Bisignano

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Bisignano

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Provincia di Cosenza. B. sorge sulle ultime propaggini della Sila greca, a dominio della valle del Crati. È caratterizzato da una pianta a tentacoli che si allungano su alcuni contrafforti collinari e  uno dei rioni antichi reca ancora oggi il nome Giudeca. Fu conteso dai bizantini e dai longobardi e nel 1056 passò ai normanni. Fu feudo dei Ruffo  nel 1462  infeudato ai Sanseverino, ai quali appartenne con alterne vicende sino al 1806. Sede vescovile dal VII secolo, nel 1443 era tassato per 700 fuochi, nel 1494 per 750[1].

 

La vita di S. Nilo di Rossano (910-1004) attesta la presenza di una comunità ebraica a B. nella seconda metà del X secolo. Secondo il racconto, Nilo intervenne a favore di un cristiano, che le autorità cittadine avevano consegnato ai giudei locali perché lo giustiziassero in rappresaglia di un congiunto che aveva derubato e ucciso un giudeo reduce dal mercato ed era fuggito. Il santo ottenne la liberazione del malcapitato, probabilmente correo del delitto, affermando che in fin dei conti la vita di un ebreo vale la decima parte di quella di un cristiano, per cui l’assassinio di un giudeo non meritava l’esecuzione capitale di un cristiano, anche se fosse stato colpevole[2]. Si ritiene che l’episodio sia avvenuto intorno al 960.

Nel 1276 – siano ora sotto la sovranità angioina – gli ebrei di B. erano tenuti alla tassazione generale del Regno per 3 once, 18 tarì e 12 grani, i cristiani per 114 once, 13 tari e 4 grani. Nello stesso anno, per la tassa relativa alla distribuzione della nuova moneta coniata dalla Zecca di  Brindisi, il contributo degli ebrei era di 1 oncia, 20 tarì e 7 grani, mentre quello dei cristiani di 21 once, 17 tarì e 7 grani. Nel 1277 il contributo dovuto dagli ebrei per la tassazione generale salì a 4 once, 18 tarì e 12 grani[3].

Negli ultimi decenni del secolo XIII le comunità giudaiche del Regno subirono molte defezioni sotto la spinta del proselitismo favorito dalla Corte, ma per Bisignano non si hanno notizie in tal senso. Nel 1324 i suoi giudei ricorsero alla Regia Curia per la salvaguardia del privilegio di macellare gli animali destinati al loro consumo. Essi ricordarono che erano soggetti  all’autorità ecclesiastica e che da gran tempo,  pagando alla Regia Curia ogni anno un certo contributo fisso, avevano il  diritto di macellare,  ma ora i baiuli della città pretendevano spogliarli di quel diritto, condannando i loro macellai ad una disoccupazione lacrimevole[4].

Nel 1456 – il Regno era frattanto passato agli Aragonesi - il luogotenente del tesoriere di Calabria attesta di avere ricevuto dai giudei di B. per mano di Ayi de Cariati 11 ducati per la rata di settembre della tassa del sale[5]. In questo periodo la tassa della "mortafa" - una tassa analoga alla gizia musulmana- dovuta dai giudei della città era di 5 tarì, poca cosa rispetto alle 3 once (= 90 tarì) che gravavano sui  correligionari di Cosenza.

Il 31 marzo 1488 Ferrante I reintegrò Bernardino Ferraro, vescovo di B. (1485-1498), nella giurisdizione civile e criminale sui giudei della città. Poiché l’ordine tardava ad essere eseguito, il re lo rinnovò in data 12 maggio, precisando questa volta che al vescovo era restituita la sola  giurisdizione civile: quanto alla giurisdizione criminale, il re l’aveva riservata a sé, come per i giudei di tutti gli  altri luoghi del Regno[6]. Lo stesso anno la comunità ebraica ottenne, alla pari di altre della Calabria, di non essere costretta al pagamento di contributi fiscali straordinari, pagando già essa sia le tasse ordinarie sia la rata del contributo straordinario di 6000 ducati imposto dal re ai giudei del Regno. L’anno seguente, per le stesse ragioni, fu dichiarata esente dal contributo di un tarì a fuoco chiesto per il restauro dei castelli della regione. Nel 1492 la Sommaria, accogliendo un ricorso della comunità, ordinò all’università di non costringere i  giudei a fare l’apprezzo dei  beni con essa, per obbligarli a ulteriori contributi fiscali oltre a quelli ordinari e straordinari: poiché l’ordine non era stato eseguito, la Camera ne ribadì la validità e impose di osservarlo in tutta la sua interezza[7].

Uno sguardo sulle difficoltà del quotidiano anche tra i componenti la comunità è offerto da un documento dell’11 ottobre 1491, il quale riferisce di un ricorso presentato da Mazaltov e dai suoi fratelli contro il correligionario mastro Mele, il quale, essendo creditore di una certa quantità di denari presso Ezechiele, loro fratellastro, pretendeva recuperare il credito facendo sequestrare una casa della loro madre Anna. Poiché la casa era un bene della dote di Anna, la Camera della Sommaria ordinò al capitano della città di giudicare la causa secondo giustizia e di non permettere  che fosse  recato pregiudizio ai diritti dotali della donna[8].

Nel 1494 le autorità di B. denunciarono che nell’ultimo censimento la comunità giudaica era stata registrata per trenta fuochi – forse per l’apporto dei profughi dai domini spagnoli - ma per istruzioni confuse inviate al tesoriere provinciale, i giudei pagavano i contributi fiscali solo per diciannove fuochi, mentre i restanti undici erano a carico della città: questa chiese, quindi, di essere risarcita dagli israeliti dei contributi versati e che, per il futuro, la comunità pagasse i  contributi per tutti i trenta fuochi. La Camera della Sommaria giudicò la richiesta giusta e la accolse[9].

