Cori

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Cori (קורי)

Provincia di Latina. C., situata su di un rilievo calcareo dell’area sud-orientale sud-est dei Monti Lepini, fu un possedimento degli Annibaldi sino al 1236, quando passò sotto il controllo del papato, al quale sarebbe rimasta sino all’Unità d’Italia.

 

La prima attestazione di una presenza ebraica a C. corrisponde  alla concessione, fatta da papa Bonifacio IX nel 1401, a Sabatuccio di Vitale, a suo nipote Mele di Leone ed ai membri della loro famiglia, tutti abitanti qui, dello status di familiari papali, dell'esenzione dal segno distintivo e della giurisdizione esclusiva su di loro da parte del camerlengo papale[1].

In seguito è attestato per questa località il rinnovo del permesso di viaggiare per lo stato della Chiesa e commerciarvi conferito a Mordekhai di Shabbetai di C., nel 1427[2], mentre un atto notarile del 1440, con cui un ebreo di Tivoli (abitante a Bassiano) prestava una somma di denaro a Vitale Mellis Davicciuli, correligionario di C.,conferma l’esistenza di un nucleo ebraico anche all’approssimarsi della metà del secolo[3].

Un ulteriore documento risale, poi, agli anni Settanta del ‘400, quando Iacopo d’Acquasparta veniva nominato commissario per l’esazione della vigesima tra gli ebrei residenti a C. ed in altre località di Campagna e Marittima (1476)[4].   

Qualche anno più tardi (1486), papa Innocenzo VIII ordinò al governatore della provincia di Campagna di obbligare gli ebrei di una serie di centri, tra cui C., a pagare  subito al tesoriere il subsidium imposto loro. Nel 1488, invece, un’altra attestazione ci è fornita dall’ordine, rivolto agli israeliti locali ed a quelli di altri centri dello Stato della Chiesa, di corrispondere la vigesima[5].

 

Anche per il XVI secolo ci restano testimonianze della vita degli ebrei in questa cittadina. Nel 1524, ad esempio, un Mosè di C. figurava tra i destinatari della comunicazione relativa alla nomina di alcuni correligionari per la riscossione della vigesima imposta da Adriano VI[6].

 

Nell’edizione degli Statuti di C. (formulati nel 1327 e confermati nel 1514 e nel 1548) del 1549 si trovano alcune norme riguardanti gli ebrei, che sono riportate anche in quella del 1732. Secondo tali regolamenti, essi risultavano sottoposti al divieto di usare i bagni costruiti da cristiani e di lavarsi nelle acque dei laghi e delle fonti, dovevano astenersi dal lavoro nei giorni festivi cristiani e non potevano servirsi di balie cristiane[7].    

La comunità ebraica, stando ad un atto degli anni Quaranta del Cinquecento, risultava capeggiata da un prior sinagoge hebreorum e,  presumibilmente, curava tramite propri incaricati la raccolta del denaro per corrispondere gli oneri imposti dagli Statuti, che consistevano nel pagamento annuo di due canne di panno per i palii da offrire ai vincitori delle corse in onore di S. Oliva e nel rinnovare, quando necessario, lo stendardo cittadino a proprie spese[8].

Sino alla metà circa del XVI secolo, ad onta delle disposizioni restrittive degli Statuti, i rapporti tra gli ebrei ed il resto della popolazione sembrarono improntati ad una certa confidenza: testimoni cristiani risultavano sempre negli atti rogati per ebrei e questi ultimi comparivano a deporre nelle cause dei concittadini cristiani, mentre non mancavano casi in cui i primi affidavano le proprie vertenze alle autorità civili e religiose cristiane[9].

Dall’esame degli atti del tribunale locale, relativi agli anni 1521-1543, poi, risulta che gli ebrei furono denunciati, nella maggior parte dei casi, per aver gettato immondizia nelle strade, per aver lavato panni nei laghi e, soprattutto, per aver giocato a carte, mentre dall’unico registro di processi penali giunto sino a noi, sappiamo che, nel 1521, un ebreo aveva sporto denuncia per percosse ed il colpevole era stato condannato[10].    

Nel 1555, il capo della comunità di C., in seguito alle disposizioni di Paolo
IV, consegnò alle autorità locali i libri ebraici perché fossero messi a disposizione del commissario pontificio[11].

