Rutigliano
Provincia di Bari. La tradizione narra che R. sia nata nei pressi dell’antico abitato apulo di Azetium, il cui nome cambiò in epoca romana in Rudiae. L’attuale cittadina data però al Medioevo e, più precisamente, all’età normanna, quando vi furono costruiti un castello e la chiesa parrocchiale. Seguì, poi, le vicende dei territori circostanti, subendo la dominazione sveva, angioina e aragonese. Dall’inizio del XVI secolo fu retta dagli spagnoli e nel successivo passò agli Asburgo e ai Borboni, ai quali restò fino all’unità d’Italia.
Si può supporre che un nucleo di neofiti si trovasse qui già alla fine del XIII secolo. Di certo sappiano che le giudecche di R. e Conversano godettero tra il 1498 e il 1499 dell’esonero da tributi indebitamente richiesti. Gli ebrei erano qui impegnati nelle attività dell’allevamento di ovini e bovini e nel commercio[1]. Sappiamo, poi, che Garzon Zizo e Salamon Ruben operavano prestiti ai concittadini e agli abitanti dei centri vicini e che avevano una bottega in cui il notaio locale si recava a rogare[2].
Nel 1507 erano attestati a R. quattro fuochi ebraici e la presenza è confermata anche per il 1510, il 1511, il 1521 e per l’arco cronologico compreso tra il 1522 e il 1539, quando gli israeliti compaiono negli atti dei notai Florenzo de Redavid, Giovanni de Capotortis e Giacomo de Moccicis[3]: in particolare conosciamo per questo periodo i nomi di Raffaele de Mordoco (o de Merdoccho), Sabatullo (chiamato anche Sciabado o Sciabadullo del fu Tobia de Perniis), Calo de Calonimos (o de Calominos) e Cresca de Maymo[4].
Il nucleo ebraico dovette restare in città fino alla definitiva espulsione dal regno di Napoli del 1541: il 31 maggio di quell’anno, infatti, i suoi componenti noleggiarono a Bari le imbarcazioni necessarie a raggiungere Venezia, Ancona e Ragusa[5].
Bibliografia
Colafemmina, C. – De Ceglia, D. Presenza ebraica in Rutigliano e Conversano nei secoli XV-XVI, Sefer Yuhasin 1 (2013), pp. 163-199.
Conversano
Provincia di Bari. Sorta su di un insediamento peucetico, è nota nelle fonti medievali come Cupersanum, un nome derivato forse dai sostantivi Cupricius o Cupressius o ancora Cupressus uniti al suffisso aggettivale -anus. L’alto Medioevo vide C. passare dai bizantini ai longobardi di Benevento e tornare ai primi sul finire del IX secolo. A seguito della suddivisione del ducato beneventano il centro andò ai principi di Salerno e fu poi elevato a contea. Sede vescovile dalla fine del secolo XI, C. registrò crebbe rapidamente, divenendo il fulcro di un vasto territorio, che si estendeva anche al di là della Terra di Bari. Fortificata, conobbe diverse dominazioni e gestioni feudali, fino all’avvento, verso la metà del ‘400, degli Acquaviva, che l’avrebbero conservata fino al XVIII .
Una presenza ebraica a C. è attestata ancor prima degli esoneri da tributi indebiti concessi dalla Corona tra il 1498 e il 1499, ed è legata alle attività dell’allevamento di ovini e bovini e del commercio, nonchè del prestito[1]. Sappiamo in particolare che l’ebreo Garzon Zizo divenne nel 1448 proprietario qui di una casa con bottega, che acquistò dal nobile Giovanni de Arpona: la compravendita di immobili tra le famiglie dei due proseguì negli anni ed è attestata almeno fino al 1475[2]. Le botteghe ebraiche del luogo ospitavano spesso, inoltre, i rogiti notarili, come testimoniato da quelle di Moscato de Elia e Sciabbatay de Bello Infante[3] e gli israeliti potevano possedere pozzi e terreni[4].
Dopo un periodo di vuoto documentario, nel 1507 il nucleo israelitico locale risultava già scomparso: in quell’anno, infatti, non se ne poterono percepire le imposte. Nel 1511 la Sommaria condusse un accertamento in merito e C. non compare nei registri per la riscossione delle tasse ebraiche dal 1510 al 1521, così come non vi sono più tracce di israeliti negli atti dei notai locali[5].
