Ripalta

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Ripalta

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Provincia di Cremona. Località compresa nella piccola e fertile regione lombarda di Ghiara d'Adda o Gera d'Adda, che è limitata a nord dalla Roggia, a ovest dall'Adda, a est dal Serio, giungendo fino alla confluenza di questi due fiumi. Nel Medioevo la regione appartenne al territorio della città di Bergamo e fu, poi, molto contesa tra Venezia e il Ducato di Milano, specialmente al tempo di Filippo Maria Visconti, finché, dopo la battaglia di Agnadello (1509), vinta da Luigi XII di Francia, passò a far parte del Ducato milanese, del quale in parte seguì le sorti.

Il primo accenno ad una presenza ebraica a R. si desume dalla specificazione "di R." con cui vengono designati, in un documento del 1458, i rappresentanti dell'Università ebraica, Mosè e il figlio Salomone.

Il primo documento in cui, invece, ci si riferisce direttamente al nucleo ebraico di R. risale al 1459, quando il podestà ricevette ordine di obbligare i debitori dell’ebreo Davide, tra cui il Comune, a saldarlo.

All'incirca in questi anni compaiono nuovamente Mosè e il figlio Salomone, che risultava procuratore di Manno di Pavia e poteva incassare i crediti con cui quest'ultimo avrebbe dovuto pagare le tasse ducali.

Nel 1465 il Duca ordinò l'arresto di Vitale di R. (Rivalta), sotto l'imputazione di aver commesso gravita et enorma scelera et delicta[1].

All'incirca nel 1466, gli abitanti di R. si appellarono al Duca, sostenendo che, nel 1456, era stata concessa a Davide una condotta per esercitare l'attività feneratizia per 10 anni, ma che, allo scadere di questo termine, essi non volevano rinnovarla, in quanto odiavano il feneratore e ritenevano che avesse provocato contro di loro l'ira divina. Rifacendosi al fatto che, nel 1456, il Duca aveva confermato sia i privilegi di tutti gli ebrei del Ducato, sia la condotta di Davide, il popolo di R. chiese specifico permesso al Duca di non rinnovare quest'ultima.

Nel 1469 Salomone di R.[2] ricevette, per ordine ducale, completo appoggio dai funzionari locali per espletare la sue funzioni di esattore delle tasse degli Ebrei del Ducato e nel 1470, dopo che Davide si era lamentato delle angherie fattegli dagli abitanti di R., il podestà ebbe ordine di ammonirli etiam cum commandamento penale[3] e di assicurare che il privilegio di David venisse rispettato.

Nel 1474 Benedetto (Baruch) di R. fu derubato di denaro e di un vaso da un correligionario di Cremona, Agnolo (Mordecai), che ammise la propria colpevolezza, venendo condannato alla sferza e al taglio delle orecchie. Nello stesso anno, il commissario di Ghiara d'Adda ebbe ordine di far rispettare a Cervio, noto come Hirz di Vayla, la decisione presa nella disputa tra lui e il suocero, Daniele di R.

Da documenti risalenti all'incirca al 1476-77, risulta che Davide di R. era stato arrestato due volte, con l'accusa di aver dato ospitalità ad un bandito ed era stato, perciò, anche privato delle sue proprietà e della casa: dato che moglie e figli non avevano di che vivere, Davide chiese per loro il permesso di vivere nella casa, un tempo affittata e poi tolta, e il dissequestro di alcuni beni. I documenti attestano che, dopo essere stato riconosciuto innocente, era stato nuovamente arrestato, ma non cedette, tuttavia, al tentativo di estorcergli 1.000, e poi 500, ducati.

Da un atto del 1477 si apprende che Davide non aveva beneficiato della absolutio, concessa agli israeliti del Ducato, ma,  rimesso in libertà, continuò ad avere banco e beni confiscati dalle autorità locali, mentre la sua famiglia era ridotta allo stremo, ad onta dell'ordine ducale, dato a suo tempo, di provvedere al loro sostentamento. Circa un anno dopo, quanto restava dei beni confiscati a Davide doveva venir restituito alla famiglia e il commissario ricevette ordine di rispettare il privilegio concesso agli ebrei del Ducato e, pertanto, di smettere di vessare ulteriormente Davide. Tuttavia, il caso rimase aperto, coinvolgendo anche la moglie di Davide, sospettata di aver trafugato alcune proprietà del marito prima del sequestro.