All’incirca nel 1566, poi, un ebreo di C., Abramo di Bezallel, venne ucciso dall’oste presso cui aveva pernottato durante un viaggio di affari nella Campagna Romana: l’assassino, complice il clima anti-ebraico istituitosi già alcuni anni prima (ovvero al tempo di Paolo IV), fu assolto. Il funesto episodio venne recepito dai membri della comunità come sintomatico della situazione di estrema precarietà nella quale erano venuti a trovarsi e li spinse ad aderire all’invito di Don Yosef  Nasì che, ricevuta in dono la città di Tiberiade dal sultano turco, desiderava farla rifiorire dalle rovine in cui si trovava, facendovi venire gli ebrei, e, in particolare, quelli di loro che erano oppressi dalle misure controriformiste in Italia. Pertanto, il gruppo di C., capeggiato dal rabbino Gallico da Nepi, decise per l’emigrazione in massa e affidò a due dei propri membri  (Mikhael  di Aharon e Yosef di Menahem) l’incarico di recarsi a Venezia, insieme al Gallico, per raccogliere i fondi necessari al viaggio. La documentazione attestante la missione dei tre coresi si arresta, però, ad Ancona, dove essi ricevettero aiuti ed una commendatizia[12].

La progettata emigrazione di massa, del resto, non sembra che abbia mai avuto luogo, come si evince dalla menzione della sinagoga di C. nell’elenco di quelle che, sino alla Bolla di espulsione del 1569, corrispondevano la tassa alla Casa dei Catecumeni di Roma[13].

Una fonte settecentesca, inoltre, riferisce proprio della cacciata da C. nel 1569, anno in cui  fu venduta la sinagoga: tuttavia, una vera e propria espulsione non dovette esserci, stando alla lettera scritta nel 1582 dal vescovo di Minori (Salerno) al cardinale Sirleto per deplorare il fatto che gli ebrei coresi erano riusciti ad impedire l’esecuzione del decreto, corrompendo le autorità locali e quelle di Roma[14].

Il permanere degli israeliti a C. dopo la data dell’espulsione è confermato, inoltre, anche dal registro delle circoncisioni effettuate da Yehiel Coen Manoscrivi, in cui ne figura una effettuata in questa località nel 1579[15].  

Tra il 1587 e il 1588, infine, ad aver avuto la concessione papale per il banco feneratizio cittadino erano Crescenzio De Bezallel da C., Giuseppe da C. e Raffaele di Benedetto Della Seta, che, prima del Breve di Sisto V, dimorava a Roma[16].

 

Attività economiche

L’attività feneratizia ebraica a C. è largamente attestata, tuttavia l’unica regolamentazione relativa al prestito che sia stata rinvenuta si riferisce all’annullamento dei crediti goduti dagli ebrei tre anni dopo la data in cui erano stati contratti[17].

Gli ebrei, inoltre, commerciavano in tessuti, utensili di rame, pelli e bestiame, ma anche in olio e granaglie. 

Frequenti erano, poi, i contratti di soccida, con i quali essi affidavano animali ai cristiani[18].

 

Demografia

Tra la metà del XV e quella del XVI secolo, l’insediamento ebraico di C. è stato considerato tra i più popolosi del Lazio, dopo quelli di Roma e Viterbo[19]: i protocolli notarili, relativi agli anni 1493-1546, attestano, infatti, la presenza di più di 50 ebrei, che sembra vi risiedessero stabilmente[20].

 

Quartiere ebraico

Dagli atti notarili della fine del XV secolo e della prima metà del successivo, risulta che gli ebrei risiedevano nella parte bassa di C. , ovvero nel quartiere di porta Ninfina, che si suddivideva a sua volta in tre rioni o partite : la  partita Ultima, la partita Columnarum e la partita Plagiarum, identificate con le zone contigue alle attuali Piazza Ninfina, via delle Colonne e chiesa di S. Michele Arcangelo. Dai documenti esaminati non risulta, però, che il quartiere fosse abitato esclusivamente da loro.

Testimonianze raccolte in loco riferiscono, invece, che il cosiddetto “ghettarello” sarebbe stato nella parte alta di C., nei pressi del tempio di Ercole, nella zona denominata “Giudaica”. Allo stato attuale della ricerca sullo stanziamento ebraico a C., una spiegazione plausibile del contrasto tra i dati rilevati dai documenti notarili e le testimonianze locali può essere trovata nella fase successiva alle norme restrittive della residenza ebraica emanate dalla Chiesa nella seconda metà del XVI secolo[21].

