San Severo

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San Severo

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Provincia di Foggia. Sito nell’angolo settentrionale della grande piana del Tavoliere di Puglia (ricco di frumento, biade, pascoli), il centro prese a svilupparsi nella seconda metà del secolo XII, fino a divenire nel 1580 città vescovile. Nel 1443 fu tassato per 711 fuochi e nel 1532 per 704.

 

La notizia più antica sulla presenza ebraica a S. risale al 1294, quando la Corte concesse l’esenzione fiscale a due ebrei quale ricompensa per avere abbracciato la fede cristiana. La stessa esenzione fu concessa a ben trentaquattro neofiti del vicino borgo di Casalnuovo[1].

Le notizie riprendono con gli Aragonesi, che nel 1442 avevano soppiantato gli Angioini nel dominio del Regno. Nel 1491 la comunità era costituita da nove nuclei familiari, intestati ai nomi di Abraham, Ysach, Simone, Zacharia fratello di Simone, Ventura, Salamone, Vitale, Abraham ed un altro Abraham[2]. Un documento datato 15 luglio 1492 riguarda il caso curioso capitato qui ad un Abramo di Trani, il quale si vide sottoporre dal commissario di Capitanata al pagamento dei contributi fiscali, essendo stato scambiato per uno de tre omonimi domiciliati a S. Il nostro Abramo, che già pagava i contributi a Trani, presentò ricorso a Napoli, affermando di non dovere essere identificato con nessuno dei tre di S., perché quelli avevano moglie e figli mentre egli era scapolo. La Camera della Sommaria confermò il suo stato libero e ingiunse al commissario, Francesco de la Pizzola, di restituire il pegno che si era fatto dare dall’ebreo nell’attesa che la situazione fosse chiarita[3].

I rapporti della comunità ebraica con le autorità locali non furono sempre sereni, ma solo per motivi fiscali. Nel 1491 la Camera della Sommaria intervenne presso il capitano della città perché costringesse gli ebrei a pagare la tassa per fochi et sali alla pari degli altri cittadini, con i quali erano stati annoverati quali fuochi stabili. Nel 1493 la stessa Camera, però, ribadì che gli ebrei non dovevano essere sottoposti a tasse straordinarie per spese occorrenti all’università, ma la levata speciale questa volta riguardava la riparazione e il rafforzamento della fortificazioni cittadine ed il sindaco  corse a Napoli per spiegare le ragioni della tassa. Fu allora convocato un rappresentante della comunità ebraica e fu concordato che, a motivo dell’utilità comune, anche gli israeliti avrebbero contribuito alle spese[4].

Qualche difficoltà si ebbe nella ripartizione del sale, che il fisco dava quale corrispettivo dell’imposta di 15 carlini e 2 grani che gravava annualmente su ciascun fuoco. La direttiva della Sommaria, inviata il 18 aprile 1494, fu che il sale degli ebrei fosse consegnato ad un rappresentante facoltoso della comunità, che avrebbe provveduto a ripartirlo fra i correligionari sulla base dei loro beni e allo stesso prezzo di quello dato ai cristiani. In tal modo, «i cristiani non avrebbero portato il carico dei giudei, né i giudei il carico dei cristiani»[5].

Controversie legate più propriamente alle attività degli ebrei erano assai frequenti. Così un ordine della Sommaria (29 ottobre 1482) intimò al capitano della città di restituire a Simeone de Guglielmo quanto gli aveva sequestrato a motivo dei pagamenti per una certa quantità di grano, che lo stesso aveva acquistato, ai quali egli diceva di non essere tenuto per il privilegio di cittadinanza. Il 31 agosto 1487 la Sommaria ordinò al capitano di adoperarsi perché Cola de lo Massese consegnasse all’ebreo Salamone sei carri e mezzo di orzo di cui era debitore moroso. Il 14 luglio 1492 vi fu un altro intervento perché mastro Iacob medico, Samuele Levi e Zaccaria recuperassero i crediti che avevano presso diverse persone di S. e dello stesso tenore furono due ordini datati 14 giugno e 20 ottobre 1494 a favore di tutti i giudei che abitavano lì, ed in particolare dei fratelli Iacob e Vitale. La Sommaria insistette affinché fosse resa giustizia ai creditori, altrimenti essi non avrebbero potuto soddisfare a loro volta i tributi dovuti alla Corte[6]. Da notare che l’insistenza dei creditori ad essere pagati si spiega in questo momento con gli allarmi provocati dalla notizia della discesa di Carlo VIII di Francia alla conquista del Regno.