Poco dopo, il Duca dette istruzioni al podestà di R. perché venisse soddisfatto un creditore cristiano con i beni di Davide di R. - sequestrati nel 1476 - dato che questi, essendo il suo credito antecedente a quello del Tesoro ducale, aveva la precedenza, e ingiunse ancora al podestà di mostrare i libri mastri di Davide a tale Francesco,  un ebreo convertito, perché ne valutasse le proprietà, mentre due cristiani si erano assunti l'impegno di garantire il pagamento del debito.

I termini della questione vengono chiariti da un documento successivo, da cui risulta che Davide era stato multato per 1.000 ducati pro nonnullis delictis per eum commissis[4] e che due garanti cristiani si erano impegnati a tale pagamento, mentre Davide, aveva assegnato loro alcuni pegni depositati nel suo banco, che avrebbero dovuto essere valutati da Francesco Cristiani (Christiano).

L'anno seguente, il commissario di Ghiara d'Adda, ricevette ordine di intervenire in favore di Davide, prevenendo tentativi di dilazione da parte di Raynero e Bartolomeo Cremasco, in contenzioso con lui. Nel 1478 le autorità ducali accettarono, poi, la richiesta di Davide di trasferire la proprietà del banco di R. al figlio Mosè ed al genero, Hyrcio. Questi, all'incirca nel 1480, si era trasferito nella zona di Crema, dopo aver ricevuto ordine di lasciare R., dove aveva vissuto e fenerato per quattro anni, ma fu richiamato dalla popolazione, per un periodo di sei mesi, per risolvere le pendenze economiche in corso.

Nel 1488, tra gli Ebrei del Ducato accusati di vilipendio alla fede cristiana e condannati, perciò, alla confisca dei beni e all'espulsione, vi era anche Irco del fu Leone di R. Gera d'Adda.

Otto anni più tardi, il Duca confermò alla autorità locali la concessione elargita a Curcio (Hyrcio) di vivere con la sua famiglia a R. per altri sei mesi, senza, tuttavia, poter fenerare, al fine di consentire il riscatto dei pegni depositati presso di lui. Il permesso di residenza fu esteso ulteriormente in seguito e, nel 1497, la popolazione rivolse un appello al Duca perché il feneratore, ancora una volta per consentire il riscatto dei pegni, potesse restare un altro anno a R. L'autorizzazione a restare fu concessa, ma non quella ad esercitare il prestito.

Dopo quasi quarant'anni di silenzio, i documenti tornano a menzionare R., in occasione del permesso di essere presente all'ingresso della Duchessa a Milano chiesto da tale Salomone di R., residente tuttavia a Crema, espresso in questi termini: Concedermi poter veder quelo ilucentissimo et felicissimo zorno che sara la intrata dela ill.ma sig.ra ducessa, la qual zornata hio disiderata de veder tuto il tempo de mia vita[5].

In seguito, non viene più fatto riferimento ad una presenza ebraica a R.[6].

Bibliografia

Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, 3 voll., Jerusalem 1982-1986.


[1] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, I, doc. 899.

[2] Risulta dai documenti che Salomone di R. non sempre abitò in questa località: nell'ultimo documento, del 1471, in cui viene menzionato, risultava vivere a Pavia. Cfr. Simonsohn, S., op. cit., I, doc. 1170, 1300.

[3] Simonsohn. S., op. cit., I, doc. 1222.

[4] Ivi, II, doc. 1673.

[5] Ivi, II, doc. 2447.

[6] Ivi, I, doc. 536, 594, 694, 899, 947, 1144, 1222, 1300, 1509, 1531, 1582; II, doc. 1637, 1638, 1639, 1644, 1648, 1656, 1657, 1673, 1825, 1850, 1957, 2165, 2255, 2257, 2262, 2447.

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