Bibliografia
Colafemmina, C. – De Ceglia, D. Presenza ebraica in Rutigliano e Conversano nei secoli XV-XVI, Sefer Yuhasin 1 (2013), pp. 163-199.
Pozzuoli
Provincia di Napoli. Fondata da coloni di Samo scacciati dal tiranno Policrate nel 529-528 a.C. con il nome augurale di Dikaiarchia (giusto governo), vide cambiato quest’ultimo in Puteoli dai Romani, che la conquistarono nel 338 a.C. P. divenne poi uno dei porti mediterranei più importanti sotto gli aspetti politico, commerciale e militare, ma la sua preminenza fu minata dalla nascita del porto di Ostia alla foce del Tevere (42-54 a.C.), sebbene rimanesse il primo scalo marittimo della Campania fino alla fine dell'impero romano. Caduta Roma, anche a causa dell’intensificarsi dei fenomeni bradisismici che sommersero le strutture portuali, P. divenne semplicemente un piccolo villaggio di pescatori, meta di brevi soggiorni termali, fino alla lenta ripresa che ebbe luogo nel Cinquecento.
Le fonti epigrafiche testimoniano una presenza ebraica a P., come in altri centri portuali, almeno dalla Tarda Antichità[1]. Lo storico Giuseppe Flavio attesta addirittura che una colonia era attiva e florida qui dopo la morte del re Erode il Grande[2] e altri studiosi sostengono che in quel periodo gli ebrei di P. seppellissero i propri defunti nella vicina Marano. Più sporadiche le attestazioni per l’epoca medievale, sebbene sia accertato che nel 1437 era qui dimorante il maestro Elia fisico. Sappiamo poi che, a seguito dell’espulsione dalla Spagna, gruppi di profughi giunsero anche a P. e che nel 1493 la locale università ne dispose l’allontanamento: venuta a conoscenza dei fatti, però, Napoli ingiunse di permettere agli ebrei di restare, almeno temporaneamente, pena una multa di 2.000 ducati[3]. Nello stesso anno, inoltre, gli ebrei di P. lamentarono il fatto che i loro beccai dovevano corrispondere alle autorità 18 grana a oncia, disposizione che contravveniva l’esenzione in vigore nel Regno[4]. Infine, ancora a seguito del proclama reale del 1740 e successive modifiche, P. era una delle località in cui gli stessi esponenti della Chiesa intendevano permettere la residenza degli israeliti[5].
Bibliografia
Ferorelli,N., Gli ebrei nell'Italia meridionale dall'età romana al secolo XVIII, Torino 1915; ristampa Napoli 1990 (Patroni Griffi, F., a cura di).
Veronese, A., Gli ebrei nel Medioevo, Roma 2010
Cantalupo di Sabina
Provincia di Rieti. Sorta su di un’area abitata già in epoca romana (come testimoniato dalla presenza di resti di villae nella zona), si sviluppò tra il X e l’XI secolo, periodo in cui fu soggetta all’abbazia di Farfa, e nel XII secolo divenne per un certo tempo autonoma. Nel 1278 entrò a far parte dei domini della Santa Sede e, all’inizio del Trecento, dei possedimenti dei Sant’Eustachio e poi dei Savelli, restando a lungo al centro di una contesa tra questi ultimi e la Chiesa. In seguito fu retta da altre illustri famiglie, tra le quali quelle dei Cesi, dei Vaini e dei Lante Della Rovere. Alla denominazione di C. fu aggiunta nel 1863 l’attuale specificazione geografica. Unita al centro di Casperia nel 1927, riacquistò l’autonomia amministrativa solo nel 1940.
Allo stato attuale della ricerca, l’unica testimonianza ebraica a nostra disposizione è una lapide funeraria datata 1813 e appartenente a una giovane donna: Palomba Barrafael, esponente di un’importante famiglia romana, impegnata nel commercio delle spezie provenienti da Francia, Inghilterra e Olanda. Proprio da Roma dovrebbe provenire l’epigrafe stessa, che fu forse trasportata a C. dai familiari, in viaggio nel reatino, quando era in vigore il divieto di apporre lapidi ebraiche (con obbligo di rimuovere quelle già esistenti) emanato da Urbano VIII[1].