 

Sinagoga

Sino al 1536, la sinagoga risultava ubicata nel quartiere di porta Ninfina, quando veniva venduta ad Antonio Colutia da Benedetto di Mosè, procuratore dell’università degli ebrei di C.[22] In epoca successiva, la sinagoga sarebbe stata locata nell’attuale piazza Orticara, un tempo piazza Giudaica (conosciuta nel dialetto corese come “Vitaca Giudaica”) e sarebbe stata contrassegnata da uno stemma recante un giglio[23].

 

Bibliografia

Caciorgna, M.T., Presenza ebraica nel Lazio meridionale: il caso di Sermoneta, in  Aspetti e problemi della presenza ebraica nell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV e XV), Roma 1983, pp. 129-173.

Dejob, Ch., Documents tirés des papiers du cardinal Sirleto et de quelques autres manuscrits del Vaticane sur les Juifs des Etats pontificaux,  in REJ IX (1884), pp. 77-91.

De Rossi, P.L., Gli Ebrei di Cori nella documentazione del tribunale locale tra il 1521 e il 1543, in YpothèkaiIII (1987), pp. 69-117.

Esposito, A., Una descriptio relativa alla presenza ebraica  nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento, in Latium, Rivista di Studi Storici, 2 (1985), pp. 151-158.

Esposito, A., Gli ebrei a Roma nella seconda metà del ‘400, in  Aspetti e problemi della presenza ebraica nell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV e XV), Roma 1983

Kaufmann, D., Don Joseph Nassi, Founder of Colonies in the Holy Land, and the Community of Cori in the Campagna, in The Jewish Quarterly Review, II (1890), pp. 291-310.

Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ XCIII (1932), pp. 157-178.

Luzzatto, A., Le pergamene ebraiche di Cori, inYpothèkaiIII(1987), pp. 119-124.

Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.

Pavoncello, N., Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V, in Lunario Romano 1980: Rinascimento nel Lazio, Roma 1980, pp. 47-77.

Pavoncello, N., Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana, in  Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969).

Pesiri, G., Appunti sulla comunità ebraica di Cori tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI (1496-1546), inYpothèkaiIII (1987), pp. 25-68. 

Ravenna, A., Appunti storici sulle comunità del Lazio, in RMI17 (1951), pp. 305-311.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Stow, K. R., Taxation, Community and State. The Jews and the Fiscal Foundation of the Early Papal State, Stuttgart 1982


[1] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 492. Un altro ebreo di C., nominato nella documentazione papale di quell'epoca fu Angelo di Salomone da Roma (Ivi, docc. 617, 647, 662, 684).

[2] Pavoncello,  N., Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V, p. 54.

[3] Caciorgna, M.T., Presenza ebraica nel Lazio meridionale: il caso di Sermoneta, in  Aspetti e problemi della presenza ebraica nell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV e XV), Roma 1983, pp. 129-173, Appendice I, n. 28.

[4] Esposito, A., Una descriptio relativa alla presenza ebraica  nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento, in Latium, Rivista di Studi Storici, 2 (1985), pp. 153-154.  Nel  1467 testava presso un notaio romano Mosè di Daniele, olim de Cora nunc de Roma (Eadem, Gli ebrei a Roma nella seconda metà del ‘400, in  Aspetti e problemi della presenza ebraica nell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV e XV), cit., p. 129, n. 1.

[5]  Simonsohn, S. The Apostolic See, doc. 1061, 1095; Stow, K. R., Taxation, Community and State. The Jews and the Fiscal Foundation of the Early Papal State, Stuttgart 1982 (Papste und Papstum, Band 19), Appendice I, n. 3 ( in trascrizione), Appendice II, n. 12 (in regesto).

[6] Stow, k.R., Taxation, Community and State. The Jews and the Fiscal Foundation of the Early Papal State., Appendice II, n. 25 (in regesto).

[7] Per queste ed altre disposizioni, si veda Pavoncello, N., Gli ebrei negli Statuti di Cori, in RMI  XLVI (1980), pp. 165-172 (quattro Capitoli degli Statuti dono pubblicati in ivi, pp. 171-172). Cfr. Pesiri, Appunti sulla comunità ebraica di Cori tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI (1496-1546), p. 29, n. 12.