La calata nel 1495 di Carlo VIII di Francia nel regno di Napoli provocò gravi  torbidi antigiudaici. Spinti dal terrore, molti fuggirono all’estero e sappiamo che in quel frangente, la comunità di B. constava di 31 nuclei familiari. Il dato è tramandato da una lettera della Camera della Sommaria, che riferisce la richiesta da parte della locale Università di essere alleggerita del carico fisca­le che gravava sui componenti della comunità, che ormai non esisteva più (acteso in dicta cità era la Iudeca, la quale era numerata fochi trentauno, et perché al presente non habita, ymmo è destructa). La Camera ordinò al tesoriere provincia­le di indagare intorno alla veridicità della richiesta: sulla base delle deposizioni rese da alcuni sacerdoti e da laici autorevoli, fu confermato che ala invasione de re Carlo, tucti dicti iudey foro sacchizati et roinatì et si fugero da dicta cità et dessabitaro, et parte andare in Turchia, in modo che al presen­te non ce habita excepto una casata de dicti iudey. La domanda della città di B. di essere alleggerita del carico fisca­le era quindi legittima e, in data 21 gennaio 1506, fu esaudita: essa restava fiscalmente responsabile dell’unico nucleo rimasto.

La situazione determinatasi qui in conseguenza dell'invasione francese è confermata, del resto, dall'inventario dei beni appartenenti all'episcopio compilato nel 1508. Nell'indicare una casa locata a un Santo Verlingerio, si specifica che l’abitazione sì trovava nel quartiere della Iudeca ed era appartenuta alla comunità ebraica, essendone stata la sina­goga, o scola. Sembra che la sinagoga avesse una campana, che andò a finire sul campanile della vicina chiesa di S. Bartolomeo, che si ergeva appunto nel luogo detto in capo lo capo de la Iudeca. La campana fu ceduta poi al parroco della chiesa di S. Maria de Iustitieriis, il quale l’avrebbe fatta fondere per far perdere le tracce della sua primitiva origine. Tra gli ex affittuari del vescovo sono ricordati gli ebrei magister Abram, Isac de Pinnasi, Ioya iudea, Moises Coen, magister Angelus Salomo, Crissonus, magister Ribi Frai, Leo e Isac. Apparteneva al vescovo anche il cafaro iudeorum, un avvallamento vicino al rione ebraico[10].

Forse qualche altro ebreo, o neofita, si aggiunse dopo il 1506 all’unico nucleo familiare attestato a B. in quell’anno. Comunque, dopo l’editto generale di espulsione emanato nel 1510 da Ferdinando il Cattolico, non ne rimase alcuno. La città chiese ancora una volta di essere liberata del peso della loro tassa e nel 1512 la Camera della Sommaria ordinò di verificare la richiesta[11].

 

Bibliografia

 

Bios di S. Nilo Juniore. Testo originale greco e Studio introduttivo a cura di P. Germano Giovanelli, Badia di Grottaferrata 1972.

Caggese, R., Roberto d’Angiò e i suoi tempi, Firenze 1922.

Colafemmina, C., San Nilo di Rossano e gli ebrei, in  Atti del Congresso Internazionale su S. Nilo di Rossano  (28 settembre – 1 ottobre 1986), Rossano – Grottaferrata 1989, pp. 119-130.

Colafemmina, C., Gli ebrei in Calabria durante il Viceregno spagnolo, in Sefer Yuhasin 18-19 (2002-2003), pp. 11-29.

Curia, R., Bisignano nella storia del Mezzogiorno. Dalle origini al XIX secolo, Cosenza 1985.

Falcone, L., Ebrei a Bisignano dal X al XVI secolo: le fonti, in Rivista Storica Calabrese  n.s., 4 (1983), 213-229.

Falkenhausen von, V., L’ebraismo dell’Italia meridionale nell’età bizantina (secoli VI-XI), in  L’ebraismo dell’Italia meridionale, pp. 25-46.

Gallo, G., La parrocchia di S. Bartolomeo e gli ebrei di Bisignano, in Brutium  13 (1934), n. 4, pp. 13-14.

Valente, G., Dizionario bibliografico biografico geografico storico della Calabria, Chiaravalle C., 1991.

 

 

 


[1]Cfr. Valente, G., Dizionario bibliografico biografico geografico storico della Calabria, vol. II, Chiaravalle C., 1991, pp. 160-168; 

[2] Cfr. Bios di S. Nilo Juniore. Testo originale greco e Studio introduttivo a cura di P. Germano Giovanelli, Badia di Grottaferrata 1972, pp. 80-81, nn. 35-36.

[3] RCA  XLVI, pp. 202, 204; 235, 238; 315.

[4] Caggese, R., Roberto d’Angiò, I, p. 302.

[5] Fonti Aragonesi, V, p. 147.

[6] ASNa, Sommaria, Partium 29, ff. 30v-31r, 30, f. 10r.

[7] ASNa, Sommaria, Partium 29, f. 157r; 31, f. 254r; 35, f. 131r.

[8] ASNa, Sommaria, Partium 33, f. 126r

[9] ASNa, Sommaria, Partium 40, ff. 80v-81r.

[10] Nei pressi del rione Giudeca sono stati rinvenuti alcuni frammenti  di un’iscrizione in lingua ebraica, interpretata come “iscrizione osca”. Cfr. Curia, R., Bisignano nella storia del Mezzogiorno. Dalle origini al XIX secolo, Tav. 3.  I frammenti sono detti in possesso dei liutai fratelli De Bonis. E’ probabile che l’iscrizione appartenesse al cimitero degli ebrei.

[11] ASNa, Sommaria, Partium  87, f. 164v.

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