Piove di Sacco

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Piove di Sacco

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Piove di Sacco פייביא די שקו

Provincia di Padova. Sito in zona non lontana dal Brenta e dalla Laguna veneta sul Fiumicello, corso d’acqua derivato dal canale Roncajette, il centro è d’antica origine romana e, dopo varie vicende, si pose sotto la protezione di Padova che, tra il 1177 e il 1226, ne assunse la sovranità, conservandola anche al tempo dei Carraresi. Nel 1405 P. cedette ai veneziani, conservando, però, una certa autonomia amministrativa.  

Nell’ultimo trentennio del XIV secolo Francesco da Carrara concesse ad Abramo e soci di aprire un banco feneratizio, assicurando loro di essere trattati alla stregua dei cittadini di Padova e di P., compreso il diritto di vendere e comprare beni immobili. Veniva loro assicurato il riposo sabbatico e l’osservanza delle feste ebraiche e venivano esentati da ogni imposta straordinaria, mentre erano sottoposti ai dazi e alle gabelle cui dovevano sottostare gli altri cittadini. Il tasso di interesse permesso rispetto ai creditori locali era del 30% e veniva assicurato il monopolio dell’attività feneratizia. La condotta era di durata decennale, mentre il costo per l’affitto dell’edificio dove era sito il banco, e il diritto di tenere il banco stesso, ammontavano a lire 100 annuali[1].

Questo Abramo è presumibilmente da identificare con Avraham di Elyahu da Roma, medico proprietario di un banco a P. dal 1392 al 1412 almeno[2].

Tra gli ebrei che dimorarono nella località dal 1392 , figurano i soci di Abramo al  banco, ovvero Musetto di Manuele da Perugia, Bonaventura di Consiglio da Forlì e Bonaventura di Vitale da Bagnacavallo[3]. Yosef di Avraham, figlio di Avraham di Eliyahu da Roma, continuò a gestire il banco di P. dal 1435 sino al 1447, ma nel 1449 iniziò un lungo processo contro di lui che, non potendo tenere direttamente banco a Padova, vi riceveva i pegni a suo nome e, li mandava a P. o a Este, facendoli iscrivere sul registro di questi banchi, rendendone, in questo modo, più difficile la restituzione. Il processo contro Yosef aveva prese avvio da alcuni cittadini  padovani qui fuerunt defraudati ab ipso Ioseph[4], come scrivevano gli avogadori  nel 1449, e avrebbe dovuto servire da esempio per i correligionari dell’imputato, che cercavano di truffare i cristiani con simili ed altri espedienti[5].

Nel 1442 il feneratore a P., Salomone di Manuele da Norcia (o Shelomoh ben Menahem), vendette la propria quota di partecipazione al banco di P., mentre nel 1469 fu Salomone di Angelo (Shelomoh ben Mordekhay) ad alienare la concessione del banco, che deteneva almeno dal 1461, a Salomoncino di Salomone (Shelomoh ben Shelomoh) e fratelli, che lo amministrarono sino al 1449[6]. Soci di Salamoncino, negli anni Settanta del XV secolo risultavano essere tali Dov e Shemuel ben Yitzhaq[7].

Nel 1469 si tenne a P. una riunione cui parteciparono tutti i più rinomati rabbini dell’epoca, compreso il famoso Yosef Colon[8].

Il feneratore Giuseppe (Fais) di Salomone (Yosef ben Shelomoh), dopo essere stato dalla fine degli anni Settanta del XV secolo sino  al 1495 a P., si trasferì a Marcaria[9].

Nel 1491 fu istituito un Monte di Pietà[10], ma gli ebrei continuarono nella loro attività feneratizia. 

In aggiunta agli originari del Centro Italia, risiedette a P. l’ebreo Meshullam Cusì, trasferitosi dalla Germania (forse da Ulm) al seguito del famoso rabbino Yehudah Minz e abitante prima a Mestre, sino al 1468 e, poi, qui, dove restò sino al 1474, anno della sua morte. Meshullam Cusì pubblicò il primo libro ebraico stampato, un’edizione degli Arba’a  Turim (I quattro ordini) di Yaaqov ben Asher, in quattro volumi. L’opera fu portata a compimento dai figli, nel 1475, un anno dopo la sua morte[11]

Con gli stessi caratteri degli Arba’a Turim è stato stampato un altro libro che non reca indicazione di  luogo e data (forse il luogo è proprio P. e forse l’anno è il 1475), comprendente le Selihot o preghiere penitenziali, secondo il rito tedesco. 