Bibliografia
Pavoncello, N., Un’epigrafe ebraica ritrovata a Cantalupo Sabina, Annali dell’istituto Orientale di Napoli, NS 29 (1979), pp. 331-333.
[1] Cfr. Pavoncello, N., Un’epigrafe ebraica ritrovata a Cantalupo Sabina, p.331.
Tarsia
Provincia di Cosenza. Secondo alcuni era l'erede dell’antica Taurasia o Caprasia e secondo altri era stata fondata in epoca normanna dall’omonima famiglia cosentina, cui fu infeudata. T. fu, poi, una pertinenza di Bisignano e all’inizio del Seicento fu acquistata dagli Spinelli che, insigniti del titolo di Principi, ne conservarono il possesso fino all’abolizione del feudalesimo. Con le riforme amministrative attuate dai francesi fu inclusa, dapprima, quale università, nel governo di Spezzano Albanese e poi tra i Comuni del circondario facenti capo a questo centro.
Allo stato attuale della ricerca, una presenza ebraica a T. si può inferire dalle disposizioni date dalla Sommaria nel 1512, atte a censire quanti tra israeliti e neofiti avevano lasciato la località in forza del decreto di espulsione[1]. Nel 1513, infatti, la stessa Sommaria ordinò che il Comune fosse esentato dalle tasse prima dovute da ben 5 famiglie di cristiani novelli ormai partite: esse erano quelle di Dominico Bono Inventie, di Angelo Ienco seu Boye, di Altobello Romano, di Ioanne Cristiano e di Berardino Bono Inventie[2]. Tale ordine, infine, fu ripetuto nel 1515[3].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Pietra di Roseto
Castello attualmente nel comune di Roseto Capo Spulico, provincia di Reggio Calabria. Risalente all'epoca normanna, il castello, sorto su di un monastero basiliano, fu ricostruito nel '200 da Federico II e poi rimaneggiato più volte fino al secolo XVI.
Più che una presenza ebraica, in questo castello c’era sicuramente il passaggio di gruppi di israeliti provenienti e diretti altrove: sappiamo, infatti, che nel periodo 1465-1480 essi, transitando, dovevano pagare 1 tarì se avevano una bisaccia sul collo e 1 tarì se arrivavano dal mare e volevano scendere a terra[1].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
[1] Colafemmina, C., The Jews in Calabria, doc. 160.
Pentedattilo
Attualmente frazione di Melito di Porto Salvo, provincia di Reggio Calabria. Già colonia calcidese, nel periodo greco-romano fu un fiorente centro economico e militare. Conquistato dai Normanni nel XII secolo, P. divenne una baronia affidata agli Abenavoli, per passare poi ai Francopetra. A causa dei debiti contratti da questi ultimi, nel 1589 il feudo fu venduto agli Alberti, che lo tennero sino al 1760, quando andò ai Clemente, dai quali passò ai Ramirez nel 1823.
La iudeca di P. è attestata esplicitamente in un registro fiscale del 1503, anno in cui essa, costituita da 2 fuochi, doveva 3 denari (somma che non era stato possibile riscuotere a causa delle guerre), più un residuo mensurature salis di 2 grani[1]. Da un documento del 1504 sappiamo, inoltre, i nomi di almeno due degli ebrei di P.: Galluzzo e Sabatino (quest’ultimo, però, era morto nel 1501)[2]. Nel 1508 l’imposta da pagare sarebbe di stata di 2 tarì e 10 grani, ma essa non fu esatta per la morte di uno dei capofamiglia, mentre il residuo di un precedente donativo, ammontante a 1 denaro e 1 tarì, fu in parte corrisposto dal rimanente nucleo familiare. Un ulteriore donativo di 1 denaro, 2 tarì e 10 grani fu, invece, pagato per intero[3].
Queste, allo stato attuale della ricerca, le notizie a nostra disposizione sulla presenza ebraica nella località.