[8] Pesiri, Appunti sulla comunità ebraica di Cori tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI (1496-1546),pp. 33-34.

[9] Ivi, p. 40. Da documenti coresi, risulta che, all’incirca in questo periodo, venne affidato l’incarico di medico cittadino a un ebreo (successivamente,tuttavia, sostituito da un medico cristiano), che gli ebrei avevano ottenuto di far legna nella selva della città per aggiustare le loro case e la scuola e che un tale Raphael hebreus era stato proclamato solennemente civis (Archivio di Stato di Latina, Cori, Libri de’ consigli b IV ff 107, 293; b II f. 58v, cit. in Caciorgna, M.T., Per lo studio delle comunità ebraiche nel Lazio meridionale: Fonti, problemi, orientamenti, in Ypothèkai, III ( 1987), pp. 13-24, p. 24, nn. 44, 45.    

[10] De Rossi, P.L.,  Gli ebrei di Cori nella documentazione del tribunale locale tra il 1521 e il 1543, p. 73; p. 77.

[11] Tra i testi consegnati dagli ebrei vi erano libri di preghiere, due “Libri dei profeti”, la Guida dei perplessi  di Maimonide, un Pentateuco e un’opera detta “rabel Sciolomo”. Ivi, p. 36.  Nell’Archivio di Stato di Latina sono state rinvenute cinque pergamene provenienti dal fondo archivistico notarile di C. e usate dai notai per le loro imbreviature: due contengono brani liturgici per le feste ebraiche; una contiene un frammento del trattato talmudico di Rosh ha-shanah e due contengono brani del Sefer Halakhot    di Rav Itzhaq ben Yaaqov Al-Fasi ( o “Rif”, dalle iniziali del suo nome). Nessuna delle pergamene contiene, tuttavia, indicazioni utili per la ricostruzione della storia degli Ebrei locali. Per la descrizione di tali pergamene, v. Luzzatto, A., Le pergamene ebraiche di Cori, inYpothèkaiIII(1987), pp. 119-124.

[12] Kaufmann, D.,  Don Joseph Nassi, Founder of Colonies in the Holy Land, and the Community of Cori in the Campagna, pp. 291-297. La lettera della comunità di C. e quella della comunità di Ancona (ambedue in ebraico), su cui è basata la ricostruzione del Kaufmann di quest’episodio della storia degli ebrei di C. sono state pubblicate ivi, pp. 305-310.

[13] Pavoncello, N., Il IV Centenario dell’espulsione degli Ebrei dalla Campagna Romana, in  Israel LIV, nº16 (20 Febbraio 1969), p. 3.

[14] Casimiro da Roma, Memorie istoriche delle chiese e dei conventi dei frati minori nella Provincia Romana, Roma 1845, p. 95 (prima edizione dell’opera : 1764), cit. in Pesiri, G.,  op. cit., p. 27, n. 4; Dejob, Ch., Documents tirés des papiers du cardinal Sirleto et de quelques autres manuscrits del Vaticane sur les Juifs des Etats pontificaux, in REJ IX (1884), pp. 77-91, p. 85.

  [15]A C. il Manoscrivi eseguì altre quattro circoncisioni, tra il 1561 e il 1565. Ravenna, A., Appunti storici sulle comunità del Lazio, in RMI17 (1951), pp. 305-311, p. 307; p. 309.

[16] Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ XCIII (1932), pp. 157-178, pp. 167-168.

[17] Pesiri, G., op. cit., pp. 37- 38.

[18] Ivi, p. 37.

[19] Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963, carta d’Italia inserita tra le pp. 218 e 219. Verso il 1566, la comunità ebraica corese sarebbe stata di circa 200 persone. Ivi, p. 255.

[20] Per i nominativi dei 39 ebrei e delle 15 ebree menzionati nei protocolli e per ulteriori particolari, si veda Pesiri, G., op. cit., p. 31 e segg.  Per i nomi di ebrei menzionati nella documentazione del tribunale locale, negli anni 1521-1543, v. De Rossi, P.L., op. cit., p. 74.

[21] Pesiri, G., op. cit., p. 33.

[22] Ibidem.

[23] Pavoncello, N., Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V., p. 55. L’ubicazione di tale sinagoga è, tuttavia, solo ipotetica, in assenza di documentazione certa. Si veda, inoltre, Pesiri, G., op. cit., p. 28; cfr. ivi, p. 33.

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