Agli inizi del XVI secolo la piccola Comunità di P. scomparve, assorbita da Padova e Venezia[12].

Bibliografia

Carpi, D., The Jews of Padua During the Renaissance (1369-1509), tesi di dottorato, Tel-Aviv 1967 (in ebr.).

Castelli, E., I banchi feneratizi ebraici nel Mantovano (1386-1808), Mantova 1959.

Cessi, R., La condizione degli ebrei banchieri in Padova nel secolo XV, in Bollettino del Museo Civico di Padova Anno XI (1908), nn. 1-2, pp. 8-22.

Ciscato, A., Gli ebrei in Padova, Padova 1901.

Nissim, D., Gli ebrei a Piove di Sacco e la prima tipografia ebraica, in RMI 38 (1972), pp. 167-176.

Nissim, D., I primordi della stampa ebraica nell'Italia settentrionale, Pieve di Sacco-Soncino (1469-1496), Soncino 2004.

Simonsohn, S., The Jews in th Duchy of Milan, 4 voll. Jerusalem 1982-1986.

Steinschneider, M., Catalogus Librorum Hebraeorum in Bibliotheca Bodleiana, III, Berlin 1852-1860.


[1] Ciscato, A., Gli ebrei in Padova, doc. I, pp. 229-231. Il documento è stato trovato inserito fra gli atti rogati dal notaio F.G. Beccari nel 1373, tuttavia, il Ciscato ritiene che si debba considerare posteriore a questa data. Il Nissim, pur citando il Ciscato come fonte, invece, scrive che Abramo aveva aperto un banco di pegni da prima del 1375. Cfr. Nissim, D., Gli ebrei a Piove di Sacco e la prima tipografia ebraica, p. 168, nota 3.

[2] Per tale identificazione, cfr. Carpi, D., The Jews of Padua during the Renaissance (1369-1509), p. 18; p. 144, nota 29; p. 24, p. 156, note 99 e 100.    

[3] Su costoro cfr. Carpi, D., op. cit.,p. 27, p. 161; p. 30; p. 28; p. 164.

[4] Codice miscellaneo della Biblioteca Marciana lat. cl. XIV, n. 290, III, c.70v, citato in Cessi, R., La condizione degli ebrei banchieri in Padova nel secolo XV, p. 16, nota 2.

[5] Cessi, R., op. cit., p. 16.

[6] Sanudo, M.,, Diarii, I, p. 653; II, p. 742.

[7] Carpi, D., op. cit., p. 135, nota 50.

[8] Guedemann, Geschichte des Erziehungswesen und der Kultur der Juden, Vol. III, Vienna 1888, p. 258, cit. in Nissim, D., op. cit., p. 172, nota 18.

[9] In un documento notarile del 1479 Giuseppe del fu Salomone veniva menzionato come  “di  Pieve”. Cfr. Arch. not. Abbrev. Del not. Giacomo Bon. Lib. VI, c. 114v., 312r, citato in Ciscato, A., op. cit., p. 120, nota 1. Sul  trasferimento di Giuseppe a Marcaria, nel 1495, cfr. Castelli, E., I banchi feneratizi ebraici nel Mantovano (1386-1808), Mantova 1959, p.  215.

[10] Nissim, D., op. cit., p. 170, nota 13.

[11] Steinschneider, M., Catalogus librorum, III, p. 3102, n. 86. I Turim  furono, in seguito, ripubblicati a Riva di Trento , nel 1560 –1561, da Yaaqov Marcaria. Fra gli ebrei perdonati da duca Galeazzo Maria Sforza nel 1487 viene nominato Chusi da Piove di Sacco. Si veda Simonsohn, S., Milan, doc. 1019.

[12] Nissim, D., op. cit., p. 176.

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