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Isola Capo Rizzuto
Provincia di Crotone. Insistendo su di un’area abitata già in epoca classica, il centro ha origini bizantine o tardo-romane. Sede vescovile, in piena età moderna vide succedersi al suo dominio i Ricca di Taverna, i Catalano, i Caracciolo di Montesardo, i Caracciolo di Marano e i Friozzi.
Un gruppo ebraico a I. fu certamente presente già dal XV secolo[1] ma, allo stato attuale della ricerca, la iodeca locale è testimoniata direttamente in un registro di tassazione della Calabria Ultra del 1508, anno in cui era soggetta ad un donativo di 2 denari, 2 tarì e 10 grani, che corrispose regolarmente[2].
Bibliografia
Colafemmina, C., Presenza ebraica nel Marchesato di Crotone, in Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Soveria Mannelli 1996, pp. 43-68.
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Crisilio
Località che compare nella Platea della contea di Sinopoli (attuale provincia di Reggio Calabria).
Una presenza israelitica a C. è testimoniata almeno dal 1333, quando l’ebreo Marzucca, lì residente, doveva pagare al conte Guglielmo Ruffo 2 tarì per una casa che apparteneva a quest’ultimo[1]. Ancora nel 1335 egli corrispondeva tale importo[2].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
De Leo, P., La Platea di Sinopoli, Soveria Mannelli 2010.
Cariati
Provincia di Cosenza. Insediamento risalente all’epoca dei Bruzi, C. fu un importante centro della Magna Grecia e dal V secolo divenne sede vescovile. Dopo un periodo di decadenza, fu una strategica fortezza militare nel Medioevo, età nella quale fu presa da Roberto il Guiscardo, alla cui famiglia rimase sino a che non passò ai Sangiorgio. Nel ‘300 C. andò, poi, ai Ruffo e, dalla metà del XV secolo, ai Riario, ai Coppola, ai Borgia e agli Spinelli, che l’avrebbero tenuta sino all’abolizione dei feudi.
Una presenza ebraica a C. è testimoniata almeno dal XV secolo[1]: sappiamo, infatti, che nel 1451 era attestato qui Zaga de Barono, in lite con il fratello Mosè[2], e che nel 1484 questa giudecca, godendo di un privilegio, era stata esentata dal pagamento di 40 ducati, fatti gravare sulle altre[3].
In particolare, una lista di fuochi del 1473 ci fornisce alcuni nomi di israeliti appartenenti al nucleo locale (l’erede di Mase Sclavo e l’erede di Yoli, ormai trasferitisi a Policastro, Stera miserabile, Gayo de Lia e donna Torella, madre di Mosè Prantendi)[4], mentre un documento del 1475 comunica quanti si erano a quella data allontanati ed erano residenti altrove (Gaymo de Lia e Zaratello, spostatisi a Crotone, David e Israel, andati a Strongoli, Carela e l’erede di Nussi, andate a Rossano, Allegretto Brusco, trasferitosi a Torano, Carone e Guglielmo, andati a Tarsia)[5].
Nel 1489 la Sommaria esentò gli ebrei di C. dalla corresponsione di ulteriori imposte rispetto ai pagamenti già effettuati in occasione del Natale, della Pasqua e in agosto[6].
Nel 1490 e nel 1491, anno in cui un Gabriele di C. risiedeva a Santa Severina e un Anania di C. a Corigliano[7], il nucleo ebraico locale si lamentava per una tassa di tre carlini per fuoco, imposta per i lavori delle fortificazioni[8] e veniva esentato dai tributi richiesti dal Comune in ragione dello stato di povertà[9] , mentre nel 1493, in occasione della Settimana Santa, subiva violenze da parte della popolazione[10], sebbene, già nel 1491, la Sommaria avesse ordinato al Capitano della città di proteggere gli ebrei da tali episodi[11].
Nel 1494 la Sommaria dovette ritornare, poi, sulla questione delle vessazioni degli israeliti da parte dei cittadini, ordinando di recedere da tali comportamenti dietro una multa di 100 once[12].
Traccia del gruppo ebraico locale si aveva ancora nel 1511, quando, però, 6 nuclei familiari di esso si erano ormai allontanati[13].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia Meridionale dall’età romana al secolo XVIII, riedizione a cura di Filena Patroni Griffi, Napoli 1990.
