno di Napoli sotto la sovranità degli spagnoli (1503) segnò per le comunità ebraiche l’inizio della fine. Nel 1510, infatti, neofiti ed ebrei, con l’eccezione di duecento famiglie facoltose, furono espulsi dal Regno: le famiglie di neofiti che lasciarono A. furono sedici e di loro le autorità chiesero e ottennero l’eliminazione dai ruoli fiscali[9]. Nel 1512, però, sei di esse osarono ritornare e, al fine di legalizzare il ritorno, alcuni dei membri chiesero di essere riconosciuti come cristiani dalla nascita, protestando di non discendere da ceppo ebraico né da convertiti. Essi furono Benedetto Castrineta e i fratelli Salvagio e Bello di Sabato. Un altro convertito, Lillo de Florio, aveva invece motivazioni sue personali, che non ci sono note. Il capitano della città fu incaricato dal Consiglio Collaterale di controllare la verità di quanto asserito negli esposti. Sul piano fiscale, le autorità ottennero che le imposte dei neofiti che erano rimpatriati fossero raccolte separatamente da quelle degli altri cittadini. Essi, infatti, furono considerati vagabondi senza fissa dimora e privi di beni tassabili, avendoli venduti quando erano andati in esilio[10].

Come al tempo degli Aragonesi, anche durante il Viceregno spagnolo convenivano ad A. da altre località ebrei prestatori e mercanti. Due di loro, Simon Finsa de Sarna di Bitonto e Davit Salmoni di Rutigliano stipularono con l’università una convenzione con la quale si vietava ad altri ebrei di prestare denaro nella città. Su ricorso degli ebrei di Bari, il 27 febbraio 1536 essi dichiararono nulla la convenzione in quanto contraria ai capitoli degli ebrei e alle costituzioni del Regno[11].

Della presenza ebraica ad A. rimane memoria nel «Claustro Giudecca». Addossato alle mura, vicino alla chiesa di Santa Lucia, il piccolo quartiere riproduce le caratteristiche dei «claustri» locali: una piazzetta dalla quale si dipartono vari bracci e a cui si accede  da un ingresso a strettoia[12].

 

Bibliografia

Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia nell’Archivio di Stato di Napoli, Bari 1990. Nuova edizione riveduta e ampliata Messaggi, Cassano Murge, 2009.

Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia. Le comunità minori, Bari 1991.

Colafemmina, C. – Dibenedetto, G. (a cura di), Gli Ebrei in Terra di Bari durante il Viceregno spagnolo. Saggio di ricerche archivistiche, Bari 2003.

Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, 1915, riedizione a cura di Filena Patroni Griffi, Napoli 1990.

Pupillo, G., Un matrimonio tra neofiti ad Altamura nella prima metà del Trecento, in Sefer Yuhasin XIV-XV (1998-99).

 

 

 

 


[1] Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale,  p. 46.

[2] Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia, pp. 35-37.

[3] Pupillo, G., Un matrimonio tra neofiti, pp. 17-22.

[4] CDB XII, p. 473, doc. 317.

[5] Ib., p. 590, doc. 405.

[6] Ib., p. 588, doc. 377.

[7]Ib. pp. 623-624, doc. 443.

[8] Ib., pp. 597-598, doc. 413; p. 611, doc. 428.

[9] Colafemmina,  C., Documenti per la storia  degli ebrei in Puglia, pp. 241-242, doc. 261; pp. 284-285, doc. 310.

[10] Ib., p. 262, doc. 285; pp. 279-280, doc. 307; pp. 267-268, docc. 290-291; p. 277, doc. 304.

[11] Colafemmina, C.- Dibenedetto, G., Gli ebrei in Terra  di Bari, p. 83, n. 194.

[12] Colafemmina, C.,  Ebrei e cristiani  novelli in Puglia, pp. 37-38.

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