Aquileia

Titolo

Aquileia

Testo

Provincia di Udine.

Sorge nella pianura dell'Isonzo ed è congiunta alla laguna di Grado e al mare dal fiume Natissa, che scorre poco lontano. A. fu fondata nel 186 a.C. dai Romani nel territorio dei Carni  (popolazione celtica infiltratasi tra  il IV e il  III secolo nella  compagine  delle  preesistenti  popolazioni   veneto- illiriche), come baluardo  contro la minaccia  dell'invasione di una nuova ondata di Galli transalpini. Divenuta in  breve tempo anche  un attivo  centro di  scambi commerciali,  dopo essere stata  colonia latina,  ottenne il  diritto di  piena cittadinanza  romana.  Fu  abitata  da una popolazione dalle origini molto varie: romane, macedoni, siriane ed  egiziane, con i relativi culti. Nel 381  d.C., vi  si tenne  un concilio,  presieduto da  S. Ambrogio,  contro  l'eresia  ariana.  Sebbene  fosse   stata distrutta  da  Attila  nel  452,  la vita romana della città cessò  definitivamente  solo  con  l'invasione   longobarda: nel 568,  il patriarca Paolino  e la popolazione  la abbandonarono, riparando nelle isole della laguna di  Grado. Nel secolo VI,  fu sede metropolitana  scismatica e sede  di patriarcato  con  giurisdizione  territoriale  sul  Friuli e l'Istria. Nel  secolo XI,  risorse sotto  il principato  dei suoi patriarchi e il canale che la univa al mare ritornò  ad essere navigabile, ridando in  parte slancio alla città  come scalo  principale  fra   l'alto  Adriatico  e   la  Germania orientale. Nel 1420 fu occupata da  Venezia, che ne lasciò il  governo ai patriarchi in  forza del patto  del 1445, passando,  poi, sotto il dominio degli Asburgo nel 1509.

Gli Ebrei abitavano ad A. già all'inizio dell'era cristiana, come  si  evince  da  un’iscrizione  greca,  trovata nella catacomba ebraica della Vigna Randanini, sulla Via Appia,  sulla   tomba   di   Ursacia,  figlia  di  Ursacius "gerusiarca"  o  capo  degli  anziani  della comunità di A., morta a Roma[1]. Della stessa provenienza era poi la lapide in  greco  che  si  riferisce  a  tale  Trosacius  di  A., residente, però, a Roma, nella quale si fa riferimento alla sua appartenenza ad una sinagoga aquileiese[2]. Un'altra epigrafe, rinvenuta ad A. e scritta  in  latino,   si riferisce a tale  Lucio Aiacio Liberto di Publio Dama, di probabile origine siriana, ebreo  che,  presumibilmente,  faceva  il  battelliere  o  il doganiere ( por[ti]tor)[3]. Il rinvenimento ad A. di tre lucerne di terracotta,  recanti il  candelabro  a  sette  braccia  o  Menorah,  di   fattura risalente al  IV secolo  d.C. e  corrispondenti alle lucerne dette  di  tipo  "africano",  trovate  anche  a Treviri e in Pannonia  (ora  Ungheria),  attesta  ulteriormente  il ruolo della Comunità aquileiese negli scambi con le altre dell'epoca, favoriti dalla sua ubicazione geografica[4]. Risale presumibilmente al V  secolo l'epitaffio di un  ebreo convertito, probabilmente  aquileiese, tale  Papario-Petrus, che   si   trova   nella   più   antica   chiesa  di  Grado e nel quale egli  viene  definito  solus ex gente sua ("l'unico  della   sua  gente")   ad  aver abbracciato  il cristianesimo[5].

All'inizio del V  secolo sembra che  la Comunità ebraica  di A.,  come   altre  delle   città  costiere  del  Veneto   e dell'Istria, perdesse rapidamente  d'importanza, sia per  il prepotere del cristianesimo locale, che per  il progressivo declino dell'artigianato e del commercio dei generi di lusso di  provenienza  orientale.  Fattore  decisivo  fu  anche lo spostamento  della  corte  imperiale a  Ravenna, che procurò l'abbandono delle ville della costa dell'alto Adriatico[6]. Nel  Medioevo,  dopo  la  distruzione  della  città e la sua riedificazione, la presenza ebraica riprese, come attesta un epitaffio  per  una  donna  ( il  cui  nome non risulta comprensibile)   uccisa   nel   4900   (datazione  ebraica), corrispondente al 1140[7]. Un'ulteriore  lapide,  di  epoca  non  chiara, e di cui sono leggibili solo  pochissime parole,  è di  un certo interesse per  la  località  in  cui  è stata rinvenuta, cioè l'antico Forum novum, non lontano  dal luogo chiamato Fossula,  dove, nei secoli  XIII e  XIV si  trovavano i  macelli e dove, nel XIII secolo,  vi erano  le case  di Maria  uxor Andree dicti Judei e quella dell'Ebreo David[8].