[1] Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia Meridionale, p. 111 nota 158.
[2] Colafemmina, C., The Jews in Calabria, doc. 135, Ferorelli, N., op. cit., p. 148 nota 1.
[3] Ferorelli, N., op. cit., p. 165
[4] Colafemmina, C., The Jews in Calabria, doc. 179.
[5] Colafemmina, C., op. cit., doc 183.
[6] Ivi, doc. 249.
[7] Ivi, doc. 261 e doc. 265.
[8] Ferorelli, N. op. cit., p. 171 e Colafemmina, C. op. cit., doc 269 e 278.
[9] Colafemmina, C., op. cit., doc. 275 e 276
[10] Ferorelli, N., op. cit., p. 193.
[11] Colafemmina, C., op. cit., doc. 270.
[12] Ivi, doc. 323.
[13] Ivi, doc. 507.
Calopezzati
Provincia di Cosenza. Sorta secondo alcuni nel V-VI secolo, nell’area in cui si sarebbe trovato l’abitato greco di Borea, secondo altri nell’XI, attorno al monastero di San Nicola, e secondo altri ancora nel XIV, C. fu retta fino al pieno ‘400 dalla famiglia Ruffo. In seguito passò ai Cavaniglia, agli Abenante, ai Crispano e agli Spinelli, per andare nel XVI secolo ai Mandatoriccio e ai Sambiase, cui rimase sino all’avvento napoleonico.
Tracce della presenza ebraica a C. si hanno soprattutto per l’età aragonese, periodo che vide una capillare diffusione degli israeliti fin nei centri più piccoli della Calabria[1].
Sappiamo che nel 1488 si trovava qui un ebreo di nome Racco, il quale compariva nel registro del tesoriere della Calabria Citra per aver corrisposto 1 tarì per l’acquisto di una pala per una pressa da olio[2].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Vivacqua, S., Calabria, in L’ebraismo dell’Italia Meridionale, IX Congresso Internazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo (Potenza – Venosa, 20-24 settembre 1994), Galatina 1996, pp. 295-310.
Caccuri
Provincia di Crotone. Insistendo su di un’area abitata già in epoca preistorica, C. vide sorgere intorno all’XI secolo dei monasteri rupestri basiliani e fu baronia dei De Riso, per essere poi compreso nello Stato di Cariati ed entrare a far parte dei possedimenti dei Sersale e dei Cavalcanti. Tornata ai Borbone, rimase sotto di loro sino all’avvento napoleonico.
Una presenza ebraica a C. vi era nel XIII secolo[1], come sembra confermare anche coppa in ceramica, decorata con la raffigurazione di un gallo, rinvenuta nell’area.
Altre tracce si hanno, però, soprattutto per l’età aragonese, periodo che vide una capillare diffusione degli israeliti fin nelle realtà più piccole della Calabria[2].
L’esistenza di un nucleo ebraico in questo centro è, infine, tutt’ora ricordata dal persistere del toponimo rione Judeca[3] ad indicare una parte dell’abitato in cui è ancora riconoscibile, grazie ai rilievi che lo decorano, l’antico edificio della sinagoga.
Bibliografia
Colafemmina, C., Presenza ebraica nel Marchesato di Crotone, in Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Soveria Mannelli 1996, pp. 43-68.
Vivacqua, S., Calabria, in L’ebraismo dell’Italia Meridionale, IX Congresso Internazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo (Potenza – Venosa, 20-24 settembre 1994), Galatina 1996, pp. 295-310.
Amantea
Provincia di Cosenza. Il nucleo della vecchia A. corrispondeva alla cittadella bizantina di Nepetia, che nel VII secolo fu conquistata dagli arabi, i quali ne fecero il centro di un emirato e la ribattezzarono Al-Mantiah. Riconquistata da Niceforo Foca nell’885, A. divenne in seguito sede vescovile e per tutto il Medioevo e l’Età Moderna mantenne la condizione di città demaniale.