Le contese, comunque, non riguardavano solo debitori cristiani, ma anche correligionari, spesso in una ridda confusa di debiti, pegni, garanzie, cessioni di crediti, ricorsi. Al centro delle controversie vi era mastro Iacob, e intorno a lui giostravano Salamone de Vivante, mastro Diodato e suo figlio ed un Vitale da Benevento abitante a S., da identificarsi, probabilmente, con il Vitale menzionato come fratello dello stesso mastro Iacob nel su citato documento del 20 ottobre 1494[7]

Un vivace quadretto di queste animosità interne emerge da una lettera con cui la Camera della Sommaria, in data 14 gennaio 1492, ordinò al capitano d’investigare su una denuncia presentata da mastro Iacob nei confronti di Vitale. Nella denuncia Iacob aveva riferito che egli aveva depositato nella scola, ossia nella sinagoga, una cassa in cui custodiva scritture e libri. Una mattina aveva trovato la cassa forzata ed il suo contenuto sparpagliato in mezzo alla sala. Condotta un’indagine, era venuto a sapere che autore del dispetto era stato un giovane che aveva agito su mandato del suo padrone Vitale, che  a propria volta aveva giustificato il gesto dicendo che la cassa dava impaccio ai frequentatori della sinagoga. L’ordine della Sommaria al capitano fu di prendere informazioni sui reali rapporti esistenti fra i due ebrei e di farsi dare una cauzione perché nel frattempo non trascendessero ad altri screzi[8].

Nel 1503 al dominio degli Aragonesi, si sostituì quello di Ferdinando il Cattolico, ma anche nella nuova realtà politica, comunque, ci fu nella città una presenza ebraica, come attesta un manoscritto contenente un  Commento al Commento di Rashi alla Torah  che Eliezer ben R. Hananiah copiò per proprio uso qui nel 1508[9]. La prima espulsione generale degli ebrei ordinata da Ferdinando il Cattolico nel 1510, però, avrà certamente nociuto a tale presenza, sebbene dopo qualche anno dalla disposizione ci fosse una ripresa. Così il 12 luglio 1523 un Benedetto Tudisco Sacerdote di Trani abitante a S. si obbligò a Bitonto a versare a Francesco Folia di Gifone la somma di 5 ducati e 2 tarì dovuta per l'acquisto di bandarelle e veli di bombice (ex causa vendicionis quantitatis de bandarelliss et velis de bombice). Il pagamento fu fissato per la fiera di Lucera del successivo mese di novembre[10].

Nel 1538  Moyse Alfa di S. fu coinvolto con i soci Samuele Abravanel e Maumecto di Lucera in una causa riguardante 50 carri di grano che essi avevano acquistato nella fiera di San Giovanni Rotondo secondo il metodo della «voce de' generi» vigente nella fiera stessa, che di norma comportava una vantaggiosa riduzione dei prezzi, ma al quale si opposero per vie legali i massari di Foggia[11].

La memoria del gruppo ebraico perdura a S. nella denominazione Via Ebrei  portata ancora oggi da una stradina a ridosso dell’antica cerchia muraria, a poca distanza della chiesa di Santa Maria, divenuta nel 1580 cattedrale della città[12].

 

Bibliografia

 

Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia nell’Archivio di Stato di Napoli, Bari 1990.

Colafemmina, C.,Ebrei e cristiani novelli in Puglia. Le comunità minori, Bari 1991.

Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, Torino 1915.

Patroni Griffi, F.,  Una controversia tra Samuele Abravanel e i massari di Foggia (1538-1548), in Sefer Yuhasin 13 (1997).

Richler, B. (a cura di), Hebrew Manuscripts in the Biblioteca Palatina in Parma, Jerusalem 2001.

 

 

 

 


[1]Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, p. 55.

[2]Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, pp. 83-84, doc. 68; p. 106, doc. 98. In documenti posteriori si parla di sei nuclei, ma questo perché l’estensore dei documenti ha preso per un unico fuoco quelli di Abraham e Ysach, Ventura e Salamone, Simone e Zacharia, che nella lista da cui ha attinto stavano abbinati sullo stesso rigo. Cfr. ibid., p. 104, doc. 95 (25 giugno 1492).

[3]Ibid., p. 106, doc. 98.

[4]Ibid., pp. 83-84, doc. 68; p. 117, doc. 112.

[5]Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 162-163.

[6]Colafemmina, C.,  Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, p. 44, doc. 19; p. 59, doc. 36; pp. 105-106, doc. 97; pp. 144-145, doc. 148; pp. 162-163, doc. 169.

[7]Ibid., pp. 96-97, doc. 85 (14 gennaio 1492);  p. 98, doc. 87 ( 24 gennaio 1492); pp. 99-100, doc. 89 (28 febbraio 1492); pp. 103-104, doc. 94 (13 giugno 1492).

[8] Ibid., pp. 97-98, doc. 86.

[9] Richler, B. (a cura di), Hebrew Manuscripts in the Biblioteca Palatina, p. 344, [1266] Parm. 3022; Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia, p. 168, nota 29.

[10] ASBa, not. Leonardo de Carofiglio, reg. 1522-1523, cc. 285v-286r.

[11] Patroni Griffi, F.,Una controversia, pp.35-44. La fiera di San Giovanni Rotondo, detta di S. Onofrio, si teneva originariamente l’11 giugno.

[12]Colafemmina, C.,  Ebrei e cristiani novelli in Puglia, pp. 167-168. Un rilievo eseguito nel 1889 mostra che i vicoli che si dipartivano da  Via Ebrei  recavano rispettivamente le denominazioni «Vico II, III, IV Ebrei». Esse furono in seguito sostituite con le denominazioni «Via Saraceni», «Via Greci», «Via Normanni», che non avevano però nessun legame storico con il sito, ma solo con la storia generale della città.

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