Sempre nel XIII secolo risultava originario di A. anche  uno degli allievi di R. El'azar di Worms, tale R. Menahem[9]. Nel 1279 il cardinale  Latino Orsini, legato apostolico  del papa   Niccolò   III   in   Romagna   e   Tuscia    scriveva all'inquisitore  di  Ferrara,  frate  Florio dell'ordine dei domenicani, per informarlo di  aver saputo che alcuni  ebrei di   svariate   località,   tra   cui  A.,  convertitisi  al cristianesimo, erano stati ricondotti all'ebraismo dagli ex-correligionari  tramite  il  bagno  rituale, richiesto dalla Legge  ebraica  per  gli  apostati  pentiti.  Pertanto, dava ordine di punire  i relapsi come  eretici e coloro  che ne avevano favorito  l'abiura come favoreggiatori, ricorrendo, se del caso, all'appoggio del braccio secolare[10]. Un  documento  del  1341,  attinente all'interesse da pagare agli  usurai  di  A.,  potrebbe riferirsi a feneratori ebrei, anche se non ve ne è menzione precisa[11]. A  partire  da  quest'epoca,  l'unico dato successivo disponibile sugli ebrei  di  A.,  risale  al  XVII  secolo e si riferisce alla nascita in  loco del rabbino  Chizqiyah David ben  Mordekhay Abolaffio[12].

Sinagoga

Nella  zona  fuori  delle  mura  urbane,  accanto  al  porto fluviale (attualmente  corrispondente al  sobborgo di Monastero),  sorgeva  un  edificio  che è stato identificato come  la  sinagoga  della  Comunità  ebraica di A., in epoca romana[13].  La  sinagoga  era  ad  aula  unica, con partitura musiva  a  campate  e  abside  semi-circolare  all'interno e pentagonale all'esterno. Nell'ambito del nartece, vi  erano tre vasche per il bagno rituale (miqweh). La era rivolta  nella  direzione  di Gerusalemme e  pare che  l'Aron  o  Arca  della  Legge  fosse  trasportabile. Il pavimento  era  musivo,  con  motivi  geometrici e ornamenti vari,  secondo  uno  stile  decorativo  che  consente di far risalire la datazione della sinagoga al IV secolo circa.  Le iscrizioni,  quattro  in   greco  e  trentadue   in  latino, riproducono i nomi di offerenti, oriundi della Siria[14].

Bibliografia

Avneri,  Z.,  Lucerne  giudaiche  trovate in Aquileia, in RMI XXVIII(1962), pp.466-468.

Cassuto, U., E.J.,"Aquileia".

Colorni, V., Gli ebrei nei territori italiani a nord di Roma dal 568 agli inizi del secolo XIII, in Judaica Minora,  Milano 1983, pp.  67-124.

Colorni, V.,  Gli ebrei  in Ferrara  nei secoli XIII e XIV",  in Judaica Minora, Milano 1983, pp. 147-188.

Ioly-Zorattini, P.C., Gli insediamenti ebraici nel Friuli-Venezia Giulia, in Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo, Atti del II Convegno Internazionale (Bologna 4-5 novembre 1981), Roma 1983.

Juster, J., Les  Juifs dans l'empire romain, Paris 1914.

Luzzatto, F., Ebrei in  Aquileia, in RMI  XVI(1950),  pp.  140-146.

Morpurgo, E., Bibliografia della storia degli ebrei nel Veneto, in  Rivista Israelitica, VII (1910), pp.  180-181; p. 184; VIII  (1911), p.  113.

Mortara,  M.,  Indice  alfabetico  dei  rabbini  e scrittori  israeliti,  Padova  1886.

Ruggini,  L., Ebrei e orientali  nell'Italia  settentrionale  tra  il  IV  e il VI secolo d.Cr., in  Studia et  Documenta Historiae et Iuris,  XXV (1959), pp. 186-308.

Vogelstein, H.- Rieger, P.,  Geschichteder Juden in Rom, Berlin 1896.

Zovatto, P.L., Le antiche sinagoghe  di  Aquileia  e  di  Ostia, in  Memorie Storiche Forogiuliesi 44 (1960), pp. 53-63.


[1] Sulle fonti attestanti la presenza ebraica ad A. in epoca romana, cfr. Juster, J., Les Juifs dans l'empire romain,I, p. 182. Sulla epigrafe riferentesi ad Ursacia, cfr. Vogelstein, H.-Rieger, P., Geschichte  der Juden in Rom, I, p. 474, n. 112; cfr. anche Ruggini, L.,  Ebrei e orientali nell'Italia settentrionale tra il IV e il VI secolo d. C., p. 216, nota 75; Zovatto, P.L., Le antiche sinagoghe di Aquileia e di Ostia, p. 57. Sull'antichità della Comunità ebraica di Aquileia e sulla sinagoga che pareva esservi stata in età romana,cfrv. Palladio, H., Rerum Forojuliensium ab urbe condito usque ad a. Redemptoris Dom. Nost. 452, Libri undecim. Utini MDCLIX, cit. in Morpurgo, E., Bibliografia della storia degli ebrei nel Veneto, p. 113. Lo Ioly-Zorattini, indicando la presenza degli ebrei ad A. dal III o IV secolo d.C., ricorda, oltre ai reperti epigrafici anche il complesso di Monastero di A., dedicato a d[omi]n[o] Sab[aoth]  identificato da alcuni studiosi come una sinagoga.Ioly-Zorattini, P.C., Gli insediamenti ebraici nel Friuli-Venezia Giulia, Roma 1983, p. 121. Per ulteriori dettagli sull'edificio in questione, si veda il paragrafo "Sinagoga", nella presente voce.