Una presenza ebraica ad A. è testimoniata almeno dalla seconda metà del XV secolo[1] e ritorna nella documentazione del XVI. Al 1540 risale, infatti, il rifiuto del gruppo ebraico di pagare le tasse imposte dalle locali autorità, giustificato dal fatto che esso corrispondeva già, insieme agli altri correligionari del Regno, una grossa contribuzione annuale alla Corte. La questione giunse di fronte alla Sommaria, che dette ragione agli israeliti e dispose la restituzione delle somme loro estorte[2].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia Meridionale dall’età romana al secolo XVIII, riedizione a cura di Filena Patroni Griffi, Napoli 1990.
Aiello Calabro
Provincia di Cosenza. Centro di origine romana, A. fu distrutto dai Saraceni nel X secolo, ma fu ben presto ricostruito e poté resistere agli attacchi dei Normanni. Nella seconda metà del Duecento gli Angioini lo infeudarono a Ludovico di Royle, sostituito poi da Giovanni d’Angiò, ed in seguito appartenne ai Siscara e ai Cybo-Malaspina. Colpita duramente dal terremoto nel XVII secolo, la cittadina fu oggetto della repressione borbonica nel successivo, dal momento che aveva proclamato la Repubblica.
L’esistenza di un nucleo ebraico ad A. è testimoniata direttamente nel 1512, anno in cui il locale Comune ne attesta allontanamento a seguito del generale decreto di espulsione[1].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
[1] Colafemmina, C., The Jews in Calabria, p. 46 e doc. 516.
Acri
Provincia di Cosenza. Il centro, che secondo alcuni è l’erede dell’antica Pandosia e secondo altri quello dell’insediamento bruzio di Acra, è attestato nel XII secolo come Akeras. Nel corso del Medioevo A. assunse una certa rilevanza e più tardi fu coinvolta nello scontro fra Angioini e Aragonesi, schierandosi con i primi. Distrutta in buona parte sul finire del ‘400, sopravvisse comunque e nel XVIII secolo fu tra le prime località calabresi a proclamare la repubblica.
Tracce di una presenza ebraica ad A. si hanno almeno dall’età angioina: al 1270 risale, infatti, una provvisione riguardante gli ebrei della località[1], i quali compaiono anche in un registro di tassazioni del 1276[2] e in uno del 1277[3].
Il nucleo israelitico esisteva ancora nel 1488, quando era ricordato in merito ai privilegi del vescovo di Bisignano[4].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Provincia di Brescia. Importante crocevia tra Brescia, Milano e Bergamo in epoca romana, P. è attestato nella documentazione medievale a partire dal IX secolo. Fu un feudo dei vescovi-conti di Bergamo e Brescia e costituì una delle due corti regie che alla fine del XIII secolo, a seguito di lunghe battaglie, si unirono in Comune. Successivamente P. subì la dominazione scaligera e viscontea, ma all'inizio del XV secolo fu ceduto a Pandolfo Malatesta. Passo a Venezia, vi rimase sino alla proclamazione della Repubblica Bresciana nel XVIII secolo.
Una presenza ebraica a P. è attestata almeno dal 1460-1461, periodo in cui un Leone di Mattasia, la cui famiglia era titolare anche del banco di Iseo, ottenne dal doge di Venezia Pasquale Malipiero la condotta decennale per prestare nella località. Nella condotta si stabilivano, tra le altre disposizioni, i tassi di interesse consentiti: 5 denari per lira al mese per i cittadini e gli armigeri del Colleoni e 8 denari per lira al mese per i forestieri. A pochi mesi dall'entrata in vigore dei capitoli il doge dovette intervenire per sedare l'agitazione creata dalla predicazione di un francescano (forse fra' Antonio da Vercelli), che chiedeva la cacciata degli ebrei: sulla questione si pronunciò anche il vescovo di Vercelli, il quale intimò di non violare i patti stabiliti con gli israeliti, pena la scomunica.
La predicazione antiebraica si ripeté in seguito e nel 1462 le autorità si mossero di nuovo in difesa di Leone di Mattasia. La situazione restò invariata sino al 1468, quando, a due anni dalla scadenza della condotta, sulla spinta della cittadinanza si deliberò che la stessa non sarebbe stata rinnovata. Di conseguenza, arrivato il 1470, una delegazione scelta dal Consiglio del Comune procedette a notificare a Leone e al fratello Abramo l'intenzione di non stabilire nuovi capitoli: finiva così il prestito ebraico a P.[1].
Bibliografia
Chiappa F., Una colonia ebraica in Palazzolo a metà del 1400. Breve storia degli Ebrei in Alta Italia e particolarmente degli insediamenti ebraici in territorio bresciano durante i secoli XV e XVI, Brescia 1964.
[1]Chiappa, F., Una colonia ebraica in Palazzolo a metà del 1400, pp. 43-86. Si segnala nell'opera una ricca appendice documentaria.
Provincia di Crotone. L’origine del centro viene fatta risalire a un gruppo di Mauritani che si sarebbero rifugiati sul monte Chibano sotto la protezione di Annibale (II sec. a.C.): la colonia così formatasi sarebbe poi stata chiamata Maurum, nome mutato, in epoca cristiana, in San Mauro. Tra Medioevo ed Età Moderna il centro fu controllato dai Conti di Catanzaro, dai Carafa, dai Ruffo di Scilla, dagli Sculco, dai Grutter e, naturalmente, dai Borbone, ai quali rimase sino all’Unità d’Italia.
Il nucleo ebraico della località è ricordato nel 1493, in un registro di tasse di casalinaggio, dal quale sappiamo che esso pagava 15 tarì[1], mentre nel 1491-1492 corrispondeva 3 ducati[2].
Bibliografia
Colafemmina, C., The Jews in Calabria, Leiden-Boston 2012.
Ostia (Ostia Antica)
Provincia di Roma. O. sorse intorno al IV secolo a.C. come accampamento militare e prosperò come porto romano in età imperiale, quando divenne un vivace centro commerciale, specializzato nell’approvvigionamento di grano per la capitale. Giunta a contare tra 75.000 e 100.000 abitanti e divenuta sede episcopale, nel III secolo d.C. subì comunque una forte crisi e, parzialmente ristabilitasi nel successivo come area residenziale, finì con l’essere soppiantata, anche se non completamente, da Porto. Il periodo di decadenza proseguì nel V secolo, quando anche l’acquedotto smise di funzionare ed il centro, divenuto, poi, per breve tempo un baluardo di Belisario, fu saccheggiato dai Saraceni nel IX secolo e abbandonato definitivamente per Gregoriopoli, un vicino borgo fatto fortificare da Gregorio IV.
Allo stato attuale della ricerca, la maggiore attestazione relativa ad una presenta ebraica ad O. è costituita dall’antica sinagoga, sita nel quartiere di PortaMarina (vicino al lungomare e di fronte alla via Severiana) e tornata alla luce fortuitamente solo nel 1961, durante i lavori per la realizzazione di una strada a grande percorrenza. Tale sinagoga si distingue, innanzitutto, dalle altre della Diaspora per essere stata costruita de novo: essa, infatti, non è frutto del riadattamento di un edificio preesistente[1]. La struttura, di tipo basilicale e con pavimentazione a mosaico floreale, presenta al suo interno tipiche decorazioni ebraiche, come la menorah scolpita in rilievo in prossimità dell'architrave della nicchia absidale.
Edificata inizialmente per gran parte secondo la tecnica dell'opus reticulatum, la sinagoga era composta da un’aula rettangolare circondata da vari ambienti, ed ospitava anche un bagno rituale ed un forno per le azzime: la grandezza e la tipologia della costruzione fanno pensare ad un nucleo di alcune centinaia di individui, tra i quali molti di ceto sociale elevato, cosa che si rifletterebbe anche nei diversi rifacimenti, tesi a “monumentalizzarla”. Le risultanze archeologiche mostrano, infatti, che l’edificazione iniziò nel I secolo e che l’impianto originario subì modifiche ed ampliamenti nei tre successivi e più precisamente: un rimodellamento tra la fine del II e l'inizio del III secolo (con aggiunta dell'Arca della Torah), un sostanziale rifacimento, anche decorativo, nel IV secolo (che ha portato all'impianto ancora visibile) e un ulteriore modifica verso la fine del IV secolo, alla quale è riconducibile l'attuale aedicula della Torah[2]. Particolarmente interessante un’iscrizione, in greco, che individua in un Mindius Faustus il donatore che aveva reso possibile la prima serie di interventi[3].