[2] Ivi, pp. 143-144.

[3] Luzzatto, F.,  Ebrei in Aquileia, p. 143. La lapide risalirebbe forse al I sec. a. C., secondo la Ruggini.

[4] Avneri, Z., Lucerne giudaiche trovate in Aquileia, pp. 466-467.

[5] Ivi, p. 468. Per il testo della lapide, cfr. Ruggini, L., op. cit., p. 225, nota 97. La Ruggini, menzionando la grande importanza  attribuita a questa iscrizione funeraria, come attestazione dell'eccezionalità con cui sarebbero avvenute le conversioni al cristianesimo tra gli ebrei del Veneto ancora nel V e VI secolo d. C., fa presente che, tuttavia, Paparione potrebbe essere definito come solus ex gente sua ad essersi convertito, intendendo con il termine gens la famiglia e non il popolo. Corrobora questa ipotesi il rinvenimento di molti nomi ebraici tra i dedicanti di chiese, d'origine siriana, attestati nella medesima epoca e nella medesima regione. Cfr., ivi, p. 226.

[6] Ruggini, L., op. cit., pp. 227-228.

[7] La notizia è desunta da Bertoli, G., Le antichità di Aquileia profane e sacre, Venezia 1739, p. 339, citato in Morpurgo, E.,  op .cit., pp. 180-181; cfr. anche p. 184. Accenna all'emergere ex  novo di un nucleo ebraico a A., nel sec. XII, anche Colorni, V.,  Gli ebrei nei territori italiani a nord di Roma dal 568 agli inizi del secoloXIII, p. 99, che presenta la trascrizione tradotta e commentata dell'epitaffio in questione  (ivi, pp. 122-124). Sempre secondo il Colorni, questo epitaffio è il più antico esempio ebraico medievale del genere, rinvenuto nell'Italia settentrionale. Ivi, p. 86.  Sull'epitaffio, cfr. anche Luzzatto, F., op. cit., p. 142.

[8] Le case in questione sono menzionate nel ms. dell'Arch. Capit. Di Udine del secolo XIII, citato da Mons. Vale in Aquileia nostra, II (1931), n.1, p. 14, cit. in ivi, p. 144, nota 3. Secondo il Luzzatto, il nome Andrea, molto raro tra gli Ebrei, come attesta il Juedisches Lexicon, in cui viene citato un solo Andreas, capo degli ebrei in Cirenaica nel 115-117, farebbe supporre che potesse trattarsi di un convertito (sebbene l'epoca sembri far escludere tale ipotesi ) o di un notorio amico degli ebrei. Cfr. ibidem, nota 4.

[9] Cassuto, U., E.J., alla voce "Aquileia".

[10] Colorni, V., Ebrei in Ferrara nei secoli XIII e XIV, pp. 156-157. Per il testo del cardinale Orsini, cfr. ivi, Appendice, doc. III, pp. 183-184. Occorre rilevare, tuttavia, che in Nuovi dati sugli ebrei a Ferrara nei secoli XIII e XIV", Judaica Minora, pp. 189-204, il Colorni afferma che la lettera dell'Orsini si riferisce a fatti avvenuti ad A. o a Cividale. Cfr. ivi, p. 192 ( nel contesto della nota 12, iniziata a p. 191).

[11] Archivio di Udine, Collezione Fabrizio, copia n. 2945, citato in Luzzatto, F., op. cit., nota 2.

[12] Cassuto, U., alla voce "Aquileia"; Mortara, M., Indice, p. 2.

[13] Zovatto, P.L.,  Le antiche sinagoghe di A. e di Ostia, p. 59.

[14] Zovatto, P.L., op. cit., pp. 54-58. Secondo il Colorni, tuttavia, l'edificio che lo Zovatto ha presentato come la sinagoga di A. è, invece, considerato da altri una basilica cristiana. Cfr. Bertacchi, L., La basilica di Monastero di Aquileia, in Aquileia nostra, 35 (1965), pp. 79-134, citato. in Colorni, V., op. cit., p. 86, nota 80. Lo Zovatti stesso, del resto, aveva menzionato alcune interpretazioni dell'edificio non come sinagoga: cfr. ivi, p. 54, nota 5.

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