Precedentemente alla sinagoga erano state rinvenute, inoltre, tre epigrafi in greco e latino (un epitaffio, una scritta commemorativa e una celebrativa) databili al II secolo d.C.[4].
L’importante Comunità ostiense dell’età romana è, infine, testimoniata anche in una lapide rinvenuta a Castel Porziano, che riconduce alla donazione fatta al gerusiarca Gaio Giulio Giusto dalla Comunità stessa di un appezzamento di terreno posto inloco, nel quale egli potesse erigere un monumento funebre per la sua estesa famiglia[5].
Con la diminuzione di importanza di O. come porto, e la successiva decadenza ( a partire dal IV secolo), si perdono anche le tracce del nucleo ebraico locale.
Bibliografia
Lazzarini, M.T., Appendice: iscrizioni di Ostiae Porto, in La cultura ebraica nell'editoria italiana (1992), 185–187.
Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.
Olsson, B. (a cura di), The Synagogue of Ancient Ostia and the Jews of Rome: Interdisciplinary Studies, Acta Instituti Romani Regni Sueciae, Series IN 4, 57 (2001).
White, L.M., Synagogue and Society in Imperial Ostia: Archaeological and Epigraphic Evidence, in The Harvard Theological Review, Vol. 90, n. 1 (1997), pp. 23-58.
[1]Cfr. White, M.L., Synagogue and Society in Imperial Ostia, p. 27.
[2]Ivi, p. 34.
[3] White, M.L., op. cit., p. 41.
[4] Olsson, B. (a cura di), The Synagogue of Ancient Ostia and the Jews of Rome, passim. Lazzarini, M.T., Appendice: iscrizioni di Ostiae Porto, pp. 185-187. Per la descrizione della sinagoga cfr. anche Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 437.
[5]Milano, A., op. cit., p. 26.
Provincia di Roma. Luogo in cui si trovavano molte ville patrizie romane, G. fu in epoca medievale un castrum, che nel 1161 figurava tra i possedimenti dell’abbazia delle Tre Fontane. Al centro delle contese tra Valmontone, Colonna e Conti di Segni, il centro fu raso al suolo nel 1495 da Giacomo Conti: una volta ricostruito appartenne agli Aldobrandini, ai Borghese ed ai Pamphili.
Allo stato attuale della ricerca una presenza ebraica in questa località è desunta indirettamente dal fatto che nel 1543 un David di G. ottenne, insieme a Josef Sacerdoti, una tolleranza biennale, valida anche per le rispettive famiglie ed i soci, per prestare a Formello alle stesse condizioni dei correligionari di Campania, Sabina e Maritima[1].
Bibliografia
Simonsohn, S., The Apostolic See and The Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
[1] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 2287.
Provincia di Macerata. Insistendo su di un’area abitata già in epoca paleolitica, E. corrisponde al castrum medievale di Santa Anatolia, attestato almeno dal 1015. Retto dai Malcavalca sino al 1211, il centro passò brevemente agli Ottoni di Matelica per finire, poi, in mano ai da Varano, che l’avrebbero tenuto per alcuni secoli, ed entrare, in seguito, a far parte dello Stato della Chiesa.
Sul finire del XV secolo la famiglia ebraica dei da Camerino aveva stretto un accordo con Giulio Cesare da Varano per aprire un banco in questa località. Tale accordo era ancora in vigore nel 1495, quando vedeva come protagonisti Dattilino di Salomone da Camerino ed Emanuele di Bonaiuto da Camerino (quest’ultimo nelle vesti di amministratore del banco)[1].
Nel 1543 un Abramo di Bonaiuto, abitante ad E., ottenne una tolleranza quinquennale, valida anche per la sua famiglia ed i soci, per potervi prestare alle stesse condizioni dei correligionari della Marca Anconitana[2].
Bibliografia
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Toniazzi, M., I “Da Camerino”: una famiglia ebraica italiana fra Trecento e Cinquecento, tesi di dottorato presso l’Università di Firenze 2013.